Per chi come me sente la necessità di
condividere sino allo sfinimento la musica che ritiene valida, cercando di
arrivare laddove non esiste l’interesse del mainstream, descrivere il “mondo
Samurai” diventa atto imperativo. Non mi dilungherò sulla storia dei
finlandesi The Samurai of Prog e dintorni, essendo questo spazio carico
di esempi concreti, dal momento che seguo da anni la band, la più prolifica che
abbia mai visto ed ascoltato.
Sintetizzo: serio e rigoroso lavoro in team (a
distanza), enormi collaborazioni in giro per il mondo, largo spazio - anche compositivo
- ai vari musicisti, proposizione del prog sinfonico tanto amato dai seguaci
del genere e tanta attenzione ai dettagli visuali.
Impossibile ritrovare, in genere, l’emozione
tutta seventies legata all’acquisto di un vinile, ma i cd dei Samurai sono quanto
di più affascinante si possa immaginare, e l’approccio fisico è assicurato.
Personalmente credo che Ed Unitsky - generatore di immagini e artwork per i
Samurai, sia geniale e tra i più grandi della storia, almeno nell’impiego
musicale.
Il nuovo lavoro proposto vede in primo piano Oliviero Lacagnina, uno dei normali ausili nei progetti del passato e nell’occasione quasi titolare.
Vediamo le denominazioni corrette.
Album:
THE MAN IN THE IRON MASK
Band: THE SAMURAI OF PROG featuring OLIVIERO LACAGNINA
Un disegno del genere richiede tanto
spazio e tante parole, perché se è vero che la musica può essere fruita in modo
spontaneo e senza tante complicazioni cervellotiche, quando si è al cospetto di
progetti di questa portata è meglio, a mio giudizio, dare tutte le indicazioni oggettive
possibili, tenendo conto che un tale impegno potrebbe e dovrebbe trovar
spazio in un teatro, in una scuola e, ovviamente, su di un palco. Difficile che
tutto questo potrà realizzarsi ma resta un forte potenziale che magari, in
futuro, potrebbe trovare sbocchi.
Per non lasciare nulla di incompreso (ad esempio, le tracce strumentali presenti nascondono pensieri a cui l’ascoltatore non ha accesso) ho inserito tutto il materiale utile (crediti, sinossi, descrizione delle singole tracce), fornito dagli autori, in altro spazio, a cui si arriva cliccando sul seguente link:
https://athosenrile.blogspot.com/2023/05/the-man-in-iron-mask-samurai-of-prog.html
È una storia compiuta, un iter in
progressione commentato dalle musiche, e per ulteriore approfondimento ho
chiacchierato con Lacagnina, che propone a seguire un prezioso contributo, quello che
solo l’autore può fornire…
Per comprendere le motivazioni di
tale lavoro occorre partire dalla formazione di Oliviero Lacagnina, uno straordinario
musicista dalla formazione classica - ma baciato dal rock -, che nei suoi anni
giovanili, i ’70, ha trovato perfetta crasi in un genere che successivamente è
stato definito “Prog”, e che oltre alle tante linee guida che non sto qui ad
elencare, contiene nel termine l’idea di dinamicità, di miglioramento, di
allargamento di ogni tipo di confine.
Oliviero Lacagnina è sinonimo di “Latte
e Miele”, band di inizio seventies (la prima che ho visto dal vivo a sedici
anni, spalla dei VdGG) che nel 1972 esordiva con “Passio secundum Mattheum”,
oggi come allora un concept, oggi come allora, e sono passati più di 50 anni,
una lunga ed elaborata “vicenda”, tra sacro e profano, che si presta ad una
realizzazione operistica. È lo stesso autore che, nel corso dell’intervista,
marca analogie e differenze tra passato e presente.
Il mio consiglio è quello di
ascoltare e al contempo leggere la storia che si cela dietro ad ogni traccia (cliccare sul
link precedente).
