Per tutti i fan dei Jethro Tull la Convention di Alessandria ...
svoltasi sabato 18 ottobre 2008, era un appuntamento da
non poter mancare.
Si ha sempre l’impressione che potrebbe essere l’ultima occasione, anche se Ian Anderson sta dando a tutti
innumerevoli speranze che i limiti di longevità artistica si possano dilatare
sino ad arrivare a confini insperati.
Per me era la seconda Convention dopo quella di Novi
Ligure, nel 2006, e in questi due anni ho avuto modo di entrare un po’ più
nell’intimo di questo mondo tulliano, attraverso i miei scritti, attraverso il
forum de” Itullians”, attraverso amicizie
nate spontanee e aventi come denominatore comune l’amore per un particolare
tipo di musica, che per quelli come me ha il significato della colonna sonora
generazionale.
Ora, a distanza di ventiquattrore, sono qui a chiedermi, ancora stordito, che
cosa mi rimane, che significato generale posso dare a quanto vissuto per un
giorno e mezzo.
Il giudizio sulla riuscita di un evento simile può trovare tante risposte,
magari contrastanti, magari piene di distinguo e di colori sfumati.
L’organizzazione è complicata e trovare consensi
assoluti credo sia missione impossibile, ma mi immagino che chi ha diretto
l’intero evento debba dare e darsi un voto dopo aver valutato una serie di
elementi che per noi spettatori rimangono nascosti .
Ci saranno bilanci da far quadrare, problemi tecnici,
incomprensioni, piccole o grandi liti, e chi più ne ha più ne metta.
Ma per la maggior parte dei presenti l’importante era
la musica, l’atmosfera anomala, la ricerca di conferme, la voglia di trovare
degli amici.
Io ho passato ore indimenticabili e cercherò di descrivere minuziosamente ciò
che ho provato, convinto che non sia un argomento di interesse generale, ma
sicuramente apprezzabile (almeno negli intenti) da chi era presente, e forse
anche da chi non è riuscito ad esserci, ma avrebbe voluto.
Proporrò aneddoti, filmati e considerazioni personali
che, ci tengo a sottolinearlo, non possono avere valore assoluto, ma sono il
frutto di uno stato d’animo che si prova raramente, purtroppo.
Soffermarmi sui dettagli risulterà noioso per alcuni,
ma voglio essere certo che quando a distanza di tempo andrò a rileggere questo
resoconto, riproverò parte delle emozioni vissute.
Inizio da una considerazione di carattere generale.
Ad un certo punto del concerto qualche spettatore ha
“spinto” per avere sul palco Ian, e Taulino ha ricordato a tutti che la
Convention era dei Jethro Tull(e non del solo Anderson, aggiungo io).
Ecco, mi sento di dire che non è stata la kermesse di
Ian Anderson.
LUI compare periodicamente nei discorsi dei presenti, e se è vero che si parte
dalle critiche più disparate, che iniziano dalla musica e dalla voce, per
arrivare ad elementi personali, alla fine arriva sempre l’assoluzione che sa
tanto di “giustificazione a prescindere”… lui è il motivo per cui esiste questo
nostro mondo tulliano.
Ma l’aria che ho respirato mi ha fatto pensare che il tutto sopravviva per
effetto delle ramificazioni di Ian, che esista ormai una specie di soggetto che
si autoalimenta attraverso la passione e l’impegno di tanta gente, e per quello
che mi riguarda sarò ugualmente un partecipante entusiasta della prossima
Convention, anche senza il RE in persona, impegnato magari in un’altra parte
del mondo, ma sicuramente presente con lo spirito.
Ma andiamo con ordine, seguendo una certa cronologia.
La preparazione alla Convention
I miei concerti nascono molto tempo prima della
vera data, sia dal punto di vista emotivo che da quello organizzativo. Per
questa occasione avevo già messo in conto di non poterci essere, ma col passare
del tempo uno spiraglio si è aperto e quindi avevo programmato la partenza per
la mattina del 18, con l’intento di pranzare con tanti forumisti con cui ho
rapporto quotidiano, senza peraltro averli mai incontrati.
