sabato 30 giugno 2012

Mauro Selis-Aspettando Jackpot



Ho ricevuto il CD singolo “Aspettando Jackpot”, brano di cui avevo già parlato dopo l’uscita del video:


Ho chiesto a Mauro Selis, scrittore del testo, ma nella vita psicologo e psicoterapeuta, un bilancio di questi mesi, dal lancio a oggi.

Il brano ha ricevuto tantissimi feedback positivi, soprattutto nel "mio" mondo sanitario (l'ho inviato in tutta Italia ad associazioni e a servizi che si occupano di ludopatia e ho ricevuto mail lodevoli, e addirittura l'Associazione Giocatori Anonimi, nella sua riunione nazionale, l'ha ascoltata in plenaria con pianti e commozione).
I giocatori patologici ci si ritrovano perfettamente e questo significa aver raggiunto l'obiettivo di poter scuotere interiormente le coscienze; la Ludopatia è davvero una bestia feroce e una gabbia che ti condiziona e ti rende schiavo.
La canzone la utilizzo anche quando faccio il relatore nei seminari dedicati al gioco d'azzardo, facendola ascoltare tramite il video e facendo fotocopia del testo; permetto ai partecipanti di avere una traccia sul profilo psicologico del Giocatore Compulsivo e da lì è possibile riflettere sulle implicazioni dei "gambler" e stimolare la discussione.
La canzone, inviata anche ad alcune emittenti radiofoniche, ha avuto almeno due passaggi, una a Radio Skylab con relativa mia intervista telefonica, l'altro a Radio banda Larga di Torino, allorquando Silvana Aliotta e Marcello Capra (vocalist e chitarrista), presentando Fili del Tempo(loro album) e ripercorrendo le loro eccellenti carriere, hanno terminato l'incontro trasmettendo "Aspettando jackpot", e gratificandomi con parole davvero intense.

Ma cosa scrive in accompagnamento al CD Mauro Selis, quando presenta “Aspettando jackpot”?

Un caro saluto a chi legge,
mi chiamo Mauro Selis, psicologo e psicoterapeuta del Ser.t (Servizio tossicodipendenze) di Finale Ligure dell’Asl 2 Savonese; a  livello professionale mi occupo già da qualche tempo anche di gioco d’azzardo patologico-compulsivo. L’idea di questo cd singolo con la canzone “Aspettando Jackpot” (video presente su you tube), tiratura di 500 copie tutte rigorosamente in omaggio, nasce con l’intento di affrontare la tematica della dipendenza da gioco, in particolare dalle Slot Machine o in gergo “macchinette”, comportamento patologico in preoccupante ascesa.
Il progetto, soprattutto grazie alla grande professionalità di Silvana Aliotta (vocalist dei Circus 2000, definita da Renzo Arbore la Julie Driscoll italiana) e al virtuosismo chitarristico di Marcello Capra (ex Procession) che hanno dato dignità artistica alle mie strofe scrivendo anche la musica, ha l’ambizione di stimolare riflessioni critiche costruttive, per smuovere le coscienze intorpidite rispetto a questo fenomeno che si sta sempre più radicando… più c’è crisi e più la persona ha l’auspicio della vincita miracolista, taumaturgica, DEFINITIVA! Ma parafrasando il De Andrè del “Testamento di Tito”  “…poi la voglia rimane e il debito s’ingrossa e tanti ne uccide del gioco la fame”.  Noi siamo “contro”, ed “essere contro” è sempre più difficile; la dipendenza patologica del gioco d’azzardo si può contrastare anche non offrendo “strumenti”, non è sufficiente dire: “gioca responsabile o gioca il giusto”, è come dire ad un alcolista: “io ti do una bottiglia di vino, ma bevi moderatamente!”; un giocatore compulsivo non ha il senso del limite, deve elaborarlo in maniera più profonda e non può farlo se  ovunque trova macchine che reificano la sua “malattia”, o su ogni canale trova un costante bombardamento pubblicitario di siti di scommesse o di casinò!  Ricordo che è una dipendenza patologica e pertanto i “gamblers” sono da considerarsi dei “malati”, curabili ma malati.

Grande Mauro, si percepisce la passione che trasforma il tuo lavoro in una sorta di missione. E quando le passioni si sommano - in questo caso musica e attenzione verso il prossimo – i confini perdono la loro funzione e tutto appare egualmente importante, come è giusto che sia.


 Ecco cosa accade in teatro…


venerdì 29 giugno 2012

Prog Exhibition 2011 - Intervista a Iaia De Capitani


Ho appena ascoltato il doppio album “ Prog Exhibition - Il festival della musica immaginifica, sunto della kermesse romana di fine 2011, organizzata dalla D&D di Iaia De Capitani.
Non ero presente, ma avevo partecipato con soddisfazione all’edizione precedente, la prima, e in qualche modo riesco ad immaginare l’atmosfera generale, aiutato anche dai tanti conoscenti, sul palco e non, che erano a Roma il 21 e 22 ottobre.
Nessun supporto digitale può eguagliare il fenomeno live vissuto in diretta, ma il valore intrinseco non muta, e avere il CD tra le mani significa poter godere di abbinamenti che, probabilmente, non avranno replica e rimarranno quindi esempi isolati e per questo di estremo valore storico.
La formula adottata, ormai consolidata, prevedeva la presenza di illustri ospiti stranieri a integrazione di band italiane.  E se lo scorso anno c’erano Ian Anderson, David Jackson, John Wetton, David Cross e Thijs Val Lear, nella più recente occasione le special guests straniere non erano da meno: Steve Hackett, Martin Barre, Mell Collins, Richard Sinclair e Maartin Allcock.
Un po’ di Italia: Stereokimono, Oak, Saint Just ( con la presenza di Alan Sorrenti come ospite), UT, Balletto di Bronzo, Arti & Mestieri (con Gigi Venegoni), Il Bacio della Medusa, Vic Vergeat Band, Garybaldi ( con Marco Zoccheddu), Biglietto per l’Inferno Folk e New Goblin.
Un sacco di carne al fuoco!
Nel doppio disco trovano spazio i brani probabilmente più rappresentativi, e provo ora  a descrivere ciò che mi ha colpito di ogni singola entità musicale al primo ascolto, fornendo una possibile chiave di lettura e non sterili graduatorie di merito!

