E’ domenica, è appena entrata in
vigore l’ora legale e ci si illude che sia improvvisamente scoppiata la
primavera. Ma non è così, non ancora almeno.
Il vento freddo, che dalle nostre
parti non manca mai, suggerisce una passeggiata vicino al mare, dove ci si
ritrova di solito per dividersi confortevoli raggi di luce che regalano
l’illusione dell’anticipazione estiva. Celle Ligure può essere una buona meta
per immaginare scenari imminenti.
Appena imboccato il camminamento
che costeggia il mare sento il richiamo della musica, quello che di solito mi
colpisce anche a chilometri di distanza… ne sento il profumo nell’aria! Mi
avvicino e in una piazzetta caratteristica trovo una marea di gente - che sulle
prime appare l’audience - e un gruppo che ha appena finito il suo brano. Sarà
una band locale?
Parte “Volta la carta” e la massa presente si accende all’improvviso, si
formano le coppie per un ballo che non presenta alcuna rigidità negli schemi,
perché le formazioni si spaiano in un cambio vorticoso e continuo, sicuramente
gioioso. Non provo la solita sensazione di tristezza che mi procurano le feste
di paese, forse perché mi sembra di avere nelle orecchie la voce di De Andrè e
il violino di Lucio Fabbri, e poi la sezione ritmica è da paura.
Rimango incantato per un paio di
minuti, ascolto quello che rimane, una miscela sonora dove anche i Pink Floyd
hanno buon gioco.
Semplificando... direi che era in corso un concerto di musica occitana, con un pubblico di
ballerini itinerante, ma non sono certo di come funzionino le cose, di quali
siano i riti. So però che i Lou Tapage - è questo il nome della band -
propongono una musica decisamente coinvolgente che, dovendo/volendo per forza
etichettare, inserirei nella casella della musica popolare, ma che a ben vedere
lega il folk al rock, sino ad arrivare alla musica progressiva, passando per il
cantautorato.
Perizia tecnica e senso del gusto,
con un recupero delle tradizioni che fornisce il vero senso del significato di
cultura applicato alla musica.
Leggendo la loro storia si capisce
che la gavetta ha avuto buon gioco, ma averli ascoltati dal vivo, seppur per
pochi minuti, mi è bastato per avere la misura della loro dimensione: nei live
non si può mentire! Ed è proprio dal vivo che si accettano eventuali errori e
imprecisioni, privilegiando la capacità di catturare il pubblico. E’ un
rapporto osmotico quello che lega i Lou Tapage al pubblico, e a un certo punto
viene da chiedersi quale sia l’elemento di traino, il musicista o il danzatore?
Io non sono un ballerino e ho
assistito solo a un piccolo frammento di spettacolo, quanto basta per essere
impressionato dalle qualità di questa band, giovani provenienti dal cuneese, ma
conosciuti anche oltre i nostri confini.
Il piccolo video che ho registrato
dovrebbe dare un senso alle mie parole.
Un po' di storia…
Gruppo rock-folk
nato nel 2000 nel sud ovest del Piemonte la cui musica spazia dal ritmo dei
balli popolari occitani alle arie irlandesi, dal cantautorato italo-francese
alla musica celtica, il tutto legato da un proprio eclettico filo conduttore. L'esordio
discografico sulla lunga distanza è del 2005, con l'album "Lou
Tapage" a cui fanno seguito nel 2007 "Reve Eternè", nel 2009
"Que vos lei far" e nel 2013 "Finisterre". E' del 2010
l'originale riproposizione in lingua occitana dell'album "Storia di un
impiegato" di Fabrizio De Andrè. Negli anni i Lou Tapage hanno calcato
senza sosta palchi italiani, francesi e svizzeri, con più di cinquecento
concerti all'attivo e partecipando a festival quali Folkest, Bustofolk,
Nubilaria Celtic Festival, Tavagnasco Rock, Colonia Sonora, Balla coi
Cinghiali, Estivada, Hestiv' Oc, Taranta Power di Badolato e molti altri. Per
tre volte sono stati ospiti al Capodanno Celtico a Milano presso il Castello
Sforzesco, in cui hanno potuto aprire i concerti di Hevia e dei Kila. Hanno
suonato all'auditorium Rai di Torino in apertura del concerto di Eugenio
Bennato, per le Olimpiadi di Torino 2006 ed in Piazza Castello a Torino per i
150° dell'unità d' Italia. Finalisti del 1MFestival 2014 e del Capitalent di
Radio Capital 2014.
Il 28 febbraio la Black Widow
Recods ha rilasciato in versione vinile l’album “Effimera”,
de il Sigillo di Horus.
