Una delle ultime domeniche che il Raindogs ci ha regalato, prima della chiusura estiva, ha visto come protagonista il cantautore milanese Claudio Sanfilippo.
Vediamo qualche nota biografica.
A sedici anni comincia a suonare la chitarra e quasi subito capisce che scrivere canzoni è la cosa che lo attira. Già dalla fine dei Settanta si esibisce dal vivo, prima da solo con la chitarra e poi con un gruppo che lo accompagnerà per una decina di anni. La prima esperienza di rilievo è del 1985 quando Amilcare Rambaldi lo invita alla Rassegna del Club Tenco in veste di "nuova proposta". Dal 1986 a oggi le sue canzoni sono state cantate tra gli altri da Mina, Eugenio Finardi, Cristiano de Andrè, Pierangelo Bertoli, Carlo Marrale, Cecilia Chailly, Donati, Lu Colombo, Stragà, Michael Girard, dai tenori Salvatore Licitra e Marcelo Alvarez. Ha scritto anche canzoni per bambini, diverse sono state pubblicate per la collana di Geronimo Stilton.
Il suo primo album esce nel 1995 e si intitola STILE LIBERO (Edel), dall'omonima canzone interpretata da Mina nell'album Loch Ness. Gli arrangiamenti sono di Francesco Saverio Porciello (Savè), il chitarrista e amico col quale forma un sodalizio sin dai primi anni Ottanta. All'album partecipano Roberta Gambarini, Paolino Dalla Porta, Elio Rivagli, Ares Tavolazzi, Alberto Tafuri, Marco Brioschi, Rinaldo Donati, Massimo Gatti, Carlo De Martini, Maurizio Deho, Vittorio Cosma, Umberto Tenaglia nonchè alcuni ospiti come Eugenio Finardi, Rossana Casale, Carlo Marrale e Piero Milesi che arrangia gli archi del brano che dà il titolo all'album.
INTERVISTA
Il Raindogs, luogo in cui ti ho visto suonare a Savona, è posto “intimo” , di dimensioni congeniali alla tua proposta, almeno dal punto di vista dell’ascoltatore. Ma è anche un pub in cui si macina rock e blues. Come ti poni davanti a un tipo di musica che spesso induce al movimento?
Ho un senso del ritmo piuttosto sviluppato, nelle canzoni che scrivo il tempo e – soprattutto – un certo “groove” sono essenziali. La musica buona induce al movimento. Ma io ho un fisico ingombrante e non appartengo alla categoria degli "agili", quindi preferisco ascoltare e sentire dentro il battito del tempo musicale, mi regalo solo qualche impercettibile movimento a scandire gli accenti … insomma, fatemi suonare e non fatemi ballare ...
Esiste nel tuo DNA musicale qualcosa di “aggressivo” , da utilizzare , ad esempio, in alcuni momenti di sfogo?
No, direi che l’aggressività non fa parte del mio carattere. Ma una canzone sussurrata può essere mille volte più dura di una canzone urlata ... Se però intendi il bisogno – ogni tanto - di ascoltare una chitarra elettrica che urla, allora si. Ma fa sempre parte dell’ascolto e mai dell’esecuzione. Credo sia sano assecondare la propria natura, anche se a volte mi piacerebbe essere tutt’e due le cose. Ma Joao Gilberto non è Jeff Beck, e viceversa. L’importante, alla fine, è seguire il profumo della musica buona.
Leggendo la tua biografia si rivede la dura strada che conduce al successo, che per me non è la vita da star, ma il “poter vivere utilizzando le proprie passioni”. Non hai mai pensato, nei momenti più duri, di aver imboccato una strada sbagliata?
Infatti per me la parola successo ha quel significato. Anche perché il mio nome è conosciuto solo in ambiti legati alla canzone d’autore e quindi non potrei fare confronti tra il successo nella coerenza delle proprie passioni e il successo che implica fama, denari, visibilità. Non ho mai pensato di avere imboccato una strada sbagliata perché se avessi preso altre strade di certo non avrei scritto quello che ho scritto, di cui sono molto soddisfatto, e tanto basta. Ho pensato – questo si – che in alcune situazioni avrei potuto giocarmela meglio, ma questo vale per tutti e in qualsiasi contesto.