Stereokimono: presenti con un brano, “Zona d’ombra”.
Ho ancora nelle orecchie il loro recentissimo “Intergalctic Art Cafè e conosco quindi il loro valore. Il brano live è una conferma di quanto avevo captato, e non sempre esiste corrispondenza di efficacia tra studio e palco.
Oak e Maartin Allcock: “Murfatlarst” e “Baba gaia”.
In questo caso nessuna sorpresa, apprezzo il repertorio di Jerry Cutillo e soci e so dell’affiatamento con Maartin. Il valore assoluto non si discute e i due pezzi danno buona evidenza del loro modo di concepire musica e … teatro.
Saint Just Again di Jenny Sorrenti con Alan Sorrenti: “Il Cercatore” e “Vorrei Incontrarti”.
Vera sorpresa per me. Jenny è una vocalist incredibile e anche in questo caso regala momenti speciali, ma ciò che mi ha toccato è la versione di “Vorrei Incontrati”. Ero molto curioso di vedere il risultato perché qualche tempo fa, chiedendo a Jenny di Alan, l’avevo trovata un po’ evasiva, e poi non avevo più l’abitudine a sentire “Il figlio delle stelle” in un ambito… impegnato. Da ciò che  ho letto nel post-festival e da quanto mi è stato raccontato, la riproposizione di quel brano antico non era stata particolarmente brillante. Ascoltando la registrazione del CD trovo al contrario un gradevolissimo duetto, con un po’ di rammarico per ciò che poteva essere e non è stato. E mi riferisco ovviamente al percorso musicale di Alan, ricco di visibilità, ma di dubbia qualità.
UT-L’anima prog dei New Trolls: “I cavalieri del lago dell’Ontario” e “Nato Adesso
Super formazione per due tracce di un antico percorso. Credo una delle prime esibizioni della rinata band genovese, formazione che incarna il vero spirito della musica progressiva, tra le tante sfaccettature possibili che hanno caratterizzato la storia di Salvi, Belleno e soci. Li ho visti da vicino dopo un paio di mesi… classe, idee e ancora tanta voglia di proporsi in un settore che, purtroppo, rappresenta la nicchia.
Balletto di Bronzo con Richard Sinclair: “Plan it Heart” e “Primo incontro”.
Del Balletto che dire… l'entrata di  Gianni Leone rappresenta sempre uno dei momenti più alti di un qualsiasi spettacolo a cui partecipa, e ascoltare “Primo incontro” sapendo cosa accade sul palco in quel preciso  momento mi condiziona nel giudizio… difficile per me essere obiettivo. Sono invece rimasto estasiato dalla voce di Sinclair. In una precedente occasione lo avevo trovato un po’ … svagato al basso, ma la sua particolare timbrica vocale mi pare sia ancora in grado di ammaliare l’ascoltatore e “Plain it Heart” è uno dei momenti  più significativi.
Arti & Mestieri e Gigi Venegoni con Mel Collins: “Gravità 981”, “Valzer per domani” e “Il figlio del Barbiere”.
Ecco una picture da non dimenticare. Ritorna a distanza di un anno Furio Chirico (nella precedente occasione con i Trip di Vescovi e del compianto Wegg), ma questa volta con la band di Torino. Lui e  Bepe Crovella si circondano di pari storia, con l’elettrica di Gigi Venegoni e il sax tenore dell’ex Crimson Mel Collins. Grande e fortunata miscela. Particolarmente toccante “Il figlio del barbiere” che non conoscevo.
Il Bacio della Medusa: “Simplicio”.
Ensemble umbro di buona esperienza, è presente nell’album con un tipico brano rock folk, caratteristico della propria produzione. Nell’unica occasione in cui ho visto un loro concerto ho potuto constatare una novità assoluta, almeno per me, e cioè il batterista - Diego Petrini - impegnato contemporaneamente alla batteria e alle tastiere. E’ successo anche a Roma?
Vic Vergeat Band con Mel Collins: “Rain or Shine” e “Cry”.
Ancora Mel Collins al sax per accompagnare uno sconosciuto - per me -  Vergeat. Accidenti che risultato! Non mi è dato di sapere con quale criterio è stato scelto questo gruppo, essendo un po’ fuori contesto. Trattasi  infatti di rock blues, ma di ottima fattura ed estremamente coinvolgente. Sono subito partito alla ricerca della sua storia, sulla via di quell’effetto domino che non dovrebbe mai mancare negli appassionati di musica un po’ curiosi.
Garybaldi con Marco Zoccheddu: “Moretto da Brescia suite” e “ La mia scelta
Avevo visto ed ascoltato Zoccheddu un giorno prima, su di un palco genovese assieme a Paolo Siani, e lo avevo trovato estremamente “carico”. I Garybaldi hanno un’anima rock e un uomo di peso da non far rimpiangere. Mi riferisco ovviamente a Bambi Fossati, nell’occasione indisposto. I due brani oscillano quindi tra prog e rock, regalando differenti versioni della storia della band.
Biglietto per L’Inferno Folk con Martin Barre: “Ansia”, “Confessione” e “Aqualung”.
Non esiste un accettabile “Aqualung “ senza Barre, nonostante la ricerca di cloni da parte di Anderson, e questa versione più mediterranea ne è l’ulteriore prova. Mi è capitato di vedere in rete un filmato in cui Martin suona un brano del/col Biglietto e ciò mi è bastato per capire che tipo di miscela si sia realizzata on stage, fatto poi confermatomi da Giuseppe Cossa, il  tastierista del gruppo. E poi, per un repertorio rock folck, esiste un chitarrista più adatto di Barre?
New Goblin con Steve Hackett: “Profondo Rosso”, “Improvvisazione” e “Watcher of the Skies”.
Mai avrei pensato in vita mia di sentire Simonetti (anche lui già presente lo scorso anno con la Raccomandata con Ricevuta di Ritorno) ed Hackett assieme… grandi musicisti entrambi, non c’è dubbio, ma affinché certi incontri avvengano occorre l’occasione, e anche di questo occorre rendere merito a D&D. Belle le due versioni simbolo di Goblin e Genesis, mentre l’improvvisazione mi pare al di fuori degli schemi di Steve, piuttosto misurato e tendente al risultato globale, senza sfoggio di virtuosismi estremi.
Manca forse qualcosa, un siparietto che non ha trovato posto nel CD, forse troppo lungo, magari giudicato inadeguato, ma probabilmente rappresentativo dello spirito della manifestazione.
Mi riferisco a quanto evidenziato nella cover, parole e immagini, e cioè la jam tra i grandi ospiti a cui si è unito Franz Di Cioccio, “… un vortice di ritmo e note dedicate a chi è rimasto in teatro dopo cinque ore di musica. Così, just for fun…”.

