sabato 31 agosto 2024

Joe Walsh e il suo genuino istinto “progressivo”: quando la futura icona degli Eagles diventò prog, con “The Smoker You Drink, The Player You Get”


C'è una storia che Joe Walsh racconta spesso e che sottolinea come, dopo aver lasciato la James Gang, si rintanò sulle montagne del Colorado, nel gennaio 1972, dove alla fine fu raggiunto dal polistrumentista e batterista Joe Vitale. I due parlarono del tipo di nuova musica che avevano in testa. Vitale lasciò i suoi “tamburi” in macchina e rimasero lì per tre settimane. La ragione di questo ritardo non era dovuta al loro approccio rilassato, ma perché, secondo Walsh, faceva "troppo freddo per uscire e portarli dentro".

L'album risultante, Barnstormcon il bassista Kenny Passarelli a bordo, fu pubblicato nel 1972 sotto il nome di Walsh. Stanco delle grintose certezze del blues rock caratteristiche del suo periodo con la James Gang, Walsh si ramificò, musicalmente parlando, estendendo la sua portata a un suono più ampio e vario, pur essendo ancora radicato nel rock.

The Smoker You Drink, The Player You Get sviluppa ulteriormente il modello che Walsh ha in testa dal punto di vista sonoro e introduce il tastierista Rocke Grace. Essendo stato un fan di Switched-On Bach, di Walter (ormai Wendy) Carlos, Walsh era desideroso di integrare i sintetizzatori nel suono della band. Presumibilmente un regalo di Pete Townshend - dopo che Walsh aveva fornito al genio degli Who una chitarra rara - il synth viene usato con parsimonia ma in modo efficacie, come strumento strutturale, aggiungendo colore e ombra.

Le chitarre acustiche di Wolf sono ipnoticamente intrecciate con le loro controparti elettriche, con l'inquietante boom del sintetizzatore basso che porta una certa gravitas – pensiamo alla coda di Entangled dei Genesis. È improbabile che Walsh avesse sentito parlare dei Genesis a quel punto della storia, ma le somiglianze negli intricati passaggi acustici, specialmente con l'uso del flauto di Vitale, sono sorprendenti, sia qui che in Barnstorm.

Un'influenza percepibile dei Beatles è presente nelle armonie di Days Gone By di Vitale. Mentre Walsh sviluppa un assolo di costruzione lenta, tutto è sommerso da suoni rallentati e fasi pesanti. 

Con un credibile cenno al jazz rock attraverso lo strumentale Midnight Moodies, questa diventa una proposta che supera i tradizionali parametri del periodo.

Con un occhio al potenziale commerciale c'è il pop usa e getta di Happy Ways, con le sue inflessioni giamaicane e l'amabile riff di Rocky Mountain Way che porta Walsh ad un innalzamento del proprio profilo chitarristico.

Anche se il suo reclutamento negli Eagles nel 1975 avrebbe portato Walsh su un percorso musicale più convenzionale, la natura eccentrica e aperta di queste canzoni mostra un genuino istinto PROG nel suo DNA.




venerdì 30 agosto 2024

“Swaddling Songs”, l'unico album in studio del gruppo folk irlandese Mellow Candle. Commento e ascolto


“Swaddling Songs”, l'unico album in studio del gruppo folk irlandese Mellow Candle.

 Per saperne di più sulla band:

https://athosenrile.blogspot.com/2021/12/la-strana-storia-dei-mellow-candle.html


Titolo: Swaddling Songs

Artista: Mellow Candle

Pubblicazione: aprile 1972

Registrazione: dicembre 1971

Genere: Folk rock, progressive folk, psychedelic folk

Lunghezza: 42:57

Label:Deram Records

Produttore: David Hitchcock

Singolo tratto dall’album: "Silversong"

 

"Swaddling Songs" dei Mellow Candle è un album che si distingue per la sua bellezza eterea e la combinazione armoniosa di folk rock e progressive rock. Pubblicato originariamente nel 1972, questo lavoro è diventato un classico del genere e ha guadagnato un seguito di culto nel corso degli anni.

Una delle caratteristiche più distintive dell'album è la voce meravigliosa e cristallina di Alison Williams, che trasmette una gamma di emozioni attraverso le sue performance. Le sue capacità vocali sono affiancate da una solida strumentazione, con chitarre acustiche e elettriche, flauti, violini e tastiere che si fondono in modo magistrale.

Le canzoni di "Swaddling Songs" sono intime e malinconiche, spesso ispirate alla tradizione folk irlandese. I testi affrontano temi come l'amore, la perdita e la crescita interiore, trasmettendo un senso di nostalgia e mistero. Ogni brano è ben strutturato, con melodie coinvolgenti che si sviluppano in modo organico e progressive.

L'album si apre con "Heaven Heath", un pezzo che cattura immediatamente l'attenzione dell'ascoltatore con il suo incipit acustico, per poi sfociare in un arrangiamento complesso e coinvolgente. "Buy or Beware" è un'altra traccia che si distingue per la sua atmosfera ipnotica e il testo intrigante. "The Poet and the Witch" è una canzone di oltre dieci minuti che mostra l'abilità della band nell'intrecciare diversi stili musicali. Ma tutto il disco va ascoltato con attenzione.

Nonostante "Swaddling Songs" abbia ricevuto poco riconoscimento commerciale all'epoca della sua uscita, l'influenza dell'album può essere riscontrata in molte band progressive rock e folk rock successive. La sua bellezza senza tempo e la maestria musicale dei Mellow Candle ne fanno un lavoro che merita di essere riscoperto e apprezzato.

