venerdì 28 ottobre 2022

La prima presentazione... in presenza di "Suite Rock-il Prog tra passato e futuro"

È arrivata finalmente la prima occasione per proporre in presenza il libro "Suite Rock-il Prog tra passato e futuro" (Athos Enrile e Oliviero Lacagnina).

Uscito nel dicembre 2020, aveva trovato un naturale ostacolo nella pandemia, che aveva relegato a qualche discussione in remoto qualcosa che andrebbe vissuto in piena condivisione e partecipazione.

Come è noto non sono queste operazioni che guardano al businnes, si mette in conto che ci si rivolge ad una nicchia, e l’unico modo per alimentare la passione musicale, di chi scrive e di chi legge, è quella di creare occasioni di incontro, magari in diversi punti territoriali.

Dunque, ieri è arrivato il battesimo alla Ubik di Savona - sempre grazie a Stefano Milano - e quindi il 27 ottobre del 2022 resterà nella mia memoria come il battesimo del book scritto con Oliviero.

Cospicuo il pubblico, molti i fedelissimi ed è già molto così.

Propongo a seguire una pillola dell’incontro, ringraziando come sempre l’amico Mauro Selis, che ancora una volta si è prestato nella conduzione dell’evento.




Ed ecco un esempio di partecipazione… quella di Fabrizio Cruciani.




Qualche fotografia...







giovedì 27 ottobre 2022

Trees: il folk rock britannico mai dimenticato

 


I Trees sono stati un gruppo folk rock britannico che ha registrato e suonato live tra il 1969 e il 1971, riformandosi brevemente per continuare ad esibirsi per tutto il 1972.

Sebbene il gruppo all’epoca abbia incontrato poco successo commerciale, la reputazione della band è cresciuta nel corso degli anni e si è rinforzata nel 2007 in seguito al campionamento degli Gnarls Barkley della traccia "Geordie" (dal secondo album degli “Trees On The Shore”) sulla title track del loro album “st. Elsewhere”.

La band originale era composta da cinque membri: il bassista e tastierista Bias Boshell, il chitarrista Barry Clarke, il chitarrista acustico David Costa, il batterista Unwin Brown e la cantante Celia Humphris.

 


La loro storia…

David Costa, figlio del cantante e conduttore radiofonico britannico Sam Costa, stava studiando Belle Arti presso l'Università dell'East Anglia, da poco aperta, quando incontrò Barry Clarke (che lavorava presso l'agenzia pubblicitaria di Royd a Londra) attraverso una amica comune che aveva suggerito la collaborazione, poiché erano entrambi chitarristi.

Queste le parole di David dopo il loro primo incontro Barry: "Non sono mai tornato all'università e Barry non è mai tornato nel suo ufficio".

Barry Clarke viveva all'epoca in una casa a Barnes, condivisa con Bias Boshell.

Bias Boshell e Unwin Brown avevano entrambi frequentato la Bedales School di Petersfield, Hampshire, e si trovarono in breve tempo a condividere le loro diverse esperienze musicali, esplorando i diversi gusti e riunendo ciò che avevano in comune. Mancando di un cantante, Costa suggerì di fare un'audizione alla sorella di un suo conoscente e introdusse Celia Humphris nel mix, una giovane che aveva appena lasciato l’Arts Educational dove aveva studiato danza, teatro e canto. Il padre di Humphris era il pittore e illustratore Frank Humphris.

I cinque iniziarono a provare al debutto della primavera del 1969, realizzando i loro primi concerti e le prime tracce demo nei mesi di giugno e luglio dello stesso anno.

Dopo aver firmato per la CBS nell'agosto 1969, i Trees produssero due album in studio in successione relativamente rapida, “The Garden of Jane Delawney” (pubblicato nell'aprile 1970) e “On The Shore” (pubblicato nel gennaio 1971), entrambi registrati negli studi Sound Techniques di Chelsea, ed entrambi prodotti da Tony Cox. “On The Shore” presentava la copertina di Storm Thorgerson dello studio Hipgnosis.

Come altri gruppi contemporanei folk, i Trees sono stati paragonati ai Fairport Convention, ma con un tocco più psichedelico. Il materiale del gruppo fu diviso tra adattamenti di canzoni tradizionali e composizioni originali, principalmente di Bias Boshell.

