PROG NIGHT IN
MEMORIA DI JOE VESCOVI… il titolo della serata non ha
bisogno di molte spiegazioni, per chi ama la musica progressive.
Sono passati due anni dalla scomparsa di Joe, ma dalle nostre parti, nel savonese, facciamo a gara nel
ricordarlo, perché averlo conosciuto da vicino ci autorizza a dire che, sì, lui
era un nostro concittadino, e abbiamo apprezzato la sua musica e la sua
persona, in egual misura.
Le manifestazioni nel suo ricordo - e in quello di Wegg Andersen - sono state ad oggi numerose
e hanno visto l’entroterra ligure protagonista, soprattutto quel Cisano Sul
Neva in cui sono nati - e hanno prolificato - i TRIP,
ad inizio anni ’70.
In questa occasione, 28
novembre, chi tira le fila è Stefano
Mantello - e spero di non dimenticare nessuno dei protagonisti dell’organizzazione
- che con l’aiuto di Cesare Arena - musicista
e oltre - propone una serata musicale al mitico POLO 90 - Sala Prove Music Arena - di Albenga.
I musicisti scelti per la celebrazione non sono casuali,
avendo tutti avuto contatti e spunti amicali con Joe.
E la cornice di pubblico è stata gratificante, considerando
che era un lunedì, non certo un giorno considerato “da concerto”.
Tocca ad Alberto
Sgarlato - musicista e giornalista - il compito di introdurre l’evento e di
ricordare l’importanza umana e artistica di Vescovi, e nella presentazione non
può sfuggire la presenza di Bruno
Vescovi, fratello di Joe.
Ad aprire le danze tocca a Il Cerchio D’Oro, la prog band savonese che ha avuto l’opportunità
di condividere momenti importanti con Joe e Wegg.
Propongono un paio di brani tratti dal primo album - Il viaggio di Colombo” e dal secondo - “Dedalo e Icaro”. Ma è anche l’occasione
per ascoltare in anteprima un pezzo del nuovo album, quello che vedrà la luce
nel 2017. Come sempre sul pezzo, pronti a proporre il loro prog melodico,
caratterizzato da importanti trame vocali: l’anticipazione di cui hanno
usufruito i presenti ha provocato un certo appetito musicale che necessita di
rapido appagamento. La testimonianza video a seguire è “Il silenzio rumoroso del mare”, per nuove trame occorre aspettare
ancora un po’!
La sorpresa è rappresentata dalla presenza di Carlo Venturino, per molti anni compagno
di viaggio dei fratelli Terribile (Il Cerchio), che in tempi antichi subì la “cura
Vescovi” in occasione di una sua creazione… che magicamente qualcuno immette
nell’aria…
Carlo si sistema alle tastiere e assieme a Il Cerchio ci
regala “Imagine”.
Ma non poteva mancare l’unico elemento dei TRIP della prima
ora: Pino Sinnone.
Sempre presente negli eventi musicali - anche quelli che non
lo riguardano personalmente - si tuffa dietro le pelli e attinge al vecchio
repertorio facendosi accompagnare dal Cerchio, sempre loro, dimostrando
incredibile energia musicale che sino a poco tempo fa aveva tenuto nascosta.
Della sua/loro performance propongo “Little Janie”.
E arriva il momento di un duo acustico, i The Persuaders, formati da Simone Perata al basso e Annie La Rouge, molto vicina a Joe in
tempi passati.
Un bellissima sorpresa ascoltare la loro parte inedita, così
come la rivisitazione dei Talking Heads ma è soprattutto apprezzabile - visto il
contesto -, lo sforzo di riarrangiare un brano dei Trip in versione soft, quel
“Little Janie” già ascoltato pochi
minuti prima, ma che ha permesso di assaporare la musica di Joe da una diversa
angolazione: da seguire con attenzione!
E chiudono i padroni di casa, i TRE GOTTI, con cui personalmente mi scuso per la mia partenza
anticipata - ma l’ora era ormai tarda.
Conosco bene Cesare Arena e il resto della band per averli
ascoltati più volte, e la loro rivisitazione della musica italiana è davvero
godibile e molto trasversale.
“Impressioni di
settembre” è il loro tributo al prog italiano.
Una serata di amici - da non dimenticare la presenza di Fabrizio Cruciani, un tempo cantante
dei Knife Edge in cui militava Joe -, una serata di musica e celebrazioni… una
serata tutto tranne che triste… e il prossimo appuntamento è per i primi mesi
del 2017.
Come molti gruppicalifornianidell'epoca (Doors,Music Machine)
il gruppo dava grande spazio all'organo, ma la durezza del sound,
l'ossessivo ripetersi degli accordi, il cantato aggressivo di Saxon conferivano
al gruppo uno stile quasipunk.
Il gruppo si sciolse all'inizio
deglianni 1970e Saxon abbracciò il misticismo
aderendo ad una enigmaticasetta
religiosanelleHawaii.