Venerdì mattina (venerdì 17, ma la superstizione è stata messa da parte), colto
da raptus improvviso, decido di essere ad Alessandria già alla sera, per poter
incontrare chi parte da lontano e obbligatoriamente deve arrivare con anticipo.
In pochi minuti prenoto un hotel in città, non prima di aver informato
(eufemismo che nasconde i verbi più disparati) la mia paziente moglie che
capisce il mio picco di pazzia tulliana.
Arrivo ad Alessandria nel tardo pomeriggio. Dista
quarantacinque minuti da casa mia, ma realizzo che non l’ho mai visitata. Mi
metto in contatto con Eddy ( Lifeisalongsong), administrator del forum, che da Trieste arriva
con parte della famiglia. Ovviamente è presente la figlia Emma (Fallen Angel Scarlet) creatrice materiale dello spazio messo a
disposizione dal webmaster del sito, oltre alla moglie Emanuela.
Ci ritroviamo davanti all’Hotel Europa dove la colonia romana ha preso
posizione.
Ci sono diversi gruppi davanti all’entrata e supponiamo che siano li per lo
stesso motivo.
L’impasse si interrompe quando una faccia conosciuta, legata ad un nome mitico
nell’ambiente, ci viene incontro. E’ Aldo Pancotti, ovvero Wazza Kanazza, che ci saluta e ci
accompagna verso il resto della truppa da lui organizzata e condotta sino ad
Alessandria. Ciò che segue, come altre cose che racconterò, è a beneficio di
occasionali lettori, non certo per i frequentatori dell’ambiente, e capisco che
per gli introdotti leggere mie note su personaggi conosciuti come W.K. possa
sembrare superfluo, ma nella veste di cronista dell’evento preferisco
registrare anche il conosciuto.
Aldo è una persona super nota nell’ambiente, cultore della musica dei Jethro e
non solo, e possessore di rarità musicali. E’ lui che ha regalato a Ian
Anderson 160 DVD che ripercorrono la storia di questo gruppo, materiale che era
forse inedito anche per Ian.
Sulle sue spalle anche responsabilità organizzative e gestione del merchandise,
nonché l’ideazione delle grafiche di alcune magliette che si trasformano poi,
con l’andare del tempo, in oggetti di culto.
E’ la prima volta che gli parlo direttamente,
anche se ci siamo spesso scritti, e credo che la raccolta dei suoi aneddoti e
delle vicende musicali da lui vissute, potrebbero formare un libro di
considerevoli dimensioni. “Aldo, ma quando mi concederai
un’intervista?”.
La sua simpatia colpisce immediatamente e la sua
conoscenza resterà per me uno dei momenti più piacevoli della Convention.
Ci presenta agli altri, iniziando dalla moglie Gemma,
che dice di aver conosciuto attraverso CIAO 2001 (e già questo sarebbe
argomento da approfondire, senza volere scavare nel privato).
Passando da mano a mano scopro che qualcuno mi conosce
(“ah... il blog di Athos!”) , e trovo “Tundra-Fra”,
con cui avevo dialogato sul doppio forum , Jethro e Finardi.
Sembra un reunion di amici e la conclusione ideale è la cena, prenotata da
Eddy, in una trattoria da ricordare.
Il gruppo romano si sposta con un pulmino, all’interno
del quale si trovano alcuni protagonisti on stage della giornata successiva.
Sto parlando del gruppo degli OAK, che conoscevo solo di
nome e fama, ma che rappresenteranno, a consuntivo, una felicissima sorpresa.
E’ una cena allegra, fatta di battute e divertimento, con qualche aneddoto di
Wazza e qualche timido canto stimolato da un fisarmonicista che si aggira tra i
tavoli.
Jose’ dei Tullianos (colonia spagnola) ci
offre una bottiglia per celebrare il suo compleanno.
La serata è un buon antipasto, in attesa del pranzo e della cena del sabato.
Ma quali sono gli ingredienti della Convention? Quali gli artisti?
Vediamo l’elenco.
Il programma.