Un assaggio “rubato” dalla rete…





Mi scuso anticipatamente per le probabili inesattezze, purtroppo questa volta non ero presente!


L’ INTERVISTA a Iaia De Capitani…

Non ho partecipato all’ultima P.E. ma ho vissuto totalmente quella entusiasmante del 2010. Che tipo di bilancio si può fare nel comparare le due situazioni?

Non si possono comparare per più motivi. La prima edizione, che sarebbe dovuta rimanere unica in quanto nata per festeggiare il “compleanno” della musica progressive, ha presentato un concentrato di grandi nomi del mondo progressive italiano. La seconda edizione, voluta fortemente dagli amanti del prog, pur avendo un alto livello artistico, non ha avuto il successo della prima forse anche per la mancanza di questi grandi nomi. In più, un grande nubifragio si è abbattuto su Roma proprio nei giorni del festival quindi… Il pubblico non è stato quello del 2010. Artisticamente sono però state due grandi edizioni.

A distanza di qualche mese dall’ultima kermesse romana, c’è qualche cosa che, se si potesse tornare indietro, andrebbe secondo voi modificato?

No, non direi. La macchina organizzativa è andata benissimo. Mi è dispiaciuto non avere Darryl Way che, come è noto, non si è sentito bene proprio in aeroporto a Londra, prima della sua partenza per l’Italia. Se potessi tornare indietro, conoscendo il futuro, eviterei il nubifragio. L’unico dispiacere vero è la mancanza delle istituzioni in un progetto come questo, ma si sa, l’Italia considera poco la cultura, soprattutto quella musicale.

Qual è stata la vostra più grossa soddisfazione, meramente dal lato musicale? Qualche sorpresa? Qualche conferma?

Senza dubbio gli incontri tra band italiane e musicisti stranieri. Avere i guest che suonano anche nei brani italiani è stata un’idea vincente.

Un’insieme di anime che si ritrova a convivere per qualche giorno, spesso conoscenze antiche, dovrebbe dare luogo - anche - a momenti di serenità e piacevole condivisione. Esistono aneddoti significativi che hanno fatto emergere uno spirito aggregativo, favorito probabilmente dalla musica?

Ce ne sono stati tanti… l’incontro con gli amici del prog, alloggiati nello stesso hotel delle band ha portato a pranzi ai Castelli romani, cene, scambi di opinioni e… la jam-session del 2011, nata e provata (solo a parole) a tavola. C’era proprio la voglia di stare insieme sul palco per SUONARE. Devo dirti però che dopo i festival sono poche le band che sono rimaste in cordata. Nel mondo del prog purtroppo ognuno pensa solo a se stesso. Penso che sia per questo motivo che il progressive non ottiene il successo di pubblico della musica metal (solo per fare un esempio).

Esistono i presupposti per poter pensare ad una terza edizione di P.E.?

Sì certo, anche se dopo i due Prog Exhibition, i festival prog in Italia sono aumentati, quindi…  forse lascerò lo spazio ad altri organizzatori, come sto facendo per il festival di luglio a Viterbo.







mercoledì 27 giugno 2012

Electric Swan-Swirl in Gravity


Swirl in Gravity è il secondo album degli Electric Swan, progetto parallelo di Lucio Calegari, chitarrista dei Wicked Minds.
Una strada diversa da quella del prog, genere musicale a cui i WM hanno recentemente regalato un vero tributo, ma in ogni appassionato di musica convivono amori diversi che si rincorrono nel percorso della vita, senza che l’uno prevalga su gli altri in modo duraturo, vincendo forse qualche tappa, ma  mai la gara finale che appare infinita e lontana all’orizzonte.
Swirl in Gravity è un album di puro rock, di quelli che ascoltavamo ad inizio anni ’70.
Le influenze sono molte e tutte dichiarate nel comunicato stampa che pubblico a seguire, ma se per facilità di comprensione volessi limitarmi alla citazione di due nomi famosi dell’epoca, Deep Purple e Led Zeppelin, beh, trovo più affinità rispetto ai primi, e Monica Sardella mi pare la fantastica versione femminile di Ian Gillian.
A ben vedere non trovo riscontri di vocalist femminili del passato che posseggano le caratteristiche di Monica, almeno in Italia, fatta eccezione per Silvana Aliotta, la tutt’ora attivissima ex cantante del Circus 2000.
Questa ricerca di somiglianze ha il solo scopo di indirizzare e interessare il potenziale lettore, ma il sound degli Electric Swan è ben definito e risponde alla primitiva esigenza di liberare l’energia in tutte le direzioni, possibilmente dall'alto di un palco, davanti a gente ben disposta al coinvolgimento.
Tutto sa di anni’70, non solo la musica, e sfogliando il booklet annesso al CD si scopre l’identità ufficiale della band, un marchio indelebile mostrato con orgoglio, fotografie in cui Calegari e company si autocertificano anche nel look.
Conosco bene le storie su di “noi” che amiamo e parliamo di quel periodo… nostalgici, sognatori, attaccati morbosamente ai ricordi e a ciò che non potrà più esistere.
Beh, la musica permette che la storia di quei giorni sopravviva, semplicemente perché quella musica, quei giorni, quei momenti, quelle atmosfere, sono incancellabili, e vedere e sentire una giovane come Monica Sardella mettere del proprio, e non solo interpretare, mi conforta nel ragionamento.
Swirl in Gravity è fatto di “quella pasta”: riff accattivanti, ritmi da “nonpoterstareseduti”, massicce dosi di Hammond e una presenza esterna che fornisce una patente all’album, quella del fiatista Clive Jones, ex Black Widow.
Trentasei minuti di rock suddiviso su otto tracce, energia allo stato puro, l’inizio di un viaggio che potrebbe condurre da una costa all’altra dell’America.
Testi rigorosamente in inglese, con liriche funzionali alla musica proposta, senza l’obiettivo di lanciare messaggi particolari, ma tratti dalle emozioni del quotidiano, ed anche la voce diventa uno strumento…
Di forte impatto l’aspetto grafico curato da Pino Pintabona della BWR: un paesaggio surreale, fatto di apparenti pericoli e privo di facili vie di uscita; ma forse una possibilità esiste, e la passerella/ragnatela in bella evidenza diventerà forse una buona scappatoia, salvando “il cigno elettrico” e tutti gli amanti della buona musica, al di fuori di generi e categorie.