Negli anni il gruppo ha avuto
diverse rifondazioni e nel2005, con una nuova
formazione, Saxon ha ripreso a fare tournée.
Sky Saxon è scomparso il 25 giugno
2009, a causa di una presunta infezione agli organi interni, a 63 anni, ad
Austin in Texas.
Pushin' Too Hard',
in origine uscita come(You're)
Pushin' Too Hard , è
stata scritta daSky Saxone coprodotta da Saxon e Marcus Tybal,
pubblicata come singolo nel novembre 1965 per l'etichettaGNP Crescendo, riedita
l'anno seguente quando raggiunse il 36º posto dellaBillboard Hot
100nel febbraio 1967,
rimanendo in classifica per 11 settimane.
Gli Osanna ci regalano un nuovo lavoro, un
estratto live di circa 80 minuti registrato a Il Club Il Giardino, luogo divenuto cult per quanto riguarda la
musica progressiva.
Trattasi quindi della
riproposizione di brani tipici del loro repertorio, con qualche
sorpresa/dedica/tributo e un brano inedito, la title track - “Pape Satàn Aleppe” - che nella sua accezione più immediata riporta alla Divina Commedia, ma
è Lino Vairetti, nell’intervista a
seguire, che ci illumina sulle motivazioni profonde, affrontando di conseguenza
tutti gli aspetti legati al nuovo disco.
Non c’è nulla di improvvisato
nella ricerca del materiale, il disco andava fatto proprio in quell’occasione
specifica, usufruendo di ospiti ben precisi, avendo ben chiaro il risultato da
raggiungere. Per chi ha avuto la fortuna di vedere gli Osanna dal vivo la mia
affermazione risulterà chiara, perché potenzialmente ogni esibizione della band
è qualcosa che andrebbe documentato e condiviso, tale è il livello di
spettacolo e coinvolgimento che riescono a raggiungere.
In questo caso specifico le
operazioni di melange sono molteplici: l’interconnessione tra il rock e la
tradizione, il link che unisce gli aspetti teatrali alla nostra esistenza, il
passaggio tra la spensieratezza e la durezza delle problematiche sociali e… un
forte richiamo alle radici della musica - soprattutto quella vissuta dal più
“antico” Vairetti - verso una linea proiettata nel futuro.
Un esempio? La proposizione del
Prog Garden Medley, con tutto
l’affetto possibile rivolto al Banco, PFM e Area; l’omaggio al concittadino e
amico Pino Daniele, a Equipe 84/Daolio/Guccini o ad Alan Sorrenti, cercando però di
guardare oltre, senza cadere nell’effetto nostalgia.
Questo è il disegno, lo spartito, che
sulla carta può essere il migliore possibile, e poi si osservano i risultati,
che passano sempre attraverso gli attori principali.
Ma è difficile avere dubbi su quanto
possa uscire da una squadra del genere, una delle più coese, ben assortite e
direi anche di esperienza che si possano trovare oggigiorno. Tutto ruota
attorno al fondatore Vairetti, che ha avuto la capacità di circondarsi di nuova
linfa, fatta di talento e competenze. Nell’occasione, oltre ai normali compagni
di viaggio - Gennaro Barba alla
batteria, Nello D’Anna al basso, Sasà Priore alla tastiere, Pako Capobianco alla chitarra e Irvin Vairetti ai sintetizzatori e voce - Lino Vairetti chiama a se alcuni
ospiti: Donella Del Monaco alla
voce, Mauro Martello al flauto e Jenny Sorrenti alla voce.
La sintesi dell’album è una spremuta
di rock e ricordi realizzata attraverso il repertorio conosciuto - da “L’uomo” a “Oro caldo”, passando per “Palepolitana”
- con l’aggiunta di brani altrui, come “Il
Mare”, “Auschwitz”, “Non mi rompete”, “Il Banchetto”, “ Luglio
Agosto Settembre nero” e “Vorrei
Incontrarti”.
Vorrei soffermarmi un attimo su
quest’ultimo cameo che propone un duetto vocale tra Lino Vairetti e Jenny Sorrenti
che non può lasciare indifferenti. Il brano di Alan Sorrenti risale al ’72 e
faceva parte dell’album “Aria”, nato in
un periodo in cui le sirene della musica “leggera” erano per lui ancora lontane.
Riascoltarlo oggi, in questa forma, lo rende atto simbolico e rappresentativo
di un certo spirito musicale prettamente italiano, dove l’impegno sociale si
sposa alla melodia e al rock, diventando al contempo poesia e rivoluzione.
Ma tutto il disco diventa elemento con
cui occorrerà relazionarsi quando si cercheranno i valori di un album live, ed
è bene ricordare le difficoltà nel mantenere alta la qualità quando il lavoro
non nasce in studio. Anche su questo aspetto specifico Vairetti ci illumina
nelle prossime righe, dando le giuste lodi a chi… le merita!