La giornata inizia ufficialmente alle 15 .30, con l’esposizione delle
rarità ed il merchandise.
Contemporaneamente, nella ridotta sala Ferrero (forse 200 posti?) si parte con
le cover band:
Sossity e OAK con vari ospiti.
Per la serata è prevista l’apertura dei Beggar’s Farm a cui seguiranno le miscele più impensate, che vedranno come protagonisti,
oltre ad alcuni artisti pomeridiani, anche i seguenti Jethro D.O.C.:
Ian
Anderson
Mick Abrahams
Glenn Cornick
Jeffrey
Hammond-Hammond (ma lui si presenterà soltanto, senza
suonare)
Barriemore
Barlow
Dave Pegg
Gerry Conway
Jonathan Noyce
David Goodier
Ma
facciamo un passo indietro.
Sono le 9.45 , e dopo un breve giro nella downtown
qualcosa mi spinge verso l’entrata del teatro.
Vedo un po’ di movimento e riconosco alcuni romani
della sera prima .
"Armeggiano" attaccati ad un’auto, nel senso che aiutano a scaricare
del materiale.
La mercanzia trasportata è merce davvero rara, e cioè una collezione
incredibile di dischi, poster, immagini e oggetti di ogni genere, legati ai
Jethro.
Tutta roba da esporre e in parte vendere .
Sin qui tutto relativamente normale:
esiste un appassionato esasperato (non me ne voglia Alessandro, io sono
orgoglioso quando mi giudicano così) che propone i suoi cimeli.
Ci salutiamo, come se ci conoscessimo, ma è la prima volta che lo vedo.
La cosa strana è che Alessandro Gaglione, lavora di fronte a me, e
abita a 10 km da casa mia!!
Gli chiedo:" Ma come è possibile che
non ci conosciamo? "
La Tullianite è malattia contagiosa che
tende a aggregare chi ne viene colpito!!
E se formassimo una colonna savonese?
Il concetto si rafforza quando scoprirò
più tardi che è presente un altro mio concittadino che contribuisce
fattivamente alla causa, Fulvio Bava, fornitore di molte
foto utilizzate nelle fanzine, e anche lui mio dirimpettaio lavorativo.
Da approfondire.
Mi intrufolo, anche se non è mia
abitudine, e per giustificare la mia presenza do una mano nell’allestimento dei
tavoli.
L’emozione aumenta.
Si incrementa poi a dismisura quando sento
un flauto.
Mi affaccio dalle tende che sono in fondo alla sala principale e vedo i
musicisti in prova.
Tra loro Ian, che riesco minimamente a riprendere mentre da disposizioni agli
altri musicisti.
Incredibile poter fissare per sempre le prove di sua
maestà!
Speriamo non mi chieda i diritti!
Arriva Wazza e compro subito la maglietta della
Convention, quella da lui ideata e realizzata da Glauco Cartocci.
La indosso immediatamente, in sostituzione di quella acquistata
al concerto di Milano, ed è un vero atto di coraggio.
Io acquisto t-shirt in occasione di ogni concerto, ma
poi non ritengo mai adeguato indossarle, e finiscono appese nel mio garage
fatto di cimeli, unitamente ai biglietti di entrata.
Da segnalare che l’acquisto della maglia da diritto al
poster ufficiale, ed è questo davvero un bel ricordo.
A completamento una ricca brochure, molto esaustiva
dell’evento, annessa al ticket di entrata.
Giro per il teatro e apro qualche porta di emergenza
per far entrare qualche amico.
E’ tutta gente che ne ha titolo, a mio avviso, persone con cui ci si dirige
nella sala prove degli OAK, la stessa sala dove si esibiranno nel pomeriggio.
Il check sound mi da la misura della valenza di questi artisti, ed assistiamo
in religioso silenzio a ciò che viene proposto.
Francamente mi sento molto “a casa mia” ed il tutto si
completa quando ci raggiungono altri forumisti che conosco solo di nome,
Damiano –McHeyre e Giampiero-Hamrin (grazie per il cd
che mi hai portato!).
La mattina vola e perdiamo la cognizione del tempo.