La nascita di un figlio cambia la vita. Come ha inciso su di te, come uomo e come musicista?
E’ un evento che cambia radicalmente il tuo rapporto con la vita, che ti pone domande nuove, che sposta la tua attenzione verso l’altro da te. In un certo senso è una specie di “scuola d’amore” dove tutti gli attori (genitori e figli) imparano a stare insieme, a condividere, a capirsi. Una buona società è l'insieme di tante buone famiglie, non ci sono altre strade. In senso musicale credo che mi abbia portato a sperimentare strade compositive nuove e sorprendenti; il disco in milanese, ad esempio, nasce da uno scavo nella memoria, come una specie di riflesso in cui mi sono rivisto bambino in una famiglia dove si parlava il milanese, che io imparavo senza rendermene conto … senza lo sguardo sui miei figli certe memorie "carsiche" non sarebbero riaffiorate, chissà...
Parlando sempre di giovani, hai qualche messaggio particolare per loro nelle tue canzoni, pensi ad una buona “semina”, dal punto di vista dei contenuti, ma anche da quello musicale?
Io parlo un linguaggio che non è didascalico rispetto ai fatti reali del nostro quotidiano. Quello che mi interessa è solo scrivere canzoni oneste e in sintonia con la mia natura musicale e letteraria. Il resto è questione di gusti. Non credo alla canzone "civile" come non credo alla poesia o al teatro "civile", è un aggettivo che non si può applicare al genio dell'arte, piccola o grande che sia. Credo invece alla canzone "buona" (in senso "Hemingwayano"), come alla poesia "buona". Per me l’importante è inseguire la bellezza, questa è la mia unica regola d’oro, l’unica “buona semina”. Il cantautore (parola bruttina) è sempre stato visto come una sorta di eroe senza macchia e senza peccato, una specie di alfiere/cantore della libertà con la chitarra in mano, il suo valore è sempre stato misurato sulla forza dei testi più che sulla musica. Io al contrario mi sento più musicista, per me la canzone è comunque un fatto squisitamente musicale.
Essendo tu un cantautore, il tuo prodotto non può scindere testo da musica , parole da melodia. Eppure noi tutti ci siamo innamorati, da ragazzi, di canzoni di cui non capivamo una parola e normalmente accade di rimanere colpiti per sempre da un riff di chitarra di 30 secondi.
Qual è il tuo punto di vista? Dai valore alla sola musica senza concetti applicati?
E’ la continuazione della risposta precedente e conforta il mio punto di vista che si può riassumere così: una canzone con un testo interessante e una parte melodica/armonica di scarso valore è quasi sempre una brutta canzone, al contrario una canzone ricca musicalmente può anche arrivare senza avere un testo di grande profondità. Il fatto che ci siamo innamorati tutti di canzoni di cui non capivamo le parole lo dimostra, la musica è un’arte che arriva per vie sensoriali. Le regioni preposte all'ascolto della musica sono un mistero, è questo che la rende così magica, così seducente.
Il nostro corpo è un vettore di vibrazioni che solo la musica può evocare. Poi, se il testo di una canzone è di alto valore, si aggiungerà la forza della parola, che però – non dimentichiamolo – è essa stessa suono e ritmo.
Hai scritto alcune canzoni per Finardi, l’unico artista italiano che ho sempre comprato a scatola chiusa, senza rimanere deluso.
Che tipo di rapporto avete?
Di amicizia e reciproca stima, negli anni mi ha riempito di complimenti e nei miei confronti è stato molto brillante. Ha un carattere non semplice ma molto leggibile e diretto, per me è stato un onore lavorare con lui, è un artista di grande energia musicale e un cantante come ce ne sono pochi, e non solo in Italia.
Abbiamo in comune l’amore per il calcio, o meglio, per LA SQUADRA.
Se potessi realizzare il sogno di un giorno, preferiresti essere Dylan o Rivera?
