Nell’occasione dell’uscita del nuovo
album degli Acqua Fragile, “Moving Fragments”, mi sono confrontato con Bernardo
Lanzetti, leader e frontman della band, approfittando del privilegio
dell’ascolto dell’anteprima.
Nei prossimi giorni commenterò
l’album ma, come sempre, appare fondamentale il pensiero autorale,
quell’oggettività di elementi che si sposa all’emotività che nasce in fase
creativa, e vale quindi la pena proporre l’intervista anticipatrice
dell’approfondimento.
Sottolineo che la leadership del
vocalist appare oggi ai miei occhi rafforzata, una conferma del suo ruolo di
motore compositivo, concetto valido sia per buona parte dei brani dei primi due
album sia per l’attualità.
Appare quindi oggettiva la prevalenza
autorale e la guida all’interno del gruppo, anche se è altresì evidente l’apporto
negli arrangiamenti e nelle armonizzazioni vocali di Piero Canavera, l’importanza
delle ritmiche batteria/basso studiate con Franz Dondi, la bellezza dei
fraseggi originali della chitarra di Gino Campanini e il lavoro lineare di
Maurizio Mori alle tastiere, tutti elementi che hanno contribuito a creare il
suono Acqua Fragile anni ’70.
A questo punto si può partire con
l’approfondimento domanda/risposta…
Sta per uscire il nuovo AF, “MOVING
FRAGMENTS”, che ho ascoltato in anteprima, ed essendo passati 50 anni
dall’esordio discografico viene naturale chiederti le differenze sostanziali
tra la vostra nuova proposta e quella dell’esordio.
L’album appare carico di diversi
ingredienti, e rispetto al ‘73 la diversificazione riguarda anche la lingua,
che non è solo più quella inglese: necessità di passare in modo chiaro alcuni
messaggi?
Acqua Fragile appare nella scena
progressiva come un gruppo outsider, non propriamente inserito nel prog
italiano. Non a caso, ad esempio, la band viene esclusa dalle apposite
compilation ed è l’unica a non essere mai stata invitata a suonare in Giappone,
malgrado il sottoscritto abbia fatto un tour con la PFM nel 1975. Il cantare
alcuni brani in italiano, dopo l’esperimento di “Tu per lei” nell’album
precedente vuole, in qualche modo, richiamare l’attenzione sul fatto che la
band è in grado di esprimersi a tutto campo.
La mia sensazione è quella che esista
una discreta distanza tra la musica di AF agli esordi e quella attuale: cosa ne
pensi?
Non sono d’accordo. Prendi “Morning
Comes” e seziona le varie parti così come si susseguono. Poi prendi “Limerence
Ethereal” e vedrai che i movimenti sono in successione similare. La
composizione musicale come formato! Prendi i cori a tre voci. Anche in
questo album il canto è spesso la voce più alta.
Pensa ai tempi dispari e li
ritroverai in tutti gli album.
Prendi “Going Out”, cori senza
batteria. Prendi “Moving Fragments”, uguale.
Prendi la teatralità di “Three Hands
Man” e “Professor” … la ritroverai in “Her Shadow’s Torture” e “Malo Bravo”, ad
esempio...
Sono tanti i collaboratori, non solo italiani:
come è avvenuta la scelta dei musicisti “esterni”?
Storicamente i lavori per questo
nuovo quarto album sono iniziati a fine dicembre 2017, dopo un bel concerto al
Club Il Giardino.
Successivamente, il nuovo chitarrista
Michelangelo Ferilli, per motivi famigliari, ha lasciato la band, così che non
solo si è interrotto il lavoro sui nuovi pezzi, ma ci si è messi alla ricerca
di un nuovo chitarrista trovandolo poi il Claudio Tuma.
Nel frattempo, però, avevamo alcuni
impegni live che solo con Ferilli potevano essere affrontati, in quanto lui già
conosceva il repertorio storico. Insomma, il gruppo aveva difficoltà a lavorare
su due fronti, live e nuovo album, ma certamente il Covid, e soprattutto i vari lockdown, ci
hanno indirizzato verso l’allargamento della rosa dei partecipanti al progetto.
Ad ogni strumentista siamo arrivati per finalità diverse nei modi più
disparati.
Rispetto a mezzo secolo fa esiste uno
spaventoso salto tecnologico, e un episodio del disco si sofferma proprio
sull’Intelligenza Artificiale: come si ripercuote l’innovazione e la modernità
su di un album di musica progressiva che esce nel 2023?
Da diversi anni lavoro a distanza con
musicisti bravissimi e con nomi con cui mai avrei sognato di instaurare un
dialogo creativo negli anni ’70.