A ricordarci l’orario è il nostro stomaco che protesta e così ci rifocilliamo
in una pizzeria del centro.
Nell’occasione si aggiungono a noi Raffaella –Maga
Magò e consorte.
Lo spettacolo
pomeridiano.
I primi ad esibirsi sono i Sossity , un duo
formato da Paul Forrest , cantante e polistrumentista e Marcie Schreier, cantante e flautista. Li ritroverò a
tratti la sera, sul palco maggiore. Paul ha la stessa mimica di Ian (tipico dei
frontman jetrocoverizzati), ma ha anche la stessa identica voce (di un tempo) e
questo, udite udite, non è l’estrema ricerca della clonazione, perché quando
parla, tra un brano e l’altro, la voce è sempre quella, il timbro sempre lo
stesso.
Ascoltandolo a ora tarda, mentre cantava “Beggar’s Farm”, ho provato a chiudere
un attimo gli occhi, e sono tornato indietro di molti anni.
E questa è solo una nota oggettiva, che non ha lo scopo di affondare il
coltello nella ferita già profonda. A me sono piaciuti molto ed ho acquistato
il loro materiale per approfondire.
Viene poi il turno degli OAK, quelli di Roma, quelli incontrati la sera prima.
In realtà le persone sul palco si sostituiranno con una certa frequenza
rispetto al gruppo dello start, per cui sarà facile vedere il cambio alla chitarra,
al basso, alla voce e alla batteria. Tra le tante persone che si sono
avvicendate, nota di rilievo per un Glenn Cornick inguardabile, o guardabilissimo, a seconda dei punti di
vista, per effetto della sua cresta tricolore, e per Barrie Barlow , un gigante con le bacchette in mano.
Nei i vari mix, anche la presenza dei Sossity e di Josè .
Ma la vera rivelazione, almeno per me che non lo conoscevo, è Jerry Cutillo.
Da quindici anni guida questo gruppo che, da quanto visto e sentito, non è solo
“copiatore “ di altra musica, ma anche propositore di grandi novità.
E’ anche l’unico che si può accostare pienamente a Ian, nella ripetizione del
ruolo, in quanto cantante, chitarrista (balalaika compresa) e flautista.
E' inoltre un animale da palcoscenico e si muove con spettacolarità ed energia.
Ci propongono uno spettacolo completo, con balli, travestimenti, musica e
mimica da cabaret. Un grande voto a questo gruppo, nessuno escluso, compresa la
piccola Isabel (sperando di non sbagliare nome). La set list è variegata, e
comprende brani che non siamo più abituati ad ascoltare dal vivo.
All’interno, una canzone scritta da Jerry, che non sfigurerebbe in nessun album
prog di musicisti più affermati. Ma la mia preferenza va a “My God”, ovvero il
brano dei J.T. che più amo, e che nell’occasione presenta un fraseggio centrale di
flauto che non avevo mai sentito, davvero coinvolgente, probabilmente un tocco
personale di Jerry .
Io registro tutto il possibile, impegnato nella
gestione delle batterie della videocamera, sempre inadeguate, e delle video
cassette, sempre poche.
Arriviamo in un lampo alla fine (tre ore volate via in un attimo) e guadagno il
palco per qualche foto, mentre Jerry mi impresta la sua balalaika per
"regalarmi" un tono da musicista. Mi dirigo verso l’uscita e riesco a
“carpire” due foto storiche.
La prima è con Glenn Cornick. Ne ho già una scattata nel 2006, ma questa con la
testa variopinta è una chicca (peccato che nella foto manchi proprio la parte
più colorata).
Gli dico:”Glenn ti ricordi? Mi hai concesso un’intervista via mail. Sono Athos!”. “Ah sì, facciamo una foto”, ma ovviamente è solo
una concessione gentile e non ha idea di chi io sia.
La seconda picture credo sia davvero da
collezione, perche farsi fotografare con Jeffrey Hammond-Hammond è cosa rara, visto che
non fa più parte del giro musicale.
