martedì 12 novembre 2024
Quel giorno in cui vidi i King Crimson...
lunedì 11 novembre 2024
Bryan Adams: il suo “So Happy It Hurts Tour” fa tappa a Milano (19-11-24)-commento e video
Bryan Adams, una trentina di anni fa, non era certo una priorità musicale della mia vita, e se conosco molte
delle sue canzoni è solo per un caso, un fatto che risale al 1992, quando mi
ritrovai in un luogo sperduto dell’estremo Oriente e dovetti… “accontentarmi”
di ciò che passava il convento, acquistando ciò che era disponibile e “commestibile”
nell’unico negozio di dischi esistente.
Sarà l’effetto memoria o più semplicemente il fatto che Adams è un gran musicista, ma molte delle sue song non mi hanno più abbandonato e sono arrivate, anche, alle orecchie di una bambina di 1° media che mi chiedeva di portarla ad un concerto genovese del musicista canadese: eravamo nel 2005 e io negai la felicità a mia figlia con la scusa della scuola da affrontare il giorno dopo. Dal 2005 ad oggi quella ex bambina non ha mai smesso di ricordami quanto fossi stato troppo rigido in quella occasione e, approfittando del concerto del 9 novembre al Forum di Assago, senza dirmi nulla ha comprato un paio di biglietti, solo io e lei, perché era rimasto in sospeso un fatto più importante della musica stessa, e occorreva porre rimedio a quella occasione mancata.
Previste un paio di date italiane per il “So Happy It Hurts Tour”, con una scaletta nutrita spalmata su due ore e mezza di musica.
Credo che uno spettacolo simile debba essere immaginato senza
divisioni ideologiche legate al genere musicale.
Rock, romantico e duro, ma sempre rock è, con un sound pazzesco realizzato da professionisti che sanno come infiammare l’audience.
L’emozione sale alle 21 in punto, quando si scaldano i motori e il commento di una voce dietro le quinte accompagna il volo di un’auto gonfiabile che si muove tra le prime file del parterre.
L'Unipol Forum è stracolmo di anime che si faranno sentire per tutta la durata del concerto.
Si parte con l’acceleratore schiacciato e l’emozione e il coinvolgimento
sono subito palpabili.
Non entro nei dettagli dei singoli brani, elencati nella scaletta a seguire, ma tutto il repertorio più conosciuto viene proposto senza sosta.
Questa la setlist…
Kick Ass
Can’t Stop This Thing We Started
Somebody
18 til I Die
Please Forgive Me
One Night Love Affair
Shine a Light
Take Me Back
Kids Wanna Rock
Heaven (in versione upbeat)
Go Down Rockin’
It’s Only Love (con dei frammenti di
“The Best” e “What’s Love Got to Do with It”, dedicati a Tina Turner
You Belong to Me (con dei frammenti
di “Blue Suede Shoes)
Cloud Number Nine
Rock and Roll Hell (cove dei Kiss)
The Only Thing That Looks Good on Me
Is You
Here I Am (versione acustica)
When the Night Comes (versione
acustica, cover di Joe Cocker)
When You’re Gone (acustica)
Always Have, Always Will
(Everything I Do) I Do It for You
Back to You
So Happy It Hurts
Run to You
Summer of ’69
Have You Ever Really Loved a Woman?
Cuts Like a Knife
Straight From the Heart (acustica)
Hey Baby (acustica, con frammenti di
“Shine a Light”)
All for Love (acustica, cover della
canzone cantata in duetto con Rod Stewart
Adams sottolinea la figura di Tina Turner e omaggia Joe
Cocker, passando dai brani più melodici ai pezzi dalla elevata dinamicità.
La cosa che più mi ha colpito è l’empatia che l’artista riesce a creare con il suo pubblico, e quando si arriva allo status per cui è il pubblico a cantare in sostituzione dell’artista, beh, questa è roba per pochi!