Il musicista odierno non ha solo lo
strumento su cui suonare ma anche un computer con un apposito programma per
registrare e una scheda audio per digitalizzare i suoni. Potremmo dire che i
musicisti sono stati pionieri dello “Smart Working!”.
Far coincidere il titolo di un brano
con quello dell’album ha sempre un significato ben preciso: quali sono i
“Frammenti in movimento” del disco, della tua/vostra vita?
Non solo da oggi, ma oggi
soprattutto, tutti gli attimi delle nostre giornate altro non sono che
frammenti. Suoni, immagini, ricordi, sentimenti… inquadrati nel cellulare,
smistati con il “copia e incolla”, secretatati nelle chiavette usb, rivisti
alla TV, masticati negli sms, inseguiti dal dito sullo schermo piatto…
Tra gli ospiti musicali c’è anche
Gigi Cavalli Cocchi, che oltre ad essere presente come strumentista ha
realizzato la copertina e il nuovo logo della band: mi parli del significato
della cover?
Semplicemente la cover riporta
elementi che sono descritti nei testi. L’ombra di “Her Shadow’s Torture”, il
cavallo bianco di “White Horse On Dope”, il titolo fluttuante di “Moving Fragments”, il serpente che si mangia la coda
di “Malo Bravo” e via di seguito.
Quanto è importante il lavoro di
Dario Mazzoli, che dell’album è il produttore?
Innanzitutto, Dario ha creduto nel
progetto, ma, soprattutto, mi è stato vicino, anche artisticamente, nel
rifinire e dare spessore al tutto.
“MOVING FRAGMENTS” esce proprio
nell’anno dei festeggiamenti dei tuoi 50 anni di attività professionistica, il
VOX 50 che ha visto - e ancora sta vedendo - eventi dedicati e variegati, ma il
concerto ufficiale di fine luglio ha permesso di avere un’anteprima dell’album
giacché la musica è partita con “Il suono della voce”: mi parli del brano e di
come si sia evoluta nel tempo la tua concezione di “utilizzo della voce”?
La melodia di “Il Suono Della Voce”
risale probabilmente agli Acqua Fragile anni ’70. Il brano, all’epoca solo
strumentale, non arrivò neppure in sala prove ma riemerse quando più tardi, nel
periodo in cui frequentavo Ivano Fossati, ascoltai il suo consiglio di inserire
parti cantate. Io chiesi tempo e così quel pezzo strumentale venne prima
depositato con il titolo “Dammi Tempo”. Una volta sviluppato il tutto pensai a
vari testi, in inglese e in italiano, fino ad arrivare a “Il Suono Della Voce”.
Ci sono varie leggende sulla voce e
sul canto. Alcune sono fuorvianti altre manipolate. Al momento mi piace molto
quanto riferitomi da un medico di medicina alternativa: il canto è la prima
forma di medicina per il corpo e per lo spirito. Ai primordi l’uomo cantava o
cercava di cantare per ritrovare il proprio equilibrio fisico e mentale.
Passiamo ad un’analisi più
approfondita brano dopo brano, iniziando da “Her Shadowʼs Torture”, che
allʼimpatto crea un forte pathos e produce una ambientazione molto “classica”,
a tratti cinematografica: come è nata e qual è il suo significato?
Musicalmente inquadro “HST” come un
classico brano Prog.
Intro classicheggiante, strofe
romantiche, ritornello più aggressivo con un contrappunto di basso/chitarra che
lotta con l’arpeggio del sintetizzatore. La parte finale è una carrellata
nell’oscura camera della tortura…
Il soggetto è ossessionato, non tanto
dalla figura di questa donna fatale quanto dalla sua ombra come oggetto del
desiderio da incrociare e attraversare.
Ho ascoltato incuriosito “White Horse
On Dope”, dopo aver letto che era presente Stef Burns, che mai avrei accostato,
evidentemente sbagliandomi, alla musica progressiva. Come è nato questa
collaborazione così inusuale?
Ero stato invitato a un concerto di
Stef che si esibiva in Trio e sono rimasto conquistato dal gusto musicale,
dalla simpatia del personaggio e dal suono esattamente rock della sua chitarra.
Quando si è lanciato in un blues molto ardito con accordi dissonanti sono
rimasto conquistato. Volendo verificare la presa sul pubblico mi ero poi girato
a scoprire che, con quel brano, la maggior parte della gente se n’era andata…
Il brano “WHoD” aveva bisogno di una
chitarra dal suono “inattaccabile” e sono stato felice di avere Mr. Burns a
bordo dopo che ha accettato di suonare il pezzo dove le battute dispari la
fanno da padrone.
