domenica 31 luglio 2022
The Concert for Bangladesh
sabato 30 luglio 2022
Video intervista a Ettore Vigo-16 luglio 2022-Backstage Porto Antico Prog Fest
Il 16 luglio del 2022 è andata in scena a Genova la tradizionale kermesse dedicata alla musica progressiva, organizzata da Black Widow Records e Nadir Music, il Porto Antico Prog Fest.
Il mio commento e il sunto live sono fruibili al seguente link:
https://athosenrile.blogspot.com/2022/07/porto-antico-prog-fest-16-luglio-2022.html
Nell’occasione ho approfittato del tempo disponibile per chiacchierare nel backstage con alcuni dei protagonisti sul palco, raccogliendo frammenti di notizie, tra attualità e futuro.
Dopo Lino Vairetti tocca oggi a Ettore Vigo, unico elemento dei Delirium presente nella formazione iniziale.
Ettore, partendo dall'evento della serata, delinea il futuro prossimo, che prevede l'uscita di un nuovo album e la possibilità di proporlo in Giappone, il prossimo anno.
Ascoltiamolo...
sabato 23 luglio 2022
Video intervista a Lino Vairetti-16 luglio 2022-Backstage Porto Antico Prog Fest
Il 16 luglio del 2022 è andata in scena a Genova la tradizionale kermesse dedicata alla musica progressiva, organizzata da Black Widow Records e Nadir Music, il Porto Antico Prog Fest.
Il mio commento e il sunto live sono fruibili al seguente link:
https://athosenrile.blogspot.com/2022/07/porto-antico-prog-fest-16-luglio-2022.html
Nell’occasione ho approfittato del tempo disponibile per chiacchierare nel backstage con alcuni dei protagonisti sul palco, raccogliendo frammenti di notizie, tra attualità e futuro.
Inizio a proporre la clip realizzata
con Lino Vairetti, che nei pochi minuti a
disposizione ha delineato il percorso che attende gli OSANNA, sottolineando
i progetti legati al cinquantennale della band e volgendo lo sguardo all’immediato
futuro.
lunedì 18 luglio 2022
Porto Antico Prog Fest, 16 luglio 2022, un pò di commento, immagini e video
Nuovo appuntamento musicale dedicato alla musica progressiva quello andato in scena il 16 luglio a Genova, l’ormai tradizionale Porto Antico Prog Fest, organizzato da Black Widow Records in collaborazione con Nadir Music.
Un raggruppamento totalmente italiano che ha visto alla fine una defezione, quella dei genovesi Melting Clock, attesissimi, ma assenti giustificati. Una parte della band era comunque presente per un saluto da quel palco che tanto avrebbero voluto calcare.
Una scaletta in ogni caso molto densa
e variegata, con il top rappresentato da due band storiche che festeggiano
quest’anno il mezzo secolo di attività (ma è un arrotondamento per difetto!).
Un po' di ritardo nel soundcheck ha
provocato i primi problemi “collaterali” che si trascineranno per tutta la
serata, creando un po’ di tensione tra chi deve realizzare le condizioni
tecniche ottimali e chi cerca, giustamente, la performance migliore possibile.
Non mi soffermo oltre su uno degli
argomenti che caratterizzano tutti i festival, ovvero quelle occasioni in cui
il susseguirsi di differenti entità musicali provoca un continuo riallineamento
del settaggio, tra cambi di strumenti e differenti esigenze.
Certo è che qualcosa in più del
solito è sembrato andare storto, almeno da un certo momento in poi.
Ad aprire la manifestazione una
giovane band milanese, i CYRAX, con al loro attivo un sorprendente lavoro pregresso e che hanno da poco pubblicato
l’EP “Methamorphosis”.
Non è prog ortodosso il loro, molto
contaminato, a tratti “duro” e caratterizzato dalla sperimentazione spinta, e
di tutto ciò danno dimostrazione nel corso del loro set, purtroppo breve. Il
fatto che il nuovo album presenti alcuni brani antichi, ma rivisitati in chiave
acustica, la dice lunga sulla loro apertura mentale, sempre piacevole da
riscontrare nei musicisti di nuova generazione.
Nel medley sonoro a seguire presento
un loro frammento di serata, analogamente a quanto fatto per gli altri
protagonisti.
Nel tempo disponibile ho utilizzato
il backstage per approfondire e chiacchierare con i rappresentanti di tutti i
gruppi e quanto prima pubblicherò le videointerviste realizzate.
I CYRAX sono: Marco Cantone
alla voce, Gianluca Fraschini alla chitarra, Jacopo Bonora alle
tastiere e Lorenzo Beltrami alla batteria.
A seguire i G.O.L.E.M., anche
loro freschi di album (di esordio) - omonimo - che ha ricevuto grandi elogi e
commenti positivi dalla critica.
Alle tastiere Paolo “Apollo” Negri, al basso Marco Zammati, Emil Quattrini al piano e mellotron, Francesco Lupi alla batteria e Marco Vincini alla voce.