Sul palco quattro musicisti:
Oltre a Bryan Adams (chitarra, basso, voce), troviamo
alla chitarra e voce Keith Scott - con lui del 1981 -, Pat Steward
alla batteria e Gary Breit alle tastiere.
La parte più spettacolare riguarda i duetti tra Adams e
Scott, ma è la coesione della band che permette la produzione di un sound di enorme
potenza.
Che dire ancora, un concerto per il cuore, un concerto per la memoria, un concerto per gli affetti… un gran concerto rock!
venerdì 8 novembre 2024
Kennedy Center Honors: cosa accadde per la celebrazione degli WHO nel 2008
I Kennedy Center Honors 2008 e gli
Who
La 31ª edizione dei Kennedy Center Honors, tenutasi
nel 2008, ha rappresentato un momento storico per la musica rock,
celebrando due leggende viventi come Pete Townshend e Roger Daltrey. Questo riconoscimento ha sottolineato l'impatto duraturo che la band da loro fondata con John Entwistle e Keith Moon ha avuto
sulla cultura musicale e sull'immaginario collettivo.
Per la prima volta, l'evento più sfarzoso di Washington celebrava un leggendario gruppo rock. Insieme ai musicisti George Jones e Barbra Streisand, all'attore Morgan Freeman e alla coreografa Twyla Tharp, l'evento ha quindi reso omaggio agli Who.
Vestiti in formale abito nero, Newt Gringrich, la Segretaria di Stato Condoleeza Rice, Madeleine Albright, la Speaker della Camera Nancy Pelosi, Daniel Patrick Leahey e Patrick Kennedy, hanno percorso il red carpet con Dave Grohl, Jack Black, Rob Thomas, Pete Townshend e Roger Daltrey, che nel corso della giornata avevano fatto la tradizionale visita alla Casa Bianca per una chiacchierata con il Presidente Bush.
Jack Black ha introdotto gli Who, ed è noto il suo amore per il rock.
"Quando avevo dieci anni, mi sono innamorato degli Who", ha detto. "Ho visto Tommy e ne sono rimasto profondamente commosso. Non ero sordo, muto o cieco, ma volevo essere sentito, visto, ascoltato e guarito. Davvero, non sto cercando di far ridere qui... Quando li ho sentiti per la prima volta nel 1979, mi hanno colpito come un siluro nel mio terzo occhio. Era una raccolta di canzoni spaccaculo come non ne vedremo mai più. Ed è ora che ottengano un po' di riconoscimento da urlo".
Dopo la proiezione di un video di presentazione, Joss Stone si è infilata sul palco a piedi nudi cantando "My Generation". Chris Cornell ha intonato "Won't Get Fooled Again" e Bettye LaVette ha cantato "Love Reign O'er Me".
Quando Dave Grohl è salito sul palco per urlare "Who Are You", il volume era alto e la sala “calda”.
Rob Thomas ha cantato "Baba O'Riley" che ha regalato una gradita sorpresa quando lo sfondo luminoso e lampeggiante della Union Jack si è aperto per rivelare un esercito di pompieri e poliziotti di New York, gli stessi che avevano partecipato al concerto dell'11 settembre che aveva riunito i membri rimanenti degli Who.
Tradizionalmente, i premiati del Kennedy Center vengono riconosciuti per il loro contributo di una vita alla cultura americana attraverso le arti performative, il che rende unico il fatto che la prima rock band ad essere celebrata sia una band britannica. "È una grande emozione", disse Townshend alla stampa in precedenza. "Da quando gli Who hanno iniziato nei primi anni '60, abbiamo amato la musica e il pubblico americani e abbiamo stretto amicizie profonde e durature con tutti coloro che erano coinvolti nel settore lì. Roger e io sentiamo entrambi che il nostro lavoro negli Stati Uniti è stato importante quanto il nostro lavoro a casa. Poiché la nostra musica rock media è musica tipicamente americana con ampie e profonde radici internazionali e multiculturali, questo onore è particolarmente significativo per noi britannici".