Qualità nella registrazione, qualità
nei contenuti, qualità nei protagonisti e qualità nell’artwork: Pape Satàn Aleppe può essere vissuto così, facendo riferimento alla bontà generale che lo
circonda, magari ragionando sugli aspetti cultural-musicali o su un’azione quasi
didattica esercitata sul pubblico; ma esiste poi una fruizione più immediata,
di pancia, dove non è richiesto nulla se non il lasciarsi andare ad un ascolto
dinamico, reagendo in modo proprio e magari mandando un ideale messaggio di
ringraziamento agli Osanna, capaci di fornire Musica con la M gigante, fatta di
contenuti, sonorità conosciute, melodie delle nostre terre e ritmo da vendere. Da adolescente ascoltavo “L’Uomo”, e ho consumato la puntina su quelle
tracce; dopo 45 anni questi artisti, napoletani veraci, continuano a stupire
per ciò che sanno dare, in tutte le occasioni possibili.
E tra pochi giorni inizia una nuova
avventura, il tour con la Nuova Compagnia di Canto Popolare, un altro giro di giostra da non mancare!
Voto altissimo per Pape Satàn Aleppe.
L’INTERVISTA
La prima cosa che colpisce del nuovo
album, prima ancora dello start all’ascolto, è il titolo -“Pape Satàn Aleppe”
-, che è poi l’inedito del contenitore: mi racconti qualcosa di questa scelta e
del significato del brano?
Ci sono più motivi che riconducono a
questa scelta, ma il principale, quello che ha fatto scattare il “la” per
usarlo, è stato il titolo del libro postumo di Umberto Eco, dopo la sua
scomparsa avvenuta nel febbraio di quest’anno, che è appunto Pape Satàn
Aleppe. Io sono stato sempre un suo grande estimatore e un fan del
semiologo più che dello scrittore; ho letto i suoi saggi più che i romanzi,
iniziando da Segno, uscito negli anni ’70 durante il periodo storico
degli Osanna. Altro motivo scatenante è stata la mia militanza da
giovane nei boy scout, poiché in quegli anni, studiando e leggendo sui banchi
di scuola la Divina Commedia, fui tanto colpito da questa frase che inizia il
7° canto dell’Inferno, tanto da usarla come grido e presentazione della mia
pattuglia. Questo mi ha ispirato a scrivere un testo tutto in napoletano che è
una vera e propria metafora o parafrasi di questo canto dantesco.Un parallelo tra il girone dell’Inferno, con i
suoi peccatori e dannati, e gli esseri umani spregevoli che popolano le nostre
città, dai politici ai cittadini comuni che si distinguono per il loro egoismo,
l’avidità, l’avarizia e tutti quei lati oscuri che creano solo degrado,
disordine e malessere alla nostra società. Poi non mancano alcune citazioni
come quella di Benedetto Croce: “Napoli un Paradiso abitato da diavoli”,
e rimandi a filastrocche popolari napoletane molto famose che completano
l’opera.
L’album è live, registrato al Club Il Giardino; sono tanti i
concerti che vedono gli Osanna come protagonisti: che cosa aveva in più questa
performance rispetto alle altre?
Il live al Club Il Giardino era stato già annunciato e concordato
in accordo con la famiglia Zorzan che gestisce il locale, che per molti di noi
è un punto di riferimento della musica rock, prog e oltre. Siamo arrivati
attrezzati con un computer e softwar digitale multitraccie e tutte le
tecnologie in uso per far registrare un live, trattandolo come fosse un vero e proprio lavoro
discografico. Il Club ha messo a disposizione i suoi spazi per le prove
fornendoci anche la back line e il supporto tecnico e logistico di loro
competenza. Abbiamo registrato sia le prove a porte chiuse che il live in
presenza di pubblico. Ci sono stati anche dei piccoli inconvenienti tecnici
dovuti alla mancanza temporanea della corrente, ma con un grande lavoro di
editing e post produzione da parte del nostro sound engineer Alfonso La
Verghetta, abbiamo tirato fuori un prodotto di ottima qualità sia artistica che
tecnica, operando tuttavia una scelta di brani, per contenere il tutto in 80
minuti di musica. Abbiamo sacrificato brani storici che sono stati più volte
inseriti in altri live, per dare più spazio ai recenti brani inseriti in
Palepolitana ead
alcune cover che abbiamo eseguito inonore
e nel ricordo di alcuni amici e protagonisti del prog e del rock italiano, e
naturalmente per dare forza al nuovo inedito Pape Satàn Aleppe.
Come è nata la scelta degli ospiti?