Nel tempo disponibile danno
dimostrazione di grande forza e presenza scenica, confermando ciò che emerge
dall’ascolto del lavoro in studio, e come si sa, il live rappresenta il vero
test probante.
Un prog sufficientemente ortodosso, ma con sprazzi di assoluta novità, un mix che l’audience ha apprezzato incondizionatamente, una performance notevole mentre il sole era ancora alto.
E arriva il momento dei G.A.S. (Gruppo
Autonomo Suonatori), una band spezzina nata nel 1997, ma che solo un anno
fa, grazie alla BWR, è riuscita ad arrivare al progetto discografico, il
bellissimo “Omnia Sunt Communia”.
I G.A.S. sono: Claudio Barone
(voce, basso, mandolino e bouzouki), Simone Galleni (chitarra, basso e
bouzouki), Andrea Imparato (sax e flauto), Valter Bono
(batteria), Thomas Cozzani (sintetizzatore) e Andrea Foce (piano e
flauto).
Terzo gruppo e nuova
diversificazione, con la proposizione questa volta di un percorso tendente al
folk, con sfumature che solitamente si captano più efficacemente dal disco, ma
che i G.A.S. trovano il modo di rendere pienamente fruibili anche nel contesto
live.
Una bella sorpresa, un episodio che
funge da spartiacque rispetto agli headliner che stanno per arrivare…
I Delirium
giocano ovviamente in casa, ma fanno parte della storia della musica italiana,
e occupano un posto speciale nell’organigramma musicale di BWR.
Da molti anni ormai si presentano con
una line up consolidata, che prevede un unico superstite della formazione
originaria, Ettore Vigo (tastiere), mentre segue a ruota Martin Grice,
il fiatista anglo genovese che prese il posto di Fossati una cinquantina di
anni fa; al basso, da una ventina di anni troviamo Fabio Chighini,
mentre sono più recenti le acquisizioni di Alfredo Vandresi (batteria,
dal 2012), del chitarrista Michele Cusato e del vocalist/chitarrista e
tastierista Alessandro Corvaglia, entrambi dal 2014.
Un tuffo nel passato, ma con la certezza che al girar dell’angolo si potrà trovare un nuovo album, il cui materiale è pronto e in attesa di registrazione, il che sta a significare che entro pochi mesi un nuovo progetto vedrà la luce, per la felicità, anche, dei seguaci giapponesi che, come mi ha segnalato Vigo, non aspettano altro che poterli ascoltare, tra produzione antica e di fresca uscita.
Con i Delirium arrivano anche i
problemi tecnici più seri, che costringono pubblico e band ad un supplemento di
attesa, mentre monta la tensione sul palco.
In realtà il set sarà alla fine molto gradito,
con un repertorio vario che si muove in un lungo spazio temporale, specchio di
una invidiabile carriera musicale.
A fornire un contributo allo
spettacolo sono due amici di lunga data: inizia Sophya Baccini, a cui
viene lasciata la scena nel brano “Tremori antichi”, mentre lo step
successivo richiama sul palco anche Lino Vairetti - che così si scalda -
per il brano che non può mai mancare, a maggior ragione nell’anno del
cinquantennale: mi riferisco ovviamente a “Jesahel”, il top del
coinvolgimento per il pubblico presente.
L’atmosfera a questo punto è calda,
manca solo la ciliegina sulla torta e compaiono gli Osanna,
che percorrono questo 2022 festeggiando in modo tangibile con molteplici
progetti: un nuovo album (“Il Diedro del Mediterraneo”), il CD e DVD
"Osannaples" (di Deborah Farina) e il libro "L'Uomo.
Sulle note di un veliero" (di Franco Vassia).
Ricordo l’attuale formazione che
prevede oltre al fondatore Lino Vairetti alla voce e chitarra acustica
(e armonica), Gennaro Barba alla batteria, Sasà Priore alle
tastiere, Irvin Vairetti al sintetizzatore e voce, Pasquale “Paco” Capobianco
alla chitarra elettrica ed Enzo Cascella al basso.
Anche per loro arrivano seri problemi
tecnici, in questo caso anche di ordine visual, giacché viene a mancare una delle
loro caratteristiche più funzionali al concerto, la proiezione sullo sfondo dei
filmati antichi che ripercorrono la loro storia.
Ma Lino Vairetti e soci guardano oltre e ripropongono il loro repertorio che inizia ovviamente dall’album di esordio - “L’uomo” - e arriva ai giorni nostri, passando per i classici che hanno contraddistinto il loro lunghissimo percorso.
Il sound è potente, collaudato, nulla
può rompere l’armonia sonora che questa band super affiatata riesce a regalare
dal palco, presentando un’energia fuori dal comune ed evidenziando una discreta
dose di autostima legata alla consapevolezza delle proprie skills.