Qualche domanda… qualche risposta…

”Swirl in Gravity” riporta ad un rock ben preciso targato anni ’70. Come convivono in te/voi il progetto Electric Swan e quello Wicked Minds, quest’ultimo decisamente progressivo?

Diciamo che in questo momento la musica che sento più vicina a me e che voglio suonare maggiormente è l'hard rock 70 che senti negli Electric Swan. Questa componente è abbastanza evidente anche nei Wicked Minds, specialmente nei pezzi di mia composizione, però si è maggiormente evidenziata negli ultimi due anni portandomi ad avere l'esigenza di un progetto a parte (o quasi).

Come è nata la collaborazione con Clive Jones?

Clive era già in contatto con Black Widow, ovviamente per il gruppo originale. Apollo ha suonato nel nuovo disco Black Widow per cui lo conosceva anche lui, è stato quindi abbastanza semplice.

Esistono differenze sostanziali tra la performance live con i ES rispetto ai WM?

Le differenze sostanziali riguardano la sezione ritmica che nei due gruppi è diversa. Molto dritta e quadrata quella dei WM, più fantasiosa e funk quella dei ES coi quali, devo ammettere, mi trovo benissimo; mi sento più libero nel suonare e fra di loro c'è una interazione che non ho mai riscontrato precedentemente. Un' altra grossa differenza è che Monica canta i suoi pezzi, quelli che ha composto lei come linee vocali e/o anche come testi mentre nei WM per ora canta pezzi fatti e costruiti su altri, per cui la sua performance risulta indubbiamente migliore.

Nel booklet di accompagnamento, la sezione “liriche” è molto chiara (anche come dimensione dei caratteri ), fatto non scontato in caso di CD. Che importanza date ai testi nei vostri brani?

Per quanto mi riguarda non tanto, preferisco scrivere buona musica e parlare di stati d'animo che provo usando immagini un pò surreali, ma niente di importante; altri pezzi del disco li ha scritti Monica. In ogni caso la grafica è stata curata in modo spettacolare da Pino di Black Widow al quale va un immenso grazie.

Cosa vuol dire poter collaborare con BWR?

Collaboro con loro dal 2004 e sono molto soddisfatto, non ho avuto altre etichette per cui non so se sto meglio o peggio di altri.http://static.ak.fbcdn.net/images/blank.gif
Io sono contento e credo anche loro. Voglio ringraziarli perché hanno creduto anche nel mio progetto nuovo dopo un inizio diciamo difficile, e credo che darà buoni risultati ad entrambi.





Note dal comunicato ufficiale

ELECTRIC SWAN è un progetto solista del chitarrista  e membro fondatore dei  WICKED MINDS, Lucio Calegari. Il primo album fu registrato nel 2008 e pubblicato dalla BAD CHILI RECORDS, giovane  etichetta indie, e distribuito nel mondo dalla Black Widow Records.
Dopo quel debutto discografico, gli Electric Swan hanno suonato al Burg Herzberg Festival (Germania) e al  Crescendo Festival (Francia) nel 2009 con Joe Bonamassa, Derek Trucks Band, Eric Burdon, Gong e altri.
Nel 2010 la nuova band con Edo Giovanelli (basso), Marco "Dipu" Barbieri (batteria), Paolo "Apollo" Negri (organo e synth) e Monica Sardella (voce), inizia le registrazioni di Swirl Gravity, con Clive Jones (flauto e sax del leggendario Black Widow) come ospite.
Ispirazione: Jimi Hendrix, Led Zeppelin, Tommy Bolin, Black Sabbath, Atomic Rooster, Jeff Beck-Pride & Glory, Soundgarden, Black Widow, Deep Purple, Free, Kiss, UFO, Michael Schenker, Monster Magnet, Lenny Kravitz, Blue Cheer, Frank-Marino, Grand Funk Railroad, Pink Floyd, Whitesnake, Metallica, Black Crowes, Gov't Mule, Craig Ross, Richie Kotzen, Captain Beyond e altro ancora…

TRACK-LIST
Swirl in Gravity                      5,13
Lonely Skies                          5,56
End of Time                           6,23
Wicked Flower                      6,09
Ride on Another Sun             5,05
Garden of Burning Trees       8,15
Move Over                             4,07
Drug My Mind                         6,37


THE BAND
LUCIO CALEGARI: Guitars, Fuzz and Vocals
MONICA SARDELLA: Vocals
PAOLO “APOLLO” NEGRI: Organ & Vintage Keys
EDO GIOVANELLI: Bass
MARCO “DIPU” BARBIERI: Drums
Sax on “Garden Of Burning Trees” by Clive Jones from Black Widow


INFO:


LABEL: Black Widow Records
             http://www.blackwidow.it/ 






martedì 26 giugno 2012

Monjoie- "Affetto e Attrazione"



