ARCADELT- ARC8
Lizard Records
Gli Arcadelt nascono
nel 1992, un dato che suggerisce due ovvie considerazioni: innanzitutto
parliamo di considerevole esperienza musicale, giacché ventisette anni dedicati, anche, alla musica sono
periodo significativo di vita; seconda cosa, i componenti di questa band romana
propongono un tipo di musica che hanno assimilato per induzione, magari fulminati
da qualche ascolto genitoriale, perché i fatti dicono che all’inizio della
loro attività la musica progressiva era
ormai stata relegata a estrema rappresentazione di nicchia. Apprezzabile.
Sì, stiamo parlando di prog, quello che la Lizard - etichetta
discografica di Loris Furlan - propone con continuità.
Quando Loris mi inviò un link ad un loro video relativo alla
nuova uscita - “ARC8” - mi premurai immediatamente
di approfondire, perché spesso mi bastano pochi secondi di ascolto per capire
che il seguito potrà darmi soddisfazioni.
Il disco in questione è stato presentato
ufficialmente in occasione del Festival Prog di Veruno, pochi giorni fa, appuntamento
che ho mancato per un soffio, potendo presenziare solo all’ultima giornata,
quando gli Arcadelt erano già… passati, lasciando però un certo strascico positivo.
Ed è stato proprio nel corso del mio avvicinamento a Veruno -
circa due ore di viaggio - che ho ascoltato tutto l’album, tre volte di fila,
condividendolo con altre due anime prog, con me in auto.
Beh, non mi ero sbagliato!
I quarantatré minuti proposti dagli Arcadelt mi appaiono come sintesi
del prog che più ho amato, e mi pare poco interessante sottolineare le
similitudini con le matrici originali e con le sonorità che hanno influenzato la formazione
musicale del singolo musicista… preferisco evidenziare la qualità che produce
la miscela tra rock e classicismo che propongono e che da sempre mi entusiasma.
Sono sette le tracce che compongono “ARC8”, un cantato in
inglese che trova concessione alla nostra lingua nel brano “Assenze”, e
nell’incipit di “Caledonia”.
L’intervista a seguire realizzata con la band chiarirà ogni
aspetto relativo alla biografia, ai significati del disco e alla filosofia di
lavoro, permettendo di catturare dettagli importanti che spesso non emergono
dal solo ascolto, e partendo proprio dal titolo si arriva ai concetti tanto
cari a questi musicisti.
In questo caso preferisco fotografare semplicemente il mio
feeling.
Lo sforzo enorme che porta alla creazione di un progetto come
questo è spesso sottovalutato, perché l’afflusso continuo di nuova musica,
facilitato dalla progressione tecnologica, porta a mettere sullo stesso piano tutto ciò che arriva alle nostre orecchie, ma con un po’ di attenzione ed esperienza si
arriva a personali distinguo.
La tipologia di proposta musicale degli Arcadelt risalta per
la cura delle trame musicali - a tratti sinfoniche - e l’inserimento di
elementi rock, con l’aggiunta di liriche che superano una certa banalità tipica
di alcuni testi usati nei seventies; quindi “ARC8”, attraverso i convincimenti condivisi
dei singoli componenti, è anche portatore di messaggi, fatto non certo scontato.
Onestamente, mi sarebbe risultato impossibile raggiungere l’essenza
di questo lavoro senza le spiegazioni dei creatori del progetto, e mi sarei
accontentato nel godere di una bellezza estetica che spero sia per tutti un obiettivo
da raggiungere.
Concetto esagerato? Bellezza estetica?
Ho la fortuna di provare piacere fisico quando mi imbatto in
particolari trame sonore, a volte brani ben catalogati nella mia discoteca
immaginaria, tracce che utilizzo proprio per riprovare un certo benessere che
tanto mi gratifica… parlo di brividi che a volte percorrono parte del mio corpo
e mi procurano secondi di trascendenza musicale. Credo sia una grossa fortuna
possedere tale sensibilità, e ciò mi ha portato a superare i tradizionali
giudizi che si applicano in questi casi, e la solita dicotomia tra musica buona
e cattiva si è per me trasformata in musica che fa stare bene e altra che lascia indifferente.
“ARC8” appartiene per me alla prima categoria, un album che
farà parta dei miei normali ascolti futuri, la cui fruizione determina un risultato
certo, un piacere musicale che auguro a tutti.