Ritorna Sophya Baccini per un duetto con Vairetti - con un solo microfono - nel brano “A zingara” e nell’arco dell’intero set c’è spazio per il ricordo di un compagno di viaggio da poco mancato, il chitarrista originario Danilo Rustici.
Ma non basta. Gli
Osanna si ricordano di altri “amici”, il BANCO in primis, e partendo da “Non
mi rompete” appoggiano lo sguardo su PFM e AREA, una sorta di omaggio al prog
italiano, quel genere di cui gli OSANNA sono portabandiera da mezzo secolo.
E alla fine dell’estate è prevista
una tappa in Giappone - per la quarta volta -, e la band raccoglie ora tutte le
soddisfazioni estere mancate negli anni ’70.
Un’immagine positiva e solare la
loro, e il pubblico gradisce e gioisce.
Come già segnalato, a breve proporrò le
video-interviste realizzate con alcuni protagonisti di ogni band, ma anche il
cambio di set on stage è stato utilizzato per chiacchierare con i vari musicisti, che si sono
soffermati soprattutto sui progetti futuri: oltre ai rappresentanti dei singoli
gruppi abbiamo chiacchierato con i Melting Clock, Pino Sinnone e Il
Cerchio D’oro.
A questo proposito rivolgo un sentito
grazie a Carlo Barbero, con cui ho condiviso il compito di riempire i
momenti vuoti tra i differenti scampoli di live.
Un altro festival PROG nel segno di
BWR e NADIR MUSIC, un appuntamento ormai consolidato in una splendida cornice.
Per una sera si è provato a dimenticare
la negatività che obiettivamente ci circonda e la musica di qualità ha avuto il
sopravvento… almeno per un attimo!
Un ringraziamento ad AGO SAURO per le splendide fotografie realizzate e messe a disposizione della comunità!
A seguire un medley, realizzato con
scarsi mezzi tecnici, con il solo scopo di lasciare il ricordo della serata.
venerdì 15 luglio 2022
"L’amore è una grazia", il nuovo progetto di Gianni Venturi
Ovviamente, sto volutamente esasperando il concetto, ma resta
la realtà, quella che ci impediva di liberare certi pensieri delicati in
giovane età, mentre la maturazione porta a far cadere ogni tipo di paletto e
inibizione: l’amore regola il mondo ed è sacrosanto parlarne, anche se il tutto
può essere presentato con diversi gradi di qualità.
Certo, il concetto di “amore”, nel senso universale del termine,
fa a pugni con gli eventi che ci circondano e ci coinvolgono oggigiorno, nostro malgrado, ma il compito del poeta - e Gianni
Venturi è un gran Poeta - è quello di rendere immortali momenti, memorie, stati
d’animo e storie di vita attraverso una scrittura libera, a volte minimalista,
altre strabordante, ma sempre guidata
dall’esigenza del momento, e immagino che sia questo per l’autore un periodo caratterizzato
da una particolare necessità espressiva, stimolata in primis dagli affetti che
camminano affianco, mano nella mano, con il ricordo di chi non c’è più
fisicamente ma resta elemento ispiratore.
Riprendo un ricordo di Venturi riportato nel libro:
“Mia madre diceva in certe serate
davanti al camino, che se un istante solo tutto il mondo amasse, un bagliore di
energia avvolgerebbe gli esseri e le cose…”
Poesia e saggezza!
Accennavo al libro, sì, perché il progetto di cui parlo è
composito, libro e CD, parole e musica, liriche e atmosfere sonore:
Alice & Peter-L’amore è una
grazia-CD
Gianni Venturi-L’amore è una grazia-Libro
(PMS Studio - BMRG edizioni)
Un book che viaggia in parallelo e contestualmente con la
forma canzone di Alice & Peter, band nata all’occorrenza e che è così formata:
Gianni Venturi-voce
Chiara Brighenti-contrabbasso
Marika Pontegavelli-Pianoforte
Margherita Parenti-batteria
Matteo Pontegavelli-tromba
Compositori e autori: Venturi,
Brighenti, Parenti e Pontegavelli
Alla fine, ciò che voleva essere un reading, un parlato con
sottofondo sonoro, si è trasformato in disco, dove l’autore rilascia i propri
sentimenti senza pudore alcuno, quel muro che si erge spontaneo quando l’amore
di cui si parla affronta risvolti personali, che spesso diventano simboli di
comportamenti codificati, ma che si fa fatica a condividere col mondo intero.
Ossimoro in tempi di evoluzione dei social? Può darsi, ma il buon Gianni ha conosciuto
un mondo migliore e appare, ogni tanto, annaspare e faticare nell’ortodossia del
nuovo millennio. Che in ogni caso affronta, a modo suo, con le armi pacifiche
che ben conosce.
La sonorizzazione dei testi incontra un sound minimalista,
tra jazz e sperimentazione, filoni musicali che sembrerebbero non in linea con
il tema “amore”, topic difficilissimo da affrontare senza il rischio di cadere
nel banale e di essere fraintesi.