"Da adolescente cresciuto nell'austerità dell'Inghilterra del dopoguerra, è stata la musica che sentivo provenire dall'America a darmi un sogno a cui appendere la mia vita", disse Daltrey. "Fare musica e farla lì. Sono profondamente commosso nel ricevere questo onore, il calore e l'affetto che sento dal nostro pubblico statunitense è davvero umile. Essere aggiunto alla lista dei precedenti vincitori di questo premio rende quel sogno realtà".
Non è noto a tutti, ma gli Who fanno ormai parte della cultura locale, tanto da essere presenti nelle performance delle bande musicali nel corso delle partite di football - tra un tempo e l’altro -, uno sport tipicamente americano.
Gli Who hanno definito un'epoca con la loro musica e le loro
performance esplosive e il loro riconoscimento ai Kennedy Center Honors è stato
un modo per celebrare questa eredità duratura e il loro impatto sulla musica
rock.
giovedì 7 novembre 2024
Il concerto di Steve Hackett a Torino, 5 novembre 2024
Ancora una volta Steve Hackett,
ancora una volta Torino, ancora una volta il profumo di Genesis.
Il concerto del 5 di novembre ha avuto per me un
sapore speciale, visto che ero accompagnato da alcuni ex ragazzi che con
me, sempre a Torino, parteciparono al concerto del 3 febbraio 1974.
Nei giorni precedenti l’evento avevo letto un po’ di sciocchezze
legate al tour in corso, che affibbiavano alla band il ruolo di “cover band di
lusso dei Genesis”… occorre fare i conti con la realtà e ringraziare chi ancora
riesce a regalare emozioni così forti.
Come sempre gentilissimo, Steve e la moglie Jo salutano i
conoscenti un’ora prima dello show, ed è quella l’occasione in cui si scambiano
domande di rito e si realizza di avere il privilegio di essere a fianco di una
leggenda vivente.
Ma oltre le emozioni che riportano all’adolescenza, sono lì
per un concerto, un grande spettacolo in tutti i sensi, perché due ora e mezza
di sonorità così impegnative non potevano avere un risultato scontato.
Conoscevo già la set list ed ero quindi preparato ad una precisa dicotomia tra l’estremo passato e l’Hackett solista; come me molti altri, tutti ansiosi di sentire il lato B, quello in cui trovare pieno conforto per effetto di trame conosciute; a conti fatti, la grandezza di questa band - non certo una novità - ha permesso ai meno radicati nel passato di godersi un gran concerto.
Oltre a Steve - chitarra e voce-on stage c’erano Roger
King alle tastiere, Nad Sylvan alla voce, Jonas Reingold basso
e backing vocals, Rob Townsend al sax, flauti, tastiere aggiuntive e Craig
Blundell alla batteria.
Anche per ciò che riguarda i singoli componenti ho letto
varie critiche a Sylvan, per la sua staticità, per il suo … “non essere Gabriel”,
ma a me piace molto, e per proporre il repertorio dei Genesis non occorre
rincorrere i colori vocali che abbiamo immagazzinato da lustri.
Ho apprezzato particolarmente il lavoro di Reingold, uno che col basso potrebbe suonare Beethoven e Mozart facendo dimenticare che lui è parte di una sezione ritmica!
Ma come diceva qualcuno “è la somma che fa il totale”, e ciò
che arriva al pubblico… a me in particolare, è un suono coeso, realizzato da
interpreti stellari che riescono a toccare le corde della memoria.
La prima parte dunque riguarda i successi da solista di Steve
che propone…
PRIMA PARTE (i successi da solista):
People of the Smoke
Circo Inferno
These Passing Clouds
The Devil’s Cathedral
Every Day
A Tower Struck Down
Bass Solo
Camino Royale
Shadow of the Hierophant
Il Teatro Colosseo è sold out; il pubblico, non solo quello
antico, attende di rivivere la solita magia che accompagna i successi
conosciuti della band, ma non si può rimanere indifferenti al cospetto di tale
perfezione esecutiva, di un’armonia sonora che è solo in parte dovuta al virtuosismo.