Ottimo, sono contento di conversare con un rossonero. Dylan o Rivera ? Rivera, senza alcun dubbio, anche se ho imparato a suonare sulle canzoni di Dylan e dischi come Blonde on Blonde o Blood on the Tracks sono tra quelli che mi porterei sull'isola. Ma il Gianni è il mio mito insuperato.
Come è nata la tua collaborazione con Mina?
Bruno Bergonzi, batterista bravissimo, qualche anno fa lavorava alla Sony Publishing, con cui collaboravo. In una cassetta che gli avevo lasciato da ascoltare c’era questa canzone, Stile Libero. A Bruno piacque subito e la mandò a Mina, senza dirmi niente. Dopo qualche settimana mi chiamò per dirmi che Mina l’aveva scelta per l’album che stava per registrare, che si intitola Loch Ness. Tutto è successo molto velocemente, grazie all’intuizione di Bruno.
Ancora un sogno. Mi indichi tre canzoni che avresti voluto scrivere?
Domanda complicata, molto. Potrei indicartene trenta e poi non sarebbero sufficienti. Vediamo: Insensatez di Jobim-Vinicius, The Look of Love di Burt Bacharach, Estate di Bruno Martino.
Cosa ci regalerà Claudio Sanfilippo nell’immediato futuro, musicalmente parlando?
Altra domanda complicata, di solito se prendo una strada mi lascio tentare dai sentieri che incontro e quindi non saprei bene che dire, al momento. Intanto proseguo nel mio percorso di performer solitario in concerto, con le mie chitarre. E comunque nel cassetto ci sono due progetti, un album di canzoni per bambini e un album acustico a due chitarre, la mia e quella di Francesco Saverio Porciello, vedremo …
Vediamo qualche nota biografica.
A sedici anni comincia a suonare la chitarra e quasi subito capisce che scrivere canzoni è la cosa che lo attira. Già dalla fine dei Settanta si esibisce dal vivo, prima da solo con la chitarra e poi con un gruppo che lo accompagnerà per una decina di anni. La prima esperienza di rilievo è del 1985 quando Amilcare Rambaldi lo invita alla Rassegna del Club Tenco in veste di "nuova proposta". Dal 1986 a oggi le sue canzoni sono state cantate tra gli altri da Mina, Eugenio Finardi, Cristiano de Andrè, Pierangelo Bertoli, Carlo Marrale, Cecilia Chailly, Donati, Lu Colombo, Stragà, Michael Girard, dai tenori Salvatore Licitra e Marcelo Alvarez. Ha scritto anche canzoni per bambini, diverse sono state pubblicate per la collana di Geronimo Stilton.
Il suo primo album esce nel 1995 e si intitola STILE LIBERO (Edel), dall'omonima canzone interpretata da Mina nell'album Loch Ness. Gli arrangiamenti sono di Francesco Saverio Porciello (Savè), il chitarrista e amico col quale forma un sodalizio sin dai primi anni Ottanta. All'album partecipano Roberta Gambarini, Paolino Dalla Porta, Elio Rivagli, Ares Tavolazzi, Alberto Tafuri, Marco Brioschi, Rinaldo Donati, Massimo Gatti, Carlo De Martini, Maurizio Deho, Vittorio Cosma, Umberto Tenaglia nonchè alcuni ospiti come Eugenio Finardi, Rossana Casale, Carlo Marrale e Piero Milesi che arrangia gli archi del brano che dà il titolo all'album.
Nel 1996 STILE LIBERO si aggiudica la TARGA TENCO quale "Migliore Opera Prima".
Nel 1999 è la volta di ISOLE NELLA CORRENTE (Fridge), arrangiato da Rinaldo Donati. Nell'album suonano Rinaldo Donati, Francesco Saverio Porciello, Umberto Tenaglia, Marco Brioschi, Kal Dos Santos, Carlo Virzi, Alessandro Gariazzo. Il sodalizio con Rinaldo produce un album visionario, di suggestioni sonore e poetiche.
