giovedì 21 novembre 2024

Il progressive settantiano dei PING PONG



I Ping Pong sono stati un gruppo musicale rock progressivo italiano, attivo negli anni Settanta. La loro storia è piuttosto interessante e merita di essere approfondita.


Il gruppo si formò nel 1970 per iniziativa di Alan Taylor, ex bassista dei The Casuals, con il nome The Eden Rocs.

Inizialmente, la band si trasferì in Grecia e incise un album, "Reggae And Hard Rock", che però ottenne scarso successo.

Tornati in Italia, nel 1971, decidono di cambiare nome in Ping Pong e di adottare uno stile più orientato al rock progressivo, firmando un contratto con la Emiliana Records, incidendo un album acustico interamente in inglese (con l'apporto del saxofonista inglese Alan King).

Passano poi alla Spark, che pubblica il loro secondo album, About Time, con influssi fusion e testi in italiano, e che riscuote un discreto successo di critica, ma non quello commerciale sperato.

Il loro terzo album omonimo esce nel 1973.

La loro canzone più nota è Caro Giuda, cover di A Time For Winning dei Blue Mink (con il testo italiano scritto da Roberto Vecchioni), mentre il terzo 45 giri, Il miracolo (che si avvicina al pop melodico), frutta loro un'apparizione televisiva nel 1975 nel programma Adesso musica, presentato da Nino Fuscagni e Vanna Brosio.

La band si dedicò attivamente all'attività live, esibendosi in numerosi concerti in tutta Italia.

Nel 1975, con l'ingresso del batterista Roberto Poli, il gruppo cambiò nuovamente nome in Bulldog e virò verso un sound più commerciale, mescolando rock e pop.

Dopo un periodo di successo con il nuovo nome, la band si sciolse definitivamente.

Successivamente, Celso Valli diventerà un noto arrangiatore ed Alan Taylor darà vita ai Barbados Climax e contribuirà come produttore al lancio di Vasco Rossi.

I Ping Pong rappresentano uno dei tanti esempi di band italiane che hanno contribuito a far crescere e diffondere il rock progressivo nel nostro paese. Il loro sound originale e la loro passione per la musica li rendono ancora oggi un punto di riferimento per gli appassionati del genere.

 


Formazione

Mauro Falzoni: chitarra, voce

Celso Valli: tastiere

Paride Sforza: sax, clarino

Alan Taylor: basso, voce

Vittorio Volpe: batteria

Giorgio Bertolani: voce (dal 1973)

 

Discografia

Album in studio

1970 – Reggae and Hard Rock

1971 – About Time

1973 – Ping Pong

Singoli

1971 – Funny Wife/Flash Back

1973 – Caro Giuda/Il castello

1974 – Il miracolo/Plastica e petrolio




mercoledì 20 novembre 2024

20 novembre- Il sogno di Scott Halpin, batterista degli Who per un giorno



Da un ricordo di Gianni Lucini ( Rock & Martello)
Il sogno di tutti…

20 novembre 1973 – Ho suonato con gli Who, adesso posso anche morire…

Il 20 novembre 1973 la tournée statunitense degli Who fa tappa a San Francisco. Il quartetto sale sul palco accolto da un boato, ma fin dalle prime note si capisce che c’è qualche problema. Il batterista Keith Moon è visibilmente ubriaco. Prima di iniziare a suonare si è imbottito di tranquillanti e alcool e anche sul  palco, tra un brano e l’altro, continua a bere. I compagni lo guardano preoccupati perché, pur abituati alle sue pazzie, temono il tracollo da un momento all’altro. Nonostante tutto, per un’ora la band dà il meglio di sé proponendo numerosi brani di Quadrophenia la nuova, monumentale, opera che, nelle intenzioni del chitarrista Pete Townshend, dovrebbe dare continuità al lavoro iniziato con Tommy. La scaletta del concerto prevede che, terminata l’esecuzione dei nuovi brani, gli Who regalino poi al pubblico una lunga carrellata dei loro brani più famosi. Proprio mentre il gruppo è impegnato in quest’ultima parte, Keith Moon sviene in scena. Inebetito dalla mistura di alcool e tranquillanti scivola a terra dal suo seggiolino privo di sensi e gli infermieri di servizio non possono far altro che portarlo via dal palco. La scena si svolge sotto gli occhi del pubblico ammutolito. Nel silenzio generale Pete Townshend si avvicina al microfono. "Hey, qualcuno tra voi se la sente di sostituire Keith alla batteria?". All’appello risponde un ragazzo che, aiutato dal servizio d’ordine, si fa largo fino al palco. Si chiama Scott Halpin, ha diciannove anni ed è arrivato a San Francisco da Muscatine, nello Iowa. È batterista per hobby e conosce a memoria tutti i brani degli Who, il suo gruppo preferito. Si sistema sul seggiolino mentre il bassista John Entwistle lo rassicura: "Vai via regolare, al resto ci penso io!". Emozionato e incosciente il giovane Halpin suona con gli Who gli ultimi tre brani del concerto e partecipa con il gruppo all’apoteosi finale tra i flash dei fotografi che lo immortalano abbracciato ai suoi musicisti preferiti. I cronisti presenti lo prendono d’assalto nell’intento di catturare le sue sensazioni. Lui, sudato, li guarda con gli occhi stralunati e risponde con un filo di voce: "È stata un’esperienza fantastica, adesso posso anche morire…".