Qualche mese fa, Loris Furlan della Lizard Records mi parlò dei Monjoie, dando per scontato che li conoscessi, essendo un ensemble musicale dei miei luoghi.
Di loro conoscevo solo Alessandro Mazzitelli, una fetta di tastiere della band, ma da me conosciuto esclusivamente come uno dei più apprezzati fornitori di service della zona. Spesso si cerca altrove ciò che si ha sotto casa, e dei Monjoie non avevo mai sentito parlare.
Nell’intervista a seguire, Alessandro Brocchi delinea un po’ di storia del gruppo e svela qualche dettaglio sulla svolta del gruppo.
Di vero cambiamento si tratta, perché il lungo periodo trascorso tra il disco “Il Bacio di Polifemo” e l’attuale “Affetto e Attrazione “ - otto anni - ha traghettato la loro musica da un piano prevalentemente acustico/etnico ad uno marcatamente elettrico. Le vite cambiano, le esigenze mutano e otto anni sono uno spazio temporale notevole entro il quale è quasi doveroso attendersi delle “rivoluzioni personali”.
Contrariamente a quanto mi accade normalmente, ho visto i Monjoie dal vivo pochi giorni fa, in una sorta di minifestival - mi pare fosse la seconda esibizione live in cui il nuovo album veniva presentato - prima di ascoltare l’album, e ciò mi permette di  creare un’immagine completa del gruppo.
Sottolineo una situazione inusuale relativa a “Mazzi” il quale, essendo anche il fonico dell’intera manifestazione, si è esibito dalla sua postazione di fonico, avendo installato vicino al banco del mixer le tastiere e il microfono.
Quarantacinque minuti di esibizione con l’handicap di suonare nell’ultima di molte ore di musica, quando il pubblico ha iniziato a scemare, ed è scontato che parte dell’energia rilasciata dal palco è dipendente dalla partecipazione.
Tutto questo non ha intaccato la performance e non mi ha impedito di apprezzare le qualità dei Monjoie dal vivo.
Affetto e Attrazione” è l’insieme di 12 tracce - una strumentale - che ruotano attorno al “messaggio”. Non esistono regole che stabiliscono cosa sia più importante, tra lirica e musica, e all’interno di uno stesso progetto è facile trovare cambiamenti di iter costruttivo, ma parlando di piena libertà di espressione, e non di prodotto costruito a tavolino per un disegno di marketing, l’ispirazione di un artista può far sì che la musica segua un’idea o l’esatto contrario.
In questo caso Monjoie ha molto da dire e i testi potrebbero reggersi in piedi da soli, senza ausilio alcuno.
Anche lo spazio all’interno del booklet, interamente occupato dalle parole dei differenti brani, è a mio giudizio un segno preciso, e i caratteri utilizzati sembrano una spinta a non perdersi niente, neanche una parola.
Ho provato ad ascoltarlo così, leggendo e ascoltando, cosa non sempre possibile.
Trattasi di poesia, a tratti ermetica, come si conviene a chi scrive di sé ma lascia spiragli all’interpretazione personale del lettore.
Dolore, amore, riflessioni esistenziali, sentimenti comuni, bilanci personali in cui è facile riconoscersi, perché ogni volta che ci soffermiamo a pensare sgorgano spontanei pensieri, spesso sintesi di esperienze di vita dove il saldo di bilancio appare negativo. I momenti sereni si alterneranno a quelli cupi, e si potrà sempre trovare “… quei bellissimi occhi… quell’azzurro così puro d’abbacinare il male… anche se il dolore non guarda in faccia nessuno, ti strattona per i capelli fino a quando non cadi nel buio e il mondo si fa irraggiungibile, impenetrabile, irriconoscibile, invisibile…”.
Quando si ha la capacità di rovesciare tutto questo in musica, si regala una sorta di immortalità a dei momenti creativi che potenzialmente sono l’espressione di ogni singolo essere pensante, ma  la trasformazione da concetto/idea  a realizzazione pratica è ad appannaggio di pochi, ed è questa la differenza tra artista - non importa la sua visibilità – e il comune fruitore dell’arte altrui.
I Monjoie, con il loro grido di battaglia vanno all’attacco e urlano con eleganza il disagio umano, accompagnato da trame musicali che ripercorrono le vie del rock degli ultimi anni, con utilizzo di strumenti analogici come “… il Mini-Moog, il Rhodes MK II, il Wurlitzer 200a, l'A.M. NI B4 Organ e Solina strings (dal comunicato stampa).  E’ questo un fatto che dovrebbe far riflettere sulla qualità della strumentazione e dei sistemi di registrazione del passato, know how senza segreti per “Mazzi” che di nuova tecnologia se ne intende.
E’ una commistione di stili quella della band, che partendo da lontano arriva sino a toccare Seattle, un riassunto di esperienze sostanziose che nel caso specifico mi piace denominare “rock al servizio della parola”.
Una bella scoperta…


L’INTERVISTA

Nonostante la conoscenza di un vostro membro, Alessandro Mazzitelli (che ho sempre visto in altro ruolo), ho scoperto i Monjoie attraverso Loris Furlan della Lizard. Qual è sinteticamente la vostra storia?

 Il progetto monjoie( grido di battaglia dei cavalieri franchi medioevali che sta per “all’attacco!”) nasce all’inizio degli anni 2000. Abbiamo all’attivo tre dischi: “Contravveleno” (2002) con il quale abbiamo rappresentato la Liguria al festival di Arezzo Wave,  sempre nel 2002, “Il bacio di Polifemo” (2004) e “Affetto e Attrazione” (2012). Il nostro intento per quanto riguarda i primi due dischi è stato quello di fondere insieme varie situazioni musicali, come la musica etnica mediorientale e indiana, la musica medioevale e la canzone d’autore italiana.

Sono passati otto anni dal vostro ultimo album, "Il Bacio di Polifemo"… cosa è accaduto in questo lungo spazio temporale? Come mai una così lunga “vacanza”?

 Dopo “Il Bacio di Polifemo” abbiamo avuto esigenze musicali differenti, chi verso il rock, chi verso la musica tradizionale, ma non ci siamo persi di vista e abbiamo collaborato ancora in alcuni progetti. “Affetto e Attrazione” è nato da uno scambio di auguri di Natale, così, per gioco.

Da quanto ho potuto capire, i vostri album precedenti erano di stampo più acustico, mentre ciò che ho potuto ascoltare, anche dal vivo, ha un’importante base elettrica. Che tipo di evoluzione personale, e di team, avete avuto nel vostro percorso musicale?