A mio giudizio un album straordinario, che combina abilmente il folk rock e il progressive rock in un modo unico e affascinante. Con le sue melodie coinvolgenti, le performance vocali eccezionali e i testi suggestivi, l'album offre un'esperienza musicale indimenticabile, da non perdere per gli appassionati della musica folk e progressive rock.


Track listing (cliccare sul titolo per ascoltare)

Heaven Heath (Alison Williams) – 3:00

Sheep Season (Clodagh Simonds, A. Williams, David Williams) – 5:01

Silver song (Simonds) – 4:26

The Poet and the Witch (Simonds) – 2:51

Messenger Birds (A. Williams) – 3:38

Dan the Wing (Simonds) – 2:45

Reverend Sisters (Simonds) – 4:21

Break Your Token (Simonds) – 2:27

Buy or Beware (D. Williams) – 3:04

Vile Excesses (D. Williams, William Murray) – 3:14

Lonely Man (Simonds) – 4:30

Boulders on My Grave (Simonds) – 3:40

 

Bonus tracks

La ristampa in CD include le seguenti tracce bonus:

Feeling High (Simonds) – 2:23

Tea with the Sun (Simonds) – 3:18

Queste tracce erano il singolo originale e il lato B pubblicato dalla giovane band nel 1968.

 


Formazione

Clodagh Simonds - voce, cori, pianoforte, clavicembalo, mellotron

Alison Williams (Alison Bools) - voce, cori

David Williams - chitarra, cori

Frank Boylan - basso, cori

William Murray - batteria, percussioni

 

Registrazione

David Hitchcock – produttore

Derek Varnals – ingegnere del suono

Kevin Fuller – ingegnere del suono

 

Versioni

LP in vinile (Deram, 1972)

LP in vinile (Gramophone Company, 2004)

CD (Gramaphone Company, 2004)






 

mercoledì 28 agosto 2024

Trees: il folk rock britannico mai dimenticato

 


I Trees sono stati un gruppo folk rock britannico che ha registrato e suonato live tra il 1969 e il 1971, riformandosi brevemente per continuare ad esibirsi per tutto il 1972.

Sebbene il gruppo all’epoca abbia incontrato poco successo commerciale, la reputazione della band è cresciuta nel corso degli anni e si è rinforzata nel 2007 in seguito al campionamento degli Gnarls Barkley della traccia "Geordie" (dal secondo album degli “Trees On The Shore”) sulla title track del loro album “st. Elsewhere”.

La band originale era composta da cinque membri: il bassista e tastierista Bias Boshell, il chitarrista Barry Clarke, il chitarrista acustico David Costa, il batterista Unwin Brown e la cantante Celia Humphris.

 


La loro storia…

David Costa, figlio del cantante e conduttore radiofonico britannico Sam Costa, stava studiando Belle Arti presso l'Università dell'East Anglia, da poco aperta, quando incontrò Barry Clarke (che lavorava presso l'agenzia pubblicitaria di Royd a Londra) attraverso una amica comune che aveva suggerito la collaborazione, poiché erano entrambi chitarristi.

Queste le parole di David dopo il loro primo incontro Barry: "Non sono mai tornato all'università e Barry non è mai tornato nel suo ufficio".

Barry Clarke viveva all'epoca in una casa a Barnes, condivisa con Bias Boshell.

Bias Boshell e Unwin Brown avevano entrambi frequentato la Bedales School di Petersfield, Hampshire, e si trovarono in breve tempo a condividere le loro diverse esperienze musicali, esplorando i diversi gusti e riunendo ciò che avevano in comune. Mancando di un cantante, Costa suggerì di fare un'audizione alla sorella di un suo conoscente e introdusse Celia Humphris nel mix, una giovane che aveva appena lasciato l’Arts Educational dove aveva studiato danza, teatro e canto. Il padre di Humphris era il pittore e illustratore Frank Humphris.

I cinque iniziarono a provare al debutto della primavera del 1969, realizzando i loro primi concerti e le prime tracce demo nei mesi di giugno e luglio dello stesso anno.

Dopo aver firmato per la CBS nell'agosto 1969, i Trees produssero due album in studio in successione relativamente rapida, “The Garden of Jane Delawney” (pubblicato nell'aprile 1970) e “On The Shore” (pubblicato nel gennaio 1971), entrambi registrati negli studi Sound Techniques di Chelsea, ed entrambi prodotti da Tony Cox. “On The Shore” presentava la copertina di Storm Thorgerson dello studio Hipgnosis.

Come altri gruppi contemporanei folk, i Trees sono stati paragonati ai Fairport Convention, ma con un tocco più psichedelico. Il materiale del gruppo fu diviso tra adattamenti di canzoni tradizionali e composizioni originali, principalmente di Bias Boshell.

In un'intervista del 2020, Costa commentò: "Siamo stati etichettati come una band folk-rock, punto e basta, ma le nostre influenze erano generalmente molto più americane che britanniche".

Il gruppo primario si sciolse nel 1971 dopo aver registrato i due album. 

Una seconda incarnazione dei Trees si riformò nel 1972 e suonò fino al 1973; il gruppo comprendeva Celia Humphris, Barry Clarke, Barry Lyons (ex membro di Mr Fox), Alun Eden (anche ex membro di Mr Fox) e Chuck Fleming (ex membro della JSD Band). Le registrazioni di questa formazione sono reperibili nelle versioni bootleg.

Quest'ultima formazione ha anche contribuito all'album solista di Phil Trainer (BASF, 1972)

I Trees si esibirono ampiamente nel corso della loro carriera, prevalentemente nel circuito universitario, ma apparendo due volte alle Fairfield Halls e alla Queen Elizabeth Hall sulla South Bank di Londra, con vari gradi di successo e a volte con significativi elogi della critica.

