Intervista a Diego Banchero, de Il
Segno del Comando
(già apparsa nel protale Unprogged-http://www.unprogged.com/)
Diego Banchero è un
musicista genovese che, nonostante i tanti progetti paralleli, si identifica
maggiormente ne Il Segno del Comando, band prog nata come progetto studio una
ventina di anni fa, e che solo da una paio di mesi ha provato, con pieno
successo, l’esperienza del palco.
Tre album all’attivo,
con un ultima uscita che risale allo scorso anno, “Il Volto Verde”.
Savona, 15 marzo 2015
Potresti sintetizzare
per Unprogged la tua storia di musicista?
Ho iniziato ad avvicinarmi alla musica intorno agli 8-10 anni
con la chitarra classica, ma dopo circa un anno di lezioni private prese da un
insegnante residente nel mio quartiere ho abbandonato gli studi. Solo intorno
ai 16-17 anni mi è tornata la voglia di prendere in mano uno strumento, grazie
ad una grande passione per il metal che era esplosa in me ascoltando band come
Judas Priest, Iron Maiden, Black Sabbath, ecc.
Ho iniziato quindi a suonare il basso con vari gruppi facendo
pratica su generi completamente diversi tra loro e ho svolto, nel contempo, un
percorso formativo come autodidatta per diversi anni. Il fatto di non riuscire
a trovare da subito una band orientata sui miei stessi gusti musicali è stata
una specie di fortuna perché, grazie a questa difficoltà iniziale, ho avuto
modo di conoscere ed apprezzare altri linguaggi che mi erano estranei (sviluppando
la tendenza a tenere la mente aperta a situazioni nuove).
Altra mia grande fortuna è stata quella di entrare, quasi da
subito, in un gruppo del sud Piemonte, che lavorava ad un proprio repertorio di
composizioni originali (con il quale mi sono fatto le ossa ed ho suonato in
contesti anche di una certa importanza) uscendo molto rapidamente dalla logica
della cover band per apprezzare un approccio maggiormente volto alla creatività.
Sul finire degli anni ’80 mi sono riavvicinato alla scena di
Genova entrando stabilmente tra le fila degli Zess (band di genere dark metal) e
suonando per un breve periodo in un gruppo prog metal che annoverava tra le sue
fila un giovanissimo Roberto Tiranti alla voce.
Dopo lo scioglimento degli Zess ho partecipato alla
costituzione del primo nucleo di Malombra, che però ho abbandonato prima della
registrazione del disco di esordio per concentrarmi seriamente nello studio
della musica presso la scuola Jazz Quarto di Genova (che era molto prestigiosa
e mi ha dato la possibilità di incontrare, studiare e suonare con grandi nomi
della scena hard bop internazionale).
Nel 1995 ho fondato Il Segno del Comando, realizzando un
disco che è stato pubblicato nell’anno successivo. Con questo gruppo è iniziata
la mia attività discografica che fino ad oggi non si è mai più interrotta.
Ho lavorato poi in modo regolare in diversi progetti
pubblicando molti dischi negli anni successivi. I principali moniker nei quali
ho prestato la mia opera come compositore e bassista sono stati, oltre al già
citato Il Segno del Comando, Malombra, Egida Aurea, Zess, Blooding Mask e Il
Ballo delle Castagne.
La tua creatura è la
band Il segno del Comando: mi racconti della sua evoluzione?
Il Segno del Comando è
nato come progetto da studio ed ha mantenuto per molti anni tale assetto. Per
tanto tempo è stato da noi considerato come un laboratorio di sperimentazione
di approcci stilistici alternativi non integrabili nel lavoro compositivo dei
nostri altri gruppi principali.
La sua costituzione,
come già ho accennato poco sopra, avvenne 1995 dalle ceneri del mio quartetto
di jazz elettrico con il quale, tra un concerto e l’altro, avevo ai tempi
realizzato alcune composizioni in stile horror-soundtrack registrandole in
presa diretta in uno studio (una di
queste tracce fu anche inserita nella compilation “E tu vivrai nel terrore”, pubblicata da Black Widow Records). Sul
finire dell’estate di quell’anno, decisi di scrivere materiale sufficiente a
musicare un album preparando qualche spartito e dei provini registrati con un
quattro piste a cassetta che diedi poi agli altri musicisti coinvolti nel progetto.