La scelta degli ospiti, concordata anche con Giamprimo Zorzan
(titolare del Club il Giardino), è nata da un suggerimento dello stesso
Giamprimo e da Renato Marengo, che da sempre è legato professionalmente ai
veneti Opus Avantra di Donella del Monaco. Pertanto è stato piacevole dialogare
con lei, famosa per la sua vocalità di stampo lirico, e con il suo bravissimo
flautista Mauro Martello, concordando insieme i brani da eseguire. In più
avevamo già in programma i brani dei Saint Just da eseguire con la nostra
ospite Jenny Sorrenti e tutto è “filato liscio”. Dal live abbiamo estrapolato
solo alcuni dei brani suonati insieme ed abbiamo scelto “Vorrei Incontarti” eseguita con Jenny Sorrenti (scritta nel ’72 da
suo fratello Alan), e “Canzone Amara”
cantata da Donella Del Monaco con al flauto Mauro Martello, che da solo ha poi
eseguito con noi anche “L’Uomo”, “Fenesta Vascia” e “Michelemmà”. Nel brano “Pape
Satàn Aleppe” (unico inedito suonato ed elaborato in studio), abbiamo avuto
come ospiti la bravissima ed esperta cantante di tradizioni popolari napoletane
Fiorenza Calogero e la eclettica e giovanissima violinista Stella Manfredi.
Oltre al repertorio tipico degli Osanna il disco contiene alcune
cover, con “dedica” musicale a Pino Daniele e a Guccini/Equipe 84, ma c’è un
brano che vede anche un intervento di “famiglia”, quel “Vorrei incontrarti” da te già citato a cui partecipa Jenny
Sorrenti, e che nella “vostra” versione mette i brividi: come ha reagito il
pubblico ad una canzone così intimistica vissuta a due voci?
Come ho già detto, il nostro album è dedicato a molti compagni di
viaggio, alcuni dei quali purtroppo scomparsi lasciando un grande vuoto nel
rock, nel prog e nella musica in generale. Tra questi appunto il nostro
baluardo napoletano Pino Daniele (a lui è dedicato il brano “Il Mare” eseguito e condiviso sul palco
insieme a lui qualche anno fa); Francesco Di Giacomo del Banco e Demetrio
Stratos degli Area (dedicando il medley Prog Garden in cui oltre a “Non mi Rompete” e “Luglio Agosto Settembre Nero” è inserito anche un omaggio alla PFM
con una citazione da “Il Banchetto”);
Il brano “Auschwitz” (che io ho amato
tanto e che cantavo alla fine degli anni ’60 con I Volti di Pietra), è suonato
alla maniera Equipe 84, ma dedicato al grande Augusto Daolio. “Vorrei Incontrarti” è un momento che io
e Jenny viviamo con grande intensità per l’amicizia storica che ci lega sin da
giovani; è un nostro omaggio che facciamo ad Alan con il piacere di veder un
suo ritorno nella nostra musica. Effettivamente quella interpretazione mette i
brividi per chi ascolta, perché sono gli stessi brividi che abbiamo provato e
comunicato nell’eseguirla… e poi Jenny ha una voce straordinaria. Il pubblico
del Giardino è un pubblico selezionato, attento e fantastico e ha recepito
tutte queste emozioni restituendoci, come sempre, applausi ricchi di gioia e di
entusiasmo.
Hai anticipato la presenza del “Prog Garden Medley”, una triade che comprende BMS/PFM/AREA: che
peso ha quella musica nel tuo cuore e nella memoria di chi ha vissuto quel
periodo?
BMS PFM e Area sono gruppi famosi e seguiti da sempre sia in
Italia che nel mondo da tutti gli appassionati di prog. Sono dei baluardi
(insieme alle Orme, New Trolls e noi stessi Osanna) di quel famoso momento
storico che è stato appunto definito “Progressive Rock”. Io stesso come
semplice spettatore, spesso divento un loro fan canticchiando i loro brani come
un semplice ascoltatore. Tutto è partito da una dedica a Francesco Di Giacomo
dopo la sua scomparsa e poi man mano, con il piacere e il consenso di tutta la
band, abbiamo realizzato questo medley per un doveroso e sentito omaggio ai
nostri compagni di viaggio. Il brano degli Area “Luglio, Agosto, Settembre nero”, lo avevo già eseguito e cantato
nel CD “FaceBook” del 2010,
dell’artista compositore e sassofonista napoletano Daniele Sepe.
Il vostro album ha tanti pregi di cui parlerò in fase di commento,
ma occorre soffermarsi anche su aspetti tecnico-estetici assai rilevanti, il
primo riguarda l’artwork: me ne parli?
Sono anni che mi cimento direttamente nel realizzare le copertine
dei nostri album essendo io anche un artista figurativo oltre che un cantante e
musicista. Di volta in volta trovo gli spunti grafici e poetici per
rappresentare visivamente i contenuti musicali inseriti nei vari lavori
discografici. Questa volta mi sono lasciato catturare dalla magia delle Grotte
di Castelcivita che mi hanno ispirato a scrivere il testo di Pape Satàn Aleppe
trovando un nesso tra l’Inferno di Dante e la nostra musica. Ho inserito una
mia scultura (che rappresenta Pluto che appunto nel 7° canto dell’inferno grada
quel famoso “Pape Satàn Aleppe” - frase molto controversa tra filologi e
letterati nella sua interpretazione), in questo scenario fantastico tra
stalattiti e stalagmiti secolari, ed è stato per me molto facile ed al contempo
entusiasmante, fotografare e mettere graficamente insieme questi elementi
compositivi catturati ed elaborati in modo creativo e rappresentativo.