Scott Halpin è deceduto il 9 febbraio 2008 all'età di 54 anni. Scott è sempre stato restio a parlare dell'avvenimento, anche molti anni dopo, dicendo di aver vissuto quei momenti in maniera frenetica e di conservare solo ricordi annebbiati. Al termine del concerto gli Who ringraziarono Halpin promettendogli 1000 dollari e regalandogli una giacca del tour americano in corso che gli venne rubata quasi immediatamente. Il giorno successivo il Chronicle di San Francisco gli dedicò una lusinghiera recensione.
Originario dello Iowa, musicista e compositore, Scott ha lasciato una moglie e un figlio a cui Pete e Roger hanno inviato le proprie condoglianze.

Il pensiero di Scott Halpin:


Accadde quel giorno...



Alla UniSavona i corsisti parlano di YES e PINK FLOYD


Nuova puntata dedicata al Rock Progressivo, il 20 novembre, alla UniSavona.

Tra i vari argomenti, l’aggiunta di un paio di linee guida del prog - dopo essersi soffermati nelle lezioni precedenti sulla lunghezza dei brani e sulla contaminazione classica - ovvero, l’uso massiccio del concept album e una spiegazione basica dell'utilizzo dei tempi dispari.

Dopo una toccante presentazione personale di Marco, che si è commosso nel corso dell’esposizione, ricordando la musica e le relazioni di un tempo…

… si è passati alla conclusione, al meno per il momento, del capitolo “YES”.

Impossibile entrare nei dettagli di una band che ha oltre mezzo secolo di storia alle spalle, cosa comune a tutti i gruppi di cui si parlerà, per cui ciò che ci è concesso dal tempo disponibile è incrociare storie, aneddoti e musica.

Per quanto riguarda la narrazione, Renata si è preparata con cura sulla copertina di “Fragile” e sulle opere dell’Art Design Roger Dean, entrando nei dettagli della sua opera e illustrando la copertina, sia dal punto di vista tecnico che da quello dei significati intrinsechi.

A seguire una serie di ascolti mirati, tratti da differenti momenti di vita degli YES.

 

Dopo qualche scambio di idee dedicato al peso che musica e liriche producono sul risultato finale si è passati ad una esercitazione atta ad introdurre i Pink Floyd.

Franca ha letto l’incipit basato sulla storia romanzata di Clare Torry, e, dopo aver svelato cosa si celava dietro il racconto (la performance di Torry in occasione della creazione di “The Great Gig In The Sky”), è partito l’ascolto, influenzato, anche, dalla proiezione del prisma impresso nella copertina di “The Dark Side Of The Moon”, e dal ruotare del vinile.

A seguire, alcuni discenti, dopo aver raccolto le idee ed elaborato l’esperienza appena vissuta, hanno espresso il loro sentimento immediato post fruizione del brano.

Che dire, un’altra bella giornata di musica, intensa e partecipata, mentre il tempo vola, senza che… il docente se ne accorga!




Il singolo a sorpresa di Natale 2023 di Steven Wilson, "December Skies", uscirà in versione fisica il prossimo dicembre


"Non pensavo di avercela fatta": Steven Wilson ha pubblicato una canzone natalizia a sorpresa nel 2023 dopo un'improbabile sfida da parte di un amico


Steven Wilson pubblicherà una versione fisica del suo singolo stagionale December Skies il 6 dicembre

Originariamente pubblicato in sordina l'anno scorso tramite il canale YouTube di Wilson e accompagnato da un video opportunamente assistito dall'intelligenza artificiale di Miles Skarin, December Skies ha rapidamente e silenziosamente accumulato oltre 200.000 visualizzazioni in pochi giorni. Il brano, scritto originariamente come esperimento dopo che un amico aveva sfidato Wilson a creare una canzone natalizia, cattura la solitudine e la bellezza riflessiva della stagione invernale.

"Poco prima di Natale l'anno scorso, un mio amico mi ha sfidato a scrivere una canzone natalizia, cosa che non avevo mai pensato di fare prima", ricorda Wilson. "La mia roba è troppo miserabile per essere usata come una gioiosa canzone natalizia, ho pensato, ma con una versione AI di me stesso che mi ha aiutato con alcuni testi adatti alla stagione, il risultato è stato December Skies.

È stato registrato rapidamente in un weekend con un piccolo aiuto del mio amico Randy McStine alla chitarra solista e ai cori, e pubblicato online qualche giorno prima del Natale 2023. Devo dire che sono incredibilmente soddisfatto di come è uscito, quindi, sono super felice che avrà di nuovo il suo momento questo Natale, e anche in forma fisico!"

December Skies sarà disponibile come CD in edizione limitata e vinile da 7 pollici con versioni vocali e strumentali della canzone, più tre esclusive cartoline di Natale di Steven Wilson illustrate da Hajo Mueller, che ha anche creato la copertina. Sarà inoltre pubblicato in Dolby Atmos e audio spaziale su Apple, Tidal e Amazon, oltre a una versione audio standard su tutte le altre piattaforme di streaming.