Nello stesso periodo è presente con quattro canzoni a RADIO PESCI FUOR D'ACQUA, una produzione indipendente di Massimo Javicoli e Andrea Vagnoni che vede la partecipazione di Piero Milesi, Paolino Dalla Porta e Fabio Treves.
Nel 2003 esce un album di canzoni originali in milanese, lingua che Claudio scrive e frequenta sin da ragazzo. Si intitola I PAROLL CHE FANN VOLA' (Maxine) ed è un atto d'amore verso la sua città. Ancora arrangiato da Rinaldo Donati, contiene un brano scritto con Franco Loi, uno dei nostri grandi poeti, e un duetto con Nanni Svampa. Nel disco, imperniato tutto sulle chitarre di Claudio, c'è la partecipazione di Rinaldo Donati, Marco Brioschi, Bruno Bergonzi, Umberto Tenaglia, Massimo Gatti, Massimo Javicoli. Sempre in questo periodo esce il volume "Appunti di Viaggio" (Abaco) che racconta il suo percorso artistico attraverso le foto, i racconti, le testimonianze e un cd che raccoglie alcuni brani pubblicati negli anni precedenti.
Nel 2007 sente che è ora di entrare in studio per registrare un nuovo album, anche questa volta gli arrangiamenti sono di Rinaldo Donati. Il nuovo lavoro si intitola FOTOSENSIBILE ed esce alla fine del 2008. Insieme all'album è pubblicato un dvd, prodotto da Maxine e Bedeschi Film, che documenta il percorso artistico di Claudio con riprese suggestive e alcuni inediti dal vivo. Anche in FOTOSENSIBILE vi sono alcune partecipazioni rilevanti, in particolare quelle di Adam Benjamin al pianoforte, Steve Wood alla batteria e Piero Milesi al violoncello. L'album è disponibile in diversi siti (Fnac, Feltrinelli, IBS) oltre che in quello dell'etichetta discografica Maxine Productions (http://www.maxine.it/).
Nel 1999 è la volta di ISOLE NELLA CORRENTE (Fridge), arrangiato da Rinaldo Donati. Nell'album suonano Rinaldo Donati, Francesco Saverio Porciello, Umberto Tenaglia, Marco Brioschi, Kal Dos Santos, Carlo Virzi, Alessandro Gariazzo. Il sodalizio con Rinaldo produce un album visionario, di suggestioni sonore e poetiche.
Nello stesso periodo è presente con quattro canzoni a RADIO PESCI FUOR D'ACQUA, una produzione indipendente di Massimo Javicoli e Andrea Vagnoni che vede la partecipazione di Piero Milesi, Paolino Dalla Porta e Fabio Treves.
Nel 2003 esce un album di canzoni originali in milanese, lingua che Claudio scrive e frequenta sin da ragazzo. Si intitola I PAROLL CHE FANN VOLA' (Maxine) ed è un atto d'amore verso la sua città. Ancora arrangiato da Rinaldo Donati, contiene un brano scritto con Franco Loi, uno dei nostri grandi poeti, e un duetto con Nanni Svampa. Nel disco, imperniato tutto sulle chitarre di Claudio, c'è la partecipazione di Rinaldo Donati, Marco Brioschi, Bruno Bergonzi, Umberto Tenaglia, Massimo Gatti, Massimo Javicoli. Sempre in questo periodo esce il volume "Appunti di Viaggio" (Abaco) che racconta il suo percorso artistico attraverso le foto, i racconti, le testimonianze e un cd che raccoglie alcuni brani pubblicati negli anni precedenti.
Nel 2007 sente che è ora di entrare in studio per registrare un nuovo album, anche questa volta gli arrangiamenti sono di Rinaldo Donati. Il nuovo lavoro si intitola FOTOSENSIBILE ed esce alla fine del 2008. Insieme all'album è pubblicato un dvd, prodotto da Maxine e Bedeschi Film, che documenta il percorso artistico di Claudio con riprese suggestive e alcuni inediti dal vivo. Anche in FOTOSENSIBILE vi sono alcune partecipazioni rilevanti, in particolare quelle di Adam Benjamin al pianoforte, Steve Wood alla batteria e Piero Milesi al violoncello. L'album è disponibile in diversi siti (Fnac, Feltrinelli, IBS) oltre che in quello dell'etichetta discografica Maxine Productions (http://www.maxine.it/).