Quella che seguirà non può
rappresentare una recensione all’album, ma una sintesi di fatti oggettivi e
sentimenti contrastanti - i miei -, che fanno sì che l’elemento tecnico e
musicale passi in secondo luogo. A seguire un’intervista ad uno dei membri
originali - Diego Bertone -, un po’ di storia e un breve commento audio
di Joe Vescovi, estrapolato da una
nostra telefonata di qualche anno fa.
Occorre fare una piccola
premessa.
Il Sigillo era una band di
miei concittadini che ho avuto l’opportunità di conoscere quando ero
adolescente, nel pieno della mia eccitazione musicale, quando vivevo con la
chitarra in mano e la testa rivolta alle band che all’epoca andavano per la
maggiore e che non avrei mai più abbandonato.
La sala prove del mio
gruppo in erba era nell’oratorio del quartiere, e tra una prova e l’altra si
sostava all’esterno del locale. Ogni giorno ci capitava di vedere passare un
ragazzo con una custodia che palesemente
racchiudeva una chitarra, una fortissima attrazione per tutti noi, perché il
suo piglio denunciava sicurezza ed esperienza. Seguendo il suo “flauto magico”
arrivammo timidamente alla sala prove - una vecchia fabbrica in disuso -, e col
tempo fummo accettati e diventammo il loro pubblico nel corso delle prove pressoché
quotidiane.
Ricordo il giorno in cui
la “nuova” cantante (Ivana Costi) apparve in sala (mi pare con la sorella)…
rimembro la prima cantante - Lina Savonà -, ho memoria del giorno in cui si
sparse la voce che Joe Vescovi
sarebbe arrivato - il suo commento dopo aver ascoltato l’intero repertorio mi
colpì per sempre ed è sottolineato nella testimonianza audio a seguire -, e
ricordo perfettamente quando fui… promosso, e partecipai ad una jam session con
parte del gruppo (e il mitico bassista Mario
Pignata, che mentre io asserivo di non essere all’altezza mi rispondeva
candidamente: “perché, sei troppo basso?”).
Tutto quanto racchiuso in “Effimera” è qualcosa che ho visto
nascere, che ho scoperto nei dettagli, giorno dopo giorno, prova dopo prova, e
alla fine posso dire che in questo disco c’è uno spicchio della mia
adolescenza.
La qualità non è eccelsa, perché
si tratta di un recupero di vecchio materiale registrato in analogico molti
anni fa, ma il documento storico supera di gran lunga ogni bisogno di perfezione
sonora, e riporta a quel lustro magico relativo ai primi seventies, quando le
influenze del prog inglese e italiano spingevano i giovani a dare il meglio di sé,
sfuggendo dalla musica “leggera” tipica del nostro paese.
Il lato A presenta due
brani, “Venti Passi” e la lunghissima
title track (oltre 17 minuti) che permettono di afferrare l’anima prog rock
della band, con melodie che si intrecciano a ritmi complicati, con virtuosismi
e assoli di chitarra tipici delle proposte dell’epoca. Sono queste le tracce in
cui la voce di Ivana Costi appare
grintosa e adatta al genere anche se, probabilmente, la sua vera natura appare
nel lato B, quando un paio di pezzi melodici le si appiccicano addosso come
abito usuale.
Beppe Aleo (batteria) e il bassista Angelo Godone incarnano la sezione
ritmica tipica del periodo mentre l’hammond e il leslie di Diego Bertone producono un profumo indelebile che in quei giorni
creava, per quelli come me, un’atmosfera irrinunciabile.
Discorso a parte per il
chitarrista Maurizio Barbarisi, in
possesso di una splendida Gibson Les Paul Delux (spero di ricordare bene!):
osservavo ogni suo passaggio sul manico e mi sembrava irraggiungibile! Ho
sempre in mente quel giorno in cui mi raccontò che, a seguito del
conseguimento della maturità, gli fu chiesto cosa scegliere come regalo: una
600 o la Gibson? Ovvia la risposta… questa era la passione.
Il lato B rappresenta una
concessione al lato pop e giustifica il pensiero di Joe Vescovi che decretò in
quella famosa visita alla band che il prog stava scemando e non c’era più
interesse per quel genere, meglio tentare con le armonie rassicuranti, come “Tu che sei tra gli angeli” o “Sei davanti a me”, trame melodiche che
li porteranno sino al coinvolgimento in RAI.