Durante la loro carriera hanno supportato in tournée artisti come Fotheringay, Fairport Convention, Matthew's Southern Comfort, Fleetwood Mac; Free and Faces sullo stesso cartellone, Genesis, Family e Yes, e apparvero all'Evolution Music Festival a Le Bourget, Parigi nel 1970 insieme a Ginger Baker's Air Force, Pink Floyd e Procol Harum.

Un concerto molto precoce a Notting Hill, a Londra, li vide apparire con un David Bowie praticamente sconosciuto. La band era spesso accompagnata on the road e supportata dal cantautore Marc Ellington.

Originariamente furono seguiti da Douglas Smith e Clearwater Productions, una società di Notting Hill Gate che gestiva anche altri artisti, come High Tide, Cochise e Skin Alley, Hawkwind e Thunderclap Newman.

Dopo lo scioglimento della formazione di origine, Bias Boshell continuò a lavorare come tastierista e compositore con la Kiki Dee Band, scrivendo la sua canzone di maggior successo, “I've Got the Music in Me”, prima di unirsi a Barclay James Harvest e successivamente a The Moody Blues, sostituendo il tastierista Patrick Moraz. Ora vive nel Galles del Nord.

Barry Clarke si unì alla band Vigrass e Osborne, per poi ricongiungersi a David Costa nel 1973 per l'album omonimo “Casablanca” (Rocket Records).

David Costa è rimasto nel giro come art director e designer, seguendo molti artisti importanti, come Elton John, George Harrison, Eric Clapton, i Rolling Stones e i Beatles. Costa e Boshell si sono esibiti insieme in una "reunion" del 2018.

Barry Clarke ha proseguito l’impegno nel settore della gioielleria, vivendo part-time in Francia.

Dopo un breve periodo come batterista con il quartetto pop Capricorn, Unwin Brown ha continuato la sua lunga carriera di insegnante alla Thomas's School di Kensington, cosa che ha fatto sino alla sua morte avvenuta nel 2008.

Celia Humphris ha proseguito con la seconda formazione dei Trees e successivamente è diventata un'attrice di doppiaggio ricercata e ha fornito la voce per diverse canzoni dell'album “Talking With Strangers”, di Judy Dyble (nel 2009), Dodson and Fogg, un progetto folk-rock pubblicato nel 2012, e come cantante ospite nell'album “Heathen Hymns” del 2017, di Galley Beggar, pubblicato su Rise Above Records.

In seguito, ha vissuto in Francia.

È mancata l'11 gennaio del 2021.

Formazioni

Celia Humphris - voce (1969-1972)

Barry Clarke - chitarra solista (1969-1972)

David Costa - chitarra acustica (1969-1971)

Bias Boshell - basso, chitarra, voce (1969-1971)

Unwin Brown - batteria (1969-1971)

Barry Lyons - basso (1971-1972)

Alun Eden - batteria (1971-1972)

Chuck Fleming - violino (1971-1972)

 

Discografia

1970-The Garden of Jane Delawney CBS Records, 2007 Sony Rewind, Sunbeam Records

1971-On the Shore CBS Records, 2007 Sony Rewind, Sunbeam Records

1989Trees LIVE! (Italiano) Habla (bootleg)

2020-Trees (Edizione 50° Anniversario) Fire Records


Sia “The Garden of Jane Delawney” che “On the Shore” sono sempre stati disponibili sin dalla loro uscita originale in vinile, cassetta o CD.

Un'edizione deluxe in due dischi di “On the Shore” è stata pubblicata nel 2007, contenente materiale inedito e remixato.

Nel 2008 seguì una nuova edizione di “The Garden of Jane Delawney”, contenente anche materiale inedito e alcune nuove registrazioni. Entrambi i doppi pacchetti presentavano un ampio saggio del comico, regista e scrittore Stewart Lee.

Un cofanetto di quattro album di registrazioni dei Trees, tra cui demo, remix e registrazioni dal vivo della "reunion" di “The Shore Band” del 1998 degli Trees, è stato pubblicato nel 2020 per celebrare il cinquantesimo anniversario della band.





The La's, i pionieri del brit-pop

 

The La's è un gruppo musicale britannico nato a Liverpool nel 1986 da un'idea del cantante Lee Mavers e composto inoltre dal bassista John Power, dal chitarrista Paul Hemmings e dal batterista John Timson.

Tra l'anno di formazione e l'anno del debutto discografico - 1990 - il gruppo è protagonista di diversi cambi di formazione che vedono la totale ricostruzione della formazione con alla batteria il fratello di Lee, Neil Mavers, al basso James Joyce e alla chitarra Peter James Camell.

I primi singoli pubblicati - Way Out (1987) e There She Goes (1988) - procurano al gruppo ottime recensioni. Ma per avere il primo LP bisogna attendere il 1990, anno in cui la Go! Discs pubblica l'esordio omonimo della band. Il disco potrà vantare un'ottima accoglienza della stampa e un pregevole quantitativo di copie vendute.

Dopo aver suonato in tour per tutto il 1991, il perfezionismo di Mavers lo spinge a riscrivere e riarrangiare le canzoni del primo album, ma questo processo non porta a nulla di concreto ed esclusi un paio di concerti del 1995 con una nuova band, i La's non hanno mai dato ulteriori prove della loro esistenza sino al 2005, dieci anni dopo, per una riunione speciale sul palco del Glastonbury Festival.