In un'intervista del 2020, Costa commentò: "Siamo stati etichettati come una band folk-rock, punto e basta, ma le nostre influenze erano generalmente molto più americane che britanniche".

Il gruppo primario si sciolse nel 1971 dopo aver registrato i due album. 

Una seconda incarnazione dei Trees si riformò nel 1972 e suonò fino al 1973; il gruppo comprendeva Celia Humphris, Barry Clarke, Barry Lyons (ex membro di Mr Fox), Alun Eden (anche ex membro di Mr Fox) e Chuck Fleming (ex membro della JSD Band). Le registrazioni di questa formazione sono reperibili nelle versioni bootleg.

Quest'ultima formazione ha anche contribuito all'album solista di Phil Trainer (BASF, 1972)

I Trees si esibirono ampiamente nel corso della loro carriera, prevalentemente nel circuito universitario, ma apparendo due volte alle Fairfield Halls e alla Queen Elizabeth Hall sulla South Bank di Londra, con vari gradi di successo e a volte con significativi elogi della critica.

Durante la loro carriera hanno supportato in tournée artisti come Fotheringay, Fairport Convention, Matthew's Southern Comfort, Fleetwood Mac; Free and Faces sullo stesso cartellone, Genesis, Family e Yes, e apparvero all'Evolution Music Festival a Le Bourget, Parigi nel 1970 insieme a Ginger Baker's Air Force, Pink Floyd e Procol Harum.

Un concerto molto precoce a Notting Hill, a Londra, li vide apparire con un David Bowie praticamente sconosciuto. La band era spesso accompagnata on the road e supportata dal cantautore Marc Ellington.

Originariamente furono seguiti da Douglas Smith e Clearwater Productions, una società di Notting Hill Gate che gestiva anche altri artisti, come High Tide, Cochise e Skin Alley, Hawkwind e Thunderclap Newman.

Dopo lo scioglimento della formazione di origine, Bias Boshell continuò a lavorare come tastierista e compositore con la Kiki Dee Band, scrivendo la sua canzone di maggior successo, “I've Got the Music in Me”, prima di unirsi a Barclay James Harvest e successivamente a The Moody Blues, sostituendo il tastierista Patrick Moraz. Ora vive nel Galles del Nord.

Barry Clarke si unì alla band Vigrass e Osborne, per poi ricongiungersi a David Costa nel 1973 per l'album omonimo “Casablanca” (Rocket Records).

David Costa è rimasto nel giro come art director e designer, seguendo molti artisti importanti, come Elton John, George Harrison, Eric Clapton, i Rolling Stones e i Beatles. Costa e Boshell si sono esibiti insieme in una "reunion" del 2018.

Barry Clarke ha proseguito l’impegno nel settore della gioielleria, vivendo part-time in Francia.

Dopo un breve periodo come batterista con il quartetto pop Capricorn, Unwin Brown ha continuato la sua lunga carriera di insegnante alla Thomas's School di Kensington, cosa che ha fatto sino alla sua morte avvenuta nel 2008.

Celia Humphris ha proseguito con la seconda formazione dei Trees e successivamente è diventata un'attrice di doppiaggio ricercata e ha fornito la voce per diverse canzoni dell'album “Talking With Strangers”, di Judy Dyble (nel 2009), Dodson and Fogg, un progetto folk-rock pubblicato nel 2012, e come cantante ospite nell'album “Heathen Hymns” del 2017, di Galley Beggar, pubblicato su Rise Above Records.

In seguito, ha vissuto in Francia.

È mancata l'11 gennaio del 2021.

Formazioni

Celia Humphris - voce (1969-1972)

Barry Clarke - chitarra solista (1969-1972)

David Costa - chitarra acustica (1969-1971)

Bias Boshell - basso, chitarra, voce (1969-1971)

Unwin Brown - batteria (1969-1971)

Barry Lyons - basso (1971-1972)

Alun Eden - batteria (1971-1972)

Chuck Fleming - violino (1971-1972)

 

Discografia

1970-The Garden of Jane Delawney CBS Records, 2007 Sony Rewind, Sunbeam Records

1971-On the Shore CBS Records, 2007 Sony Rewind, Sunbeam Records

1989Trees LIVE! (Italiano) Habla (bootleg)

2020-Trees (Edizione 50° Anniversario) Fire Records


Sia “The Garden of Jane Delawney” che “On the Shore” sono sempre stati disponibili sin dalla loro uscita originale in vinile, cassetta o CD.