Tutto finì presto, come
per molte band coeve, ma resta il lavoro e la storia di questo gruppo, un’esperienza
che Black Widow ha voluto riportare a galla, dedita come è al rispetto del
passato, certa che esista ancora molta gente che vuole riscoprire le radici, il
punto di partenza, magari sepolto da tempo, più o meno inconsciamente.
Riascoltarlo mi ha portato
a riesumare i miei ricordi, a rivivere certi momenti indimenticabili e a riflettere
sullo scorrere del tempo e sulla necessità di mantenere la memoria di quanto
accaduto, anche nella musica.
Non è un disco per tutti e
dubito che un neofito riuscirebbe ad apprezzare e a percepire lo spirito
racchiuso nei 40 minuti che compongono “Effimera”,
ma devo dire che avere in mano il vinile - splendido l’artwork - e leggere i crediti mentre inizia il primo giro di
disco può essere qualcosa di emozionante, anche per un giovane, se
correttamente preparato.
Ecco uno stralcio della
mia chiacchierata con Joe Vescovi, il momento in cui parlando dei musicisti
della nostra città, Savona, mi sono soffermato su il Sigillo di Horus.
Intervista a Diego Bertone
Dopo tanti anni ho ritrovato una musica
antica che avevo visto crescere giorno dopo giorno, ma che non aveva mai visto
la luce in modo completo: mi racconti come è stato possibile riesumare antiche
registrazioni e interessare la Black Widow in un progetto così esclusivo?
Le registrazioni erano state fatte nel
luglio del 1975 alla SAAR di Milano. Essendo un provino inciso in diretta su
sole 4 tracce, non era nato per l’incisione di un disco. Ne erano state fatte
poi, per ricordo, delle copie su cassetta al cromo.
Aleo le aveva perse, vivendo a Tortona,
nell’alluvione del 1994. Godone, dopo varie vicissitudini famigliari e vari
spostamenti, non le aveva più trovate. Io ne avevo una copia che ogni tanto
sentivo e facevo sentire. Pensa che quando nel 1998 ho venduto l’Hammond ad
Elisa, del Tempio delle Clessidre, le ho fatto sentire i brani e ne è rimasta
entusiasmata. Mi aveva infatti domandato del perché non fossero mai stati
pubblicati.
Poi, accorgendomi che col tempo la qualità
audio stava degradando, avevo trasferito il tutto su VHS hi-fi, dal quale il
mio collega di lavoro Antonio, che è citato nelle dediche del disco, ha
preparato i master digitali. Per i 2 brani del 45 invece ci ha pensato Giuseppe
Terribile. Per il brano “Ricordi”
invece è stato Godone che, attivato da me alla ricerca di materiale utile, ha
scovato una cassetta nientemeno che in Calabria, dove vive la figlia. Premetto
che nella stessa cassetta ci sono anche le registrazioni dei brani “20 passi” ed “Effimera” in versione integrale, così come le eseguivamo dal vivo;
purtroppo la qualità audio, essendo state registrate durante le prove in “fabbrica”,
è quel che è. Esiste anche una cassetta della registrazione del concerto tenuto
ai Salesiani, nella primavera del 1975, ma la qualità è pessima.
Il contatto con la Black Widow è avvenuto
per interessamento di Giuseppe Terribile.
Nel 2013 suonavamo insieme nel Cerchio
d’Oro, e trovandoci al FIM di Albenga, dove avevamo presentato il nuovo disco e
la Black Widow aveva lo stand, abbiamo dato il CD in ascolto a Pino Pintabona
che al ritorno ha sentito i brani in auto con Massimo Gasperini, avendone
entrambi una impressione positiva.
Successivamente, dopo vari contatti e
consultazioni con Pino, si è deciso di procedere alla realizzazione del
progetto.
Che ricordi hai di quei giorni, della
presenza di Joe Vescovi (momento in cui ero casualmente presente) e
dell’atmosfera in cui eravamo tutti quanti immersi?
Un ricordo bellissimo prima di tutto perché
eravamo giovani, spensierati ed immersi in un’atmosfera “magica”.
La saltuaria presenza di Joe mi suscitava
comunque una certa agitazione ritenendolo un “Maestro”, sia per la sua bravura
che per la sua popolarità.
Joe era molto critico ma sincero e non
mancava mai di darci dei consigli per migliorarci.
Devo a questo punto farti una confessione:
un giorno, sapendo di una sua visita, ho portato il registratore a cassetta e a
sua insaputa ho registrato per circa un’ora la conversazione tra lui, Aleo ed
il sottoscritto. Seduto al mio Hammond ci aveva anche proposto degli assaggi
dei suoi brani e con l’occasione Aleo lo aveva accompagnato alla batteria,
conoscendo perfettamente i pezzi dei Trip che a volte eseguivamo per
allenamento. Ho colto così l’occasione per vedere in diretta la tecnica e la
padronanza che aveva Joe dello strumento. Quella cassetta la conservo
gelosamente.