Altra cosa sui cui vorrei un tuo commento è il prodotto finale,
ovvero la qualità, che spesso non è abbinata ai prodotti live; in questo caso
c’è da essere davvero soddisfatti: chi sono gli artefici… manipolatori della
tecnologia?
L’artefice principale è il nostro fonico live e sound engineer
Alfonso La Verghetta, che oltre ad essere un valente musicista prestato alla
fonia dei live è davvero un fenomeno nell’utilizzo delle macchine da
registrazione, sia analogiche che digitali, e preparato nella sperimentazione e
nell’utilizzo di qualsiasi mezzo tecnologico. La mia idea era quella di
registrare una performance con il sapore e l’umore di un live, ma con la
qualità di un vero e proprio album. Abbiamo portato ogni mezzo possibile per
questo intento e con l’aiuto del Club Il Giardino, abbiamo registrato sia le
prove che il concerto estrapolando il meglio dell’esecuzione. Abbiamo tuttavia
dovuto fare degli editing e dei piccolo ritocchi di esecuzione, cancellare
rumori vari dovuti alle “follie” estemporanee delle apparecchiature
elettroniche, ma alla fine con un grande lavoro di post produzione (fatto negli
studi Italy Sound Lab di San Paolo Belsito in Napoli), siamo riusciti ad
estrapolare quello che volevamo, sacrificando gran parte del repertorio storico
in virtù degli 80 minuti di musica quale limite massimo di un CD e di un doppio
LP che sarà pubblicato prossimamente.
Come funziona la squadra “Osanna”, miscela di gioventù e
esperienza?
Che posso dire della squadra OSANNA? Come unico membro storico e
unico elemento di continuità dal ’71 ad oggi, posso affermare che la nuova line
up (fatta da giovani 40enni), è davvero straordinaria e non fa rimpiangere
affatto quella prima formazione storica che ha lasciato un segno indelebile.
Sono oggi attorniato da valenti musicisti che hanno sposato in pieno il
progetto Osanna che sta avendo, anche grazie al loro talento e la loro
sensibilità, un nuovo percorso artistico fatto principalmente di entusiasmo e
passione oltre che di ricerca sia tecnica che creativa. Una base ritmica forte
e potente guidata dal veterano Gennaro Barba alla batteria e da Nello D’Anna al
basso diventano il tappeto ritmico su cui si intrecciano i passaggi armonici e
i virtuosismi di Pako Capobianco alla chitarra elettrica e di Sasà Priore al
piano, organo e synth. Su questa base emergono la mia voce e quella di mio
figlio Irvin a cui, oltre al canto, è affidato il compito delle sonorità
vintage, tra suoni mellotron e synth. Una squadra affiatatissima dal sound
dinamico e grintoso, ma capace di esprimere anche momenti di grande magia e
suggestione. Poi di questa squadra (a parte vari ospiti che di volta in volta
si alternano nei live e negli album degli Osanna), fa parte come elemento
aggiunto, un altro musicista straordinario e vero “mito” del prog che è David
Jackson, flautista e sassofonista dei VDGG, purtroppo non presente in questo
lavoro.
Spesso ti ho chiesto opinioni e sentimenti relativi alla tua
città, rispetto al momento storico: che cosa sta accadendo a Napoli,
musicalmente e… socialmente?
Napoli come sempre è una città piena di contraddizioni ma
ricchissima di fermenti creativi e culturali. È facile criticarla per i suoi
aspetti legati alla sopravvivenza, al vivere quotidiano, dove è sempre
protagonista la speranza e la rassegnazione, ma molto difficile distaccarsi da
lei per la sua bellezza, la sua storia e la sua cultura, sia letteraria che
artistica, e principalmente musicale. Nell’album precedente, Palepolitana, contro le calunnie
mediatiche che affermavano Napoli come capitale di degrado e di violenza
urbana, noi Osanna abbiamo lanciato una vera e propria dichiarazione d’amore
per la nostra città, esaltandone le eccellenze. Con Pape Satàn Aleppe mettiamo in luce gli aspetti negativi legati non
solo a quei politici corrotti che hanno creato malessere promuovendo tanto
disagio, povertà e sottocultura, ma anche alla gente comune che con il proprio
egoismo e la propria avidità ha contribuito a creare e sottolineare questi
aspetti negativi. Per fortuna ci sono anche persone brave ed illuminate che
riescono con il loro lavoro ad esaltare le qualità di una Napoli straordinaria
e famosa nel mondo per la sua storia e la sua cultura millenaria. Noi Osanna
siamo in sintonia con questa linea, e per dirla alla Pino Daniele, ci sentiamo
come “portatori sani di napoletanità”.
Avete programmato date di pubblicizzazione dell’album?