Wilson ha anche appena annunciato una quarta data al Palladium di Londra il 20 maggio come parte del suo tour The Overview del 2025. Wilson pubblicherà il suo nuovo album, The Overview, prima del tour.







martedì 19 novembre 2024

Gianni Venturi: il suo ultimo lavoro poetico si intitola "Succo di tenebra che goccia"

 

Ancora una volta incontro la poesia di Gianni Venturi, artista che conobbi molto tempo fa nel ruolo di musicista e che negli ultimi tempi ho visto più volte allargare i confini del suo modus espressivo; ma non ci si improvvisa, in questo caso, poeta, solo che, ad un certo punto del percorso, ci si trova sorprendentemente a proprio agio mettendo in evidenza ciò che in gioventù si tendeva a celare, per pudore forse, magari per vergogna, ma quando l’elemento anagrafico ci annuncia che il tempo scorre veloce e che la riservatezza e la discrezione non hanno più ragione di esistere, gli argini si rompono e la piena del fiume inonda tutto ciò che trova innanzi a sé.

Sono solo congetture le mie, non conosco nel profondo la storia personale di Venturi, ma il fatto che ad ogni suo progetto poetico - oltre che quello musicale - il suo pensiero arrivi anche a me, mi autorizza a commentare, non dal punto di vista “tecnico”, non ne ho le competenze, ma da quello emozionale, immedesimandomi e scrivendo di getto ciò che la sua scrittura mi suscita.

La prendo alla larga, partendo dal ruolo della poesia e dai suoi tanti volti, iniziando dal concetto di strumento per esprimere le emozioni più profonde, i pensieri più intimi e le esperienze più significative dell'essere umano, dando voce a ciò che spesso rimane inespresso. La poesia ha il potere di creare bellezza, di evocare immagini e sensazioni piacevoli attraverso il suono delle parole, il ritmo e le figure retoriche, non limitandosi a descrivere la realtà, ma interpretandola, analizzandola, trasformandola, aiutandoci a comprendere meglio noi stessi e il mondo che ci circonda.

E poi credo che l’espressione poetica svolga un ruolo fondamentale nella società, fungendo da veicolo di protesta, di denuncia sociale, di affermazione di valori e di ideali, uno dei principali mezzi attraverso cui si trasmettono i valori, le tradizioni e la cultura di un popolo.

Mi perdonerà l’autore per questa mia lunga introduzione, ma credo sia utile alla fruizione di un libro che contiene 47 componimenti, anticipati dall’introduzione di Alessandro Seravalle, compagno di viaggio e anima affine.

Ho divorato in rapida sequenza i sonetti e ne scrivo di getto, dando una mia interpretazione personale, quindi probabilmente lontana dalle intenzioni dell’autore, ma è questo il rimbalzo che posso proporre, senza pensarci troppo su.

Il titolo è "Succo di tenebra che goccia", estremamente suggestivo. 

La "tenebra" rappresenta forse la morte, l'ignoto, la malinconia, il pessimismo, la perdita di speranza… e il suo gocciolare suggerisce un processo lento, inesorabile, come una malattia che si diffonde, mentre il tempo passa senza chiedere il permesso, lasciando tracce indelebili sulla nostra anima, quando il vuoto di chi ci ha lasciato diventa insostituibile.

succo di tenebra che goccia come sabbia sperduta sulla riva un verso rannichiato tra le dita vaga e si posa senza fiato come scheggia di sale sulla ferita in questo viaggio, nella valigia stracci imbevuti di memoria la parola avvampa i cuori null’altro che amore in questo quieto, naufragare.

La punteggiatura utilizzata da Venturi è poco convenzionale - ciò che al poeta è concesso - ma risulta chiaro il flusso dei pensieri e delle emozioni, che attira l'attenzione del lettore sui particolari, enfatizzandone il significato.

Dal primo testo, apparentemente semplice, l'uso sapiente delle immagini, delle metafore e delle figure retoriche crea un'atmosfera coinvolgente, da cui si desume una profonda riflessione sulla condizione umana e sulla bellezza della parola poetica.

A seguire vorrei proporre una sintesi della proposta di Gianni Venturi attraverso piccoli esempi, alcuni dei quali mi hanno particolarmente colpito.

In questa cava di embrioni fluttuanti. troppa beata santissima zuppa di fede avvolgente giacciono in pose oscene filosofi che abitano libri desiderosi di occhi.

Ho trovato un profondo senso di disagio e di inquietudine nei confronti di un mondo dominato da ideologie e da sistemi di pensiero che tendono a omologare e a soffocare l'individualità. L'autore, attraverso un linguaggio provocatorio e visionario, ci invita a riflettere sulla natura della fede e dell'esistenza umana.

Ci sono spazi vuoti tra la poesia ed il resto dei giorni

La poesia si colloca in una dimensione temporale e spaziale diversa rispetto alla vita quotidiana. È un luogo dove il tempo si dilata, le emozioni si intensificano e la realtà viene filtrata attraverso una lente soggettiva. La poesia vista come un rifugio, un modo per evadere dalla monotonia e dalla routine della vita quotidiana, fatta anche di spazi vuoti, che rappresentano la distanza che separa la bellezza e la profondità della lirica dalla banalità e dalla superficialità del quotidiano.

nessun dio nella fame. Eppure trema la scintilla, mentre balla la scimmia. Si placa l’orrizzonte in una terra piatta, cavalca la tigre sul disco cannone, pare vuoto ogni momento di dolore nel silenzio, ma un tuono che rimbomba nello sprofondo. Anarchia utopia, l’esplodere dell’empatia.