Che cosa sono diventati, nel corso degli
anni, i musicisti de Il Sigillo di Horus, ai tempi così intrisi di rock
seventies?
Guarda, purtroppo raramente
la musica, salvo rari casi, ti può dare da vivere. Solo uno del gruppo ha
continuato l’attività in campo musicale. Come ben sai Beppe Aleo fa tuttora il
produttore discografico.
Ivana, dopo un periodo durante il quale ha
cantato ballo liscio con gruppi abbastanza famosi, si è dedicata all’insegnamento
scolastico, che svolge tutt’ora.
Maurizio, dalle ultime notizie che ho, è
magistrato a Firenze. Angelo si è dedicato al mestiere per cui aveva studiato
(architetto) ed io ho fatto l’impiegato tecnico, avendo studiato da perito.
Cosa pensi della qualità che si è riusciti
a tirare fuori dalle vecchie bobine?
Diciamo che la facciata “A” è decorosa
mentre la “B”, di livello inferiore, è comunque accettabile. Non dimentichiamo
che era anche di moda, a quei tempi, incidere vinili con un lato principale sul
cui retro venivano magari inserite registrazioni dal vivo di più scarsa qualità
audio ma musicalmente valide.
L’album è uscito in vinile: è l’unico
formato previsto?
Il progetto di fare anche il CD, che
conterrebbe anche la versione integrale di “Effimera”, tipo bonus track, è nato
fin dall’inizio ma per ora, di comune accordo con la Black Widow, aspettiamo la
risposta del pubblico al vinile.
Mi parli dell’artwork del disco?
Inizialmente avevamo pensato di inserire
sulla copertina la foto dei componenti del gruppo poi, su consiglio di amici
musicisti e della stessa BWR, si è optato per una grafica tipo anni ‘70. La
conoscenza di Pino di una pittrice ha agevolato la sua realizzazione così come
il retro, sullo stesso stile. Le foto originali dell’epoca sono proposte
nell’inserto allegato. Nello stesso inserto è ricordata la storia del gruppo
nonché il contenuto sintetico dei testi dei brani.
Come definiresti, a distanza di così tanto
tempo, la musica del Sigillo?
Diciamo che personalmente non mi sono mai allontanato
da questo tipo di musica. Oltre ad aver seguito e suonato lo stesso genere con
altri gruppi ti confesso che ogni tanto mi alleno eseguendo le mie vecchie
parti all’organo e al piano. In conclusione ritengo i brani ancora attuali,
considerando il ritorno in auge del genere prog anche se, come sappiamo, solo
per una cerchia ristretta di appassionati.
Come è stato vissuto il progetto dai tuoi
“ex colleghi”, almeno quelli con cui sei ancora in contatto?
All’inizio, contattando i mei “ex colleghi”
Beppe e Angelo, devo essere sincero, non ho trovato un entusiasmo pazzesco,
anche se mi è stata data carta bianca sul da farsi. Probabilmente non credevano
nella possibilità della stampa del disco a distanza di così tanti anni. Anche
Ivana, contattata al telefono, è rimasta piacevolmente stupita.
Possibile pensare ad una presentazione
dell’album, almeno nella nostra città?
Sicuramente è un passo da fare, magari non
subito ma nei prossimi mesi, anche attraverso qualche radio locale. L’ideale
sarebbe fare intervenire all’incontro anche Beppe, Ivana e Maurizio, anche se
sono fuori zona. Sicuramente sarebbe presente Angelo, visto che ha seguito
anche lui da vicino il progetto.
A distanza di così tanti lustri, hai
rimpianti per qualcosa che poteva essere e invece non è stato?
Guarda, devo essere sincero, non ho mai
avuto rimpianti in quanto penso che in quel periodo abbiamo sfruttato al
massimo le nostre capacità, anche in termini di tempo disponibile. Ci riunivamo
in “fabbrica” quasi tutti i giorni dopo la scuola ed a volte anche la domenica.
Una volta abbiamo anche finito l’anno suonando i nostri brani per pochi amici.
Dire che avremmo potuto fare di più quindi non me la sento. Anche la vittoria
romana pensiamo di essercela guadagnata. L’unica limitazione è che a quei tempi
non c’erano i media che ci sono attualmente e che sicuramente ci avrebbero
agevolato. Comunquesicuramente un
po’ di nostalgia per un periodo così intenso penso sia più che normale per noi
comuni mortali. La short version di "Venti passi"...