Metà dell’album è
strumentale e qui l’autore si è davvero lasciato andare, in piena libertà
espressiva, spingendo la sua tendenza verso la musica barocca, usando tutto il
suo DNA classico e contaminato, una gioia per le orecchie e per l’anima, trame
capaci di disegnare e far sognare, perché in grado di sollevare la polvere e
far emergere mille ricordi, non necessariamente musicali. Ecco, ho sognato ad
occhi aperti, e ho avuto conferma che certa musica è l’equivalente di uno di
quegli incontri gruppali in cui si cerca di tirar fuori il sommerso…
Magnifico, e anche se il mio giudizio
può essere condizionato dall’amore per certe sonorità “NICE ed ELP”, ho la quasi
certezza che esista una grande, seppur potenziale, trasversalità di fruizione.
Le parti cantate sono da attribuire al
“Samurai americano”, Steve Unruh (con gli interventi di Lauren Trew) che oltre ad essere un grande violinista e
flautista ha una voce incantevole, di quelle caratterizzanti che tanto piacciono
ai followers del prog.
A chiudere la band ufficiale Marco
Bernard - bassista italiano trapiantato in Finlandia - e Kimmo Pörsti alla
batteria. Per la lunga fila dei collaboratori rimando ancora al link
precedente.
Un’ora di musica che non lascia tempo
per pensare, un turbinio di emozioni e sensazioni disegnate da un pool di
professionisti, in questo caso a disposizione dell’autore italiano. I
riferimenti con la storia della musica saranno immediati, ma la cosa importante
non è cercare analogie e similitudini ma godere in pieno una storia conosciuta,
e in questo caso musicata, seguendola traccia dopo traccia, come si usa all’opera,
provando ad immedesimarsi, facendosi avvolgere da trame sonore che sono nutrimento
per l’anima.
Grande… grande lavoro!
La chiacchierata con Oliviero
Lacagnina…
Un nuovo lavoro targato “Samurai…”:
come è cambiato il tuo impegno, in questo caso, rispetto alle precedenti
collaborazioni?
Essendo il mio primo CD completamente
con musiche mie – gli altri erano sempre in collaborazione con altri
compositori – ho potuto liberare meglio la creatività cercando di dare
omogeneità alla forma musicale in un ambito stimolante, ma certamente irto di
difficoltà varie. Il fatto che la scrittura sia durata un anno intero dà idea
della dimensione del tutto.
Come hai scelto l’argomento? Cosa ti
ha ispirato?
L'idea mi è stata data da Aldo Cirri,
un commediografo e scrittore romano. Della “Maschera di Ferro”, a parte la nota
produzione cinematografica, nessuno si era avventurato a farne una versione
cantata e strumentale su CD. Pertanto, lo stimolo è stato notevole. In più
l'ambientazione storica – primi decenni del '700 – ha fornito l'alibi perfetto
per stratificare suoni elettronici, orchestrazioni varie e soprattutto
citazioni di temi musicali di grandi compositori del periodo... da Bach a
Purcell, da Couperin a Lully e Rameau; insomma, il meglio della musica
“barocca” dell'epoca che tanto amo.
Un’ora di musica suddivisa su 17
capitoli… una vera storia che si snoda, un concept tra classico e prog: è
questa la dimensione che ti gratifica maggiormente?
Da sempre il mio linguaggio alterna
la musica classica al rock, in quella dimensione “progressive” chiamata appunto
“prog sinfonico”. Certo ciò costituisce una continua sfida nel cercare di
amalgamare due forme musicali così distanti ma che, a quanto pare, spesso
l'ascoltatore apprezza.
Anche in questo caso abbiamo un
numero di qualificati collaboratori: me ne parli?