Un'edizione deluxe in due dischi di “On the Shore” è stata pubblicata nel 2007, contenente materiale inedito e remixato.

Nel 2008 seguì una nuova edizione di “The Garden of Jane Delawney”, contenente anche materiale inedito e alcune nuove registrazioni. Entrambi i doppi pacchetti presentavano un ampio saggio del comico, regista e scrittore Stewart Lee.

Un cofanetto di quattro album di registrazioni dei Trees, tra cui demo, remix e registrazioni dal vivo della "reunion" di “The Shore Band” del 1998 degli Trees, è stato pubblicato nel 2020 per celebrare il cinquantesimo anniversario della band.





mercoledì 26 ottobre 2022

IONA, la meraviglia del progressive celtic rock


Iona è stata una band progressive celtic rock del Regno Unito, formata alla fine degli anni Ottanta dalla cantante Joanne Hogg e dai polistrumentisti David Fitzgerald e Dave Bainbridge. Troy Donockley si unì più tardi, suonando flauti e fiati tradizionali vari.

Pubblicarono il loro primo album omonimo nel 1990, quando al duo formatore si aggiunsero il batterista Terl Bryant, il bassista Nick Beggs (ex bassista dei Kajagoogoo), Fiona Davidson all'arpa celtica, Peter Whitfield alle corde, Troy Donockley per le pipe Uilleann e il percussionista Frank van Essen. Il primo album si concentrò principalmente sulla storia dell'isola di Iona, da cui la band prese il nome.

Ritornarono all’atto discografico nel 1992 con “The Book of Kells”, un concept album con diverse tracce basate sulle pagine dell'omonimo libro.

Il terzo album della band, “Beyond These Shores”, fu pubblicato nel 1993 e includeva come ospite Robert Fripp. L'album era vagamente basato sul leggendario viaggio di San Brandano nelle Americhe prima di Cristoforo Colombo, anche se la band non guardava a al progetto come a un rigoroso concept album.

Seguì “Journey into the Morn”, nel 1996, un album più accessibile e orientato al rock, liberamente basato sull'inno "Be Thou My Vision", che fu eseguito in gaelico all'inizio dell'album e di nuovo verso la fine. La cantante della band celtica/new-age dei Clannad fu coinvolta per aiutare Joanne Hogg con la pronuncia gaelica, e partecipò come voce addizionale.

Alla fine degli anni Novanta seguirono due album dal vivo: il doppio disco “Heaven's Bright Sun” e “Woven Cord”, che fu eseguito con l'All Souls Orchestra. Terl Bryant lasciò la band tra questi due album, e Frank van Essen tornò a riempire il posto vacante, suonando la batteria e il violino.


Dopo essersi svincolati dal contratto con la ForeFront Records e con la Alliance Records, Iona formò la Open Sky Records per produrre materiale in modo indipendentemente.
La prima nuova pubblicazione di questa etichetta fu “The River Flows”, del 2002, che conteneva i loro primi tre album (tutti rimasterizzati e diversi brani del primo album anche ri-registrati), così come un quarto disco di brani inediti e rarità chiamato “Dunes”.
I primi tre album sono stati ripubblicati singolarmente, con nuove copertine.

Il gruppo si è preso una semi pausa per la maggior parte del decennio in corso, tuttavia, nel 2006 è stato pubblicato un DVD live contente due dischi: “Live in London”, con un mix 5.1 Dolby Digital Surround di John Kellogg di Los Angeles, e una versione di un nuovo CD in studio intitolato “The Circling Hour”.

Nel giugno 2009 Troy Donockley ha annunciato che avrebbe lasciato la band.
Con un messaggio sul suo sito web dichiarò:

 "Mi sono divertito molto con i miei amici e sono molto, molto orgoglioso degli album che abbiamo fatto insieme. Ma, come in tutte le cose della vita, occorre cambiare. Dopo lunghi periodi di inattività ci siamo trovati con una direzione musicale e filosofica molto diversa. Ci siamo lasciati come i grandi amici dovrebbero fare, con una triste felicità, e auguro alla band tutti i migliori auguri per il futuro".