Quanti significati possiamo attribuire al concetto di “amore”,
quello vero, disinteressato, genuino?
Alice & Peter & - Venturi and friends - ci conducono
per mano nel loro mondo e nella loro riflessione, facilitati dallo status di
artisti, esseri privilegiati in grado di creare per sé e per terzi, realizzando
un perfetto ed invidiabile stato di osmosi tra chi fa e chi riceve.
Sarebbe troppo estrapolare i pensieri che abitano il
progetto, e in fondo sarà bene che l’ascoltatore/lettore scopra i segreti in
piena autonomia, ma appare doveroso fornire un piccolo assaggio, poche righe
che mi hanno decisamente colpito:
Una tela bianca da dipingere con
gocce d’amore,
Un giorno senza amore è un deserto di
solitudine,
vivere la superficie del sentimento
non spezza i cuori, li congela!
Un altro esempio, questa volta visivo/sonoro, è rappresentato
dal video “Luci Spente sul Palco”, un tango elaborato, una clip molto
forte dal punto di vista emotivo.
E improvvisamente si rafforza il motivo che conduce alla mia sana
avversione per la balera e per “il liscio”, un disagio inconscio che ha una
banale giustificazione racchiusa nella consapevolezza di una vita ormai alle
spalle, con ricordi non sempre felici che si rifanno alla fine della festa,
quando restava nelle ossa una malinconia diffusa, forse incomprensibile per un
bambino, ma in quelle ore di apparente spensieratezza andava in scena lo
scorrere del tempo, condensato in pochi frammenti, con un rapido passaggio dall’eccitazione
iniziale allo spleen legato all’ultima luce che scompariva.
Ma forse più delle mie parole potrà essere icastica la
visione del video…
Un piccolo capolavoro e forse, più delle altre volte, capace
di toccare tutte le anime, in modo trasversale.
TRACKLIST
1. Per te che sei grazia
2. Cuore cemento
3. Amandoci di più
4. Sinfonia del colore
5. Saudade
6. Il tango di Buenos Aires
7. Prima tu o io?
8. Ti amo ne sono certo
9. Luci spente sul palco
10. Ritratto di vecchio allo specchio
mercoledì 13 luglio 2022
La Cruna del Lago-“Schiere di Sudditi”
Nel mese di aprile è stato rilasciato l’album “Schiere di Sudditi” (ZdB), l’esordio
discografico dei toscani La Cruna del Lago,
band che propone la propria visione del mondo attraverso il rock progressivo,
cosa di questi tempi abbastanza frequente e che in ogni caso evidenzia un
certo… coraggio!
Primo disco sì, ma i componenti il combo, pur giovani,
possono mettere sul piatto una notevole esperienza e skills personali di
rilievo, e il coraggio a cui facevo riferimento sottolinea come esista una
oggettiva difficoltà nel portare avanti idee all’interno di una nicchia
artistica fornita di solidi muri, a volte costruiti dagli stessi protagonisti
di quell’ambito artistico.
Cerchiamo quindi di conoscere i loro nomi e le loro
attitudini attraverso la line up.
Partiamo dal tastierista e voce solista Carmelo “Melo”
Arena; alle chitarre e voce Pino Polistina; Matteo Tuci al
basso e Andrea Bruni alla batteria.
Dalle note estrapolate dal sito di riferimento si evince come
il nome del gruppo non sia frutto della casualità - come spesso accade! - ma
racchiuda una filosofia specifica presentata attraverso un’efficacie metafora,
quella che descrive il “lago” come elemento protettivo ma caratterizzato da una
staticità che accomuna le anime rendendole alla fine schiave, mentre la cruna
rappresenta la via di fuga, la ricerca di un sentiero certamente ignoto, ma
carico di speranze.
Uscire da una zona di assoluto conforto e affrontare il non
conosciuto è azione che viene compiuta solitamente per un paio di motivi… in
primis la necessità e, a seguire, appunto, il coraggio necessario al
cambiamento!
La ricetta che La Cruna del Lago propone guarda oltre, tende
al superamento della mediocrità, al cambio di passo, al fare tabula rasa, con
modus poco iconoclasta e molto costruttivo. Come? A ciascuno il proprio
mestiere e un musicista conosce bene le proprie possibilità e i tanti paletti
circostanti… proseguire con la coscienza a posto sarà già buona cosa!
“Schiere di Sudditi” tratta questo argomento: paesaggi
distopici, umanità rassegnata al peggio, diseguaglianze sempre più marcate,
dolori e sofferenze, guerre e maledizioni mandate da un qualsiasi essere
superiore, un mondo sempre più indefinibile il cui racconto è meno nero,
purtroppo, di quanto avvenga nella realtà.