Ho captato un commento che più o meno diceva: “Questa è la musica di qualità!”, giudizio impegnativo e personale, ma che ben sintetizza il sentimento comune.
E arriva l’intervallo, 15/20 minuti per ricaricare le batterie
e ripartire col seguente programma:
SECONDA PARTE (i successi con i
Genesis):
The Lamb Lies Down on Broadway
Fly on a Windshield
Broadway Melody of 1974
Hairless Heart
Carpet Crawlers
The Chamber of 32 Doors
Lilywhite Lilith
The Lamia
it
Dancing With the Moonlit Knight
The Cinema Show
Aisle of Plenty
BIS:
Firth of Fifth
Assolo di batteria di Craig Blundell
medley: Los Endos / Slogans / Los Endos
La denominazione del tour, "Genesis Greats, Lamb Highlights & Solo" era di per sé icastica dell’intero programma, ma non sono mancate alcune gemme al contorno, soprattutto quelle che tutti si aspettano e che riportano a “Selling England By The Pound”.
È Hackett che commenta la set list…
Inutile negarlo, arrivati nella confort zone i brividi alla
schiena si moltiplicano, la musica azzera il tempo lasciato alle spalle e
diventa “responsabile” di un meraviglioso stato emozionale che proseguirà, as
usual, dopo il concerto.
Tutti in piedi alla fine, tutti entusiasti, consci probabilmente di aver partecipato ad un evento unico, di quelli da mettere nel carnet dei bei momenti vissuti, magari in compagnia, con accanto qualcuno che, da adolescente, partì in treno in gruppo, da Savona, per andare a vedere i Genesis nel capoluogo torinese: era un lunedì, pioveva, e il giorno dopo saremmo andati a scuola!
Un medley per ricordare…
Joni Mitchell e il suo brano simbolo, "Both Sides, Now"
A proposito
di canzoni senza tempo…
Both
Sides, Now è una canzone di Joni Mitchell:
registrata per la prima volta da Judy Collins, apparve nella classifica dei
singoli statunitensi durante l'autunno del 1968. L'anno successivo fu inclusa
nell'album “Clouds”, della Mitchell, e divenne una delle sue canzoni più
conosciute. Da allora è stata registrata da dozzine di artisti, tra cui Dion
nel 1968, Clannad con Paul Young nel 1991, e la stessa Mitchell che ha
ri-registrato la canzone con un arrangiamento orchestrale nel suo album del
2000 Both Sides Now.
Nel 2004, Rolling Stone ha classificato "Both
Sides, Now" al numero 170 nella sua lista delle 500 migliori canzoni.
Joni Mitchell ha detto che "Both Sides, Now"
è stato ispirato da un passaggio di “Henderson the Rain King”, un
romanzo del 1959 di Saul Bellow.
“Stavo
leggendo ... “Henderson the Rain King”, su un aereo e all'inizio del libro… anche
Henderson era in aereo. In viaggio verso l'Africa, guarda giù e vede queste
nuvole. Ho posato il libro, ho guardato fuori dalla finestra e anche io ho
visto delle nuvole, e ho subito iniziato a scrivere la canzone. Non avevo idea
che sarebbe diventata così popolare.”
La celebrazione della fragilità umana e della giovinezza
perduta, una vita racchiusa dentro una canzone che ancora oggi sconcerta e
intimidisce. Una lirica che riflette il disagio per certe decisioni prese dopo il
fallimento del primo matrimonio e dopo la sua decisione di dare la figlia in
adozione.