Donockley è attualmente un membro della band punk/folk The Bad Shepherds. Ha anche suonato nella band di Barbara Dickson per un certo numero di anni ed è il direttore musicale della band.
È stato sostituito negli Iona dal suonatore di piper e fiati Martin Nolan.

Nel giugno 2010, il gruppo si è recato negli Stati Uniti per il loro primo tour dopo nove anni. Il 19 giugno 2010 sono stati molto bene accolti dal pubblico del NEARfest - un festival progressive rock a Bethlehem, Pennsylvania -, e durante questo spettacolo hanno proposto nuove canzoni per il successivo album, “Another Realm”, pubblicato nel 2011, il loro ultimo fino ad oggi. Dopo diversi concerti negli Stati Uniti e uno in Canada, hanno concluso il tour al Cornerstone Festival, un festival di musica cristiana in Illinois, il 30 giugno.

L'11 dicembre 2016 la band ha annunciato sulla propria pagina Facebook di aver sospeso la registrazione e il tour come gruppo, citando altri impegni:

"Non sappiamo cosa accadrà nei prossimi anni, se ci riuniremo di nuovo come Iona. La porta rimarrà aperta, ma per il futuro, i prossimi ed emozionanti capitoli del nostro viaggio seguiranno altre strade".


Ultima formazione:

Joanne Hogg
Dave Bainbridge
Frank Van Essen
Phil Barker
Martin Nolan

Discografia:

Album studio
Iona (1990)
The Book of Kells (1992)
Beyond These Shores (1993)
Journey Into the Morn (1996)
Open Sky (2000)
The Circling Hour (2006)
Another Realm (2011)

Live
Heaven's Bright Sun (1997)
Woven Cord (1999)
Live in London (2008)

DVD
Iona (2004)
Live in London (2006)

Raccolte
Treasures (1996)
The River Flows: Anthology (2002)





lunedì 24 ottobre 2022

"White Rabbit", il manifesto psichedelico dei Jefferson Airplane

Ci sarà un motivo se “White Rabbit” è diventato un brano manifesto del rock psichedelico!

Persino Marty Balin, successivamente "rivale" di Grace Slick nelle dinamiche interne dei Jefferson, riconobbe al brano la statura di vero "capolavoro".

Sì, sto parlando dei Jefferson Airplane e del masterpiece scritto dalla Slick e inserito in “Surrealistic Pillow”, album licenziato nel 1967 e divenuto un disco imprescindibile quando si parla di rock in termini generali. Se poi si volesse scendere nel filone della psichedelia, beh, in quel caso ci sarebbe da indagare ed esaltare un manifesto di quei giorni.

La canzone divenne famosa dopo la presentazione al Festival di Woodstock nel ’69 e fu scritta dalla vocalist quando era ancora nei The Great Society. Quando il gruppo si sciolse, nel 1966, la Slick fu invitata ad entrare nei J. A. in sostituzione della cantante Signe Toly Anderson che aveva lasciato il gruppo dopo la nascita del figlio.

Di quell’album mitico, il primo al quale partecipò la Slick coi Jefferson Airplane, fa parte un’altra canzone celebre, “Somebody to Love”, composta con il cognato Darby Slick ed incisa con il titolo “Someone to Love” dai Great Society.

Questi due brani, assieme a “Volunteers”, resero famosi i Jefferson Airplane ai quali sarebbero rimaste associate per sempre.

L’album uscì nel mese di giugno e “White Rabbit” fu pubblicato come secondo singolo estratto e raggiunse la posizione numero 8 nella classifica statunitense Billboard Hot 100.

Fu una delle prime canzoni scritte dalla Slick, composta a fine 1965 o inizio 1966, ispirata dai libri di Lewis Carroll Alice nel Paese delle Meraviglie e Attraverso lo specchio, utilizzando elementi come il cambio di dimensioni dopo aver assunto pillole o liquidi sconosciuti, aggiornandoli alla luce della controcultura anni Sessanta per descrivere gli effetti di un viaggio sotto LSD. 


È un brano profondamente influenzato dalla cultura delle droghe di quegli anni, l'LSD e i funghi allucinogeni. Ovviamente il coniglio bianco del titolo ("White Rabbit") è proprio quello del racconto di Carroll, trasfigurato come metafora della psichedelia.