Non è certo “pessimismo cosmico” quello di La Cruna del Lago,
perché in ogni brano si avverte in lontananza una luce oltre il tunnel, anche
se per raggiungerla occorrerà impegno e fatica, e non basterà attendere seduti
che quella nebbia che periodicamente ci avvolge si dissolva, lasciando che la
condizione umana ritrovi la propria purezza originale.
L’album si snoda su 42 minuti di musica suddivisa in 8
episodi:
Tracklist (cliccare sul titolo per
ascoltare)
01. Giostra (5:59)
02. La mantide agnostica (5.01)
03. Illogica distanza (5:02)
04. Interludio (5:16)
05. Elettrodrama (6:22)
06. Stato (5:13)
07. Acqua da Marte (6:52)
Bonus Track
Lo start arriva con Giostra, probabile brano
manifesto, compendio della proposta, rock sinfonico che si miscela ad una certa
durezza, quasi metallica, mentre tempi composti si intervallano all’ortodossia.
Le peculiarità dei singoli musicisti si autodeterminano
mentre un mood sonoro ricercato produce atmosfere da spleen avanzato e il
tratto ipnotico produce un’inaspettata positività:
“Guardo più in là, oltre il mio
limite, ombre che lasciano schiere di sudditi incatenati a una nuova realtà, ma
il nuovo anelito di libertà come una giostra gira dentro di me…”
Un bel biglietto da visita!
Si procede con La Mantide Agnostica,
musicalmente capace di simboleggiare la progressione, la dinamicità spinta
avvolta da un senso aulico, mentre affiorano i miti del passato, in bilico tra
i fratelli Nocenzi e la prima sperimentazione di ELP.
“Mentre imperversano raffiche di
ipocrisia, già scopro l’individuo che non sa, non chiede più verità ma si
circonda di formule collaudate, per non morire mai. Sotto di me lo sguardo
agnostico orfano dei perché si apre alla sete di felicità, si fa canto. Dimmi
che vedi come me l’alba di una nuova umanità!”
Difficile in questo caso qualsiasi operazione dicotomica tra lirica e musica, la compenetrazione è totale.
E arriviamo a Illogica Distanza, il ritmo cala
e si palesa il momento intimistico per eccellenza, quello della riflessione,
della calma assoluta, la ballad che equilibra i tempi e regala quadretti
bucolici dalla grande valenza poetica…
“L’abitudine leviga i contorni al mio mondo di creta, ma
tu non ci sei e mi sembra un anno fa quell’incontro tra noi, quell’effimera
allegria o malinconia e un’illogica distanza per raggiungerti. Sono i sogni che
ci daranno eternità e tra mille nuvole scoprirò quella che assomiglia a te,
inseguendo il suo sorriso per raggiungerti…”.
Interludio è uno strumentale, un brano “ponte” tutto atmosfera ed
effetti, molto ambient, riflessivo e pitturato nel sonoro, una misura melodica
che non lascia indifferenti, un aiuto nel sottolineare il virtuosismo di questi
musicisti!
ElettroDrama è il quinto brano, un crescendo di effetti in stile
floydiano, un ritmo cadenzato e controllato, una marcia verso l’ignoto, una
chitarra elettrica lacerante il cui prodotto si lega indissolubilmente alla
lirica.
“Vedo anelli di catene, vedo uomini
cadere, senza libertà di andare, senza fede e nel dolore. Libero? Sono Libero?”
Arriviamo a Stato, e il significato del termine
si dilata, tra verbo e sostantivo, occupando ogni frammento del nostro lessico
e della nostra quotidiana esistenza:
“Archivio di stato, esame di stato,
ferrovie dello stato, titoli di stato, monopolio di stato, stato immobile,
indifferente, inerme, democratico ma… c’è mai stato uno Stato… di grazia?”.
Ricompaiono una certa durezza sonora e la disparità ritmica,
perché è l’argomento che lo richiede… uno tormentone ipnotico che non ti lascia
più dopo il primo ascolto.
A conclusione - prima del bonus track - altra versione di Stato
- troviamo Acqua di Marte.
“Non so come, ma è accaduto, sono
stato imprigionato e ho già dimenticato ciò che il mondo vuole da me. Mi sento
abbandonato, cancellato, esiliato… e in tutto questo non so se questa pioggia
che cade su di me è acqua da Marte o sono lacrime dal cielo. E nel mio inferno
di irrealtà qualcosa mi avvolge, inesorabile… sarà acqua da Marte o solo
lacrime dal cielo?”.
Un rock più tradizionale, una potenza di fuoco funzionale
alla “causa” inframezzata da virtuosismi e accorgimenti particolari, con
dilatazioni musicali che determinano la misura di coordinate temporali e
spaziali, nel proseguimento dell’interazione tra messaggio e suoni.
Che dire ancora, una piacevole sorpresa, un album carico di
spunti interessanti, e a questo punto inserire La Cruna del Lago in una delle
tante caselle di genere appare davvero poco importante!
Molto curato l’artwork e il booklet annesso al CD.
Da ascoltare con attenzione!