Ho letto un profondo senso di disagio e di inquietudine nei confronti di un mondo che appare allo stesso tempo crudele e pieno di possibilità. Venturi, attraverso un linguaggio ricco di simbolismi e di immagini potenti, ci invita a riflettere sulla condizione umana e sulla necessità di costruire un futuro più giusto ed equo.

Le farmacie, gli ospedali, cattedrali, buie officine della vita, aggiustano corpi che si spengono spazzati da un vento che non perdona, il dio dei pezzi di ricambio non ha pietà, cantano il falegname, il muratore, l’idraulico, ma la casa, desolata, oramai, inerte crollata.

Pessimismo? Rassegnazione di fronte alla morte? Al di là della cupezza, emerge una certa dignità nell'affrontare il tema della fine. L'immagine della casa che crolla, pur nella sua desolazione, suggerisce un senso di accettazione della propria condizione umana.

C’è stato negli anni un tracollo intellettuale così radicale da spegnere ogni possibile sviluppo sociale oggi, come per magia, un’unica soluzione un tuffo nell’empatia mentre nell’aria si espande una inarrestabile poesia. Alcuni la chiamano utopia, io la conosco come Anarchia.

Nell’insieme l’espressione di una profonda speranza nel futuro dell'umanità. L’autore, pur riconoscendo la gravità della crisi attuale, invita a non perdere di vista la possibilità di un cambiamento radicale, basato sulla riconquista dei valori fondamentali dell'umanità. La profonda crisi culturale e sociale, caratterizzata dalla perdita di valori e di ideali trova conforto nell’empatia, che viene presentata come l'unica via d'uscita, un modo per riconnettersi con gli altri e costruire una società più equa, mentre l’anarchia, in questo contesto, non va intesa come caos o disordine, ma come assenza di autorità e di gerarchie, come un modo di organizzare la società basato sulla cooperazione e sulla solidarietà.

Potrei tra le case, di pietra lucida, aggrapparmi sconfitto dentro l’indigesta ricerca metafisica. Tutto questo grande e freddo ipermercato delle menti vuote, una cattedrale di luce sbiadita tutto ciò che appariva rosso è nero come sangue sulle lenzuola

Ho captato un profondo senso di solitudine e di alienazione. Attraverso un linguaggio ricco di simbolismi e di immagini potenti, ci viene offerta una rappresentazione della condizione umana, segnata dalla ricerca di un senso in un mondo spesso freddo e indifferente.

la voce delle pietre il canto dei sassi L’ineffabile sintonia delle foglie che danzano l’autunno. Nell’ombra giacciono reminiscenze oggetti, di un futuro già stato

Malinconia, nostalgia, ma anche profonda bellezza, un invito a rallentare il ritmo e a prestare attenzione ai dettagli della realtà, per cogliere la poesia nascosta nelle cose più semplici.

tutto è entropia, nel sublime luminoso non vi è traccia del subliminale. Una risposta al teorema ancestrale del cadere dove brucia la notte: La rete è libertà? Il pescatore sorride, e sussurra sferzato dal vento dell’oceano: la rete imprigiona il pesce! Il mercato lo divora!

È questa, secondo la mia visione, un'allegoria della condizione umana, che si dipana attraverso una profonda riflessione sulla natura dell'esistenza, sulla libertà e sulla nostra relazione con il mondo esterno. L'entropia, concetto fisico che indica il grado di disordine di un sistema, viene esteso a descrivere l'universo intero, suggerendo un'ineluttabile tendenza verso il caos e la decadenza.

Ma è sui due concetti contrapposti -"Sublime luminoso" e "subliminale" - che viene evocata la dualità tra ciò che è evidente e ciò che è nascosto, tra la superficie e la profondità. Critica alla società contemporanea? Riflessione sulla condizione umana? O forse una metafora della vita, vista come un viaggio verso l'inevitabile declino?

ogni goccia di vita, che guerreggia di gente in gente, in una entropica e distonica follia, questa tenebra è solo luce che spenta attende di illuminare la rugiada nell’erba di un nuovo mattino.

La poesia mi è apparsa come una riflessione sul ciclo della vita e della morte, sulla continua trasformazione della natura e dell'uomo, all’interno di una critica alla società contemporanea, vista come un luogo di disuguaglianze e di conflitti, dove prolificano vite umane spesso prive di valori. Ma nel complesso si avverte un senso di profonda ambivalenza: da un lato la consapevolezza della sofferenza e della precarietà dell'esistenza umana, dall'altro, la speranza in un futuro migliore, in una rinascita.

Mi fermo qui, per non svelare troppo, provando a sintetizzare un pensero personale, quindi opinabile, ma organizzato.

Le poesie sembrano mostrare una certa propensione alla sperimentazione linguistica e all'uso innovativo della punteggiatura, come già evidenziato.

I temi affrontati sono complessi e stimolanti, e invitano a una riflessione profonda sull'uomo e sul suo modello di vita.

Le immagini poetiche sono potenti, in grado di suscitare emozioni intense nel lettore - forse per l’allontanamento dai canoni tradizionali - presentando una visione originale della realtà.