Quando abbiamo iniziato a lavorare al nuovo disco ho espresso il desiderio di fare una musica più elettrica ed elettronica, che si distaccasse dai lavori precedenti senza magari perderne la cifra stilistica, e ho trovato subito complicità da parte degli altri componenti del gruppo.

Ho notato una particolare attenzione alle liriche e al sociale. Quanto vi ha influenzato, nella creazione di “Affetto e Attrazione”, l’attuale difficile momento che accomuna un po’ tutti?

Non sono sicuro che i testi siano stati influenzati dall’attuale situazione anche se hanno una collocazione contemporanea. Sono viaggi verso rifugi intimi che a forza di dimorarci, spesso diventano prigioni.

Tra i vari “messaggi” che proponete, ce n’è uno che vi sembra il più importante da evidenziare?

Di fare attenzione, perche il malessere, in tutte le sue forme, alla lunga consuma e quando non consuma porta alla follia se non si trovano rimedi efficaci e immediati, a patto che ci siano.

Esiste un artista o una band che vi ha fornito linee guida da percorrere e su cui siete tutti d’accordo?

No, non c’è un’unica sorgente che ci accomuna. L’attuale formazione dei monjoie  (rispetto ai primi due dischi è cambiata la seziona ritmica) è composta da sei elementi con età diverse, con percorsi e percezioni musicale differenti. Furlan dice che ricordiamo gli Eloy, band tedesca di rock progressivo dei primi anni settanta, ad altri ricordiamo Paolo Benvegnù, anche se per noi sono realtà quasi sconosciute.

Che cosa rappresenta per voi una performance live?

Il live rimane il significato stesso del suonare, un vortice di stati d’animo contrastanti che puoi trovare quasi solo lì, sul palco, è una dimensione unica e anche un po’ strana.

Non avevo mai visto un componente di un gruppo che, essendo anche tecnico del suono, si esibisce da una posizione lontana dal palco, con le tastiere e il microfono installati affianco del bancone di regia. Non è questa una difficoltà supplementare?

Sì ma è  una situazione temporanea, abbiamo appena iniziato a portare in giro il nuovo disco e non abbiamo ancora trovato un tecnico del suono che permetta a Mazzitelli durante il concerto di dedicarsi solo al suonare.

C’è qualcosa da salvare dello stato attuale della musica (non mi riferisco ai talenti ma al businnes che la governa e alla sua distribuzione).

Non lo so, noi facciamo musica rivolta a un pubblico indie che è già difficilissimo da raggiungere. Parlare a noi di business è come parlare di ippopotami goliardici a degli eschimesi.

Esprimete un desiderio musicale da realizzare entro tre anni.

Avere maggiore visibilità e  concerti significativi.


Formazione:

Alessandro Brocchi: chitarre, voci
Valter Rosa: chitarre
Davide Baglietto: tastiere
Alessandro Mazzitelli: tastiere
Ivan Ghizzoni: basso
Davide Bonfanti: batteria

Info:

Distribuito da Lizard Records ( www.lizardrecords.it)



lunedì 25 giugno 2012

NichelOdeon-"No"

 
 
 
E’ nato non richiede i vostri soldi, solo la vostra attenzione…
Esordisce con questa affermazione Claudio Milano, leader dei NichelOdeon che propongono l’album dal vivo “NO”, realizzato al Bloom di Mezzago nel dicembre scorso.
Una mezz’ora di musica elettrica, una sorta di momento di liberazione e di deviazione, rispetto al passato.
I progetti di Milano sono sempre un passo avanti, alla ricerca della purezza di espressione, tra sperimentazione e rispetto della tradizione. Mai banale, sicuramente non facile da metabolizzare, ma con punte di genialità che lo collocano tra i musicisti di maggior livello.
Un album che fornisce nuovi spunti per chi conosce il lavoro pregresso dei NichelOdeon e che Milano definisce così:
Sintesi e urgenza espressiva. Un suono diretto, elettrico e aggressivo, per un dischetto di soli 30 minuti che condensa le migliori melodie della band in una performance live energica e passionale. Non più archi, fiati e strumenti etnici a guidare l'immaginazione, ma batteria, basso elettrico, chitarre, laptop a muovere i piedi. Un nuovo corso che non mancherà di sorprendere.
Dopo il composto recital psichedelico di "Cinemanemico" e l'espansione formale sui generis di "Il gioco del silenzio" e "Come sta Annie? DVD", questo è "praggressive rock"! 
Gratuitamente in free download (FLAC) dal 10 Giugno su 
www.claudiomilano.it e poi su www.clinicalarchives.spyw.com. 

L'artwork è questa volta a cura dell'artista Marco Bettagno. 
Per chi non ha paura di donarsi senza svendersi.

Audio links: 
http://soundcloud.com/nichelodeon/nichelodeon-apnea-powerful
http://soundcloud.com/nichelodeon/nichelodeon-fiaba-live-at


sabato 23 giugno 2012

1° Val Curone Music Festival







ValCuroneMusica in collaborazione con il Comune di Fabbrica Curone e con il patrocinio della Provincia di Alessandria presenta

I° VAL CURONE MUSIC FESTIVAL
IL PROGRAMMA COMPLETO

Due giorni di musica di qualità ma anche di cultura gastronomica, presentazioni di libri, dischi e altre attività, immersi nella natura della Val Curone.
Dal 30 giugno al 1 luglio 2012 si inaugura un nuovo appuntamento musicale, il Val Curone Music Festival. Ospitato nel campo sportivo comunale di Fabbrica Curone (AL), piccolo paese al centro della vallata, facilmente raggiungibile dalle province di Torino, Milano e Genova, questo Festival ha come obiettivo quello di far conoscere la bellezza dell'ambiente appenninico ad un pubblico nuovo e variegato (proveniente anche dall'estero) oltre a quello di radunare la popolazione circostante proponendo due giorni di intrattenimento musicale di qualità e adatto a tutti. INGRESSO € 10***

SABATO 30 GIUGNO

ore 16-18 PRESENTAZIONI LIBRI, DISCHI, INTERVISTE & INTRATTENIMENTO
ore 18-24 CONCERTI: Fabrizio Fanari, grande virtuoso della chitarra -
Barbara Rubin, voce rock rivelazione
Tempio delle clessidre, direttamente dal NearFest in Pennsylvania
Panic Room pluripremiata band dal Galles per la prima volta in Italia