"Both Sides, Now"
appare nell'album "Joni Mitchell: Live at the Second Fret 1966"
(2014, All Access Records, AACD0120), una performance dal vivo il 17 novembre
1966, al The Second Fret a Philadelphia, che è stata trasmessa in diretta da
WRTI, la stazione radio della Temple University. Ciò suggerisce che Mitchell
abbia scritto la canzone prima del 1967 (l'anno di composizione citato
nell'articolo del Los Angeles Times sopra) e precede la prima pubblicazione di
Judy Collins nel 1967.
"Both Sides, Now" è
scritta in fa diesis maggiore. Mitchell ha usato un'accordatura della chitarra
D-A-D-F#-A-D con un capotasto al quarto tasto. La canzone utilizza una progressione
di accordi I-IV-V modificata.
Mitchell ha ri-registrato la
canzone in modo lussureggiante e orchestrato per il suo album del 2000 “Both Sides Now” e ha fatto vincere all'arrangiatore Vince
Mendoza un Grammy Award per il miglior arrangiamento strumentale che accompagna
i cantanti.
Nell'aprile 2000, due mesi dopo l'uscita dell'album, Mitchell ha cantato la canzone con un'orchestra di 70 elementi alla fine di una celebrazione all-star a lei dedicata all'Hammerstein Ballroom di New York City.
La versione del 2000 viene suonata durante una scena
emozionante con Emma Thompson nel film del 2003 “Love Actually”.
Il brano è stato anche proposto durante la cerimonia di apertura delle Olimpiadi invernali del 2010.
Il testo originale e tradotto è fruibile a fine articolo.
L'album del 2000 è un concept che traccia il progresso delle relazioni moderne attraverso l'interpretazione
orchestrale della Mitchell di alcune classiche canzoni jazz. Nell'album trovano
posto anche due composizioni originali della Mitchell: Both Sides Now e A Case of You. Gli arrangiamenti e la conduzione dell'orchestra sono di Vince
Mendoza.
L'album ha
vinto due Grammy Awards nel 2001 come Best Traditional Pop Vocal Album e Best
Instrumental Arrangement Supporting Vocalis per la canzone "Both Sides
Now" e un Juno Award come Vocal Jazz Album of the Year.
Ma veniamo a tempi più recenti.
Il 24 luglio 2022 Joni
Mitchell è salita sul palco del Newport Folk Festival, dove mancava dal 1969,
per uno show non annunciato, il suo primo spettacolo di lunga durata dal 2000 a
oggi, quando decise di non effettuare più vere e proprie tournée.
Un festival storico, che ha
visto nascere leggende come Bob Dylan e Joan Baez e che è stato quindi testimone del grande ritorno di Joni Mitchell.
La cantautrice canadese, che
nel 2015 era stata colpita da un grave aneurisma, ha regalato una grandissima
emozione a tutti i suoi fan, dopo oltre vent'anni di lontananza dalle scene e a
53 anni dalla sua precedente esibizione nella rassegna che si tiene ogni anno
nella cittadina statunitense del Rhode Island.
Joni, classe 1943, è
salita sul palco a metà di un set di Brandi Carlile e ha mostrato fin da subito
il suo carisma e la sua classe senza eguali.
Seduta su un 'trono', la cantante ha presentato 13 brani del suo grande repertorio e ha commosso il pubblico e i “colleghi on stage con il suo brano simbolo, “Both sides now”.
Tutto all'insegna di un'idea:
ricreare i famosi "Joni Jams", gli incontri informali avvenuti fra
musicisti di grande livello, nella casa di Joni Mitchell a Los Angeles. Una
iniziativa presa dopo la malattia che l’aveva colpita, lasciandola praticamente
paralizzata e incapace di parlare. Da quell'evento così drammatico, sono però
nate queste riunioni: da Carlile a Elton John, da Herbie Hancock a Bonnie
Raitt, in tanti si sono ritrovati attorno all'artista, per scambiarsi canzoni e
storie.
Impossibile restare indifferenti...