LA CRUNA DEL LAGO LIVE
LINK UTILI:
https://www.facebook.com/lacrunadellagoofficial/
https://www.youtube.com/channel/UCqSxZijUvao0eBvYNyOKn2Q
domenica 10 luglio 2022
“DIALOGHI - L'opera di Stefano Giannotti", di Tommaso Tregnaghi e Stefano Giannotti
Con colpevole ritardo mi appresto a commentare il libro “DIALOGHI - L'opera di Stefano Giannotti" (Porto Seguro Editore), compendio delle opere radiofoniche per Deutschlandradio Kultur, SWR, WDR Köln, dei lavori di video-arte, delle produzioni discografiche con OTEME e della didattica musicale di Stefano Giannotti.
Mi impossesso delle note ufficiali per sintetizzare l’alto profilo del musicista toscano.
Stefano Giannotti - nato nel 1963 - è compositore, chitarrista, performer e video-maker. Molte sue opere sono state prodotte in collaborazione con, fra le altre, Deutschlandradio Kultur, SWR, RAI Radio 1, RAI Radio 3. Nel 2010 ha creato OTEME (Osservatorio Terre Emerse) e dal 2015 pubblica per l’etichetta discografica Ma.Ra.Cash Records. Innumerevoli i suoi riconoscimenti internazionali.
I “Dialoghi” citati nel titolo
sono quelli intercorsi tra l’artista e Tommaso Tregnaghi, con un punto
di partenza preciso, la tesi di laurea di quest’ultimo ottenuta all’Accademia
delle Belle Arti di Firenze nel 2011 ed aggiornata nel 2021.
Qualche frammento oggettivo anche per Tregnaghi, nato a Lucca nel 1987, Designer che opera a cavallo fra comunicazione e Arti visive. Docente presso l'Istituto POLIMODA di Firenze, lavora anche come libero professionista. Ha sempre affiancato al suo percorso personale la passione per la musica attraverso pratica e studio.
Seguo da molto tempo la produzione artistica di Giannotti e rileggere la sua vita sotto forma di conversazione è risultato per me piacevole oltre il contenuto specifico, quello di sicuro interesse per la solita nicchia di appassionati/seguaci, come spesso capita quando l’argomento è l’estrema qualità.
Mi è capitato molte volte di leggere/presentare/introdurre/commentare storie di vita di persone capaci di lasciare traccia con la loro opera, ma ho sempre avuto la convinzione che ogni singola anima, anche la più “invisibile”, potrebbe destare l’interesse di terzi se fosse presente la giusta stimolazione, quella capace di demolire i muri comunicativi dietro ai quali fa comodo nascondersi, quelli capaci di proteggere la convinzione che una vita lontano dai riflettori non possa essere di interesse comune. Ma è un errore, da ogni storia vissuta si può trarre insegnamento!
In questo caso, però, esiste un
percorso di alto livello, perché Stefano Giannotti può mettere sul piatto
eventi formativi, studi e sviluppi conseguenti di livello superiore.
In un paese "evoluto" come il nostro, i
cui i “gestori”, qualunque sia il ruolo, non perdono occasione per riempirsi la bocca
con la parola “CULTURA”, chi si occupa di musica sa che la sua attitudine
difficilmente sarà considerata l’attività principale, ma nel migliore dei casi
una passione che viaggia in parallelo con il “lavoro principale”, a volte necessaria
per arrotondare il reddito.
Esiste poi chi trova la giusta strada
e chi si accontenta di manifestare episodicamente le proprie skills, trovando
gratificazione nel positivo giudizio sporadico dell’ascoltatore di turno.
E poi c’è quella categoria speciale - quella di cui fa parte a pieno titolo Stefano Giannotti - con una predisposizione olistica che non prevede alcuna dicotomia tra vita quotidiana e arte, essendo la prima fonte di ispirazione verso la creazione e la sperimentazione, e alla fine la forma espressiva diventa mezzo per disegnare il proprio credo e condividerlo col mondo intero, una sorta di missione capace di abbattere, o quantomeno superare, ogni tipo di difficoltà, sino al raggiungimento dell’obiettivo, qualcosa che ha a che fare con il miglioramento del mondo circostante attraverso la bellezza della forma creativa.
Il lunghissimo dialogo tra Giannotti
e Tregnaghi permette di delineare un sentiero che parte dalle sperimentazioni
fanciullesche sino ad arrivare alle importanti collaborazioni radiofoniche,
passando attraverso le uscite discografiche con OTEME (Osservatorio Terre
Emerse).
Difficile far emergere pochi concetti
da un tomo di 370 pagine, e comunque preferisco creare un po' di curiosità e di
spinta verso la lettura, ma vorrei “rubare” e presentare un concetto per me nuovo
che ho trovato molto interessante.