L’album è in distribuzione da venerdì 18 novembre 2016 e la sua
presentazione ufficiale è programmata per mercoledì 23 novembre presso
L’Archivio Storico della Canzone Napoletana sito nella Casina Pompeiana della
Villa Comunale di Napoli, con la presenza di relatori e personaggi illustri
come l’Assessore alla Cultura Nino Daniele, il dirigente RAI Antonio Parlati,
il docente universitario di comunicazione Lello Savonardo, il designer Antonio
Perotti e Jenny Sorrenti. Seguiranno altre presentazioni sul territorio
italiano che stiamo ancora concordando.
E adesso… cosa possiamo aspettarci dagli Osanna per il futuro
prossimo?
Al di là di un prossimo lavoro discografico già in fase di
elaborazione e programmato per il 2017/18, la nostra nuova avventura è il tour
italiano che vede insieme gli Osanna e la Nuova Compagnia di Canto Popolare,
che parte il 29 novembre da Milano e toccherà nel mese di dicembre le seguenti
città: il giorno 3 a Bari, il 6 a Roma, il 7 a Firenze, il 15 ad Aosta, il 16 a Torino e il 22 a Napoli. Un tour di
due band napoletane di “progressive rock” e di “progressive folk”, che si
chiamerà “50 anni in buona Compagnia”.
Line up:
- Lino
Vairetti voce, chitarra acustica e armonica
- Gennaro
Barba alla batteria
- Pako Capobianco
alla chitarra elettrica
- Nello
D’Anna al basso
- Sasà
Priore piano organo e synth
- Irvin
Vairetti voce e mellotron e synth
Special Guests:
Nel brano Pape Satàn Aleppe:
-Fiorenza
Calogero - voce femminile
-Stella
Manfredi – violino
-
Nel live al Club Il Giardino:
-Donella
Del Monaco (degli Opus Avantra) voce in Canzone Amara
-Jenny
Sorrenti (dei Saint Just) voce in Vorrei Incontrarti
-Mauro
Martello flauto in L’Uomo, Fenesta Vascia, Michelemmà e Canzone Amara
Registrato
a Lugagnano in multitracce e mixato da Alfonso
La Verghetta presso la Italy Sound Lab di San Paolo Belsito – Napoli, con
un lavoro straordinario di editing, post-produzione e mastering.
RockVirus è l’album strumentale di Amedeo Miconi,
uscito da poco per Videoradio, che
prevede la presenza di super ospiti - Jennifer
Batten, Mel Collins e John Giblin. Tutti gli elementi e i particolari
importanti emergono nel corso dell’intervista a seguire.
Il
parco degli stranieri “nobili”, unito a quello dei nostrani di qualità, crea i
presupposti per un disco godibile, tra virtuosismo e sonorità rock, ma ciò che
Miconi realizza è un racconto, un intrecciarsi di storie e di emozioni dove la
comunicazione non verbale racconta molto di più delle parole. Momenti
struggenti, sollecitazioni alla dinamicità, attimi riflessivi e intimistici,
atmosfere cangianti e coinvolgenti: sono queste le sensazioni da post ascolto
che inducono a ripetuti giri di giostra, perché l’impegno e il rigore musicale
non sono necessariamente accompagnati dell’eccessiva cerebralità, e i momenti
di concentrazione, in questo caso, si abbinano all’istinto e alla “pancia”.
Un
album sufficientemente trasversale, tanto da poter essere consigliato a
chiunque ami la classe abbinata al mondo dei suoni.
Una
piacevole sorpresa, per me, Amedeo Miconi e il suo RockVirus. Ma le sue parole spiegheranno molto meglio il personaggio e la sua idea di musica.
Amedeo Miconi
La tua biografia è molto ricca, e
partendo dallo status di autodidatta si arriva all’acquisizione di competenze
importanti e di esperienze conseguenti: mi racconti in pillole le cose che a
tuo giudizio ti hanno cambiato la vita, musicalmente parlando?
Innazitutto credo che una parte
fondamentale sia stata quella di aver ascoltato tantissimi generi musicali, a
partire dai primissimi anni di età. Questo si è rivelato molto utile quando ho
cominciato a suonare la chitarra, intorno ai quattordici anni. Studiavo come
autodidatta su diversi metodi e tiravo giù le parti delle canzoni direttamente
dai dischi. È una pratica molto utile e quando si suona insieme ad una
registrazione si ha la sensazione di farlo con una band, e la cosa è sempre
molto stimolante. Poi ho suonato con molti gruppi musicali di vario genere e ho
iniziato a studiare in una struttura scolastica importante, con percorsi didattici
ben definiti. È stata una scelta molto utile che mi ha fatto dare un nome a
cose che già facevo, magari inconsciamente, e me ne ha fatte scoprire
moltissime altre.
Ricordo come un tempo Steve Howe
prendesse sempre due biglietti aerei, uno per sé e l’altro per la sua chitarra:
che cosa rappresenta per te lo strumento?