TRACK-LIST
Side A
VENTI PASSI (5:46)
EFFIMERA (17:36)
Side B
RICORDI (8:00)
VENTI PASSI (Short Version) (3:06)
TU CHE SEI TRA GLI ANGELI (3:17)
SEI DAVANTI A ME (3:19)
Line-up:
Angelo Godone: Rickenbacker
bass guitar and pedals
Maurizio Barbarisi: Gibson Les Pauls and acoustic
guitar
Music and arrangements by
Sigillo di Horus - Lyrics by Armando Esposto
All recordings made in 1975,
mastering by Raoul Caprio in 2017
Front cover by “Alebà”
Alessandra Barucchi - www.alebart.it
Storia
del Sigillo di Horus
Bisogna risalire ai primi anni ’70 quando
troviamo Beppe Aleo e Diego Bertone suonare in vari gruppi
locali proponendo musica commerciale. Tra una prova e l’altra, però, il
batterista e il tastierista si esercitavano eseguendo dei medley con brani di
Emerson Lake and Palmer, Jethro Tull, Banco del Mutuo Soccorso, PFM nonché dei
Trip, gruppo di Savona già affermatosi nel campo del “pop”.
Durante questa fase musicale conoscono Angelo Godone, bassista, ed è intorno al
’72 che li troviamo, sempre nelle balere della zona, a proporre, oltre ai brani
di rito, anche pezzi di Joe Cocker, Procol Harum, Deep Purple, ecc..
Nel 73 prende piede l’idea di formare un
gruppo “pop” ed è qui che, abbandonate le balere, si inserisce il chitarrista Maurizio Barbarisi, il quarto “elemento
mancante”. Si riuniscono quasi giornalmente in una ex-fonderia del nonno del
bassista, detta “La fabbrica”, dove passano anche interi pomeriggi a comporre e
studiare le varie parti dei loro brani “EFFIMERA”
e “VENTI PASSI”.
Le idee non mancavano: per le ritmiche e
gli stacchi a Beppe ed Angelo, per le melodie a Maurizio e Diego.
Bisognava però identificare con un nome il
gruppo e si pensò, dopo varie consultazioni, al Sigillo di Horus, dove nella mitologia Horus è figlio Iside e
Osiride, entrambi Dei della fecondità. Con questo nome si auspicava anche, per
il gruppo, in una certa ”fecondità musicale”.
Siamo quindi verso la fine del 1974 e si
sentiva il bisogno di una voce, possibilmente femminile, e sullo stile dei
numerosi gruppi di quel tempo.
E’ così che viene contattata Ivana Costi, già affermata cantante di
Albisola, in provincia di Savona.
Anche se il timbro della voce di Ivana è
molto bello ma più indicato per il melodico, dopo alcune prove Ivana si adatta
perfettamente al nuovo genere sfoggiando una voce grintosa ed integrandosi
completamente nel gruppo.
Nella primavera dell’anno seguente Ivana
propone di partecipare ad un concorso indetto dalla RAI per le voci ed i gruppi
emergenti ed a cui lei aveva già partecipato con successo, l’anno precedente,
come cantante solista.
L’iter prevedeva una selezione a livello
provinciale quindi, in caso positivo, una regionale seguita eventualmente dalla
finale nazionale.
Con un certo pessimismo, dato il genere che
suonavano che non era certamente gradito in certe manifestazioni, il gruppo,
con il brano “Venti passi”, supera la
selezione provinciale e quella regionale a Genova aggiudicandosi la presenza
alla finale nazionale che si terrà a Roma nel maggio 1975.
L’avventura romana del gruppo si conclude
positivamente sbaragliando i gruppi avversari ed ottenendo così il passaporto
per la trasmissione televisiva “Piccola ribalta”.
Nel frattempo incidono il loro primo 45
giri “Tu che sei tra gli angeli” in
ricordo di una cara persona scomparsa. Il retro si intitola “Sei davanti a me”.
Subito dopo la vittoria nazionale, nel
luglio dello stesso anno, viene proposto al gruppo di incidere un provino
presso la SAAR di Milano con i pezzi “pop” “Venti
passi” ed “Effimera” che fanno
parte del presente album.
Si precisa che i 2 brani sono stati incisi
“in diretta” ovvero senza sovra incisioni. Solo la voce è stata registrata
successivamente su traccia separata.