Alla domanda di Tregnaghi: “Puoi
spiegare il concetto di metafora sonora?”, Giannotti risponde
così: “Le metafore sonore sono trasposizioni sonore di concetti base
appartenenti ad ogni persona, in ogni parte del globo: cibo, sesso, famiglia, lavoro,
sonno, sogni, relazioni, odio, pace, guerra, amore, gioco, tristezza, felicità
ecc. Questi stati dell’essere non appartengono solo agli uomini, a volte anche
agli animali. Ma le “sound metaphors” non sono mere descrizioni di eventi o
concetti, lavorano a livello subliminale perché sono libere associazioni di
elementi presi da questi stati dell’essere, infatti sono più simili ai sogni.
Quando sogniamo le immagini si combinano attraverso processi il più delle volte
sconosciuti a noi sognatori. Così, ciò che prendiamo è il primo livello, quello
che rimane in superficie, cioè le associazioni delle immagini stesse. Poi,
naturalmente c’è il livello simbolico. Le mie “sound metaphors” possono essere
viste come veri e propri “sogni sonori”, a volte immediati, a volte ermetici.
Sono giochi acustici che, di volta in volta evocano l’ironia, la nostalgia, il
dramma, il cinismo, la dolcezza, la paura e, funzione che ritengo più
importante spesso rappresentano archetipi, temi fondamentali dell’umanità.
“SOUND” perché il loro veicolo principale è il suono. “METAPHORS” perché hanno il potere di evocare archetipi”.
Non mi spingo oltre, nella speranza che il mio piccolo contributo possa indirizzare l’ascoltatore verso la lettura di un saggio davvero interessante e utile per meglio entrare in contatto con l’artista e conoscerne i risvolti tecnici e umani, ma mi piace evidenziarne la valenza didattica e didascalica del book, la cui sintesi riporta al vero significato del concetto di “passione”.
Buona lettura!
Dettagli prodotto
Editore: Porto Seguro (26 febbraio
2022)
Copertina flessibile: 370 pagine
Peso articolo: 460 g
venerdì 8 luglio 2022
Susein Y Los Pajaritos - “Buen Viaje”
Susein Y Los Pajaritos - “Buen Viaje”
rilasciato
il 24 giugno 2022
Definire la proposta di Susein Y Los Pajaritos è tutto sommato facile, o almeno è semplice fornire una collocazione, una casella di riferimento che possa ricondurre all’ortodossia di genere.
L’ascolto del loro album appena
rilasciato, “Buen Viaje”, fornisce
qualche indizio già dal titolo, dando l’impressione all’impatto del progetto
itinerante, certamente dinamico per chi lo crea, ma anche per il fruitore si
preannuncia un percorso che profuma di America del Sud, di strumentazione
inusuale, di culture lontane e balli conseguenti, di voglia di muoversi nella
più totale spensieratezza.
I frammenti video che seguono possono disegnare un quadro preciso del coinvolgimento che certa musica possa scatenare, ma il lavoro in studio regala qualche dettaglio supplementare e potrà trovare seguito tra gli ascoltatori più attenti, anche quelli che non amano particolarmente tale tipologia musicale ma si pongono davanti al nuovo senza preconcetti.
Vediamo un po’ di storia rilevata dal sito di riferimento…
Tutto
è iniziato quando Susanna e Javier si sono incontrati a Barcellona. Come duo
hanno iniziato a viaggiare e suonare musica nei festival, per strada e ovunque
li portasse il viaggio.
Tornato
in Europa è diventato un trio quando Pier si è unito come bassista e dopo la
band ha preso il suo formato attuale, con Sebastian alle percussioni e alla
batteria.
La band esplora ritmi come: cumbia, rumba, bossa nova, samba, funk, jazz, ecc…
I tempi
cambiano, la tecnologia modifica le abitudini ma resta per me complicato
accettare un prodotto musicale senza poter avere un “approccio fisico”, quello
che la musica digitale nega o comunque minimizza.
Me ne faccio una ragione e utilizzo il telefonino per scansionare il QR Code che mi condurrà al disco di Susein Y Los Pajaritos: il tutto si traduce nel seguente link di bandcamp e da qui si parte:
https://suseinylospajaritos.bandcamp.com/album/buen-viaje
Sono nove i
brani che compongono “Buen Viaje”, in bilico tra lingua spagnola, inglese italiana e francese.
Si parte
dalla title track e prendiamo così confidenza con la bella voce di Susanna
Pozzi.
Brano che
inizia col piglio intimistico e che propone varianti interessanti, ovvero come
rendere semplici e “sorridenti” passaggi strumentali virtuosi.
Prevale la
spensieratezza sonora ma il testo nasconde un discreto impegno che viene
ripetuto anche in lingua italiana e francese:
Buon
viaggio, e non importa dove arriverai, ma
chi
sarai quando tornerai.
Si prosegue
con un pezzo funky nell'idioma di albione, “Autumn Days”.
Un buon lavoro della sezione ritmica, mentre l’elettrica sostiene i giochi vocali impegnativi di Susanna. Uno spaccato di musica nobile del passato divenuta un must nel panorama globale.