Lo strumento è molto importante per un
musicista, anche se credo che quelli a cui ci si affeziona di più non possano
essere moltissimi. Non sono un collezionista e alcune delle chitarre che ho
hanno diversi anni. Ovviamente al di là del valore oggettivo dello strumento c’è
una componente affettiva imprescindibile. Chiaramente poi c’è il discorso pratico
lavorativo, per cui si sceglie una chitarra piuttosto che un’altra a seconda
della sonorità che viene richiesta. Ho diverse chitarre alle quali sono molto
affezionato, ma quella alla quale tengo di più è una Charvel/Jackson del 1990,
chitarra dai connotati hard rock e metal ma che è davvero molto versatile e con
gli anni ha acquistato “molto suono”.
E’ uscito “Rockvirus”, l’album che hai realizzato coinvolgendo ospiti
stratosferici: come è nata la scelta dei vari musicisti?
La piacevole scelta della line up di
base è caduta su alcuni colleghi/amici noti nel panorama musicale italiano ed
internazionale, con i quali ho condiviso tantissime esperienze live/ studio
durante gli anni. Colgo l’occasione per ricordarli e per ringraziarli del loro
apporto fondamentale: Primiano Di Biase e Stefano Maggio - tastiere e
programmazione -, Salvatore Scorrano, Salvatore Leggieri e Gigi Zito alle
batterie, Mario Guarini al basso. Ho avuto l’onore ed il privilegio di avere
come special guest alcuni dei musicisti che ho sempre ammirato tantissimo,
quali Jennifer Batten - chitarrista, tra gli altri, di Michael Jackson e di Jeff
Beck -, Mel Collins - sassofonista al fianco dei Dire Straits, di Alan Parsons
e via dicendo - e John Giblin, bassista dei Simple Mind e di Peter Gabriel,
solo per citarne un paio. Pensare a loro è stato molto facile perché hanno
accompagnato alcuni dei miei artisti preferiti e li ho conosciuti, da ragazzo,
leggendo i credits di tantissimi album famosi, quindi conoscevo bene il tipo di
sound che avrei potuto ottenere e loro sono stati davvero fantastici!
Jennifer Batten
L’album è completamente strumentale:
può la sola musica inviare i messaggi che solitamente sono delegati alle
liriche?
La musica ha un potere evocativo e
comunicativo immenso, e anche se un concetto può essere espresso al meglio e
arrivare più velocemente con le parole, le immagini e le emozioni suggerite da
una frase musicale o da una scelta sonora possono avere la stessa forza. “Tears” è il brano dell’album che ho
dedicato a mio padre, scomparso recentemente. Spero che riesca a trasmettere la
forte emozione ed il dolore di quando è stato composto. In quei momenti forse
sarebbe stato difficile scrivere delle parole, e una volta terminato ho avuto
la sensazione di aver “detto” tutto quello che avevo dentro. Mi piace molto la
musica strumentale ma anche molto quella cantata e ci sono alcuni brani in “Rockvirus” che hanno una struttura molto
“forma canzone”.
Immagino non sia semplice proporre dal
vivo un simile disco, assieme a tutti i protagonisti effettivi: sono state
pianificate date per presentarlo sul palco?
Portare dal vivo i brani dell’album è
un’idea che mi ha accompagnato durante tutta la lavorazione. Sarebbe un sogno
avere la line-up completa del disco, ma sarà quasi impossibile, parlando degli
ospiti stranieri, se non per congiunzioni astrali particolarmente favorevoli.
Tuttavia mi piacerebbe coinvolgere gli stessi amici/colleghi che hanno dato un valore
notevole a tutto il lavoro.
Mi dici il nome del chitarrista che
continua ad essere per te un punto di riferimento?
Ce ne sono tantissimi! Comunque direi
Jeff Beck. È un punto di riferimento per tante e variegate generazioni di
musicisti, oltretutto ha dimostrato di essere in continua evoluzione e di stare
al passo con i tempi, confermando il fatto che non si finisce mai di esplorare
il mondo musicale. Lui è riuscito a farlo arricchendo il suo linguaggio di sfumature
tecnico-espressive vicine alla voce umana. Non dimentichiamoci che nelle famose
session con Jimi Hendrix, (altro grande innovatore chitarristico-musicale), i
due hanno effettivamente avuto uno scambio che ha arricchito entrambi.
Come ti poni davanti alla tecnologia,
sia per la realizzazione della tua musica che per la sua pubblicizzazione?
Il computer ricopre un ruolo importantissimo nella produzione
musicale, con innegabili vantaggi: si possono avere tracce infinite da registrare,
ci si possono scambiare i files spostandoli da uno studio all’altro, e
sostanzialmente con un buon computer, una buona scheda audio e un microfono, si
ha a disposizione uno studio di registrazione completo. Chiaramente per
risultati totalmente professionali lo studio rimane un punto di riferimento
importantissimo. L’ambiente in cui si registra, le macchine molto costose e,
non ultima, la competenza dell’ingegnere del suono, sono fattori determinanti.