“Piccola ribalta” verrà trasmessa, dopo
svariati provini audio e video, nel 1976 ma non verrà eseguito il brano “Venti passi”, che era tra l’altro stato
appositamente reinciso con durata “light”, ma il brano del 45 giri “Tu che sei
tra gli angeli”, ritenendolo la RAI più consono al contesto musicale del
programma.
Brevi
cenni ai brani:
Venti passi:E’ la storia di una ragazza impazzita. Nella
sua stanza lunga venti passi ritorna con la mente ai momenti più significativi
della sua infanzia, al primo amore ed al dolore della madre.
Effimera:Non è altro che la personificazione di una
qualsiasi creatura in una farfalla, detta appunto effimera, il cui ciclo vitale
è di un solo giorno.
Ricordi: E’ la storia di
una ragazza nata e vissuta in vicoli malfamati dove regna la miseria. Lei si
chiede se mai riuscirà a riscattare la sua vita in un futuro migliore ed a
sfuggire al suo destino che la porta a cadere sempre più in basso.
Ho conosciuto il pianista americano Jeffrey Biegel qualche anno fa, attraverso un amico e collaboratore di Keith Emerson, Corrado Canonici.
Sono entrato nel suo mondo, ho scambiato
con lui qualche chiacchiera elettronica e sono rimasto in contatto in modo naturale.
Qualcuno ha detto di lui: “Jeffrey Biegel è un talento prodigioso e
raro, non solo per la sua abilità e il suo talento al pianoforte, ma perché ama
anche prendersi dei rischi musicali, cercando e sperimentando in nuove aree
della musica, provando ad evidenziare le sue capacità di artista.”
E ancora: “… pianista
preferito da Emerson per l’esecuzione del suo “Piano Concerto no.1”.
Oppure:
“Uno dei grandi pianisti del nostro tempo…”.
Alcunigiorni fa mi ha scritto per raccontarmi una nuova storia, qualcosa
a cui, ho capito subito, è particolarmente legato, perché tocca e supera gli
aspetti musicali e si sviluppa nella sfera personale; i più scettici potranno
trovare difficile giustificare ciò che appare irrazionale, ma il quadretto che
Jeffrey realizza è commovente e allo stesso tempo sottolinea l’importanza dell’imponderabile
nei nostri destini. E poi è nato un forte connubio artistico col mondo musicale
italiano e quindi ho ricostruito con piacere i suoi messaggi notturni (tra noi
ci sono parecchi fusi orari).
Jeffrey esordisce così:
“Ho qualcosa per te! Ti piacerebbe scrivere una storia su come ho
conosciuto Giovanni Allevi e sul concerto per pianoforte che lui ha scritto per
me? L'ho registrato lo scorso giugno, in anteprima negli Stati Uniti e a Milano
a novembre, e ora è disponibile. È un concerto favoloso, molto ispirato da
Keith Emerson e Chopin!
Tutto si basa, ovviamente, su qualcosa che è realmente accaduto.
Nel 2013, a novembre, mio padre è mancato (era un Capitano del
Dipartimento di Polizia di New York).
Uno dei miei studenti al Brooklyn College
è stato l’unico del corso a partecipare al funerale. Successivamente è arrivato
ad una lezione portando con sé un brano di pianoforte intitolato “Go
With the Flow” di un compositore di cui
non ho avevo mai sentito parlare (https://www.youtube.com/watch?v=yt8ypwvk7do).
Mi disse: "Vuoi dire che non hai mai sentito parlare di Giovanni Allevi?".
Così ho cercato di saperne di più e ho trovato il suo sito Web e
le pagine di Facebook. Ho scritto al suo management e ho ricevuto risposta dopo
diverse settimane. Giovanni affermava che amava le mie registrazioni e io replicai subito:
"Non sarebbe bello se un giorno tu componessi un'opera su larga scala per
pianoforte e orchestra!?". Passarono
alcuni mesi e lui mi scrisse nuovamente: “Ho qui il primo movimento del TUO concerto per pianoforte che sto
scrivendo per TE!”. Rimasi scioccato!
Credo davvero che questo sia stato un segno preciso di mio padre.
Durante una lezione con il mio studente - Francesco Pio Mannino -, il mio cellulare era sulla sedia accanto
alla mia, acceso, ma con lo schermo nero perché non lo stavo usando.
Ecco la foto fatta dal mio studente al cellulare, un’immagine “spirituale”,
con l’ombra di mio padre e le sue iniziali, EB, nella foto.