DOMENICA 1 LUGLIO

ore 12-18 PRESENTAZIONI LIBRI, DISCHI, INTERVISTE & INTRATTENIMENTO
ore 18-24 CONCERTI: Former Life, il new prog - 
Fabrizio Poggi & Chicken Mambo, la leggendaria blues band
Anne Marie Helder miglior voce femminile 2011 e 2012 Classic Rock Present Prog
Aldo Tagliapietra (voce Le Orme dal 1965 al 2009) in concerto con la sua band

A cornice di questo evento il villaggio commerciale con i prodotti tipici della ValCurone consigliato da Gal Giarolo Leader.
Sarà presente l'autovettura Supercar KITT offerta da R.& B. Motors 

***L’Associazione ValCuroneMusica esprime profonda solidarietà ai cittadini Emiliani colpiti dal terremoto e, nel confermare la vicinanza al territorio, annuncia che l’intero incasso netto dei biglietti d’ingresso andrà alle vittime del terremoto per dare un sostegno reale di aiuto alla popolazione.  Parte dell'incasso sarà devoluto anche all'ospedale infantile l'Ospedaletto di Alessandria.


Contatti:
Mauro Callegari
Presidente dell'Associazione ValCuroneMusica
+39 349 6630606

Contatti per la stampa:
Gloria Tagliapietra
Clamore
+39 347 0118409


giovedì 21 giugno 2012

EPO plays KING CRIMSON



EPO
plays
KING CRIMSON

IN THE COURT OF THE CRIMSON KING
and other tales

Con l'album "In The Court Of Crimson King" iniziò ufficialmente la musica progressive.
Electric Progressive Orchestra presenta un progetto ambizioso che viene sviscerato nelle righe a seguire, attraverso l’intervista e la presentazione ufficiale.


L’INTERVISTA

Il progetto EPO, nato negli anni ’70,  si è fermato per lungo tempo per riprendere solo un anno fa. Che cosa vi è accaduto, musicalmente parlando, in una “vacanza” di trent’anni?

La metà degli anni settanta vede il declino del Progressive e l'avanzare di un genere agli antipodi e cioè il Punk: nel mondo giovanile quella musica meravigliosamente complicata venne sostituita con un rozzo succedersi di  bicordi su cui venivano urlati monosillabi.
Il mondo stava cambiando... in peggio.
Di lì a poco tutti i grandi gruppi prog cominciarono ad andare in letargo e chi non lo fece si trasformò con compromessi spesso imbarazzanti.
In questo contesto gli EPO si sciolgono.
Venendo a mancare il progressive mi sono dedicato all'altra mia grande passione musicale e cioè il jazz: ho frequentato i corsi di Siena Jazz e di Ravenna Jazz, ho frequentato corsi con tanti grandi musicisti come John Scofield, John Abercrombie, Pat Martino, Robben Ford, Mike Stern.
Ho fondato diverse formazioni tra cui i “Coalition” con cui ho suonato avendo come ospiti tanti nomi del jazz come Ares Tavolazzi, Mauro Grossi, Ian Carr, Pietro Tonolo , Karl Potter.
Ho organizzato seminari con Tommaso Lama, Franco D’Andrea e Franco Mussida con cui ho avuto il piacere di fare un concerto.
Ho iniziato l' attività di insegnante di chitarra, che tuttora svolgo, in varie scuole  della Toscana.
Ho cominciato ad organizzare festival che hanno come scelta di genere il jazz ed il progressive, come “Beat”, “Summerbeat” e ”Bolgheri Jazz”.
Massimo Cappagli con lo scioglimento del gruppo si è dedicato a tempo pieno alla sua attività di grafico, riprendendo quella di musicista con la ricostituzione del gruppo.
Vorrei ricordare che il gruppo è completato dal batterista Ettore Fancelli, già collaboratore degli EPO in passato e da tre nuovi componenti e cioè Lorenzo Del Ghianda alle tastiere, Alessio Mattolini alla voce e Alessandro Riccucci al sax e flauto.

Pur mantenendo lo stesso acronimo avete modificato il nome del gruppo: ci sono motivazioni legate alla vostra personale evoluzione musicale?
Al tempo i nomi dei gruppi erano spesso delle sigle (Banco del Mutuo Soccorso, Premiata Forneria Marconi ecc.) era quindi normale un nome del genere.
Il nome di Electric Progressive Orchestra ci sembrava più esaustivo e adatto ad un progetto che prevede musica di altri.
Nel caso di un progetto di musica originale non è detto che non venga usato il nome originale.

Tra i tanti possibili amori targati anni ’70, che cosa hanno in più i King Crimson?

1. Robert Fripp.
2. Grande coerenza ed onestà musicale.
3. Assenza di compromessi.
4. Sono stati un modello per tutti.

Mi hai raccontato di aver conosciuto personalmente Robert Fripp e di aver passato con lui lungo tempo in occasione di stage musicali. Le leggende sul personaggio e sul suo carattere si sprecano. Mi racconti le tue impressioni, sia rivolte all’aspetto tecnico che a quello umano?

Riguardo all'aspetto tecnico tutti sanno che Fripp è dotato di una grande tecnica, ma vi assicuro che c'è molto di più di quanto si possa immaginare.
È la persona con il più alto grado di disciplina e di cura del particolare che abbia mai incontrato, una ricerca della perfezione mai fine a se stessa.
Gli aneddoti su quei giorni si sprecherebbero.
Il corso prevedeva una vita in comune con la possibilità o opportunità di svolgere attività umili  apparentemente non inerenti alla musica, come lavare i piatti.
Alle cinque del mattino Fripp entrava nelle camerate e ci svegliava con degli arpeggi sulla sua ovation acustica.
Poco tempo per vestirci e lavarci dopodiché ci portava a fare un’ ora di meditazione.
Al corso usavamo la nuova accordatura ideata da Fripp e chiamata “New Standard Tuning” (dalle corde basse CGDAEG).
Alla domanda del come gli fosse venuta in mente questa accordatura Fripp rispose che gli era apparsa da sinistra verso destra mentre faceva la doccia.
Dopo il pranzo, rigorosamente vegetariano come gli altri pasti sempre preparati dagli allievi anziani, c'era la possibilità di un colloquio privato con Robert durante il quale si poteva affrontare ogni argomento, musicale e non.
Non ho perso un appuntamento.
Fripp è dotato di un umorismo molto inglese: una volta entrando nella sua stanza dissi " Posso entrare?" e lui mi rispose " L'hai già fatto".