Per il movimento hippie le droghe erano elemento essenziale per l'espansione della mente e la ricerca interiore. Con il suo enigmatico testo, White Rabbit fu una delle prime canzoni con riferimenti alla droga a passare in radio senza cadere vittima della censura.

Dal punto di vista musicale, in un'intervista rilasciata al The Wall Street Journal Grace Slick menzionò altre influenze, e cioè "il bolero" usato da Miles Davis & Gil Evans per il loro album del 1960 Sketches of Spain. Infatti, il brano è essenzialmente un lungo crescendo simile a quello del famoso Boléro di Ravel.

L’incidenza più evidente è comunque quella derivante dalle opere di Carroll, metafora delle esperienze lisergiche della California dell'epoca; i celebri romanzi dedicati al mondo fantastico e inquietante della piccola Alice dei quali nel testo del brano vengono espressamente citati personaggi come:

il bianconiglio

il bruco che fuma il narghilè

il catastrofico cavaliere bianco

la collerica regina rossa

il sonnolento ghiro


Come già scritto il brano uscì come 45 giri e sul retro era presente “Plastic Fantastic Lover”.

 


La formazione dei J.A. era la seguente:

Grace Slick - voce

Jack Casady - basso

Spencer Dryden - batteria

Paul Kantner - chitarra ritmica

Jorma Kaukonen - chitarra solista

 

Ecco cosa accadde a Woodstock…



Dall'anno di uscita ad oggi il brano è stato coverizzato una cinquantina di volte, reinterpretato  e adattato ad ogni genere musicale. Ho scelto alcune versioni comparative più recenti che mi sono piaciute particolarmente, quella degli Elephant Revival  e dei Grece Potter and the Nocturnals, oltre ad un esempio corale.




La più recente, corale...


Testo e traduzione di “White Rabbit”

 

One pill makes you larger,

and one pill makes you small

And the ones that mother gives you,

don't do anything at al

 

Una pillola ti fa diventare più grande,

e una pillola ti rimpicciolisce

E quelle che ti dà tua madre,

non hanno alcun effetto

 

Go ask Alice,

when she's ten feet tall

 

Prova a chiederlo ad Alice,

quando è alta dieci piedi

 

And if you go chasing rabbits,

and you know you're going to fall

Tell 'em a hookah-smoking caterpillar

has given you the call

 

E se tu vai a caccia di conigli,

e ti accorgi che stai per cadere

Dì loro che un bruco che fuma il narghilè

ti ha mandato a chiamare

 

And call Alice,

when she was just small

 

E chiama Alice,

quando è proprio piccola

 

When the men on the chessboard

get up and tell you where to go

And you've just had some kind of mushroom,

and your mind is moving low

 

Quando gli uomini sulla scacchiera

si alzano e ti dicono dove devi andare

E tu hai appena preso qualche specie di fungo,

e la tua mente sta affondando

 

Go ask Alice,

I think she'll know

 

Prova a chiedere ad Alice,

penso che lei saprà (la risposta)

 

When logic and proportion

have fallen sloppy dead

And the white knight is talking backwards

 

Quando la logica e le proporzioni (delle cose)

sono cadute come morte al suolo

E il cavaliere bianco sta parlando all'incontrario

 

And the red queen's off with her head

Remember what the dormouse said

Feed your head, feed your head

 

E la Regina di cuori ha perso la sua testa

Ricorda quello che aveva detto il ghiro

Alimenta la tua mente, alimenta la tua mente

 





domenica 23 ottobre 2022

Giuseppe Scaravilli-“Jethro Tull-La leggenda del flauto nel rock”


 
         Giuseppe Scaravilli-“Jethro Tull-La leggenda del flauto nel rock”

Officina Di Hank

 

Parlare e scrivere sul generico argomento “Jethro Tull” è per me sempre un piacere, e non starò qui a sottolinearne gli ovvi motivi, ma affrontare l’argomento attraverso il commento ad un libro, scritto da una persona che si conosce, diventa qualcosa di più… intimo, quasi un movimento in una zona di estremo confort, anche se appare imperativo non dimenticare di fornire l’elemento oggettivo.