Mai ufficialmente sciolti, i The La's possono essere considerati i pionieri del brit-pop, genere che da lì a qualche anno esploderà con gruppi come Oasis e Blur. La loro musica era un insieme di scintillante jangle-pop sulla scia dei primi dischi dei Primal Scream e degli Smiths, ma che rimanda anche alla tradizione inglese degli anni Sessanta.

Nel 2018, una serie comica-drammatica della BBC TV intitolata "There She Goes" presenta una cover della canzone di La’S che riporta quel nome.


Membri

Lee Mavers – guitar, vocals (1984–1992, 1994–1995, 2005, 2011)

Mike Badger – guitar, vocals (1983–1986)

Sean Eddleston - guitar (1984)

John "Timmo" Timson – drums (1984–1985, 1986–1987)

Phil Butcher – bass (1984)

Jim "Jasper" Fearon – bass, drums (1985, 2005)

Bernie Nolan – bass (1985–1986)

Tony Clarke – drums (1985–1986)

Paul Rhodes – drums (1986)

John Power – bass, vocals (1986–1991, 2005)

Barry Walsh – drums (1986)

Paul Hemmings – guitar (1987)

Mark Birchall – drums (1987)

Peter "Cammy" Cammell – guitar, bass (1988, 1989–1992, 1994–1995)

Iain Templeton – drums (1988)

John "Boo" Byrne – guitar (1988, 1995)

Chris Sharrock – drums (1988–1989)

Barry Sutton – guitar (1988–1989, 1991)

Neil Mavers – drums (1989–1992, 1994–1995)

James Joyce – bass (1991–1992, 1994)

Lee Garnett – guitar (1994–1995)

Jay Lewis – guitar (2005)

Nick Miniski – drums (2005)

Gary Murphy – bass (2011)

 

Album in studio

The La's (1990) No. 30 (UK), No. 196 (US)

 

Compilation

Lost La's 1984–1986: Breakloose (1999)

Singles Collection (2001)

Lost La's 1986–1987: Callin' All (2001)

BBC in Session (2006)

Lost Tunes (2008)

De Freitas Sessions '87 (2010)

Callin' All (2010)

 

Singoli




martedì 27 agosto 2024

È mancato Richard Paul Macphail, il 6° Genesis

 

Genova-Teatro Govi, 6 ottobre 2012

Ho appena appreso che è venuto a mancare Richard Paul Macphail, che conobbi personalmente e intervistai sul palco genovese del Teatro Govi, nel 2012. Era nato il 17 settembre 1950 a Bedford, Bedfordshire, ed è stato un musicista, road manager e imprenditore inglese noto soprattutto per la sua collaborazione con i Genesis.

Si raccontava così…

La storia per me iniziò nel 1963. Avevo tredici anni e alla Charterhouse incontrai un ragazzo della mia età chiamato Rivers Job. Presto scoprimmo che condividevamo una passione per la musica rock. I suoi gusti erano molto più evoluti dei miei ed io imparai molte cose da lui negli anni della nostra amicizia. L'occasione del nostro incontro fu che un noioso pomeriggio eravamo stati attirati nella hall della scuola perché uno dei gruppi rock della scuola stava provando. Quando arrivai stavano facendo una pausa e, come molti ragazzi della mia età, mi illusi di essere un batterista. Strisciai sul palco, andai dietro alla batteria ed iniziai a colpire. Anche Rivers, a me sconosciuto, era nella sala. Era un bassista in embrione e più tardi venne da me dicendo che aveva una band a Londra che aveva bisogno di un batterista e se volevo fare un provino per loro. Beh, io non esitai un secondo. La mia grande occasione era chiaramente arrivata! Risultò che il chitarrista della band era Anthony Phillips. Era un po' più giovane di noi due ma doveva venire alla Charterhouse all'inizio del semestre successivo.

Sia io che Rivers vivevamo nel centro di Londra e, non appena giunsero le successive vacanze, ci incontrammo e prendemmo l'autobus numero 30 da Marble Arch a Putney dove viveva Ant. I miei genitori non erano molto comprensivi riguardo la mia passione per la musica rock e quindi non erano molto incoraggianti. Quando arrivammo a casa di Ant rimasi stupito nello scoprire che la sala da pranzo era stata trasformata in una sala prove e sua madre e sua nonna stavano lì ad ascoltare entusiasticamente qualsiasi cosa noi suonassimo. Questo per me fu una rivelazione, avere un tale incoraggiamento dalle generazioni più anziane, subito ne diventammo cotti. Emerse immediatamente che io non ero il più grande batterista al mondo ma conoscevo molte parole delle canzoni degli Stones che stavamo suonando. Così, ad ora di pranzo ero diventato il cantante della band. Ant aveva un vicino chiamato Rob Tyrrell che risultò essere un buon batterista e molto presto arruolammo Mike Rutherford alla chitarra ritmica e fummo al completo. Chiamammo la band Anon (non "The"!) e presto diventammo la band di punta della scuola, suonando alla fine dei concerti e alle feste dei ragazzi durante le vacanze. Alla fine dell'estate 1966 decidemmo di organizzare un concerto rock con le tre band della scuola. I nostri principali rivali erano chiamati "Garden Wall" e comprendevano Tony Banks al piano e Peter Gabriel alla voce. Il concerto fu un grande successo e tutti noi avevamo grandi progetti per il futuro. Purtroppo per me non fu così. Preoccupati per il crescente ammontare di tempo e attenzione che la mia attività musicale stava prendendo e nervosi per il mio probabile livello "O", i miei genitori decisero di mandarmi in un'altra scuola. Alla fine, Anon si sciolsero e Ant e Mike si unirono a Peter e Tony e la band che stava per diventare Genesis era nata. Durante gli anni successivi ci mantenemmo in contatto. La band fece un demo e cercò di attirare l'attenzione di Jonathan King. Lui diede il nome alla band e sotto la sua egida pubblicarono un paio di singoli e il loro primo album – “From Genesis To Revelation” per la Decca. All'epoca stavo lavorando a Londra e ricordo che comprai una copia del giornale clandestino - International Times. All'interno c'era una favorevole recensione dell'album. Telefonai a Peter nella casa di campagna dei suoi genitori per leggergli la sua prima recensione.