Credo che sia stato un gesto di ringraziamento di papà verso il ragazzo
per essere stato al suo funerale. E poi la connessione con Allevi è iniziata
grazie a Francesco, che ha portato la sua musica nell’aula in cui facevamo
lezione! Sono anche certo che la mia amicizia con Allevi sia stata creata attraverso
Francesco, il cui comportamento ha raggiunto lo spirito di mio padre. Chiamami
pazzo ma è una cosa per me davvero reale!
Ora ho molte foto con Giovanni e una buona conoscenza, e penso che
in qualche modo gli spiriti delle persone ormai passate possano rivivere negli altri.
Ecco una mia foto e una di Josef Lhevinne. Il mio insegnante ha
studiato con Josef Lhevinne e mi ha detto che glielo ricordavo!
La mia
insegnante era Adele Marcus, forse il principale pedagogo del pianoforte nel 20° secolo.
Giovanni ha scritto il concerto per pianoforte per me e per se
stesso. Questa è una cosa molto insolita e rara per un pianista/compositore, e
mi ha molto commosso; lui ha composto il concerto per pianoforte non per se
stesso, ma con la sua gamma completa di doni compositivi ha fatto in modo che potesse
essere eseguito da un altro pianista, come un grande concerto di Liszt. Non è
stato un normale rapporto di lavoro con le caratteristiche conseguenti, ma un suo
regalo per me, è questo è molto importante.
Porto sempre con me il
ricordo della meravigliosa esperienza della Prima Europea del Concerto per
Pianoforte n.1, per Pianoforte e Orchestra e sogno di rivivere queste
incredibili emozioni, magari sul palco insieme al grande Giovanni Allevi".
I met the American pianist Jeffrey Biegel
some years ago, thanks to a friend and collaborator of Keith Emerson, Corrado
Canonici. I entered his musical world and we stayed in touch in a natural way.
Someone said of him: "Jeffrey Biegel is a prodigious and rare talent, not only for his skill
and genius at the piano, but also because he likes to risk with music,
experimenting with new musical fields, trying to highlight his ability to
artist”.
And more ... "Emerson's
favorite pianist for the performance of his "piano concerto n ° 1".
Or ... "One
of the great pianists of our time ..."
A few days ago he wrote to tell me a new story; I
immediately understood that for him it was something very important because it
reaches and exceeds the musical aspects and develops in the personal sphere.
The most skeptical will find it difficult to justify something that seems irrational,
but the story that tells Jeffrey touches the heart, and at the same time
emphasizes the importance of the imponderable of our destiny. And then, on this
occasion, a strong artistic union was born with Italian music, and so I rebuilt
with pleasure his nightly messages (there are a lot of time zone between us!).
Jeffrey starts like this:
"I have
something for you! Would you like to write a story about how I met Giovanni
Allevi and the piano concert he wrote for me? I recorded it last June, preview
in the US and in Milan in November, and now it's available It is a wonderful
concert, very inspired by Kate Emerson and Chopin!”.
Everthing is based on
something that really happened, obviusly.
In 2013 my father died (he
was a captain of the New York Police
department).
Only one of my studentes at
the Brooklyn College partecipated at the funeral.
Subsequently he arrived in
classroom with a piano song named “Go
With the Flow”, made by a composer of whom I had never heard before (https://www.youtube.com/watch?v=yt8ypwvk7do)
He
said: "Have you really never heard of Giovanni Allevi?"
So
I tried to learn more about him and I found his website and his Facebook pages.
I
wrote to his management and they answered me a few weeks later. Giovanni said
that he loved my inscriptions and I immediately replied: "Would not it
be nice if you one day composed a large-scale piano and orchestra piece?"
After
a few months he wrote to me again: "I have here the first movement of
YOUR piano concert I'm writing for YOU!". I was shocked!
I think this was a definite sign of my father.
During a lesson with my student - Francesco Pio
Mannino - my cellphone was on the chaire next to me, it was on, but the screen
was black because I wasn’t using it.
Thisis the photo that my student do to the cellphone,
a spiritual immage, with the shadow of my father and his initials, EB, on the
photo.
I think it was a gesture of dad’s thank for this boy
for being at his funeral. Then the connection with Allevi began thanks to
Francesco, who brought this music in my classroom! I’m sure that my friendship
with Allevi has been created through
Francesco, whose behavior has
reached my dad’s spirit. Call me crazy, but for me it is so!
Now I have a good friendship
with John, and I think that somehow the spirits of past people can relive in
others.
My teacher studied with Josef Lhevinne and told me I look like him.
My teacher was Adeke Marcus,
perhaps the principal pedagogue of the plan in the 20th century.