Ho sempre nelle memoria un concerto dei King Crimson a cui partecipai da adolescente, ad inizio anni ’70. Ricordo una partenza lenta, ed un’esplosione dopo il terzo brano, Easy Money. Come sono gli EPO dal vivo?

Cerchiamo di lasciare parlare la musica, poche le parole di presentazione, cerchiamo di catturare l'attenzione del pubblico con una scaletta varia e con repentini cambi di atmosfera.
Quando suoniamo musica di altri cerchiamo di riproporla identica trascrivendo anche gli assoli improvvisati.
Quando invece facciamo musica nostra diamo grande spazio all'improvvisazione ed ogni brano non è mai lo stesso due volte.

Il vostro progetto è ambizioso, perché l’obiettivo è quello di riproporre integralmente e fedelmente “In The Court Of Crimson King”, ovvero il primo atto della musica prog. Che tipo di soddisfazione provate? Non pensate sia una bella responsabilità?

È come toccare qualcosa di sacro, ci rendiamo conto di esserci presi un bell'impegno ed una grande responsabilità,  ma la prima volta che lo abbiamo suonato integralmente eravamo tutti  visibilmente commossi.
Inoltre far conoscere alle nuove generazioni questo tipo di musica ci dà una motivazione in più.

Quali sono le maggiori difficoltà tecniche che si riscontrano quando si ripropone la musica dei K.G?

Prima di tutto le dinamiche poiché da questo punto di vista suonare male i King Crimson è molto a facile.
A parte la difficoltà tecnica inerente a frasi veloci, cambi tempo, improvvisazioni non propriamente consonanti di brani (come 21st Century Schizoid Man), anche brani apparente semplici se non affrontati con l'intenzione giusta non rendono e perdono la loro forza.
C'è molto da scavare nei brani dei King Crimson: anche laddove sembra non ci sia nulla di particolare scopriamo ad attento esame che invece vi è un sofisticato arrangiamento che fa la differenza.
Il dettaglio in questa musica è fondamentale.
C'è una densità musicale sorprendente.

Nel vostro set live c’è spazio anche per altri semi degli anni ’70, come quelli di  YES e PFM. Esiste nel panorama attuale qualcosa che si avvicina a quella musica?

No, ma a differenza di qualche tempo fa mi sembra che si inizino ad intravedere dei segnali di speranza in questo senso.

E’ prevista una registrazione in studio del vostro lavoro?

Nel prossimo inverno registreremo un cd di musiche originali.

Prova ad aprire il libro dei desideri e dimmi cosa vorreste vi accadesse, musicalmente parlando, entro il 2015.

Niente di eclatante spero che il progetto sia apprezzato e ci porti a suonare più a lungo e più spesso possibile anche all’estero, magari anche con una nostra proposta originale.
Tra i mie progetti nel cassetto c’è anche un repertorio di brani prog arrangiati in chiave jazzistica.


L'opera
Nel 1969 il gruppo inglese King Crimson guidato dal chitarrista Robert Fripp presenta al mondo In The Court Of The Crimson King un’opera destinata a lasciare un segno indelebile nella storia della musica.
Questo primo album del gruppo è considerato il manifesto di quell'affascinante genere musicale denominato Progressive dove tutti i linguaggi musicali quali il rock, il jazz, la  musica classica, quella popolare e la sperimentazione si fondono in una musica totale.
In The Court Of The Crimson King è un opera d'arte senza tempo  ed una pietra di paragone per ogni progetto di musica contemporanea di qualità.
È un disco perfetto con intuizioni musicali ancora oggi all'avanguardia e con testi che sono pura poesia o come nel caso di 21st Century Schizoid Man una buia profezia sui nostri giorni, profezia che purtroppo si è avverata visto che non ci sono dubbi sul fatto che stiamo vivendo in un mondo dominato da pazzia e stupidità.

EPO
Il gruppo EPO (Esatta Pressione Olio) nasce nel 1974 e si caratterizza subito per la scelta di un repertorio composto esclusivamente da brani originali con i quali viene sperimentata una musica totale di chiara estrazione crimsoniana.
Verso la fine degli anni settanta il gruppo si scioglie dopo anni di intensa attività concertistica molto apprezzata da pubblico e critici musicali.
Alla fine del 2011 il gruppo si riforma ad opera dei due membri fondatori: il chitarrista Corrado Rossetti che nel frattempo oltre a specializzarsi nel genere progressive e frequentare i corsi di Robert Fripp che ritiene da sempre il suo maestro, ha maturato una lunga serie di attività sia come docente di chitarra e musica di insieme, sia come musicista jazz con diverse formazioni a suo nome ed il bassista Massimo Cappagli.
Completano la nuova formazione il batterista Ettore Fancelli, già collaboratore in passato del gruppo, il tastierista Lorenzo Del Ghianda, il cantante Alessio Mattolini ed il flautista/sassofonista Alessandro Riccucci.
Il significato dell’acronimo EPO è stato trasformato in Electric Progressive Orchestra.

Il progetto
Affrontare la messa in opera di In The Court Of The Crimson King richiede un grande impegno ed una buona dose di coraggio, questo sia per la difficoltà tecnica dal punto di vista strumentale sia per la sensazione di toccare qualcosa di sacro.
Questo progetto propone integralmente il primo disco in studio dei King Crimson con una lettura assolutamente fedele all'originale sia nella scrittura musicale che nelle sonorità.
Un progetto affrontato con grande rispetto e devozione che ha come obiettivo la diffusione della musica dei King Crimson e del Progressive in generale.
Il concerto, oltre alla suddetta opera, prevede degli estratti da altri album dei King Crimson, da Fragile degli Yes e da Per un amico della PFM e brani originali.




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