Il Raindogs, luogo in cui ti ho visto suonare a Savona, è posto “intimo” , di dimensioni congeniali alla tua proposta, almeno dal punto di vista dell’ascoltatore. Ma è anche un pub in cui si macina rock e blues. Come ti poni davanti a un tipo di musica che spesso induce al movimento?
Ho un senso del ritmo piuttosto sviluppato, nelle canzoni che scrivo il tempo e – soprattutto – un certo “groove” sono essenziali. La musica buona induce al movimento. Ma io ho un fisico ingombrante e non appartengo alla categoria degli "agili", quindi preferisco ascoltare e sentire dentro il battito del tempo musicale, mi regalo solo qualche impercettibile movimento a scandire gli accenti … insomma, fatemi suonare e non fatemi ballare ...
Esiste nel tuo DNA musicale qualcosa di “aggressivo” , da utilizzare , ad esempio, in alcuni momenti di sfogo?
No, direi che l’aggressività non fa parte del mio carattere. Ma una canzone sussurrata può essere mille volte più dura di una canzone urlata ... Se però intendi il bisogno – ogni tanto - di ascoltare una chitarra elettrica che urla, allora si. Ma fa sempre parte dell’ascolto e mai dell’esecuzione. Credo sia sano assecondare la propria natura, anche se a volte mi piacerebbe essere tutt’e due le cose. Ma Joao Gilberto non è Jeff Beck, e viceversa. L’importante, alla fine, è seguire il profumo della musica buona.
Leggendo la tua biografia si rivede la dura strada che conduce al successo, che per me non è la vita da star, ma il “poter vivere utilizzando le proprie passioni”. Non hai mai pensato, nei momenti più duri, di aver imboccato una strada sbagliata?
Infatti per me la parola successo ha quel significato. Anche perché il mio nome è conosciuto solo in ambiti legati alla canzone d’autore e quindi non potrei fare confronti tra il successo nella coerenza delle proprie passioni e il successo che implica fama, denari, visibilità. Non ho mai pensato di avere imboccato una strada sbagliata perché se avessi preso altre strade di certo non avrei scritto quello che ho scritto, di cui sono molto soddisfatto, e tanto basta. Ho pensato – questo si – che in alcune situazioni avrei potuto giocarmela meglio, ma questo vale per tutti e in qualsiasi contesto.
La nascita di un figlio cambia la vita. Come ha inciso su di te, come uomo e come musicista?
E’ un evento che cambia radicalmente il tuo rapporto con la vita, che ti pone domande nuove, che sposta la tua attenzione verso l’altro da te. In un certo senso è una specie di “scuola d’amore” dove tutti gli attori (genitori e figli) imparano a stare insieme, a condividere, a capirsi. Una buona società è l'insieme di tante buone famiglie, non ci sono altre strade. In senso musicale credo che mi abbia portato a sperimentare strade compositive nuove e sorprendenti; il disco in milanese, ad esempio, nasce da uno scavo nella memoria, come una specie di riflesso in cui mi sono rivisto bambino in una famiglia dove si parlava il milanese, che io imparavo senza rendermene conto … senza lo sguardo sui miei figli certe memorie "carsiche" non sarebbero riaffiorate, chissà...
Parlando sempre di giovani, hai qualche messaggio particolare per loro nelle tue canzoni, pensi ad una buona “semina”, dal punto di vista dei contenuti, ma anche da quello musicale?