In alcuni casi, la sperimentazione a cui accennavo, e l'uso di immagini complesse, potrebbero rendere la lettura ostica, e l’eccessiva densità di significati potrebbe obbligare ad una interpretazione della poesia troppo soggettiva. Forse.

Concludo con uno di miei pallini, che esercito sempre nei commenti di nuovi album, ovvero la ricerca della concettualità.

Il fil rouge mi pare ben definito e risiede nella dettagliata riflessione sull'esistenza umana, sulla società contemporanea e sulla ricerca di un senso più profondo. Emerge un profumo di disagio, di disillusione nei confronti della perdita di umanità - vera o apparente - e una costante ricerca di un'alternativa, di una nuova utopia.

Ho trovato una forte sensazione di vuoto, di perdita di significato, di esistenze prive di scopo, mentre la società viene rappresentata come un luogo malato, corrotto, dominato dal consumismo e dall'alienazione. Ma Venturi sembra costantemente alla ricerca di una verità ultima, da ricercare con sguardo positivo.

Esiste una contrapposizione tra la natura, vista come un luogo di autenticità e di bellezza, e l'artificiale, rappresentato dalle possibilità tecnologiche, e l'autore sembra quasi auspicare una rivoluzione, un cambiamento radicale della società, per costruire un mondo più giusto ed equo.

E questo punto mi piacerebbe sapere se il mio sentimento da lettura immediata collima, almeno in minima parte, con il pensiero di Gianni Venturi!

 

 

Ricordando i JUMBO

 


Da alcuni giorni mi sono dedicato all’estrapolazione di frammenti sonori di una vecchia trasmissione del ’70, UNDER 20, il cui racconto generale è fruibile al seguente link:

https://athosenrile.blogspot.com/2020/05/under-20-programmi-tv-per-i-giovani.html

Tra i tanti gruppi e artisti presenti in quelle antiche trasmissioni ho trovato i JUMBO, gruppo a me noto da una vita, ma il rivederli “giovani”, a distanza di così tanti anni, mi ha fatto venire voglia di raccontarli, seppur in modo minimale, dando la possibilità al lettore di vedere il filmato a cui facevo riferimento, aggiunto all’ascolto più esteso della loro musica.

Jumbo è stata una delle band più importanti del panorama progressive rock italiano degli anni '70. Il gruppo milanese si formò attorno alla figura carismatica di Alvaro Fella, un cantautore dalla voce graffiante e polistrumentista. La band si distinse per un sound che mescolava elementi del cantautorato italiano con influenze blues e progressive rock, creando un mix originale e coinvolgente.

Si formarono nel 1969 e pubblicarono i primi singoli nel 1970.

Oltre ad Alvaro Fella (voce, chitarra acustica, sax, tastiere, percussioni, 1970-1974) la formazione classica dei Jumbo includeva:

Daniele Bianchini (chitarra, 1970-1974)

Dario Guidotti (flauto, armonica, chitarra acustica, percussioni, 1970-1974)

Sergio Conte (tastiere, voce, 1970-1974)

Aldo Gargano (basso, chitarra, 1970-1974)

Vito Balzano (batteria, percussioni, voce, 1970-1972)

Tullio Granatello (batteria, 1973)

Enzo Cafagna (basso elettrico, dal 1975)


I Jumbo pubblicarono tre album negli anni '70 e ottennero un discreto successo, soprattutto nel circuito dei concerti.

Nel 1973 uscì il loro terzo album, “Vietato ai minori di 18 anni?”, con musiche d'avanguardia (alle quali collaborò Franco Battiato) e testi forti che ne provocarono il bando dai programmi radiofonici.

Il gruppo continuò a esibirsi dal vivo ancora per alcuni anni partecipando ai festival di Parco Lambro nel 1975 e 1976, dopo aver pubblicato l'ultimo singolo nel 1975, “Vorrei/Il re dei re del rock and roll”, dopodiché si sciolse,

per poi tentare di riformarsi con qualche cambio nella formazione su iniziativa di Daniele Bianchini nel 1983, per la registrazione dell'album “Violini d'autunno, e in seguito nel 1990, per un concerto a Parigi dal quale venne prodotto un CD Live.

Nel 2001 viene pubblicato il CD “Passing by”, con delle registrazioni effettuate tra il 1991 e il 2001 da Daniele Bianchini, Alvaro Fella, Dario Guidotti e Tullio Granatello.

Vorrei soffermarmi sulla figura di Alvaro Fella, fondamentale per i Jumbo, e ha lasciato un segno indelebile nel panorama musicale italiano.


Alvaro Fella: il cuore dei Jumbo

Alvaro Fella era molto più di un semplice cantante per i Jumbo. Era l'anima del gruppo, il compositore principale e il frontman carismatico. La sua voce graffiante e la sua personalità intensa hanno caratterizzato lo stile unico della band. Fella, oltre ad essere un valente singer, era anche un abile chitarrista e un compositore prolifico. Le sue canzoni, spesso introspettive e poetiche, spaziavano dal rock al blues, toccando anche sonorità più sperimentali.

Sul palco, era un performer energico e coinvolgente, capace di trascinare il pubblico con la sua presenza scenica.

Le sue influenze musicali erano molteplici, dalla musica popolare italiana al blues americano, fino al rock progressivo. Questa miscela di generi gli ha permesso di creare uno stile unico e inconfondibile.