Della title track mi hai già detto in
altra occasione, ma vorrei che entrassi del dettaglio tecnico, non essendo per
me di facile decodificazione.
Ho scritto il brano con la chitarra,
inframezzando un mini-riff ossessivo con accordi che poi, procedendo con
l’arrangiamento, ho scoperto accordi non essere. Soprattutto nella tradizione
west coast, sulla chitarra è possibile formulare ciò che Joni Mitchell
riportava a Wayne Shorter come “sospensioni” che mi hanno, di fatto, ispirato
il tema di “frammenti in movimento” senza una geometria finita.
Anche “Malo Bravo” mi sembra
musicalmente parlando molto complessa, e per completarla ti sei affidato a due
italianissimi come Sergio Ponti e Brian Belloni: mi ha dato lʼimpressione di un
superamento del prog, nel senso della ricerca che va oltre il genere e cerca un
ipotetico e sperabile “nuovo” … raccontami!
“Malo Bravo” è un altro brano nato
diversi anni pur limitato, a quel tempo, a soli due arpeggi in 7/quarti. Il
bello del comporre in tempi dispari è che risulta facile per chi scrive ma un po’
meno immediato per chi esegue.
Siamo stati fortunati a poter avere Brian
Belloni alle chitarre e Sergio Ponti alla batteria. Entrambi masticano molto
bene il dispari. Trovo il brano molto teatrale e il testo in
italiano ne sottolinea il carattere.
Con “I A - Intelligenza Artificiale”
ritorna in veste di autore (dopo il brano di apertura) Stefano Pantaleoni e
Rossella Volta duetta con te. Ma è lʼargomento che appare intrigante e,
soprattutto, analizzato in tempi in cui sembrava qualcosa di estremamente lontano
e non alla portata di tutti…
Anche questo brano vede la
collaborazione compositiva Pantaleoni/Lanzetti.
Il testo e il suo argomento creano contrasto
con il mondo musicale vagamente medievale celebrando una modalità non inusuale
nel Prog.
“Black Drone” vede la presenza di un
ormai “italianissimo” David Jackson che, come spesso gli accade, non si è
limitato al compito chiesto ma si è… lasciato andare! Ma a quale drone nero fa
riferimento il pezzo?
Il “Black Drone” minaccioso
all’inizio del pezzo diviene poi sfacciato e goliardico per terminare come un elemento
della quotidianità. Vederlo volare è come vedere l’erba verde di un prato o
sentire un cane abbaiare in lontananza…
“DD Danz” è uno strumentale del
Maestro Pantaleoni, tastierista della band: anche in questo caso di chiedo di
chiarire i significati, impossibile da carpire in assenza di liriche...
Ed ecco che il “Black Drone” viene
raggiunto da altri droni per una loro danza. Mancava un brano solo strumentale
negli album di Acqua Fragile così che l’inserimento non è casuale. Il titolo DD
DANZ è la storpiatura di “The Drone Dance”.
Con “Limerence Ethereal” termina
lʼalbum e la sensazione è proprio quella di fermatura del cerchio, con una
intro pacata e un crescendo importante, quasi drammatico nelle atmosfere: dimmi
di più…
Grazie per aver riportato la giusta
lettura del brano.
L’amore platonico visto come malattia
o romantico disturbo del comportamento. Prima trattato in modo artistico,
“rainbow at midnight” (arcobaleno a mezzanotte), citando, naturalmente, Dante e
Beatrice e poi Lolita, rimando con “Bonita”, ecco la melodia che si snoda, si
strugge e si consuma attorno alle diagnosi, quasi scientifiche, circa quel
sentire pulsazioni esclusive, quelle alterazioni dei sensi come l’unico
possibile amore nell’universo.
Cosa ti aspetti da questo nuovo
progetto discografico?
Malgrado la massa appaia omologata
nel seguire quello che gli attori sul mercato spingono, sono tanti coloro che
amano forme musicali che definirei più nobili, più artistiche o più
semplicemente più oneste, perché i cantanti cantano e i musicisti suonano!
Ci sono legittime speranze di poter
vedere gli Acqua Fragile che, dal vivo, propongono “MOVING FRAGMENTS”?
Le band così folli da professare il
rock progressivo, da sempre hanno dovuto fare i conti con il massimo delle
spese per gli strumenti e per la logistica. Ora, con poche eccezioni, queste
spese sono cresciute a dismisura.
Una volta si andava a suonare per
poco, oggi… occorre pagare per suonare!