Ricordi
che passano
Come
vecchi film in bianco e nero.
Istantanee
nei miei occhi,
Tesoro,
voglio solo piangere.
Il terzo
episodio si intitola “Fui Donde El Rio”.
Risultano in
questo caso centrali le percussioni, mentre una chitarra in stile “The Shadows”
disegna una sorta di desolazione da ambiente western, in bilico su un paio di
accordi, una ballad più “europea” rispetto alle altre tracce.
Sono
andato con i miei figli a vivere nella foresta,
Le
nostre case erano disegni tra le lenzuola.
La
brezza una musica morbida nell'angoscia,
Oggi i loro tronchi caduti piangono il loro destino.
Cariñito
ci permette di conoscere il “charango”, strumento
musicale a corde, sudamericano, dall’estetica molto simile al più conosciuto
ukulele, ma dal suono molto particolare e cristallino.
Una cumbia
tipica del pop latino, molto divertente e … nemica della sedentarietà!
La lirica presenta una tematica amorosa, sempre presente nei contesti musicali.
E arriviamo a
“Cambio”, altro brano spensierato ideato in toto da Susanna Pozzi.
Resta
impresso il tratto solistico della chitarra di Javier Rodriguez, il tutto al
servizio di un messaggio apparentemente “leggero” ma che nasconde un concetto
pesante, quello del cambiamento personale funzionale ad esaltare gli aspetti
della vita che contano davvero, eliminando la lente di ingrandimento posta
spesso sulle inezie quotidiane.
“Sal
Y Viento” è una sorta di tributo a Pachamama - la Madre Terra
-, dea della terra, dell’agricoltura e della fertilità, figura mitica venerata
dai popoli dell’altipiano andino.
Un reggae a bassa velocità, anche se immaginare il popolo in movimento, magari immerso nelle feste di paese, appare come facile esercizio di fantasia.
“Nas
Minhas Mãos” è una samba deliziosa, un quadretto bucolico e delicato,
dedicato a riflessioni personali… guardarsi attorno e trasferire in musica le
sensazioni di un momento che non tornerà più e che si vorrebbe condividere con
il mondo!
Il minuto
finale cambia decisamente ritmo e rappresenta, forse, lo sfogo dopo la condensazione
dei troppi pensieri.
È forse
questo il brano in cui emerge maggiormente la qualità intrinseca dei musicisti.
“Canto Para Ti y Para Mi” esprime felicità, quella di cui avremmo tutti bisogno:
Questa canzone di accompagnamento farà guarire la tua tristezza…
La novità è
la presenza della fisarmonica - che ha un ruolo predominante - e una seconda
vocalist, Giulia Semprini.
Che dire… un inno alla vita!
L’album
termina con un cantato inglese/italiano, “I Loose Myself”.
Solo voce e chitarra per un frammento magico.
La
verità è che non importa se tu dici che io perdo il tempo e il senso della mia
vita, mi piace credere che tutto possa succedere e illudermi che esistano magie
immense…
La perfetta fermatura del cerchio, la chiusura di un percorso immaginario per l’ascoltatore ma reale per chi ha creato. Un viaggio tra mondi lontani, nuotando tra sentimenti contrapposti, regalando leggerezza propositiva, celando disagi e difficoltà, quei momenti neri che certa musica riesce spesso ad attenuare, anche se cercare di catalogarla, potrebbe indurre ad errori quasi certi.
Il
contenitore preparato per noi da Susein Y Los Pajaritos è molto più complesso
di come appare, non so se sia un bene o un male ma… così è…
Da ascoltare senza pregiudizio alcuno!
Tracklist
1.
Buen Viaje-04:12
2.
Autumn Days-03:31
3. Fui Donde El Rio-05:26
4.
Cariñito-04:30
5.
Cambio-03:38
6. Sal Y Viento-04:34
7.
Nas Minhas Mãos-04:17
8.
Canto Para Ti y Para Mi-04:23
9. I Loose Myself-03:44
Album registrato presso "Il
Guscio Recordings" di Lorenz
Masterizzato a "Eleven Mastering" di Andrea De Bernardi. www.elevenmastering.com
Opera di Antonio Cammareri
AUTORI
-Tracce 1,5,7,9: Testo e musica di
Susanna Pozzi.
-Tracce 2,3,6,8: Testo e musiche di
Susanna Pozzi & Javier Rodriguez.
-Traccia 4: Ángel Aníbal Rosado
García
Musicisti
Susanna Pozzi, Javier Rodriguez, Pier
Paolo Polo, Sebastian Garate Lara, Lucas Rodriguez, Nadir Sigolo Martin Almirón, Giulia Semprini,
Melvin Ernesto Alfaro Mendoza & Julie Ant
Link
utili
https://get.bandcamp.help/hc/en-us/sections/360001562874-Downloading-music
https://www.instagram.com/susein_music/
https://www.facebook.com/suseinmusic