Fella era l'autore della maggior parte delle canzoni dei Jumbo, firmando brani che sono diventati dei veri e propri classici del rock progressivo italiano. La sua personalità forte e determinata lo ha reso il leader indiscusso della band, guidando i Jumbo verso un successo sempre crescente.

Anche dopo lo scioglimento dei Jumbo, Fella ha continuato a fare musica, sia come solista che collaborando con altri artisti.

Ho avuto modo di incontrarlo più volte e di intervistarlo su palco dedicato al prog… Alvaro se vuoi aggiungere qualcosa la porta è sempre aperta!

Qui in un'intervista di un po' di tempo fa...

https://athosenrile.blogspot.com/2015/04/intervista-ad-alvaro-fella.html


 

Discografia

Album in studio

1972 – Jumbo

1972 – DNA

1973 – Vietato ai minori di 18 anni?

1992 – 1983 - Violini d'autunno

2001 – 1991-2001: Passing By 

Album dal vivo

1992 – Jumbo Live

2023 — Live in Caremma 2023 

Singoli

1970 – In estate/Due righe da te

1970 – Montego bay/Due righe da te

1975 – Vorrei/Il re dei re del rock and roll 

DVD

2007 – Anthology




lunedì 18 novembre 2024

Gli Atomic Rooster annunciano le date live per il 2025


Le leggende del prog Atomic Rooster stanno attualmente lavorando al loro primo nuovo album in studio dal 1983


Le leggende del prog Atomic Rooster hanno annunciato nuove date live per il 2025 e il fatto che la band sta attualmente lavorando a un nuovo album in studio, una notizia che sicuramente delizierà i loro fan.

Gli Atomic Rooster - che fino a poco tempo fa erano guidati dall'ex cantante Pete French, che cantò nel terzo album del 1971, In Hearing Of Atomic Roster, e aveva precedentemente cantato con i proto-metaller Leaf Hound (che avrebbe riformato nel 2004) - presentano anche il chitarrista Steve Bolton, che comparve nell'album Made In England del 1972. Bolton è presente insieme all'attuale tastierista Adrian Gautrey, al bassista Shug Millidge e al batterista Paul Everett.

Oltre a lavorare a un nuovo album, che sarà il seguito di Headline News del 1983, la band ha anche programmato le seguenti date dal vivo per l'inizio del 2025.


10 gennaio: Liverpool The Swinging Arm

11 gennaio: Hull Wrecking Ball Musica e libri

12 gennaio: Barnoldswick Music and Arts Centre

27 marzo: Kinross Backstage at the Green

29 marzo: Wakefield Venue 23



domenica 17 novembre 2024

Robert Fripp e Carl Palmer guidano gli omaggi a Pete Sinfield, scomparso all'età di 81 anni

 

Il produttore e paroliere dei King Crimson e degli ELP Pete Sinfield è morto giovedì all'età di 81 anni


Tra coloro che hanno reso omaggio al paroliere e produttore musicale Pete Sinfield, scomparso giovedì all'età di 81 anni, ci sono anche gli ex colleghi Robert Fripp e Brian Eno.

"Peter Sinfield, il roadie, paroliere, operatore luci e tecnico del suono dei King Crimson, è scomparso ieri", ha scritto Fripp ieri su X.

Il batterista degli ELP Carl Palmer ha aggiunto: "Peter ci mancherà molto. Una persona fantastica con cui stare e molto divertente. Siamo stati con lui a casa sua circa 18 mesi fa e abbiamo parlato e parlato per tutto il pomeriggio".

"Pete Sinfield è morto oggi, ha influenzato la mia scrittura di testi pre-Squeeze portandomi nel fantasy e nell'immaginazione profonda, principalmente perché amavo i King Crimson", ha rivelato il chitarrista e cantante degli Squeeze Chris Difford. "Ero un fan del suo lavoro e ho preso un autobus della Green Line per Somerset per farmi autografare i miei album, ho aspettato per ore con la penna in mano fuori casa sua".

Sinfield fu una parte importante dei King Crimson fino al 1972, in particolare dando al gruppo il loro nome e procurandosi l'accattivante copertina di Barry Godber per l'innovativo debutto del 1969 della band In The Court Of The Crimson King. In seguito, produsse l'album di debutto dei Roxy Music e il loro singolo di successo Virginia Plain, prima di lavorare con i prog rocker italiani PFM ed Emerson, Lake & Palmer, scrivendo il testo per il singolo di successo stagionale di Greg Lake I Believe In Father Christmas. In seguito, avrebbe scritto successi pop per una varietà di artisti che spaziavano da Buck's Fizz, Five Star e Celine Dion.

Sinfield nacque a Fulham, Londra, il 27 dicembre 1943. Lavorò brevemente come agente di viaggio e per una società di computer, ma fu la socializzazione con i membri della Chelsea School Of Art che lo portò a imparare da solo a suonare la chitarra e a iniziare a scrivere poesie.

Incontrò il musicista Ian McDonald dopo aver formato la band psichedelica degli anni '60, i Creation. Fu McDonald a spingere Sinfield a concentrarsi sulla scrittura dei testi e tramite lui si sarebbe messo in contatto con Robert Fripp e Michael e Peter Giles, che si sarebbero evoluti nei King Crimson dopo che Greg Lake aveva sostituito Peter Giles.