Nell'autunno del 1969 le cose giunsero ad un punto decisivo. Nonostante alcune buone recensioni, il successo commerciale su larga scala aveva eluso la band ed ognuno stava continuando (con vari gradi di riluttanza) il corso della propria educazione in college ed università. Tutti loro decisero che avrebbero sospeso queste attività per un anno e si sarebbero dedicati alla musica per vedere se poteva funzionare. A quel tempo i miei genitori vivevano a Londra e passavano i fine settimana in un lontano cottage tra Guildford e Dorking nel Surrey. Avevano deciso di ritirarsi lì la primavera successiva e di non usare la villetta durante l'inverno. Così ci fu la perfetta opportunità per la band di rintanarsi in un posto lontano ma accessibile e, come dicevamo, di "riunirsi" nella campagna. Io divenni il capo cuoco, lavatore di bottiglie e roadie. Giorni furono spesi a scrivere e provare nuovo materiale e gradualmente furono fissati concerti. Questi furono soprattutto a Londra e nel sud-est e fornirono una buona opportunità per invitare diversi probabili agenti, managers e scopritori di talenti delle compagnie di registrazione per vedere la band. Fu in una sala al piano di sopra del Ronnie Scott che il capo della Charisma - Tony Stratton-Smith - fu portato a vedere la band da un produttore di dischi chiamato John Anthony. Tony rimase impressionato e presto divenne sia il manager della band che il capo della casa discografica. Così all'inizio dell'estate 1970 la band andò nei Trident Studios in Soho per registrare il loro primo album targato Charisma chiamato “Trespass”.

Poi iniziò un periodo di tre anni in cui ogni anno passava in un ciclo chiaramente definito di scrittura, registrazione e tournée. Ma prima una crisi più importante dovette essere superata. “Trespass” fu registrato durante l'estate. Quando la registrazione fu terminata tutti noi prendemmo una pausa. Durante questa pausa, con un po' di tempo a disposizione per riflettere, Anthony Phillips giunse alla conclusione che la sua direzione musicale lo stava portando lontano dalla principale corrente che stava seguendo il resto della band. Dopo molti pensieri in mente, estenuanti conversazioni a notte fonda e molte telefonate dominate dal pessimismo, Ant alla fine giunse alla conclusione che aveva intenzione di lasciare. Ora, in diversi modi, Ant era sempre stato il principale sostegno per la band, sia musicalmente che attraverso il suo profondo impegno per la sua musica ed anche per l'instancabile sostegno della sua famiglia. Andare avanti senza di lui sembrava fuori discussione. Ma d'altro canto così tanto era stato raggiunto e sembrava da pazzi lasciare ora e rovinare tutto. Ricordo molto bene una sera di luglio in cui seduto nel furgone fuori il retro del vecchio Marquee Club in Wardour Street con Peter, Tony e Mike consideravamo il futuro senza Ant. Gli altri tre sembravano molto insicuri se andare avanti o no. Per ragioni che sembrerebbero ovvie col vantaggio del senno di poi, io ero molto sicuro in quel momento che non avremmo dovuto mollare. E così fu deciso. Ma ci fu un altro problema da affrontare. Il batterista per quest'ultimo periodo era stato John Mayhew. Sebbene fosse un esperto musicista noi tutti sentivamo che non era il migliore batterista per la band, perciò i tempi sembravano maturi perché, se proprio dovevamo andare avanti senza Ant, allora forse dovevamo trovare anche un batterista più adatto.

Così le decisioni vennero prese: andare avanti senza Ant e trovare un nuovo batterista. Da quelle decisioni venne una di quelle incredibili svolte che sarebbe stato impossibile predire ma che per diversi aspetti misero il sigillo sul destino dei Genesis per sempre. In breve, e per un periodo di alcuni mesi, i due nuovi membri che trovammo furono, alla chitarra, Steve Hackett, e, alle batterie, Phil Collins. Il modo in cui questi due vennero fatti entrare nella band è ben documentato altrove perciò io non vi dedicherò qui ulteriore spazio. Ma la differenza che fecero all'interno della band musicalmente, socialmente e dinamicamente non può essere sottovalutata. La piattaforma che doveva portare questo gruppo di musicisti molto insoliti dai luoghi di supporto nel circuito dei college del sud-est inglese a diventare una delle band con maggiore successo che il mondo abbia mai visto era ora a posto.

Il successivo paio di anni ora sembra confuso: concerti e poi composizione ed incisione e poi ancora più concerti. Punti di riferimento, pietre miliari e scoperte andavano e venivano. Quelle musicali includevano pezzi come The Musical Box, Hogweed, Watcher Of The Skies e, naturalmente, Supper's Ready. Altre ancora importanti come la notte a Dublino quando Peter sbalordì noi tutti lasciando il palco nel mezzo di The Musical Box e riapparendo con addosso un vestito rosso ed una testa di volpe! Anche il primo concerto all'estero a Bruxelles e i primi tours italiani dove la folla era una pregustazione di cose future se avessimo osato crederci. Poi altri eventi meno significativi ma ugualmente memorabili come la volta che riuscii a lasciare i piatti di Phil nella strada fuori l'Oxford Town Hall e guidai fino a Derby in beata ignoranza (gli furono più tardi consegnati alla stazione di polizia!).

