Oggi, 25 luglio 2025, ricorre il quinto anniversario
della morte di Peter Green, un
nome che evoca rispetto e ammirazione nel pantheon dei giganti del blues e del
rock.
Scomparso serenamente nel sonno all'età di 73 anni, Green è
stato molto più di un chitarrista; è stato l'anima e il cuore pulsante dei
primi Fleetwood Mac, un artista la cui musica ha trasceso i generi,
toccando corde profonde nell'animo di milioni.
Nato Peter Allen Greenbaum a Londra nel 1946, il suo viaggio
musicale iniziò nella vibrante scena blues britannica degli anni '60. Dopo un
periodo formativo con i John Mayall's Bluesbreakers, dove raccolse l'eredità di
Eric Clapton, Green fondò i Fleetwood Mac nel 1967 con Mick Fleetwood e John
McVie. Questa formazione originale creò un sound unico, intriso di blues
purissimo, ma con un'inventiva e una sensibilità che andavano oltre i confini
del genere.
La sua chitarra, in particolare la celebre Gibson Les Paul
del 1959 soprannominata "Greeny", produceva un timbro inconfondibile:
caldo, vellutato, ma capace di esprimere una gamma emotiva sorprendente. Non
era un esibizionista tecnico, ma un narratore, un musicista che privilegiava il
sentimento e l'espressività. Brani come la malinconica e atmosferica "Albatross",
l'intensa "Oh Well" e la potente "Black Magic Woman"
(resa celebre in seguito da Santana) sono pietre miliari che dimostrano la sua
genialità compositiva e interpretativa. La sua voce, seppur non di grande
estensione, possedeva una sincerità disarmante, capace di rendere ogni parola
un'emozione palpabile. Peter Green era un bluesman autentico, che incanalava le
sue esperienze e la sua sensibilità in ogni nota.
Tuttavia, il successo travolgente e le pressioni del mondo
musicale ebbero un impatto devastante sulla sua già fragile salute mentale.
L'abuso di droghe e una profonda crisi spirituale lo portarono a lasciare i
Fleetwood Mac nel 1970, un evento che segnò l'inizio di un lungo e tormentato
periodo lontano dai riflettori, segnato dalla lotta contro la schizofrenia.
Nonostante le difficoltà, la musica rimase sempre una parte intrinseca del suo essere. Negli anni '90 e 2000, Green tornò a esibirsi con la sua Peter Green Splinter Group, mostrando a tratti la sua inconfondibile magia, sebbene con una presenza scenica più contenuta e riflessiva. Il mondo della musica non lo dimenticò mai, e numerosi artisti, da Gary Moore a Joe Bonamassa, lo hanno sempre citato come una fonte di ispirazione fondamentale.
Cinque anni dopo la sua scomparsa, l'eredità di Peter Green è
più viva che mai. Il suo approccio alla chitarra, la sua capacità di infondere
anima in ogni melodia e la sua onestà artistica continuano a ispirare musicisti
e fan. Il "Greeny tone", quella miscela unica di magia, malinconia e
profondità emotiva, rimane un punto di riferimento per chiunque si avvicini al
blues con il cuore.