Il suo accompagnatore lo vuole portare via ma riesco a convincerlo, mentre
Jeffrey appare frastornato e sembra non capire cosa stia accadendo e forse si
domanda perché un padre di famiglia cinquantenne debba pretendere cose così…
infantili.
E’ l’ora della cena ma a noi basta un sandwich seduti al bar annesso al teatro.
La gente aumenta a dismisura, ma riusciamo ad incontrare altri amici senza
volto, sino a quel momento: Michele-Chea, Darked Ages (suo figlio undicenne si innamora delle mie spillette dei
Jethro e con grande piacere gli chiedo di sceglierne una), Michela, Goacer, The Wistler e sono sicuro di dimenticare qualcuno.
Non dimentico Michelangelo- The Pied Piper, appena arrivato dalla Toscana, con un dono per
tutti noi, un suo lavoro musicale che ad un primo ascolto (in auto, sulla via
del ritorno) mi pare di qualità. In ogni caso il solo pensiero avuto è di per
se rimarchevole.
Così come da tenere in considerazione la sua idea di rivisitare i Jethro in
veste rivoluzionaria.
Magari un Aqualung stile bossanova o Life is a Long Song con accenti metallici.
Sembrano bizzarrie, ma ho ascoltato i demo e se è vero che è un gioco, è
altresì vero che è molto divertente e nello spirito del “diamo i Tull alle masse”.
Rientriamo e prendiamo posto in platea, zona centrale, quella da noi scelta.
Tutto gremito.
Iniziano i Beggar’s, ma Taulino, in veste di organizzatore, lascia spesso il
posto agli ospiti e introduce i vari cambiamenti.
Aldo Tagliaferro, il presidente sempre molto indaffarato, sale sul
palco tenendosi in disparte, finendo poi per accentrarsi dietro richiesta
specifica. Racconta succintamente cosa verrà proposto, cosa sono stati i Jethro
e cosa rappresentano ancora oggi. Lo spettacolo decolla. Difficile raccontare
dei Beggar’s come singola entità, della loro bravura e professionalità, perché
esiste una base Beggar’s su cui tutti ruotano, dai Sossity a Cutillo, da
giovani occupanti la sezione fiati, ai vari membri importanti. E il risultato è
sempre di qualità.
Un tuffo al cuore quando troviamo assieme sul palco Cornick e Abrahams che duettano.
Un tuffo al cuore quando contemporaneamente troviamo Barlow e Conway.
Un tuffo al cuore quando Pegg imbraccia il mandolino e lo usa in Jack
Frost, spingendosi poi sino a Locomotive
Breath, nel bis.
Un tuffo al cuore quando vediamo Noyce e Goodier (sì , anche l’ultimo
arrivato sembra ben amalgamato) che si danno il cambio accompagnando Ian.
L’aspetto tecnico, garantito dalla presenza di tanti professionisti, viene superato
da quello emotivo, a cui non riesco a sottrarmi. Trovo poco importante
raccontare la scaletta e descrivere i vari brani, anche se il dovere di cronaca
mi impone di evidenziare che per questo importante anniversario è stato
presentato “This Was” unitamente a “Heawy Horses”, pezzi del
repertorio classico, più una rivisitazione degli anni ottanta. Da brivido. Ian
è stato uno dei protagonisti, molto acclamato, venerato, guardato a vista con
estremo rispetto.
Ci sia aspetta sempre che compaia dal nulla e lui puntualmente arriva (solo sul
palco, per carità), ringrazia e da l’impressione di sentirsi a casa sua.
Sempre mattatore, sempre grande musicista, sempre trascinatore, sempre col
collo proteso verso l’alto.
Dobbiamo solo ringraziare, ne sono convinto, non
è retorica.
Però ribadisco il concetto già espresso, evidenziando che è solo il mio
modestissimo parere: è la Convention di tutti, non la sua.
Il bis arriva come sempre e Locomotive Breath non
ci coglie impreparati.
E’ fantastica l’immagine finale, con tutti i protagonisti uniti e abbracciati
nel salutare, una linea che va da lato a lato e che occupa tutto il palco.
Peccato che mancasse Mike Abrahams.
Ci dirigiamo un po’ tristi verso l’uscita nella
speranza di un prolungamento di serata.