A controbilanciare questo commento anomalo, volutamente personalizzato,
aggiungo l’oggettività del pensiero degli Arcadelt: la lettura mi appare propedeutica all’ascolto, una sorta di indicazione da seguire prima dell’utilizzo
di un nuovo acquisto.
Ovviamente, è un album che consiglio di comprare a scatola chiusa!
La chiacchierata…
Obbligatorio iniziare dalla vostra storia, dall’evoluzione
della band a partire da metà anni ’90…
Cinque ragazzi con la voglia di divertirsi e una passione
comune per il rock progressivo. Un CD (“Enjoy”) composto e prodotto
molto velocemente, i live nei locali romani e la partecipazione ad alcune
rassegne specializzate, delle recensioni molto positive. Poi l’uscita dal
gruppo del batterista fondatore Fabio Ferri ha significato cercare nuovi
equilibri per delle persone che si sentivano prima di tutto legate da un
rapporto di amicizia e non solo musicale. L’arrivo di Sandro Piras ci ha
permesso di concretizzare finalmente molto del lavoro che era rimasto sospeso.
Guardando alla vostra discografia si nota un considerevole
spazio temporale tra le vostre due uscite discografiche: cosa è accaduto tra
una e l’altra?
In realtà non abbiamo mai smesso di frequentarci e c’erano
diverse composizioni che il gruppo aveva elaborato dopo l’uscita di “Enjoy”.
Quando abbiamo avvertito nuovamente la voglia di tornare a comporre è stato
naturale ritrovarsi in sala prove con uno spirito diverso. I nuovi brani sono
nati infatti da diverse ore di improvvisazione in sala e non più da una base
portata da un singolo componente del gruppo. Un approccio entusiasmante dal
punto di visto creativo, anche se molto “time consuming”.
“Enjoy” e “Arc8”
sono separati da 25 anni: possibile intravedere qualche legame tra i due dischi?
Esiste un aggancio tematico?
Sì, vi sono diversi legami tra i due lavori. Da un punto di
vista compositivo contiene dei brani che furono composti poco dopo l’uscita di “Enjoy”
e che abbiamo terminato di arrangiare. Da un punto di vista tematico ci
interessa sempre esplorare la complessità dell’animo umano e la sua risposta di
fronte ad emozioni quali gioia, amore, paura, frustrazione, spesso un
equilibrio da trovare tra desiderio di vendetta e compassione verso noi stessi
e gli altri. “Enjoy” esplora le emozioni di un’età infantile e
adolescenziale, “ARC8” di un’età più adulta.
Quali sono state le band o gli artisti a cui vi siete
ispirati inizialmente e con cui vi siete formati?
La metà delle recensioni al nostro lavoro concludono che
assomigliamo ai Marillion, anche se non è mai stato particolarmente il nostro
modello. In realtà non ci piace essere assimilati a degli schemi predefiniti, se
dobbiamo fare un nome sicuramente un modello di ispirazione comune sono stati i
Genesis.
Soffermiamoci sul nuovo progetto partendo dal titolo e dal
suo significato…
Il titolo di questo
lavoro ha conosciuto varie fasi di preproduzione. Originariamente doveva
chiamarsi “Arcade”: un omaggio alle sale giochi anni ’80, nelle quali abbiamo
dilapidato la nostra giovinezza, e un continuum del concetto di gioco espresso
nella prima copertina di “Enjoy”. Dai balocchi ai videogame. Successivamente ha avuto
una pre-release con il titolo di “Ventura”, a sottolineare l’avventura della
nostra frequentazione che ha superato varie barriere oltre a quella temporale.
Nel cercare il
nuovo titolo siamo stati influenzati dai discorsi sui massimi sistemi che
spesso chiudevano le prove. In particolare, riguardo alla meccanica quantistica
in rapporto alla meccanica classica, la sfida della fisica di trovare la teoria
del tutto, ci ha portato alla scoperta del nuovo (si fa per dire perché nasce
negli ‘80) concetto di realtà. I “nuovi” fisici la chiamano “E8”, e simboleggia
in parole veramente povere il numero minimo di dimensioni che ci circondano.