Il mio tempo con i Genesis giunse al termine nel 1976. L'ultimo tour che feci con loro fu esso stesso un punto di riferimento per l'evoluzione della band perché fu il primo tour che fecero dopo la partenza di Peter che Phil aveva sostituito come cantante e front man. Da allora ho seguito un'altra delle mie passioni, cioè quella riguardante l'ambiente, e mi sono concentrato nel costruire un'agenzia di consulenza energetica di successo. Sono immensamente orgoglioso del successo che ognuno ha avuto sia separatamente sia insieme. La musica è sempre stata e rimarrà una parte essenziale della mia vita. Ancora mi diverto a cantare e ora suono il sassofono. Grazie a mia moglie Maggie Cole, che è suonatrice di clavicembalo classico e pianoforte, ho scoperto ed imparato ad amare molte nuove aree musicali.

La gente spesso dice: "Perché hai lasciato i Genesis?" Se avessi un pound per ogni volta che mi è stata fatta questa domanda... non penso di aver mai risposto due volte nello stesso modo. Non è che non lo so ma piuttosto che, col passare del tempo e l'evolversi delle mie prospettive di vita, così tante risposte rimangono scoperte. Una domanda è se ho dei rimpianti per non aver fatto di più con il mio talento musicale. Da giovane ventenne mancavo di fiducia nelle mie capacità. Questo può aver avuto qualcosa a che fare con il fatto che i miei coetanei (con i quali io naturalmente mi relazionavo) casualmente si chiamavano Gabriel, Banks, Phillips, Rutherford, Hackett e Collins. Credo che averli come gruppo di pari possa distorcere il senso della prospettiva di ognuno.

Quello che so è che a quel tempo il talento musicale non era scarso ma che il mio contributo e la disponibilità di diversa natura che diedi a loro tra il 1968 e il 1976 furono unici.

Richard MacPhail




 

domenica 25 agosto 2024

Michel Delpech e i Dik Dik



Il mio primo impatto con la musica, quando avevo ancora i pantaloni corti, riporta a brani musicali per me all’epoca sorprendenti, eseguiti dai gruppi italiani allora in voga che esercitavano in modo assolutamente libero l’esercizio di “copiatura” sonora, modificando e adattando il testo, che da inglese diventava italiano, cambiando completamente significato.
Non era una grande perdita, a quei tempi le liriche non presentavano ancora nulla di serio, nemmeno al di fuori dei nostri confini, anche se qualcosa, soprattutto in America, stava cambiando, con l’impegno sociale di Dylan e Baez.

La tecnologia fu di grande aiuto per la diffusione capillare della musica, attraverso prodotti e supporti sempre più alla portata di tutti, che permettevano peraltro la socializzazione, i quei primi anni Sessanta: rock’n roll, il twist, il folk, il beat, il rythm & blues, il funky… musica da ascoltare, musica per ballare.


L’Italia era ben predisposta al cambiamento, ma la cosa che risultò più rapida e semplice per i giovani musicisti e i loro "gestori" fu quella di pescare a man bassa nella produzione anglosassone e farla propria, in tempi in cui non si guardava molto ai diritti d’autore.
In pochissimi parlavano e cantavano in inglese, e spesso i grandi nomi stranieri si prestavano a mettere da parte il loro idioma naturale a favore dell’italico verbo, diventando loro stessi “cantanti italiani”.
Due le alternative per i gruppi e i cantanti: prendere brani di riconosciuto successo facendoli diventare la copia nostrana, oppure pescare nel mare magnum britannico, appropriandosi di canzoni sconosciute, rendendole “nuove” per il pubblico italiano. E attraverso questo modus il brano originale prendeva luce anche entro i nostri confini.

Di lì a poco, come è noto, tutto sarebbe cambiato, ma restano dei gioiellini che credo non siano conosciuti da tutti, per cui a partire da oggi, sporadicamente, proporrò un brano originale e la cover corrispondente, e sono certo che qualche cosa di inaspettato verrà a galla.

Dopo aver proposto i QUELLI/Tommy Roe, passo a Michel Delpeche, da cui attinsero i Dik Dik.

Il brano originale si chiamava “Wight Is Wight”, diventato in italianoL’isola di Wight”, tormentone dell’epoca.

La canzone francese, che celebrava il festival rock-hippy organizzato nell’isola al largo della Gran Bretagna, ideale continuazione della esperienza dell’anno prima a Woodstock, divenne un successo internazionale.

Dal punto di vista musicale era però un “lentone” del tutto asincrono con quello che si sentiva nel festival (Hendrix e compagni), niente di comparabile alla canzone simbolo del festival americano, “Woodstock” appunto, scritta da Joni Mitchell e cantata da Crosby, Stillts, Nash & Young.




Rock and Roll Circus - Rolling Stones

 

Rock and Roll Circus dei Rolling Stones

 

Registrato davanti a un pubblico dal vivo a Londra, nel 1968, The Rolling Stones Rock and Roll Circus fu originariamente concepito come uno speciale della BBC-TV.

Diretto da Michael Lindsay-Hogg, è incentrato sulla formazione originale dei Rolling Stones - Mick Jagger, Keith Richards, Brian Jones, Charlie Watts, Bill Wyman (con Nicky Hopkins e Rocky Dijon) - con Jagger che funge sia da conduttore dello show che da attrazione in primo piano con la sua band. Per la prima volta di fronte a un pubblico, "The World's Greatest Rock and Roll Band" esegue sei classici degli Stones.