Io parlo un linguaggio che non è didascalico rispetto ai fatti reali del nostro quotidiano. Quello che mi interessa è solo scrivere canzoni oneste e in sintonia con la mia natura musicale e letteraria. Il resto è questione di gusti. Non credo alla canzone "civile" come non credo alla poesia o al teatro "civile", è un aggettivo che non si può applicare al genio dell'arte, piccola o grande che sia. Credo invece alla canzone "buona" (in senso "Hemingwayano"), come alla poesia "buona". Per me l’importante è inseguire la bellezza, questa è la mia unica regola d’oro, l’unica “buona semina”. Il cantautore (parola bruttina) è sempre stato visto come una sorta di eroe senza macchia e senza peccato, una specie di alfiere/cantore della libertà con la chitarra in mano, il suo valore è sempre stato misurato sulla forza dei testi più che sulla musica. Io al contrario mi sento più musicista, per me la canzone è comunque un fatto squisitamente musicale.
Essendo tu un cantautore, il tuo prodotto non può scindere testo da musica , parole da melodia. Eppure noi tutti ci siamo innamorati, da ragazzi, di canzoni di cui non capivamo una parola e normalmente accade di rimanere colpiti per sempre da un riff di chitarra di 30 secondi.
Qual è il tuo punto di vista? Dai valore alla sola musica senza concetti applicati?
E’ la continuazione della risposta precedente e conforta il mio punto di vista che si può riassumere così: una canzone con un testo interessante e una parte melodica/armonica di scarso valore è quasi sempre una brutta canzone, al contrario una canzone ricca musicalmente può anche arrivare senza avere un testo di grande profondità. Il fatto che ci siamo innamorati tutti di canzoni di cui non capivamo le parole lo dimostra, la musica è un’arte che arriva per vie sensoriali. Le regioni preposte all'ascolto della musica sono un mistero, è questo che la rende così magica, così seducente.
Il nostro corpo è un vettore di vibrazioni che solo la musica può evocare. Poi, se il testo di una canzone è di alto valore, si aggiungerà la forza della parola, che però – non dimentichiamolo – è essa stessa suono e ritmo.
Hai scritto alcune canzoni per Finardi, l’unico artista italiano che ho sempre comprato a scatola chiusa, senza rimanere deluso.
Che tipo di rapporto avete?
Di amicizia e reciproca stima, negli anni mi ha riempito di complimenti e nei miei confronti è stato molto brillante. Ha un carattere non semplice ma molto leggibile e diretto, per me è stato un onore lavorare con lui, è un artista di grande energia musicale e un cantante come ce ne sono pochi, e non solo in Italia.
Abbiamo in comune l’amore per il calcio, o meglio, per LA SQUADRA.
Se potessi realizzare il sogno di un giorno, preferiresti essere Dylan o Rivera?
Ottimo, sono contento di conversare con un rossonero. Dylan o Rivera ? Rivera, senza alcun dubbio, anche se ho imparato a suonare sulle canzoni di Dylan e dischi come Blonde on Blonde o Blood on the Tracks sono tra quelli che mi porterei sull'isola. Ma il Gianni è il mio mito insuperato.
Come è nata la tua collaborazione con Mina?
Bruno Bergonzi, batterista bravissimo, qualche anno fa lavorava alla Sony Publishing, con cui collaboravo. In una cassetta che gli avevo lasciato da ascoltare c’era questa canzone, Stile Libero. A Bruno piacque subito e la mandò a Mina, senza dirmi niente. Dopo qualche settimana mi chiamò per dirmi che Mina l’aveva scelta per l’album che stava per registrare, che si intitola Loch Ness. Tutto è successo molto velocemente, grazie all’intuizione di Bruno.
Ancora un sogno. Mi indichi tre canzoni che avresti voluto scrivere?
Domanda complicata, molto. Potrei indicartene trenta e poi non sarebbero sufficienti. Vediamo: Insensatez di Jobim-Vinicius, The Look of Love di Burt Bacharach, Estate di Bruno Martino.
Cosa ci regalerà Claudio Sanfilippo nell’immediato futuro, musicalmente parlando?
Altra domanda complicata, di solito se prendo una strada mi lascio tentare dai sentieri che incontro e quindi non saprei bene che dire, al momento. Intanto proseguo nel mio percorso di performer solitario in concerto, con le mie chitarre. E comunque nel cassetto ci sono due progetti, un album di canzoni per bambini e un album acustico a due chitarre, la mia e quella di Francesco Saverio Porciello, vedremo …