“The Plains of PO”-George Wallace, Ana Spasic e Francesco Paolo Paladino



Sono abituato all'ecletticità di Francesco Paolo Paladino, il cui incessante lavoro artistico è caratterizzato dalla sperimentazione, dal sapere/volere osare, ma di certo dietro ad ogni angolo le peculiarità di un nuovo progetto presentano essenza ed estetica differenti.

Ecco il suo racconto in pillole dell’album “The Plains of PO”, di imminente uscita…

In questo ultimo lavoro progetto io e Ana Spasic abbiamo costruito musica sulla poetica del grande poeta contemporaneo vivente George Wallace. Insieme a lui abbiamo scelto alcune poesie che Ana ha cantato sulle mie musiche (create, elaborate e sorrette dall’inestimabile aiuto di cari amici e musicisti).

Tutto nasce da... George Wallace ha regalato un bouquet di sue poesie tratte dalla raccolta “Resurrection Song” ad Ana Spasic lasciandola libera di interpretarle secondo la sua sensibilità artistica. 

Ergo, il lavoro di un visionario, di un poeta e di un soprano.

Cliccando sul link a seguire rimando alle note ufficiali, per non perdere la sostanza di ciò che i creatori regalano all’ascoltatore, mentre in questo spazio mi lascerò andare alle mie impressioni di ascolto… 

https://athosenrile.blogspot.com/2024/11/introduzione-allalbum-plains-of-po.html

Sono otto le tracce proposte, e la commistione tra l’ortodossia strumentale classica, la qualità vocale e la “manipolazione” tecnologica producono un risultato che trascende ogni possibile incasellatura di genere.

Le immagini inserite nel booklet, le parole e le trame sonore diventano un mosaico le cui tessere non potrebbero trovare differente collocazione.

Il peso delle parole rispetto alla musica è sempre stato oggetto di argomentazioni, anche accese, ma la piena fruizione di un progetto di tale portata risponde in toto ad ogni possibile dubbio, perché nella creazione musicale perfetta non esiste elemento predominante.

Ana Spasic, in quanto frontwoman in un ipotetico concerto, emerge, per il ruolo e per le sue incredibili skills, per una voce che conquista, per la capacità di arrivare anche a chi è dedito ad altre tipologie musicali.

Il resto è poesia pura, quella di George Wallace, lirica in movimento accostata nella narrazione alla cultura legata ad una terra specifica, quella in cui è cresciuto Paladino, quella vita che da secoli ruota attorno alle rive del PO, un tempo protagonista di un grande sviluppo economico e culturale ma che, con l'avvento dell'industrializzazione, è divenuto oggetto di un forte impatto ambientale, a causa dell'inquinamento e dello sfruttamento eccessivo delle sue risorse.

Decodificare i testi di un brano, e quindi i pensieri dell’autore, è sempre cosa ardua, ma nella logica dell’interazione tra chi scrive e chi gode del risultato, provo a evidenziare ciò che i singoli episodi mi hanno suscitato, diventando anche io, almeno per un istante, parte del progetto!

Si parte con The Plains of PO.

Il testo presenta una forte carica poetica e un'intensa riflessione sulla condizione umana e sulla società. L'autore sembra voler sottolineare la complessità e la contraddittorietà dell'esistenza, intrecciando immagini di violenza, passione, spiritualità e natura. Il riferimento a Pasolini e al paesaggio italiano sottolinea la ricerca delle radici e di un senso di appartenenza. La poesia diventa quindi uno strumento per comprendere e interpretare la realtà, per denunciare le ingiustizie e per cercare un cambiamento.

Doveroso citare i musicisti che contribuiscono alla realizzazione del pezzo:

Violin: Giampaolo Verga al violino, Gino Ape all’oboe e Pierangelo Pandiscia al Cello samples.

A seguire The Horse That Never Was.

Il componimento poetico ci trasporta in un momento storico preciso: la Milano di fine Quattrocento, dominata da Ludovico il Moro. Al centro della scena, un'opera d'arte colossale, il cavallo di Leonardo da Vinci, destinato a una tragica fine. Wallace, attraverso un linguaggio evocativo e ricco di immagini forti, ci invita a riflettere sulla precarietà della bellezza, sulla vanità dei progetti umani e sulla violenza della storia.

Una riflessione sulla natura effimera della bellezza e sulla crudeltà della storia attraverso un linguaggio evocativo e ricco di immagini forti, che ci offre una rappresentazione potente della fragilità dell'uomo di fronte alle forze del destino.

Nel pool di musicisti si unisce Alessandro Fogar (keyboard texture).

La voce di Ana si manifesta come strumento puro che si lega all’aspetto interpretativo, e l’atmosfera che si viene e creare, tra il distopico e l’onirico, riempie e traborda dal luogo di ascolto.

Arriviamo a The Kiss: mistero, sorpresa, attesa, crescita, rigidità, viaggio e peso per sostenerlo, un cuore che pulsa sofferente rispetto al carico da sopportare. Metafora della vita? Dell'amore? Della spiritualità o di un qualsiasi altro aspetto dell'esistenza umana? L'apertura a molteplici interpretazioni è una delle caratteristiche più affascinanti di questa poesia.