Rows
and flows of angel hair
And
ice cream castles in the air
And
feather canyons every where
I've
looked at clouds that way
Strisce e cascate di capelli d'angelo
e castelli fatti di gelato nell'aria
e canyon fatti di piume per ogni dove
Io vedevo in questo modo le nuvole
But
now they only block the sun
They
rain and snow on everyone
So
many things I would have done
But
clouds got in my way
Ma ora stanno solo oscurando il sole
fanno cadere pioggia e neve su tutti
noi
Così tante cose vorrei aver fatto
ma le nuvole si sono messe sulla mia
strada
I've
looked the clouds from both sides now
From
up and down and still somehow
It's
cloud's illusions I recall
I
really don't know clouds at all
Ormai ho guardato le nuvole da
entrambi i lati / da sotto e da sopra e ancora in qualche altro modo
Sono le illusioni delle nuvole ciò
che ricordo
In realtà non conosco affatto le
nuvole
Moons
and Junes and ferries wheels
The
dizzy dancing way that you feel
As
every fairy tale comes real
I've
looked at love that way
Lune di giugno e ruote a pale di
ferry-boat / il ritmo vorticoso e danzante che senti tuo
quando ogni fiaba diventa realtà
In
questo modo vedevo l'amore
But
now it's just another show
you
leave 'em laughing when you go
And
if you care, don't let them know
Don't give yourself away
Ma ora è tutto un altro spettacolo
li lasci ridere quando te ne vai
E se ti interessa, non farglielo
sapere
Non (devi) dar via te stessa
I've
looked at love from both sides now
From
give and take and still somehow
It's
love's illusions that I recall
I
really don't know love
Really
don't know love at all
Ormai ho guardato l'amore da entrambi
i lati / prendere lasciare e ancora in qualche altro modo
Sono le illusioni dell'amore ciò che
ricordo
In realtà non conosco affatto l'amore
Tears
and fears and feeling proud
To
say, "I love you" right out loud
Dreams
and schemes and circus crowds
I've
looked at life that way
Lacrime e paure e sentirsi orgogliosi
Dire decisi "Ti amo" ad
alta voce
Sogni e progetti e folle da circo
Ho guardato alla vita in quel modo
Oh,
but now old friends they're acting strange
And
they shake their heads, they say I've changed,
well
something's lost, but something's gained
In living every day
Oh, ma ora i vecchi amici si
comportano in modo strano
E scuotono la testa, dicono che sono
cambiata
Beh, qualcosa è andato perso, ma
qualcosa si è guadagnato / nel vivere ogni giorno
I've
looked at life from both sides now
From
win and lose and still somehow
It's
life's illusions I recall
I
really don't know life at all
Ormai ho guardato la vita da entrambi
i lati / vincere o perdere e ancora in qualche altro modo
Sono le illusioni della vita ciò che
ricordo
In realtà non conosco affatto la vita
It's
life's illusions that I recall
I
really don't know life
I
really don't know life at all
Sono le illusioni della vita ciò che
ricordo
In realtà non conosco la vita
In realtà non conosco affatto la vita
mercoledì 6 novembre 2024
Presentazione della chitarra "Jimmy Page 1964 SJ-200"
Presentazione della Gibson Custom
Jimmy Page 1964 SJ-200: una chitarra leggendaria rinata in due modelli in
edizione limitata
Pochi chitarristi hanno plasmato il corso della storia del rock come il leggendario Jimmy Page. Durante la registrazione dell'iconico album di debutto dei Led Zeppelin, la chitarra acustica scelta da Jimmy era una Gibson SJ-200 della metà degli anni '60, uno strumento distintivo che si sente in diverse tracce di quel disco monumentale.
Ora Gibson Custom, in stretta collaborazione con Jimmy Page, presenta le ricreazioni della chitarra acustica dietro queste leggendarie esibizioni e registrazioni, la Jimmy Page 1964 SJ-200 e la Jimmy Page 1964 SJ-200 Collector's Edition.