Il programma prevedeva anche straordinarie esibizioni di The Who, Jethro Tull, Taj Mahal, Marianne Faithfull, Yoko Ono e The Dirty Mac, un "supergruppo", prima ancora che il termine fosse stato coniato!

La band era composta da Eric Clapton (chitarra solista), Keith Richards (basso), Mitch Mitchell dei The Jimi Hendrix Experience (batteria) e John Lennon alla chitarra e voce.


             Vediamoli al “lavoro”…







sabato 24 agosto 2024

Sul canale "The Midnight Special" la musica degli ELO nel 1976


Dagli archivi dello show musicale statunitense The Midnight Special è arrivata un'altra performance classica, questa volta sotto forma di una bellissima esibizione del 1976 di Strange Magic della Electric Light Orchestra.

Il filmato proviene da uno spettacolo trasmesso il 6 marzo, quando la band fu presentata dalla conduttrice Helen Reddy, una formazione che comprendeva Frankie Avalon, The Miracles e Tanya Tucker.

Oltre a Strange Magic – dal quinto album della band, “Face The Music”, che era stato pubblicato quattro mesi prima – ELO suonò anche Evil Woman e Nightrider.

Jeff Lynne & Co. erano clienti abituali dello show al momento della performance e furono anche oggetto di diversi tributi speciali.

Il 1976 fu un grande anno per la band, poiché “Face the Music” divenne il secondo album consecutivo di ELO a… trasformarsi in oro, ed Evil Woman portò la band ad aumentare il loro pubblico. Strange Magic avrebbe seguito l'esempio, raggiungendo il numero 14 nella classifica statunitense mentre la band occupava incessantemente i mercati Top 40, gettando le basi per il loro album “A New World Record”.

"Avevamo una formazione diversa insieme e abbiamo iniziato a fare questi tour americani, che si sono rivelati incredibilmente buoni", disse Lynne a Classic Rock nel 2019. "Sembravamo un gruppo così strano per un pubblico americano, con due violoncelli, un violino, mellotron e un po' di corno francese. Era solo un suono strano".

 



Charlie Watts, gli Stones e un pensiero... impopolare!

Sta nella logica delle cose veder appassire e poi morire le persone che ci circondano, consci che prima o poi anche noi arriveremo alla meta non desiderata, ma è grande l’effetto e il disagio quando la dipartita riguarda un volto noto, storico, mitico, che da tutta la vita ti accompagna, nel mio caso dalle scuole medie in poi.

In realtà il mio amore per i Rolling Stones è finito presto e attorno a metà degli anni ’70 ho iniziato a perdere interesse per quella che, credo giustamente, è stata definita la più grande Rock and Roll band mai esistita.

Sino a quel momento ricordo bene come i loro singoli rappresentassero per me la rivoluzione rock contrapposta alle meravigliose melodie dei Beatles, brani - di entrambi i gruppi - che tutt’ora fanno parte della mia playlist… inutile elencarli.

In quella fantastica e primitiva formazione c’erano un paio di artisti illuminati e dal 1969, dopo la morte di Brian Jones, ne rimase uno solo, Mick Jagger.

Ovviamente è solo il mio pensiero e so già che molti non saranno d’accordo; ho già avuto prova che i miti non si possono contestare né scalfire ma solo osservare da lontano e ringraziare, e quando si avanza qualche cauta critica il mondo intero si mobilita per riportare al centro il pensiero ortodosso, quello che prevede un solo punto di vista che ha a che fare con l’approvazione incondizionata, spesso immotivata.

Negli Stones non ho mai riconosciuto elementi geniali, salvo il già citato polistrumentista Jones e il frontman e autore Jagger, ma in ogni caso la miscela è sempre risultata esplosiva e vincente: non è un caso se sono ancora in pista dopo tutti questi lustri.

Ma il valore di un musicista deve tener conto della sua capacità innovativa, del suo saper creare un modello nuovo, inesistente in precedenza.

Prendiamo Keith Richards, chitarrista dalla dimensione - e dalla vita - molto… criticata.

In tanti hanno descritto con veemenza la sua pochezza tecnica ma se abbiamo potuto godere di brani come “(I Can't Get No) Satisfaction”,Brown Sugar” o “Honky Tonk Women” il merito è proprio di Richards che, contaminato dai "suoi" musicisti blues, elimina da subito il “MI” dalla sua Telecaster - divenuta così a 5 corde - e imposta una accordatura aperta in “SOL”, aprendo la strada verso un mondo nuovo, quello che gli ha permesso di inventare i suoi famosi licks.

L’uomo giusto al posto giusto, senza poi parlare della sua significativa capacità autorale.

Dopo Jones (mancato nel '69) arriva un grande bluesman, il chitarrista Mick Taylor - che non resisterà molto in quel circuito pericoloso - seguito a ruota da Ronnie Wood, il perfetto compagno di Richards, il pittore, da sempre amico degli Stones.

Non dimentico un certo... Bill Wyman, per oltre trent'anni parte della sezione ritmica della band, un bassista "regolare" e poco avvezzo alla teatralità. 

E poi c’è…. c’era… Charlie Watts, silenzioso, elegante, moderato, fuori dalla cornice maledetta che circonda la super band inglese.

Oddio, anche lui passa dei brutti momenti negli anni ’80, e l’alcol e l’eroina non lo risparmiano, ma ne esce fuori e mantiene il contegno, con la regolarità che lo ha sempre contraddistinto.

Ha origini umili, è un autodidatta intelligente e appassionato di jazz e blues.