Dove la teoria delle stringhe non ha davvero completato il suo obiettivo, E8 si
presenta come gagliardo alfiere… Abbiamo conosciuto molti momenti di tensione
prima e dopo, e Arcade si stava trasformando simpaticamente in Arc-hate per
odio e frustrazione. Ci sembrava perfetto unire la ricerca del tutto (nel
nostro “tutto”) in una equazione, quasi un acronimo.
A completare il progetto la copertina frutto di una
interpolazione di più immagini ad opera di un software di Intelligenza
Artificiale, parte dallo stesso percorso Balocchi-Videogame verso la giostra,
intesa come vita o visione ologrammatica di essa. Era difficile da credere o
immaginare ma E8 si rappresenta proprio con la forza stilizzata di una giostra.
Cosa contiene “Arc8” dal punto vista dei testi e delle trame
musicali?
I nostri brani raccontano dell’impatto che hanno i nostri
sogni dell’infanzia e le aspettative dell’adolescenza quando si raggiunge l’età
adulta. La nostalgia, il senso d’impotenza e la rabbia per quello che
immaginavamo di diventare ed invece non è stato. Per il mondo in cui credevamo
di vivere e che invece si mostra per la prima volta con le sue nefandezze. La
ricerca della felicità non manca mai ad ogni modo nella narrazione. Le trame
musicali spaziano con la massima libertà e le singole parti sono sempre in
funzione del brano nel suo complesso senza lasciar spazio all’individualismo.
La ricerca dei suoni è per noi una parte della composizione molto importante.
Siete soddisfatti della riuscita del nuovo progetto (non mi
riferisco alla risposta di chi segue la vostra musica, ma alla gratificazione
rispetto all’impegno profuso)?
SI siamo molto soddisfatti. In linea di principio si può
sempre migliorare ma, appunto, è solo un principio. Abbiamo difficoltà talvolta
a considerare un brano “concluso”, ma alla fine siamo diventati più bravi a
gestire l’illusione del miglioramento perenne.
Vi ho mancati per un pelo a Veruno (ero presente solo la
domenica) e vi chiedo la vostra sensazione da palco, ma la domanda si estende
alla vostra preferenza tra espressione live e “studio”.
Non suoniamo molto spesso live e in genere prediligiamo la partecipazione
a festival o rassegne rispetto al circuito dei locali (dove comunque suonare
musica originale diventa sempre più difficile). Il concerto di Veruno è stato
un “crescendo” come qualità dell’esecuzione musicale mentre da subito abbiamo
percepito molta energia positiva da parte di tutte le persone che erano lì ad
ascoltarci. Ogni musicista compone per avere l’occasione di presentare il
proprio lavoro ad un pubblico che sia il più vasto possibile. L’esibizione live
è l’occasione giusta anche per trasmettere emozioni diverse dal semplice
ascolto musicale.
Che cosa pensate dell’attuale stato del prog in Italia? È
destinato a restare fenomeno di nicchia o ci sono speranze di maggior
diffusione?
Il Prog è una forma d’arte della musica contemporanea,
dovrebbe garantire massima libertà a tutti i musicisti che affrontano la
composizione. L’importante è non sentirsi obbligati a seguire alcuni stilemi
tipici degli anni ‘70 e portare le proprie composizioni ad un livello di
arrangiamento nuovo e attuale. In questo senso potrebbe non essere destinato a
restare un prodotto di nicchia, c’è richiesta di stili musicali diversi da
parte del pubblico che è un pubblico eterogeneo e di età differenti.
Cosa c’è dietro l’angolo per gli Arcadelt? Nuovi progetti,
concerti, pubblicizzazione del nuovo album?
Far conoscere “ARC8” attraverso la partecipazione a
festival e rassegne anche oltre i confini italiani. Materiale per un nuovo
album ne abbiamo, appena ci riprendiamo dalla fatica di quest’ultimo, chissà…
ARCADELT
ARC8 - Lizard Record
7 tracce - 43'. 11''
Behind the Curtain
The Heartbeat
Dogs in Chains
Caledonia
Assenze
Blood on
The Blu Side
LINE UP
Pierfrancesco Drago – voce solista e
flauto traverso
Giacomo Vitullo- tastiere e backing
vocals
Fabrizio Verzaschi – Chitarra e
backing vocals
Fabio Cifani – basso
Sandro Piras – batteria
Info:
Canale
youtube: Thearcadelt