Jimmy Page usò la sua SJ-200 della metà degli anni '60 nel primo album dei Led Zeppelin e successivamente per la sua brillante performance solista al Julie Felix Show nel 1970, tenendo una masterclass con "White Summer/Black Mountain Side", guadagnandosi il suo posto nella storia del rock.
La nuova versione è stata realizzata in stretta collaborazione e con il contributo significativo di Jimmy Page su tutto, dal carattere sonoro e dall'usura alla suonabilità, questa ricreazione molto speciale presenta:
• Fondi e fasce in acero fiammato AAA altamente figurato, nonché top in abete Sitka AAA con Murphy Lab Light Aging
• Il Jimmy Page 1964 SJ-200 presenta un'etichetta della buca armonica firmata a mano da Jimmy Page, mentre il Jimmy Page 1964 SJ-200 Collector's Edition è stato suonato personalmente e autografato da Jimmy Page sul retro della paletta.
• Una custodia rigida Gibson Custom con il famoso logo Zoso di Jimmy Page all'esterno e un pacchetto di caramelle.
Il famoso Murphy Lab di Gibson Custom ha applicato tecniche personalizzate di invecchiamento leggero a questo modello, ricreando l'aspetto e la sensazione della chitarra originale.
martedì 5 novembre 2024
Frammenti di Gilbert O'Sullivan: musica elegante sottovoce
Esistono cantautori di cui mi sono interessato poco e di cui ho perso le tracce nel tempo, nondimeno, alcune canoni restano intrappolate, tra ricordi e sensazioni di vasta gamma e intensità.
Oggi ricordo Gilbert O'Sullivan, pseudonimo di Raymond Edward O'Sullivan.
Cantautore nato il 1° dicembre del 1946, è conosciuto soprattutto per le sue canzoni dei primi anni Settanta.
Irlandese di Waterford, inizia la sua carriera musicale negli
anni '60, ma è solo nei primi anni '70 che ottiene un successo internazionale.
Canzoni come "Alone Again (Naturally)",
"Clair" e "Get Down", sono diventate vere e
proprie hit, scalando le classifiche in tutto il mondo e rimanendo nel cuore di
milioni di ascoltatori.
La musica di O'Sullivan è caratterizzata da melodie orecchiabili, testi introspettivi e arrangiamenti raffinati, che lo hanno fatto annoverare tra i cantautori più apprezzati della sua generazione.
Le sue canzoni affrontano temi universali come la solitudine,
l'amore e la perdita, rendendole particolarmente toccanti e rilevanti nel tempo,
attraverso una voce calda e melodica, uno dei suoi tratti distintivi, ma è la
piacevolezza da “delicato tormentone” che ala fine lascia la tracci
aindelebile.
Nonostante le sue creazioni siano spesso molto semplici nella
struttura, i testi nascondono una profondità e una sensibilità che gli hanno permesso
di conquistare il pubblico di tutto il mondo.
Anche se il periodo di maggior successo è ormai passato, O'Sullivan continua a essere attivo nel mondo della musica, pubblicando nuovi album e tenendo concerti.
Che emozione risentirlo oggi!
Bruce Springsteen: il 5 novembre del 1973 usciva "The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle"
"The
Wild, The Innocent & The E Street Shuffle" è il secondo
album in studio di Bruce
Springsteen, pubblicato il 5 novembre del 1973 dalla Columbia
Records.
Il disco rappresenta un passo importante nella carriera del Boss, in quanto contribuì a consolidare il suo stile distintivo e ad affermare la sua posizione come uno dei più grandi artisti rock.
Il ’73 è l’anno di debutto del cantautore americano, che a gennaio aveva già rilasciato l’esordio “Greetings from Asbury Park, N.J.,” ma non appena le vendite di quest’ultimo iniziarono a calare (forse mai decollate) ecco arrivare un nuovo progetto, il cui successo allontanerà le nubi grigie plafonate sulla testa di artista e label. E alla Columbia Records si ricrederanno in fretta.