Nei mesi successivi, dopo esserci accordati con la Black Widow, iniziammo i
preparativi per entrare in sala d’incisione. Realizzammo così il primo disco
omonimo che è poco più che un “live in studio” registrato nell’arco di due weekend;
partendo da riferimenti precisi dal punto di vista compositivo arricchiti da
una buona dose di improvvisazione. Abbiamo poi atteso diversi anni prima di
scrivere il secondo disco (Der Golem) che è stato pubblicato nel 2002 (anche se
in realtà è stato ultimato due anni prima della sua uscita).
C’è stata poi una vera
e propria interruzione dell’attività del gruppo prima di arrivare all’ultimo
capitolo che è stato pubblicato nel 2014 (Il Volto Verde). Grazie a questo
disco sono cambiati i presupposti stessi del progetto e ho iniziato a lavorare,
da subito dopo la sua realizzazione, alla costituzione di una band stabile che,
oltre a realizzare lavori nuovi discografici, garantisse anche una attività
live che fino a quel momento era stata impensabile.
Come definiresti la
vostra musica a chi non ancora non vi conosce?
Pur facendo, di fatto,
parte della scena prog italiana, Il Segno del Comando, ha una grossa componente
di influenze derivanti da jazz-rock, funk e metal, e sviluppa atmosfere tipiche
della tradizione dark sound nostrana, ispirandosi a gruppi come Jacula e
Antonius Rex, Goblin e Balletto di Bronzo.
Grande influenza ha
avuto indubbiamente anche la musica di derivazione cinematografica; soprattutto
quella italiana degli anni ’70, i cui stilemi danno un contributo
inequivocabile all’approccio compositivo del progetto.
Grossa attenzione si
presta poi, da sempre, alla scrittura dell’impianto lirico che è esclusivamente
realizzato utilizzando la lingua italiana. Le tematiche che vengono affrontate
nei testi sono frutto di un’accurata fase di ricerca tra le pagine di opere di
importanza culturale o esoterica delle quali si decide di compiere un’azione di
recupero che ne scongiuri lo smarrimento tra le polveri della storia.
Detto ciò, credo che
il risultato finale, malgrado non si voglia negare l’importanza di varie fonti
di ispirazione, sia indubbiamente originale.
E’ da poco uscito “Il
Volto Verde”, vostro terzo album: quali sono i contenuti lirici e musicali?
“Il Volto Verde” è un concept album ispirato all’omonimo romanzo
dello scrittore Gustav Meyrink (la cui opera era già stata al centro del disco
precedente: “Der Golem”).
Ho scelto di compiere
un ulteriore approfondimento nella tematica di questo grande autore perché
questo suo scritto mi ha particolarmente influenzato negli anni. Su di esso ho
compiuto molti studi e ne ho tratto importanti insegnamenti. Tra l’altro era
già stato previsto in passato di utilizzarlo e non volevo disattendere
completamente quanto dichiarato ai tempi. Musicalmente lo stile si è
ulteriormente evoluto grazie ad un lavoro di coagulazione degli stilemi,
abbastanza eterogenei, utilizzati nei due dischi precedenti. Sono tornato ad
utilizzare sonorità un po’ più vintage, vicine al primo album, ma senza perdere
l’approccio compositivo tipico del secondo album che è maggiormente strutturato
e meno affidato all’improvvisazione. C’è da considerare il fatto che anche
questo disco, come del resto il suo predecessore, siano stati da me realizzati
senza l’aiuto di una band vera e propria alle spalle. In realtà sono il frutto
di un lavoro di studio abbastanza complesso al quale hanno collaborato molti
artisti diversi i quali non si sono mai incontrati né prima né durante le
registrazioni. Seppur questo tipo di approccio non permette di avere il pieno
controllo di quello che sarà il risultato finale, ci si può abbandonare a
cavalcare l’onda della sorpresa che ogni musicista coinvolto è in grado di
suscitare con il proprio contributo.
So che lo avete
eseguito dal vivo, a Genova: come ha reagito il pubblico? Sei soddisfatto della
resa da palco?
Il concerto dello
scorso 21 febbraio a Genova è stato in realtà un compendio di tutti e tre gli
album realizzati ad oggi dal gruppo. Ampio spazio, chiaramente, è stato riservato
ai brani de “Il Volto Verde”, ma
trattandosi della prima uscita dal vivo nella biografia della band, non volevo
trascurare completamente i primi due lavori.