Dave Pegg è già rosso in viso e la birra che ha in mano la dice lunga.
Provo a farmi fotografare e io e Eddy riusciamo letteralmente ad incastrare la
sua testa tra le nostre. Sul suo doppio CD del 60esimo mi fa una dedica … da
collezione.
Ma non è finita, c’è Abrahams che si lascia immortalare e anche con lui timbro
il cartellino, come facevo da adolescente.
Siamo ancora in attesa, ma non sappiamo di cosa.
La speranza non muore mai e ci dirigiamo sul retro del teatro ritrovandoci
direttamente sul palco (ma io me ne sono accorto solo dopo un quarto d’ora).
Li c’e’ ancora movimento. Troviamo Andrea Vercesi (che ci ha indicato
telefonicamente la strada) e dopo uno sguardo a 360 gradi vediamo altri
protagonisti.
Ultima foto con Goodier, Barlow e un Noyce pieno di bottiglie in mano, e poi è
davvero finita.
Con una buona dose di tristezza ci congediamo ed Eddy
mi porta al parcheggio dove ci salutiamo un’ultima volta.
Emma –Fallen Angel Scarlet ci ha canzonato tutto il
tempo, cercando di farci sedere vicini per favorire la nostra”pazzia”.
Sì, forse non sono proprio nei miei centri se oggi mi
sono sentito un adolescente!
I miei voti
-Mike Abrhams: l’unico straniero che si esprime dal palco in
italiano e dichiara che l’Italia è la sua seconda patria. Voto 9 per lo sforzo e la sua dichiarazione di intenti.
-Michelangelo –The Pied Piper: alla fine del concerto
appare con il giubbotto a mò di gonna. La sua giustificazione è che si è rotta
la cerniera dei pantaloni. Lo accalappio per farmi scattare la foto con
Abrahams, e Michelone resta colpito dal gonnellino. Gli chiede :”Cosa è quelo? Pechè hai quela cosa davanti?” .
Pied è imbarazzato da cotanto interessamento e farfuglia qualcosa mentre io
cerco di spiegare, ma mentre ci allontaniamo il chitarrista continua a dire
(ridendo) :”schifoso, schifoso”. Chissa’ che
significato ha per lui!
Voto 10 a Michele per l’interessamento e un bel 10 a Pied che ha trovato uno sporco ma efficacie stratagemma per far
parlare di lui il primo chitarrista dei Tull.
“Lo avresti mai pensato ad inizio anni settanta?”.
-Athos, ovvero me stesso: una volta nei pressi di Pegg ho pensato
anche io ad un subdolo stratagemma per colpire la sua attenzione, usando un
azzardo che poteva portare ad una reazione negativa. Avendo la stessa testa
lucida (lui un po’ meno a dire il vero) ho provato la carta della solidarietà e
gli ho detto:” Dave, please, we have the same head, can I have a picture with you?” Fortunatamente la
reazione è stata positiva e lui ha attaccato la sua testa alla mia (ed Eddy si
è unito) ed ho ottenuto un altro splendido ricordo. Voto 9 a me per il coraggio e 10 a Pegg per aver capito che abbiamo lo stesso talento musicale,
ovvero la stessa materia grigia contenuta in una testa priva di “hair”.
-Isabel (spero di nuovo di non sbagliare): è la più piccola del
gruppo (4-5 anni?) e credo sia la figlia di Jerry. Si esibisce sul palco come
ballerina e soprattutto resiste alle fatiche della giornata.
Voto 10 con lode.
-Wazza Kanazza: regala battute a destra
e a manca, e cerca il bandolo della matassa che tende a sfuggire ogni cinque
minuti. Alla fine perde pure la pazienza, ma una Convention senza di lui non la
posso immaginare. Voto 9+
-Aldo Tagliaferro e Franco Taulino: organizzano qualcosa
che resterà nella mia mente per sempre e questo vale ad entrambi un bel 10.
-Jerry Cutillo: artista sotto ogni punto di vista, 10 incondizionato (anche se vorrei citare tutti i membri della sua band).
