“NONSOLOROCK-La passione per il progressive nell’era digitale”
di Mauro Pini (MauroProg)
Edizioni Erasmo
Il
fenomeno legato alla nascita, lo sviluppo e la fine della “Musica Progressiva”
è stato analizzato ormai da ogni punto di vista, entrando nelle pieghe del
fenomeno ed esaltando musicisti che, purtroppo, stanno sparendo a grande
velocità, e non potrebbe essere diverso.
Stupisce
l’esistenza di una enorme bibliografia specifica, pensando che il prog ha avuto
una vita davvero breve se si fa riferimento al periodo fecondo, non più di un
lustro ad inizio dei seventies, e mi sto mantenendo largo non dimenticando un
aneddoto di cui sono stato testimone da adolescente, quando il mio concittadino
Joe Vescovi (The Trip) consigliava ad un gruppo savonese (Il Sigillo di Horus)
che il loro demo appena ascoltato era ormai fuori dai gusti del pubblico e che
occorreva virare verso qualcosa di più “leggero e orecchiabile”: eravamo nel
1974!
Certo,
le anticipazioni risalgono al’68, con le esperienze di Vanilla Fudge, Procol
Harum e Moody Blues, tanto per citarne alcuni, così come è vero che c’è stato
un ritorno importante negli anni ’90 e che gli anni 2000 sono caratterizzati
dalle proposte dei giovani, la generazione che ha attinto dai genitori o forse
solamente più aperta mentalmente.
Il
risultato è che il prog ha raggiunto uno status paragonabile a quello della
musica classica, quello dell’immortalità.
Non
mi voglio addentrare nei meandri dell’argomento, esercizio per me quotidiano, e
a questo punto mi accosto al libro di cui oggi voglio scrivere, perché trovo
che le modalità realizzative siano simili alle mie e a quelle di tanti uomini
antichi che hanno potuto vivere sulla propria pelle momenti indimenticabili.
Uomini
“antichi” dicevo, perché solo chi ha vissuto certi avvenimenti in prima persona
sente il forte bisogno di condividerli, e mentre il racconto si snoda in varie
direzioni, le passioni sgorgano e le note di brani conosciuti si
materializzano, mentre le esperienze di chi scrive diventano elemento
comparativo per chi legge.
Ho
letto “NONSOLOROCK-La passione per il progressive
nell’era digitale”, realizzato da Mauro
Pini (MauroProg).
Conoscevo
Mauro, virtualmente, per averlo intervistato nel 2014 in occasione dell’uscita
dell’album “Aurora Lunare”, nome anche della band di riferimento con cui l’autore
si è proposto, a più riprese, come musicista.
Una
sfilza di lauree nell’area umanistica, il livornese Pini ha pubblicato libri e articoli per riviste nazionali ed estere, ma la sua passione - da lui definita anche
dipendenza - giovanile per il rock in genere si è “aggravata” alle soglie della
vecchiaia, portandolo verso l’attività di recensore e intervistatore per
MusicMap, lavoro che ha prodotto alla fine il book oggetto del mio commento.
Per
dovere di cronaca citerò la suddivisione in capitoli - sei - e l’oggettività, ma
credo che il punto di partenza possa essere la frase che chiude il booklet
dell’album di cui sopra: “La luce sul Prog non si è mai spenta, è stata solo
offuscata in attesa di nuova energia dal risveglio delle coscienze”.
Caratteristica
importante è il coinvolgimento di terzi, atteggiamento che conosco molto bene e
che rientra pienamente nello spirito di quei giorni, fatto di ascolti
condivisi, di commenti, di liti da bar, di tifo scatenato e di tanti live.
Pagina
dopo pagina emerge il profumo del tempo migliore, non solo perché la gioventù
appare sempre come l’alba della vita e preludio a progetti smisurati, ma perché
era quello il momento in cui si concretizzava l’idea di “costruzione e passione”,
con una visione del mondo critica ma carica di sogni; l’idea che in fondo siamo
stati fortunati a vivere gli anni ’70 è qualcosa che va raccontato, quasi una
liberazione che, se riportata come testimonianza tangibile su di un libro,
rimarrà un esempio per sempre e permetterà in qualche modo allo scrittore di
mettere la coscienza a posto.
Il primo
capitolo - dopo la presentazione di Andrea Rossi e l’introduzione di Pini -
ha un titolo emblematico: “In principio era il vinile… e così sia per l’avvenire”.
Sono
tanti i contributi che permettono la pluralità di ricordo, con un comune
denominatore che è “l’inizio di tutto”, tra storia e memorie personali.
Partecipano
Mauro Selis, Tino Tozzi, Mauro Croce, MauroProg, Moreno
Lenzi, Antonio Puleggio, Loris Furlan, Luciano Tonetti.
Il secondo
capitolo è interessantissimo perché è dedicato ad uno strumento specifico,
la batteria, e attraverso il gioco domanda/risposta il batterista di Aurora Lunare
Marco Santinelli propone la sua idea, che non vuole ripercorre la storia
del mondo fatto di “percussioni”, ma propone quattro nomi, quelli che lui
definisce suoi numi tutelari: Gavin Harrison, Mike Mangini, Mike Portnoy e Simon
Phillips.
Per
ogni scelta Santinelli entra nel dettaglio e propone esempi che il lettore può
raggiungere in rete seguendo facili indicazioni e tutta la sezione diventa
didattica pura: difficile trovare spiegazioni tecniche come queste, convertite
in un linguaggio comprensibile a tutti.
Il terzo
capitolo è quello solitamente tra i più amati, dedicato alle interviste a
singoli artisti in rappresentanza dei loro gruppi.
