GOAD-“LANDOR"
Black Widow Records
Ritornano i GOAD, ritorna Maurilio Rossi, l’artefice di questo progetto incredibile
che nasce moltissimi anni fa, quando la musica progressiva era il punto di
riferimento per miriadi di giovani.
Sono passati lustri ma l’impegno della
band toscana non è scemato, e la capacità creativa si è andata sviluppando con
intensità crescente e prolificità inusuale.
Il disco che presento oggi, “Landor”, era
già in cantiere un paio di anni fa, quando veniva rilasciato “The Silent Moonchild”, e mentre scrivo queste righe è in corso di lavorazione
un doppio album di inediti, a sottolineare come la “macchina Goad” sia un mezzo
potente e inarrestabile.
Maurilio ha chiacchierato
con me virtualmente, e tutti i dettagli e le curiosità sono fruibili nell’intervista
a seguire, mi limito perciò a fornire il mio sentimento da ascolto.
L’idea nasce e
cresce a seguito della lettura di “BREVITIES”, del poeta inglese Walter Savage
Landor - morto a Firenze -, un pugno di epigrammi che colpiscono l’autore per la
grande qualità concentrata in uno “spazio ridotto”, particolarmente adatto alla
trasposizione musicale.
Seguire il filone letterario è cosa
frequente nella proposta dei Goad, come accadde con il tributo a Edgar Allan
Poe, testimoniato dal bonus Cd presente nella confezione, un bellissimo live
del 1995 registrato a Firenze.
In questa occasione ne scaturisce
un’opera rock di circa 50 minuti, un lavoro concettuale che crea un bridge tra il passato e l’attualità,
cosa sulla carta relativamente semplice se si pensa che la materia base è
costituita da elementi eterni, come l’amore e il passaggio tra la vita e la
morte, con il mistero che deriva dalla non certezza, controbilanciata solo
dalla fede.
Tutto semplice a parole, ma fornire
sonorità al nostro ciclo vitale, “disegnare” in
maniera efficace trame che evidenzino i nostri stati d’animo mutevoli
nel tempo non è fatto banale, perché nulla ha a che vedere con la tecnica e le
competenze strumentali: ci vuole cuore e al contempo razionalità.
La musica è musica anche se priva
di liriche. Un brano musicale, per essere certificato tale, non ha bisogno di
parole.
Al contrario un mero testo, seppur
divino, potrà essere definito in modi disparati ma non certo “canzone”.
L’alchimia dei GOAD, a maggior
ragione in questo disco, eleva a sublime atto ogni singolo abbinamento tra il
verbo e le molteplici atmosfere, e l’ascolto di “Landor” ci trasporta in una dimensione inaspettata, a volte poco
chiara, altre una sorta di déjà vu in cui ci si sente a proprio agio, ma una
certa angoscia permea l’intero percorso perché, brano dopo brano, uno specchio
si erge ed un libro dei ricordi si schiude, e ci si ritrovano le storie
personali, le delusioni, gli amori, ed una vita che, troppo breve, è rimasta
alle spalle con fasi alterne, quasi mai completamente soddisfacenti.
La musica dei GOAD racconta tutto
questo anche nel modus strumentale, perché il mood cangiante si presta alla
modulazione degli stati d’animo, e in tutto questo, come ho già avuto modo di
scrivere in passato, riconosco la tragicità e il realismo di hammilliana
memoria, ma certo è che la voce di Maurilio Rossi è davvero unica, capace di
porre gli accenti ai nostri sentimenti cangianti.
“Landor” è un album colto, dalle sonorità accattivanti, capace di
toccarti e stordirti, e trovare un’etichetta per l’incasellamento del genere
appare lavoro inutile e superato.
Maurilio Rossi ha soddisfatto le
mie curiosità, e ne è uscito uno scambio di battute icastico e utile alla
comprensione.
Esattamente due anni fa, in occasione dell’uscita di “The Silent Moonchild”, mi dicesti come fosse già in fase di
registrazione “Landor”, rilasciato in questi giorni: da dove arriva tanta
prolificità?
Dal fatto che compongo musica da quando ero un
ragazzetto: ancora non avevo imparato nulla di quest’arte ma sentivo mille idee
che volevano “uscire” allo scoperto… per riuscirci ho dovuto sottopormi a un
durissimo lavoro di sacrificio perchè NIENTE salta fuori già pronto come… Atena
dalla testa di Zeus… adesso è un fiume in piena!
E allora raccontami tutto di questo nuovo lavoro,
che fa riferimento allo scrittore inglese Walter Savage Landor…
Dalla lettura di un libretto, “BREVITIES”, di
epigrammi in inglese di questo poeta di cui avevo visto la modesta tomba qui a
Firenze: la loro musicalità e concisione mi hanno subito colpito e la
composizione nelle linee guida armoniche è venuta fuori in pochissimi giorni.
Possiamo parlare di un album concettuale?
Sì, volevo proprio un concept album in cui lo
sviluppo del discorso musicale segue le liriche di Landor, dal contenuto
eterno: amore, la morte che incede, la perdita dei sogni, la serenità
nell’accettare la sorte umana..
Si differenzia dai vostri altri lavori o possiamo
parlare di una buona continuità?
Si differenzia nella scelta voluta fortemente
della semplicità esecutiva e nella stesura della strumentazione limitata come
fosse registrata dal vivo. D’altronde molte parti sono davvero eseguite in studio
dal vivo e poi integrate e corrette.
Ci sono novità sulla formazione che ha
contribuito alla realizzazione del disco?
Questa volta ha avuto maggior spazio Alessandro
Bruno con molteplici strumenti, dalla slide guitar al mandolino, dal flauto
all’oboe e al flauto, come già Francesco Diddi, membro storico polistrumentista.
In più hanno suonato in coppia due drummers storici dei Goad, Paolo Carniani ed
Enrico Ponte. Come pianista aggiunto nel brano “Defiance” ha suonato il formidabile fonico e musicista Freddy
Delirio (Death SS-Harem etc.)
In realtà i CD sono due, e a “Landor” è abbinato
un bonus Cd che riporta ad un live del 1995: mi spieghi la scelta e i
contenuti?
Tutto è nato da quel lavoro su Poe e dal
successivo live nel luglio 1995. Fin dal 1992 lavoravamo su quel progetto, con
attori, mimi, ballerini; con il polistrumentista Marcello Becattini - un vero
maestro ed un amico - proponemmo lo spettacolo, con maschere e proiezioni, in
giro per la Toscana in mostre d’arte, Università, locali di ogni tipo! Poi
decisi di trarne l’album “Tribute to
E.A.Poe” e il giornalista Donato Zoppo mi contattò e scrisse su
quell’album… tutto iniziò da lì...