I progetti dei “Samurai of Prog”
hanno un notevole pregio, quello di riuscire a coinvolgere musicisti di varie
nazionalità (USA, Giappone, Finlandia, Messico, Italia, Francia ecc ...) con
grandi capacità sia tecniche che prettamente musicali. Gli interventi solistici
(che sia voce o strumenti vari) che vengono effettuati aggiungono suoni e
climax particolarmente efficaci, aggiungendo quel quid indispensabile per fare
del brano un lavoro compiuto. Una collaborazione alla quale non posso più fare
a meno! In questo progetto la voce di Steve Unruh, ad esempio, interpreta con
diverse sfumature i vari personaggi che raccontano le vicissitudini del
racconto per non parlare delle chitarre di Rafael Pacha, Marcel Singor Federico Tetti, Juhani Nisula e Thomas
Berglund o Marek Arnold per gli interventi al sax, oppure la bellissima voce di
Lauren Trew, oltre agli storici componenti dei “Samurai”, ovvero Marco Bernard,
Kimmo Pörsti e il già citato Steve Unruh.
Se ci riferiamo alla tipologia della
proposta, possiamo trovare un aggancio con qualche progetto del passato… i
Latte e Miele in particolare?
Direi al “Marco Polo” e, ovviamente
alla “Passio”, dato che ambedue raccontano un'intera storia. Qui però la
connotazione “classica” è più marcata visto i riferimenti al genere barocco.
È questo un album che senti più tuo,
rispetto agli altri progetti “Samurai”?
Certamente, anche perché, come
scrivevo sopra, è il primo CD nel quale tutte le musiche sono mie, anche se
sono contento delle partecipazioni nelle altre produzioni del gruppo.
Esiste una dedica particolare nel
brano “I am no more” …
L'anno scorso, mentre scrivevo le
musiche per “The Iron Mask”, ricevetti una telefonata di Aldo De Scalzi che con
la voce rotta dal pianto mi diceva che oramai il fratello Vittorio era in come
irreversibile. Un'emozione e una tristezza incommentabili! Subito chiesi a
Sonia Vatteroni, la poetessa che ha scritto insieme ad Aldo Cirri i testi, di
modificare il significato di “I am no more” per poterlo adattare a
quella tragica situazione. È vero che è la “Maschera di ferro” che piange la
sua condizione di persona che non è più, ma in quel momento non era più il
grande Vittorio che, oltretutto, avevamo ospitato nel 2016 con i New Trolls -
con Aldo De Scalzi e Roberto Tiranti - in un concerto che i Latte e Miele
fecero a Kawasaki. Ma con Vittorio c'era anche una lunghissima amicizia fatta
di tanta musica con progetti che si sono incrociati. La dedica credo sia il
minimo che potevo fare per ricordare un grande musicista che tanto ha dato al
“prog” italiano.
Trovi ci sia un nesso, una sorta di
collegamento tra presente e passato quando racconti una storia come questa,
risalente a secoli fa?
“The Iron Mask” è una truce storia
che riguarda il potere... pertanto da allora nulla è cambiato, compresi i vari
intrighi che Dumas aveva evidenziato.
Non pensi che la “Maschera di Ferro”,
così come l’hai concepita, dovrebbe/potrebbe prendere la direzione della messa
in scena, magari non suonata dal vivo ma portata sul palco con la tua colonna
sonora?
Non sei il primo a dirlo e non sarai
l'ultimo. Sinceramente avevo pensato che la destinazione potesse essere anche
quella dello spettacolo teatrale/musicale... esiste un musical italiano fatto
proprio l'anno scorso sulla “Maschera di Ferro”, pertanto le possibilità di una
realizzazione del genere è tramontata... però in inglese ancora non credo
esista... mah chissà!
A proposito, impensabile una rappresentazione
live?
Mettere insieme su un palco un
italiano che vive in Finlandia (il bassista Bernard), un batterista che vive in
Grecia (Kimmo) e un violinista e cantante che vive negli USA credo sia
praticamente impossibile. Certo se i riscontri positivi del pubblico asiatico
(giapponese soprattutto) dovessero diventare pressanti, un “live” di questo
progetto potremmo cominciare a pensarlo seriamente.