Sembrerebbe sempre sullo sfondo, defilato, ma il suo carattere forte e la sua leadership sono evidenti e dichiarati dai compagni di viaggio, e i suoi continui ammiccamenti da palco con l’amico Keith fanno pensare a rapporti solidi, coltivati e rafforzati nel tempo, oltre gli obblighi professionali.

Lo tsunami da performance, quello che spesso va on onda quando gli Stones sono in concerto, sembra non toccarlo, perché in qualunque direzione vada la nave ci vuole sempre qualcuno capace di raddrizzare la barra e tenere il tempo giusto, dall’inizio alla fine.

Ecco, Charlie Watts era, a mio giudizio, l’unico batterista possibile in un gruppo di pazzi scatenati, un buon batterista a cui non era richiesto di esagerare, di accelerare, di sorpassare, ma solo di mantenere la rotta.

Insomma, dalle mie parole è facile capire come Watts non mi abbia mai toccato più di tanto e, pur riconoscendone il ruolo fondamentale, vederlo al dodicesimo posto tra i migliori batteristi di tutti i tempi (classifica stilata dalla rivista “Rolling Stones”) mi pare azzardato.

Se invece discutiamo di funzionalità rispetto al progetto, beh… Charlie Watts appare unico e insostituibile.

Ma parlare di skills davanti a chi ha fatto la storia del rock è inutile e sicuramente impopolare ed è probabile che i nuovi Stones, con un altro drummer, non avranno molta vita. Ma certamente verrò smentito, e un po' me lo auguro.

Charlie Watts non era quindi il mio batterista del cuore, ma sicuramente l'elemento che più ho apprezzato tra gli Stones, perché la visibilità comporta enormi responsabilità e l’immagine che la band ha sempre regalato dal palco, fatta di trasgressione ad ogni costo, mi ha sempre infastidito.

Cosa c’entra tutto questo con la musica? Lascio ad ogni lettore la propria valutazione.

Ciao Charlie, batterista di una band che ho amato alla follia sino … al 1975, o giù di lì!

 





giovedì 22 agosto 2024

I Blue Cheer, pionieri dell'heavy metal

 


Blue Cheer è stato un gruppo rock statunitense nato e prolificato tra la fine del 1960 e l'inizio del 1970, ed è stato sporadicamente attivo fino al 2009.

Con sede a San Francisco, i Blue Cheer suonavano in uno stile blues rock psichedelico o acid rock, e sono anche accreditati come pionieri dell'heavy metal, con la loro cover di "Summertime Blues" a volte citata come la prima del genere.

Sono stati anche evidenziati come influenti nello sviluppo di generi disparati, come punk rock, stoner rock, doom metal, rock sperimentale e grunge.

I Blue Cheer sono stati anche ampiamente riconosciuti come la band più rumorosa di sempre dal momento in cui sono emersi… con volumi così alti da far fuggire i presenti nel giro di poche canzoni.

Qualche curiosità sul nome: "Blue Cheer" era la denominazione di una varietà di LSD prodotta dal chimico e patrono dei Grateful Dead, Owsley Stanley, e la band prese probabilmente il nome da quello, anche se era qualcosa che già esisteva prima, posta sul detersivo per bucato da cui prese il nome la varietà LSD stessa.

 


Musicisti:

Dickie Peterson – basso, voce (1967–1972, 1974–1975, 1978–1979, 1984–1994, 1999–2009; morto 2009)

Leigh Stephens – chitarra (1967–1968, 2005)

Paul Whaley – batteria (1967–1969, 1969, 1984–1985, 1990–1993, 1999–2004, 2005–2009; morto 2019)

Eric Albronda – batteria (1967)

Jerre Peterson – chitarra (1967, 1974–1975; morto 2002)

Vale Hamanaka –tastiere (1967)

Jere Whiting – voce, armonica (1967)

Randy Holden – chitarra (1968–1969)

Mitch Mitchell – batteria (1969) (morto 2008)

Tom Weisser – chitarra (1969)

Bruce Stephens – chitarra, voce (1969, died 2012)

Ralph Burns Kellogg – tastiere, basso (1969–1972; morto2003)

Norman Mayell – batteria, chitarra (1969–1972)

Gary Lee Yoder – chitarra, voce (1969–1972) (died 2021)

Troy Spence Jr. – chitarra (1972–1974)

James L. Curry – batteria (1972–1974)

Ruben De Fuentes – chitarra (1974–1975, 1987–1988)

Terry Rae – batteria (1974–1975)

Nick St. Nicholas – basso, voces (1975)

Tony Rainier – chitarra (1978–1979, 1984–1987)

Mike Fleck – batteria (1978–1979)

Brent Harknett – batteria (1985–1987)

Billy Carmassi – batteria (1987)

Eric Davis – batteria (1987–1988)

Andrew "Duck" MacDonald – chitarra (1988–1990, 1999–2005, 2005–2009)

David Salce – batteria (1988–1990)

Dieter Saller – chitarra (1990–1994)

Gary Holland – batteria(1993–1994)

Prairie Prince – batteria (2005)

Joe Hasselvander – batteria (2004–2005, 2009)

 


Discografia parziale:

1968 - Vincebus Eruptum

1968 - Outsideinside

1969 - New! Improved!

1969 - Blue Cheer

1970 - The Original Human Being

1971 - Oh! Pleasant Hope

1985 - The Beast Is... Back

1989 - Blitzkrieg Over Nuremberg

1990 - Highlights & Low Lives

1991 - Dining with the Sharks

2003 - Live in Japan

2005 - Bootleg: Live - Hamburg - London

2007 - What Doesn't Kill You...