L'album è una miscela di diversi generi musicali, tra cui il rock, il folk, il soul e il rhythm and blues. È caratterizzato da testi intensi e narrativi, che raccontano storie di personaggi marginali, sognatori e giovani ribelli che cercano una via di fuga dalla loro realtà. Springsteen dipinge quadri vividi e coinvolgenti con le sue parole, trasmettendo un senso di energia e di speranza.
Uno dei punti di forza di questo album è la potenza delle performance musicali. La E Street Band, la band di accompagnamento di Springsteen, suona con una passione e una maestria eccezionali, creando una colonna sonora coinvolgente per le storie raccontate nelle canzoni. L'uso di strumenti come il sassofono e il pianoforte aggiunge un tocco di profondità e intensità alla musica.
Tra i brani più noti dell'album si trovano "Rosalita (Come Out Tonight)", una canzone piena di vitalità e di energia contagiosa, e "Incident on 57th Street", una ballata epica che mescola abilmente elementi di rock e jazz. Altri brani degni di nota includono "4th of July, Asbury Park (Sandy)" e "Kitty's Back", che mostrano la capacità di Springsteen di scrivere canzoni coinvolgenti e ricche di atmosfera.
"The Wild, The Innocent & The E Street Shuffle" è un album che richiede una certa attenzione da parte dell'ascoltatore. Le canzoni sono articolate e ricche di dettagli, e le storie che raccontano sono complesse e ben sviluppate. È un album che si svela gradualmente, offrendo nuovi strati di significato ad ogni ascolto.
Complessivamente è considerato un
capolavoro musicale e mette in rilievo un giovane Springsteen che dimostra da subito la sua abilità come compositore
e cantante, mentre la E Street Band offre una performance straordinaria.
Imperdibile per gli amanti del
genere.
Nel 2012 l'album è stato inserito alla posizione 133 nella lista dei 500 migliori album di tutti i tempi della rivista Rolling Stone.
CREDITI
Testi e musiche di Bruce Springsteen;
edizioni musicali Laurel Canyon Music Ltd.
Lato
A (cliccare sul titolo per ascoltare)
The E Street Shuffle – 4:31
4thof July, Asbury Park (Sandy) – 5:36
Kitty's
Back – 7:09
Wild
Billy's Circus Story – 4:47
Lato
B
Incident
on 57th Street – 7:45
Rosalita (Come Out Tonight) – 7:04
New York City Serenade – 9:55
Formazione
Bruce Springsteen – voce, chitarre,
armonica a bocca, mandolino, percussioni
Clarence "Nick" Clemons –
sassofono, cori
Garry Tallent – basso, basso tuba,
cori
David Sancious – pianoforte, piano
elettrico, clavinet, organo, assolo d'organo in Kitty's Back, arrangiamento
d'archi in New York City Serenade, sassofono soprano in The E Street Shuffle,
cori
Danny
Federici – fisarmonica, pianoforte in Incident on 57th Street, organo in
Kitty's Back, cori
Vini Lopez – batteria, glockenspiel,
cornetta in The E Street Shuffle, cori
Albany "Al" Tellone –
sassofono baritono in The E Street Shuffle
Richard Blackwell – congas,
percussioni
Produzione
Mike Appel, Jim Cretecos – produzione
Louis Lahav – tecnico del suono
Jack Ashkinazy – remissaggio per le
edizioni su CD
John Berg, Teresa Alfieri – design
David Gahr – fotografia
Ma come si proponeva nei live del 1973 il Boss?
Ecco un
esempio: Bruce Springsteen era uno dei nuovi artisti della
Columbia Records quando salì sul palco dell'Ahmanson Theatre il 1º maggio
1973 come parte della vetrina della label, nella manifestazione denominata "Week
To Remember".
Il set è importante perché
rappresenta il capitolo iniziale nell'incredibile carriera di Bruce. Springsteen
esegue "Wild Billy's Circus Story".