Si
parte da Alessandro Corvaglia (La maschera di Cera, Delirium…) - anch’esso
protagonista dell’ultima stagione di Aurora Lunare, per approdare agli Aliante,
Adolfo Silvestri di Antilabé, Enten Hitti, Fiaba, Lino Vairetti degli Osanna,
Fabio Gaspari di LogoS, Giuseppe Chironi di Ozone Park, Paolo Nannetti.
Per
ogni citazione occorrerebbe aprire una parentesi didascalica, ma se il lettore
è un seguace del prog, cosa molto probabile, non saranno necessarie ricerche
supplementari, anche se l’eventuale effetto domino dovrebbe essere la normalità
quando siamo immersi in una lettura, non solo a carattere musicale.
Il capitolo
numero quattro è dedicato interamente al simbolo de Il Balletto di Bronzo,
Gianni Leone.
Chi
conosce minimamente Leone sa che il suo racconto - così come le sue performance
- è impossibile da frenare: strabordante sul palco, un fiume in piena quando
deve argomentare. Lui è la storia del prog, fatta di talento, di skills, di
esperienze multiple, e parte del suo pensiero è racchiuso in questa sezione che
MauroProg gli ha meso a disposizione. Imperdibile.
Il capitolo
cinque racchiude alcune recensioni realizzate negli ultimi anni, non
necessariamente in ambito prog: Antilabé, Aurora Lunare, Banco del Mutuo
Soccorso, Corpo, Deathless Legacy, Deep Purple, Falena,Fiaba, Il Buco del Baco,
Il Giardino Onirico, Indra, IQ, La Maschera DI Cera, Marillion, Mezz Gacano,
Mesmerising, Mindance, Monjoie, Nightwish, Nodo Giordiano, Officina F.lli
Seravalle, Ozzy Osbourne, Paolo Volpato Group, Paradise Lost, Peter Hammill,
Qirsh, Qohelet, Ranestrane, Raven Sad, Røsenkreütz, Sintonia Distorta,
Submarine Silence, The Worm Ouroboros.
Un paio
di liriche di Moreno Lenzi - “La Musica” e “La Cosa Giusta” - introducono
il sesto e ultimo capitolo intitolato “Segni e sintomi di
progressivite cronica recidivante”.
È un
viaggio che non voglio svelare, uno di quei percorsi verso la musica che, anche
negli anni 2000, mantengono lo smalto di un tempo.
Tanto
per chiarire, un normale concerto di un “nostro" beniamino musicale può iniziare anche sei
mesi prima dell’evento, e si sviluppa attraverso la decisione, la
pianificazione e la speranza, stati d’animo che crescono mano a mano che la
data si avvicina e che diventano poi oggetto di condivisione intima con i
compagni di viaggio - un tempo in treno e oggi in auto -, pensieri che alimenteranno
il mito o i miti attraverso convinzioni acquisite e immodificabili. E non è cosa
rara che certi eventi si prolunghino settimane dopo il loro compimento: parlare
di “lungo viaggio” non apre dunque un’eresia.
La
chiusura è affidata ancora a Moreno Lenzi e vale la pena proporla in toto:
Il
Pazzo
Dicono
che sia pazzo;
Non
guarda la tv e non ha il cellulare,
Pensate,
legge solo libri,
E
colleziona francobolli d’epoca.
Dicono
che sia pazzo;
Da
lui c’è forse qualcosa da imparare?
È
Strano, dice cose sensate,
E
corre nei prati, ama guardar i bambini giocare.
Dicono
che sia pazzo;
Non
segue le mode, non si confonde col branco,
Sapete,
va pure a teatro
E dedica
il suo amore ad un’unica donna.
Dicono
che sia pazzo;
Non
ha internet ma un vecchio giradischi
E
pensate, funziona,
Ascolta
Haendel, Brahms, Mozart e Vivaldi.
Dicono
che sia pazzo;
Non
ha voluto conformarsi al mondo dei giusti;
Ma è
un diamante che splende,
In
mezzo a cocci di vetro fragili e sbiaditi
A
questo punto mi chiedo sempre a chi consigliare la lettura (a maggior ragione
lo faccio con i miei scritti).
La
speranza è sempre quella che qualche giovane, magari guidato da un genitore
illuminato, possa avvinarsi ad una lettura così specifica.
Temo
però che il lavoro di Mauro Pini potrà essere nutrimento per la solita nicchia
di appassionati, voraci nell’alimentare gusti musicali ben precisi; ma chi
opera in ambito prog, come protagonista o come seguace, non si pone certo il
problema della quantità, sarebbe una battaglia persa in partenza.
Un po’
di autocritica, diventando per un attimo rappresentante della categoria:
Il
follower del prog ha la puzza sotto il naso, perché sa che una canzone di
successo può essere costruita in tre ore, in una stanza, da un pool di
professionisti, mentre la nascita di una suite prog è roba per pochi eletti,
sia dal punto di vista della creazione che della comprensione da ascolto.
Ma la
musica è molto di più, e ciò che potenzialmente riesce a regalarci elude la razionalità
e va a toccare la profondità, la memoria, facendo emergere la primordialità,
permettendoci viaggi temporali che accorciano e dilatano a piacimento le nostre
vite.
E se
questo stato sublime di cui possono godere persone sensibili e virtuose si
ottiene con altri “generi” musicali, beh, lo scopo sarà comunque stato
raggiunto.
Io mi
tengo la mia musica prog, amore che condivido, of course, con Mauro Pini, il
cui libro consiglio senza indugio, certo che i motivi di interesse non
mancheranno.