Sono molto soddisfatto
di questo esordio. I musicisti che sono al mio fianco in questa avventura sono
eccezionali e lo hanno dimostrato già dalla prima uscita. Grandissimo il calore
del pubblico che ha reagito con grande entusiasmo. Erano in molti, anche tra
coloro che seguono le evoluzioni del progetto dai suoi esordi, che si
aspettavano un’esibizione per lo più giocata sull’atmosfera (sia visiva che
sonora), mentre invece sono rimasti colpiti dall’impatto della band che è stata
da tutti considerata molto trascinante.
Cosa mi dici dei tuoi
progetti paralleli, Il Ballo delle Castagne in primis?
Al momento sono meno
attivo su Egida Aurea e su altre collaborazioni che ho seguito per anni, mentre
invece sto continuando a lavorare con regolarità con Il Ballo delle Castagne,
con il quale ho appena pubblicato due album.
Il primo di questi si
intitola “Live Studio” ed è stato
registrato poco dopo il concerto tenuto dal gruppo al FIM di Genova del maggio
2014. Il titolo è già di per sé descrittivo della natura del lavoro che è stato
realizzato in presa diretta presso il Nadir Studio di Sestri Ponente e comprende
una raccolta di brani in versione live presi dai precedenti album della band,
ai quali si aggiunge una composizione di Egida Aurea.
Il secondo, è un album
stampato unicamente in vinile in cui Vinz Aquarian ha sperimentato un approccio
maggiormente filmico. Il titolo è “Soundtrack
for an Unreleased Herzog Movie”. Io ho collaborato più che altro alla post-produzione,
ma mi sono comunque divertito molto grazie questo progetto.
Il Segno del Comando
sta naturalmente richiedendo sempre maggiore impegno, ma non rinuncio a
collaborare ad altre produzioni e sto avviando anche un nuovo progetto solista
per il quale ho scritto già parecchio materiale.
Le idee sono tante e
finisco sempre per rimandare una parte di quanto vorrei fare ad epoche future
assolutamente poco definite.
Mi dai il tuo feeling
sullo stato della musica nella tua città e più in generale nel nostro paese?
Genova oggi è uno dei
punti nevralgici della scena indipendente internazionale. Malgrado il disinteresse
del mainstream circa questa realtà sia totale, non si può nascondere il fatto
che siano attivi sul nostro territorio urbano molti talenti davvero
straordinari. C’è creatività e maturità da vendere in questa scena che sta
scrivendo una pagina dopo l’altra e sta dimostrando una vitalità e uno spessore
che ormai molti altri ambienti si sognano. Lo stesso vale per l’Italia in
generale.
Chiaramente sta
cambiando il modo in cui l’utenza interagisce con l’industria discografica
(discorso che non voglio affrontare perché, purtroppo, lo abbiamo sotto agli
occhi quotidianamente e se ne parla in continuazione).
Da parte delle major non
vi è un reale interesse ad investire su fenomeni che si prestano per lo più a
favorire una situazione settorizzata dal punto di vista artistico (e di
conseguenza commerciale). E’ molto più conveniente tentare di allineare la
massa degli acquirenti su un prodotto che rappresenti l’unica alternativa
possibile; garantendo così grandi numeri di vendita.
L’aspetto positivo è
che, comunque, in questo periodo in Italia si riscontra, da parte di molti, una
grande voglia di non lasciare decadere completamente quanto di buono proviene
dall’underground e c’è chi si impegna, malgrado tutto, a resistere, pur in
condizioni avverse, realizzando produzioni nuove, organizzando concerti e
svolgendo un’opera costante di talent scouting.
Un’ultima domanda: cosa
c’è… dietro l’angolo di Diego Banchero?
Questa forse è la
domanda più difficile a cui rispondere caro Athos. Vorrei saperlo anch’io a
dire la verità. Per realizzare tutte le cose che mi frullano per la testa ci
vorrebbero almeno due vite. Al momento, dietro l’angolo, c’è il progetto Il
Segno del Comando, al quale intendo lavorare con la continuità che in passato
non era stata possibile.
Ho anche alcuni
progetti che vorrei realizzare con Il Ballo delle Castagne ed altre cosette che
nell’immediato non beneficiano delle condizioni adatte ad essere sviluppate.
Sono solo sicuro del
fatto che, finché le forze me lo consentiranno, cercherò di assecondare al
massimo la mia creatività!