Giovanni wrote the piano concerto for me and for
himself. This is a very strange and rare thing for a pianist / composer, and he
really moved me; he did not make the piano concerto for himself, but with his
full range of compositional talents he made arrangements that could be
performed by another pianist, like a great Liszt concert. It was not a normal
working relationship with the consequent characteristics, but a gift for me,
this is very important.
I
always carry with me the memory about the wonderful experience of the European
Première of the Piano Concerto n.1, for Piano and Orchestra. I dream to relive
these amazing emotions again, perhaps on stage together with the great Giovanni
Allevi.
Il Teatro Sacco, gioiellino dalla storia antica sito in un condominio
savonese, ha una tradizione di rappresentazioni che talvolta sfociano nel settore
musicale, e non potrebbe essere altrimenti, essendo Antonio Carlucci - cioè l’anima del progetto - un artista completo,
quindi incapace di ergere barriere divisorie tra le differenti rappresentazioni
dell’arte.
Nel caso specifico l’evento, previsto per il 3 di marzo, era
accompagnato da una chiosa intrigante, che più o meno recitava: “Il Sacco si tinge di rosa…”. Beh, se è
vero che il rosa è il colore dell’animo femminile ecco svelato l’arcano: una
donna protagonista sul palco. Ma non è sola!
Annie La Rouge Marsala e Simone Perata
sono The
Persuaders, due soci in affari sonori, due musicisti di lungo corso
abituati ad eventi ruspanti, quelli con cui si fa la gavetta, ma che ogni tanto
si vorrebbero alternare, così, tanto per diversificare e trovare nuove
motivazioni.
Il loro nome è tra i più frequenti
nei locali liguri, perché nelle loro corde risiede una sorta di country rock, un
cantautorato preminentemente acustico con cui si riesce a riproporre la musica
del passato ma anche le creazioni proprie, un’altalenare di situazioni che
possono soddisfare chi partecipa ad un concerto, sia chi ascolta che chi si fa
ascoltare.
Annie è apparsa molto tesa prima dell’evento,
senza la necessità di nasconderlo, anzi, provando a dichiaralo pubblicamente
nel tentativo di esorcizzare quel pò di paura che sa più di rispetto per il
luogo e per la situazione. Simone non lo ha dato a vedere, forse più freddo o solo alla ricerca del mantenimento di un contegno!
Rispetto, sì, ce ne vuole tanto
pensando alla sacralità di un Teatro storico, un luogo in cui la partecipazione
non è casuale e l’audience non provoca “rumore” da mandibola in movimento, o da
vetri che si svuotano di liquidi.
Va in onda un percorso stabilito,
dove le gag tra i musici allentano la tensione on stage e provano a mitigare
una temperatura ostile, anche nell’ambiente chiuso.
Annie racconta, dialoga, quasi
cade, mentre Simone le fa da sostegno, e la cosa che più colpisce è l’emozione
palese, nonostante le spalle siano cariche di anni di notti musicali.
Si passa da Patty Smith a Joe
Cocker, e si continua sull’onda di Woodstock con Grace Slick, per approdare a
Dolores O’Riordan, passando per Elton John e Annie Lennox, tanto per citare
alcuni degli interpreti visibili nella “scaletta” a seguire.
E tra tanti mostri sacri vengono
inserite, quasi con pudore e sottovoce, le perle della produzione “The
Persuaders”, pillole che vengono sviscerate a parole e che danno la percezione che siano
il prodotto specifico di momenti importanti di vita, attimi che riprendono
forma ad ogni esibizione, e che sono in bilico tra euforia positiva e tristezza
soffusa.
Dal punto di vista musicale il duo
rappresenta in ogni caso una dimostrazione di novità, perché al modus ortodosso
di Annie - voce e chitarra - si aggiunge un basso elettrico che oltre a fornire
il ritmo per cui è stato inventato diventa in alcuni casi propositore di parti
soliste e virtuosismi, come nel brano “Impressioni
di settembre” ad esempio, dove si sostituisce al tradizionale
sintetizzatore.
Annie è capace di modulare la sua
voce, passando dalla grinta alla dolcezza, ovvia conseguenza dei brani
proposti, ma… certe caratteristiche o ce l’hai oppure no!
Il pubblico, in buona presenza, ha
gradito e sottolineato con calore la fine di ogni episodio e due ore sono
volate, con i presenti immersi in un’atmosfera quasi aulica.
Alla fine incontro nel foyer, con
rinfresco e sorrisi, e una chiara soddisfazione generale dovuta alla serenità
trovata nell’attimo di comunione.
Bravi tutti, artisti e
organizzatori, e se poi la location risulta essere da favola il cerchio si
chiude e il ricordo sarà per sempre!