Uso tantissimo il computer nella pre-produzione dei brani, poi mi appoggio agli
studi professionali di cui sopra per mettere insieme il tutto, ma le
possibilità date oggi da questo tipo di supporto sono enormi. Ha sicuramente
semplificato moltissimi aspetti del lavoro. Per quanto riguarda l’aspetto pubblicitario
penso che sia un mezzo importantissimo per far conoscere i propri lavori. A tal
riguardo, invito chi fosse interessato a visitare la mia paginaFACEBOOK
Tra i tuoi ospiti c’è un certo Mel
Collins, e proprio in questi giorni i King Crimson sono in tour in Italia: ti
appassiona la musica progressiva?
Ecco che è uscito uno dei nomi degli
artisti di cui parlavamo prima, in questo caso un gruppo. Si, mi piace molto la
musica prog e l’impronta lasciata da gruppi quali i King Crimson, appunto, Yes,
Genesis, Van der Graaf Generator, Camel; è indelebile e ha ispirato tante
generazioni di musicisti. Senza dimenticare il prog italiano con gruppi come La
PFM, Le Orme, I New Trolls ed il Rovescio della Medaglia che è recentemente
uscito con un nuovo lavoro.
Mel Collins
Tra i tanti ruoli che hai ricoperto,
ce n’è uno che ti da soddisfazione maggiori?
Spesso accade di lavorare a cose
diverse in periodi diversi: sottofondi per immagini o colonne sonore, lavori in
studio, scrittura di brani, arrangiamenti e attività live. È bello passare da
un lavoro all’altro perché ognuno ha delle caratteristiche diverse ed è sempre stimolante.
Che cosa c’è nel futuro prossimo di
Amedeo Miconi?
Alcuni lavori in studio e live per
diversi artisti, la promozione dell’album che è partita in questi giorni (vorrei
ringraziare Beppe Aleo e Lucilla Corioni) e spero di riuscire a portare “Rockvirus” dal vivo il prima possibile.
John Giblin
Ma chi è Amedeo Miconi secondo la biografia ufficiale?
Inizia a suonare la chitarra all’età
di quattordici anni e la sua formazione è autodidatta sino ai vent’anni, quando
si iscrive all’università della musica di Roma. Ha acquisito parecchia
esperienza “live” suonando e collaborando con molti gruppi, (sia musica
originale che cover band), spaziando tra il Pop, il Pop-Rock, il Rock e l’Hard
rock, passando per il Blues fino alla musica Leggera, sia italiana che internazionale.
Ha partecipato a parecchie manifestazioni e programmi tv, quali La Grande Notte
del Lunedì di Rai2 (gruppo di accompagnamento musicale di Max Tortora, con il
quale è tuttora impegnato). Ha avuto occasione di accompagnare dal vivo,
Audio2, Luca Barbarossa, Francesca Alotta, Sergio Caputo, Stefano Di Battista,
Max Giusti. Ha fatto parte per due anni dello staff del Tour Music Fest,
festival internazionale della musica emergente, come docente degli stage
professionali di “Tecniche e Stili chitarristici” rivolti agli iscritti alla
gara, in collaborazione con Giampaolo Rosselli, Franco Fasano, Luca Pitteri,
Mogol, e come chitarrista della house band del festival. Ha lavorato in qualità
di turnista per diversi anni presso lo studio/edizioni musicali GIA.DA.MA.STER
di Roma, nella realizzazione di diverse produzioni discografiche, tra cui il
musical “San Francesco” di Ermanno Croce, brani per l’album di Monsignor
Milingo e la realizzazione di un album a proprio nome, (Background Guitars),
con David Scillia (Batteria), e Alberto Caneva, (Basso). Collabora da diversi
anni con la Rai, quasi sempre insieme a Stefano Maggio (Keyboard
player,Producer,Vocal coach, Singer…), alla realizzazione di sottofondi musicali
per programmi televisivi e radiofonici, come: Cominciamo bene, La vita in diretta,
Alle falde del Kilimangiaro, Geo & Geo, Uno mattina, A sua immagine, Pianeta
dimenticato e alla realizzazione di sottofondi musicali e sigle per i dvd allegati
alla Gazzetta dello Sport. Sempre per la Rai, realizza con Stefano Maggio e
Filippo Manni, la colonna sonora per il film “Deadly kitesurf” del regista
Antonio De Feo. Da qualche anno collabora con la Pop Virus Publishing (Monaco),
per la realizzazione di sottofondi musicali per le reti televisive tedesche. Da
alcuni anni è impegnato nell’insegnamento presso alcune scuole di musica Roma e
nel Lazio. Nel 2016 realizza l’album strumentale “Rockvirus” per Videoradio. Il
disco vanta la presenza di ospiti internazionali illustri, quali Jennifer
Batten, Mel Collins e John Giblin, e musicisti italiani che lavorano spesso al
fianco di grandi artisti nazionali ed internazionali, come Salvatore Scorrano, Gigi
Zito, Salvatore Leggieri, Mario Guarini e Stefano Maggio.