-Paul Forrest:10 per la voce rubata a Ian
-Alessandro Gaglione: 10 per tutto ciò
che possiede e per il fatto di essere savonese.
- Fulvio Bava: 10 per le foto che mi
manderà e anche lui per essere savonese.
- I miei amici forumisti: senza voto (nel senso che hanno superato i limiti
conosciuti), per tutto ciò che sanno dare, chiedendo poco in cambio.
-Glenn Cornick : 10 e lodissimo per il look, rettifico, per il coraggio dimostrato
nell’adottare un simil look
-Dave Pegg : 10 . In questi luoghi dove il vino regna sovrano, Dave ha dato
dimostrazione di come una
massiccia dose di birra possa far cambiare colore velocemente, senza ricercare
tintarelle artificiali che durano ore.
Guardandolo da vicino forse ha esagerato con la dose, ma suona da Dio.
-Il gruppo romano (quelli della cena di venerdì): voto 10 per la compattezza e la passione che li guida.
-Un bel voto largo largo a tutti i Jethro , vecchi e nuovi, per il solo fatto di essere presenti (che è
diverso da essere “partecipanti”).
Qualche
rammarico.
Il disco This Was, primo del gruppo, vedeva
come componenti, oltre ad Anderson, Abrahams, Cornick e Bunker.
A ben vedere tre quarti di formazione erano presenti e
il disco è stato riproposto per intero.
Mi
sarebbe piaciuto vederli suonare assieme, anche se le voci relative alle
incomprensioni sono circolate e non tutte vedevano Ian come protagonista (anche
questa è una grande fatica organizzativa).
Non mi è dato di conoscere la verità e non sarebbe di
grande utilità conoscerla, ma rilevo che sarebbe stata una performance unica.
Altra
nota dolente, ma questo è un fatto personale, è l’assenza di qualche amico ,
forumista e artista.
Sarebbe stata un’occasione per condividere un bel
momento, sarebbe stata un’occasione per ascoltare altri grandi musicisti.
Conclusione e
riflessioni.
La mia oceanica descrizione è arrivata alla fine
e una riflessione è d’obbligo.
La musica è miracolosa. Da tempo gioco sui concetti del tipo ”azzeramento delle
differenze”, “annullamento delle barriere generazionali”, “medicina miracolosa”
che rende tutti uguali. Ci sarebbe molta retorica in queste affermazioni, se
non fosse che abbiamo appena vissuto momenti di condivisione assoluta, senza
una conoscenza reale di luoghi e persone, senza domandare niente di
estremamente personale, lasciandosi andare a comportamenti inusuali e, per
quanto mi riguarda, tornando per qualche ora indietro nel tempo. I problemi
quotidiani, enormi per tutti, sono rimasti per un attimo nel cassetto, e ci
siamo “donati”, ci siamo aperti, per lasciar entrare tutto il bene possibile. E
se il bene si chiama musica non credo ci sia niente di “sacrilego”, essendo la
musica compagna di vita nostra, di chi ci ha preceduto, e di chi verrà dopo di
noi. I teatrini che si inseriscono in questo contesto, sono minima cosa
rispetto al beneficio globale che ne deriva, e sono convinto di aver
partecipato a qualcosa che resterà tra i momenti della vita da ricordare.
Questo mi riporta ai meriti di Ian Anderson.
Che ci sia o non ci sia ha poca importanza per me.
Lui ha creato tutto ciò che io e molti milioni di fan desideravamo con forza.
Nella mia adolescenza ho cercato con insistenza di sostituire i Jethro, di
trovare alternative, di metterli in discussione, per il solo gusto del nuovo.
Ho trovato tanti meravigliosi artisti che ascolto ancora regolarmente, ma
nessuno ha mai eguagliato LORO. Tutto questo ha poco di ragionato, ma fa parte della sfera
istintiva.
Sono solito dire che quando ascolto un nuovo brano mi bastano trenta secondi
per sapere se lo cancellerò dalla mente o se lo risentirò mille volte.
Ecco, i Jethro li ho risentiti miliardi di volte.
Grazie a tutti.