Un duetto tra Spasic e Paladino è alla base della traccia, toccante, con la sottolineatura di alcune parole in lingua italiana che emergono dalle vocalizzazioni della cantante.

Magnifico!

Summer Daisies, oltre ai “due soliti noti”, vede la presenza di Byrn D. Paul (guitar strategy).

Trattasi di un invito a un'introspezione profonda, ponendoci di fronte a un dualismo affascinante: quello tra l'essere e il vuoto, tra la vita e la morte, tra l'infinito e il finito. L'immagine centrale è quella del fiore, un simbolo universale di nascita, crescita e decadimento, che diventa qui metafora dell'esistenza umana e cosmica.

Da brivido!

In The Future mette in evidenza il piano di Umberto Petrin (Bechstein del 1826 accordato a 432Hz).

Nella mia interpretazione la poesia si presenta come un manifesto ottimista e visionario, una sorta di incantesimo lanciato verso un domani migliore. L'autore dipinge un quadro di un'umanità redenta, capace di superare le divisioni e le sofferenze del presente per raggiungere una condizione di armonia e di felicità, un linguaggio semplice e diretto, che ci invita a immaginare un mondo migliore, in cui l'amore, la bellezza e la fratellanza prevarranno sulla violenza e sull'odio.

Ma anche il mero ascolto fornisce grandi soddisfazioni!

In California ritornano al Cello & Viola samples Gino Ape & Pierangelo Pandiscia.

Wallace ci trasporta in un paesaggio notturno della California, dove la luna piena, sul punto di tramontare, illumina una scena di natura selvaggia e incontaminata, e attraverso un linguaggio ricco di immagini evocative e sensazioni tattili, ci invita a immergerci in un'esperienza sensoriale intensa e profonda, dove la solitudine trova la connessione con la natura, e tutto trova un suono adatto alla situazione.

Avvicinandoci alla fine dell’album troviamo A Butterfly On A Grindong Wheel, con la presenza di Verga al violino, Ape all’oboe e Pandiscia alle percussioni.

La farfalla diventa una metafora potente. Non è solo un semplice insetto, ma un simbolo di resilienza, adattabilità e saggezza. Vola da un ambiente all'altro, affrontando situazioni diverse mantenendo sempre la propria identità.

Una riflessione sulla nostra vita e sulle nostre scelte, che spinge ad imparare a vivere come la farfalla, in armonia con la natura, rispettando tutte le forme di vita.

È questo il brano a mio giudizio meno assimilabile all’impatto, forse il più vicino al concetto di musica contemporanea, ma l’atmosfera creata da Paladino e Spasic è qualcosa di unico.

E arriviamo al termine del percorso con Resurrection Song, che vede alla chitarra Sean Breadin.

Un intenso e commovente canto alla vita, alla morte e alla rinascita, un viaggio introspettivo attraverso i sensi, le emozioni e le esperienze di una vita che volge al termine, esaltando la caducità della vita stessa, la bellezza della natura, la spiritualità e la trascendenza… l’amore!

Nonostante il tema della morte, la poesia appare come una celebrazione della vita, della sua bellezza e della sua complessità, con un finale particolarmente suggestivo, dove il poeta esprime il desiderio di tornare a una dimensione originaria, un luogo di purezza e di luce, rappresentato dal colore "azul" (blu in spagnolo), che rimanda al cielo e all'infinito.

Segnalo un piacere fisico che mi è arrivato nel corso dell’ascolto del brano!

Senza parole al cospetto di un lavoro complesso - non è un caso che mi sia preso fin troppo tempo per la mia analisi - ma al contempo di facile fruizione per i sensibili e virtuosi d’animo.

Una presentazione errata di “The Plains of PO” relegherebbe il progetto all’interno di una nicchia, quella più open mind ma, conoscendo Paladino, sono certo che l’espansione del suo lavoro a tutti i livelli di fruizione lo renderebbe felice.

La complessità a cui accennavo è più di natura creativa, e non credo di poter avere un’idea precisa di cosa voglia dire assemblare in tal modo varie arti, giacché la sola tecnologia non può bastare a giustificare un risultato positivo così evidente.

Mi godo l’album, che consiglio vivamente e di cui allego frammento video…






sabato 16 novembre 2024

Un po' di storia degli Oz Master Magnus Ltd

 


Gli Oz Master Magnus Ltd sono stati un gruppo musicale italiano degli anni '70, noto per la loro musica pop con influenze progressive rock. Il loro stile era caratterizzato da un sound derivativo, con evidenti richiami a band britanniche come i Beatles.

Il loro repertorio proponeva un mix di pop melodico e sperimentazioni più progressive, creando un sound piacevole e non particolarmente impegnativo.

Hanno pubblicato alcuni 45 giri e sono presenti su diverse compilation.

Oggi i loro dischi sono considerati delle vere e proprie rarità e sono molto ricercati dai melomani.

Gli Oz Master Magnus Ltd sono un esempio interessante di come il pop italiano degli anni '70 si sia aperto a influenze internazionali, creando un sound originale e riconoscibile.

La loro musica è oggi difficile da trovare, il che li rende particolarmente affascinanti per i collezionisti.


Ascoltare gli Oz Master Magnus Ltd significa fare un tuffo nel passato e riscoprire un pezzo di storia della musica italiana.

Nel 1974 uscì il loro album omonimo