Quando conobbi Giuseppe Scaravilli aveva un flauto tra le mani, e assieme ad Andrea Vercesi si esibì sul “palco pomeridiano” alla convention dei J.T. di Novi Ligure, quella del 2006, un set acustico a cui parteciparono anche il duo Lincoln/Lelli e quello Mocchetti /Perlini.

Sono passati molti anni e le vicende di vita si sono susseguite, e così Scaravilli ha alternato la sua attività musicale con i Malibran a quella di saggista, sfornando differenti progetti e, visto che siamo in tema, un bel “Jethro Tull, 1968-1978-The Golden Years”, pubblicato nel 2018.

Un paio di mesi fa Giuseppe ha rilasciato un nuovo lavoro, ancora dedicato alla band del cuore, dal titolo Jethro Tull-La leggenda del flauto nel rock”, con la prefazione di Fabio Rossi.

Ogni volta che si affronta un argomento musicale specifico, magari di nicchia ma a lungo perlustrato in precedenza dal mondo giornalistico, ci si chiede sempre se in effetti ce ne fosse bisogno o se lo sforzo - onerosissimo - risponda in realtà ad un’esigenza personale, quella che porta a parlare di colonne sonore di una vita che si vorrebbe condividere coinvolgendo chi nulla o poco sa, perché quella che si ritiene sia una bellezza assoluta deve trovare, nella mente di chi scrive, espansione a macchia d’olio. Tutto questo lo deduco, soprattutto, dalle mie esperienze personali.

Alla fine, può capitare di dire tra sé e sé: “Ma ce n’era davvero bisogno?”.

Con questa domanda, che spesso mi sono posto in passato, ho iniziato l’avvicinamento ad un book che alla fine ho divorato in poche ore.

Il motivo è che ho trovato all’interno cose che non conoscevo, ma tante… e mentre ho dato meno peso a certi elementi storici - come le seppur utili scalette dei vari concerti - ho trovato invece interessantissimi certi risvolti anche molto intimi e personali che hanno stimolato la mia curiosità, portandomi a chiudere cerchi che mai avevano trovato la fermatura.

Intendiamoci, resta un lavoro per appassionati della band, come Scaravilli lascia intravedere nella sua introduzione:

Questo libro, dedicato alla storia dei Jethro Tull, intende rappresentare un approfondito excursus della loro carriera dagli esordi ai giorni nostri, con un maggior approfondimento per gli anni che vanno dal 1968 al 1980. Ogni capitolo è dedicato alle uscite discografiche di quell’anno specifico in ordine cronologico, da “This Was” a “Stormwatch” - il cui tour si chiuse all’inizio del nuovo decennio - per poi proseguire con capitoli più riassuntivi ma non meno curati. Sono trattate anche tutte le tournée, i brani rimasti fuori dai dischi ufficiali, gli aneddoti, i cambiamenti nella formazione e nei costumi di scena della band, le scalette dei concerti, il materiale audio e video esistente, le rarità e tante altre notizie forse meno conosciute ai più… al contrario di altre celebri band degli anni Settanta, in Italia non esistono molte biografie dedicate ai Jethro Tull e questo volume spera di colmare questo vuoto, cercando di risultare allo stesso tempo esaustivo, scorrevole e avvincente.”

Ma perché Mick Abrahams lasciò il gruppo dopo il primo album? Perché Glenn Cornick fu allontanato? E che accadde a Martin Barre, colonna e braccio destro di Ian Anderson, licenziato all’improvviso?

Non è gossip, ma storia, e la lettura permette di entrare maggiormente nelle dinamiche gruppali, realizzando un’analisi basica della psicologia del “padre padrone” Ian, il vero artefice nel bene e nel male - e su questo non ci sono dubbi - del fenomeno tulliano.

Il libro avvolge, con la sensazione, a volte, di essere all’interno del racconto, mentre la musica, parola dopo parola, si materializza nella mente di chi legge.

Le fotografie di metà libro fanno parte del contesto, e il loro bianco e nero - forse meramente legato al problema dei costi di produzione - contribuisce nel realizzare un profumo âgé, che è quello che emerge nel corso della lettura, nonostante lo spazio temporale analizzato permetta di arrivare ai giorni nostri.

Che altro aggiungere, un bel volume, scorrevole, importante dal punto di vista storico, imperdibile per gli appassionati del genere, che mette in risalto la passione cristallina - e la capacità comunicativa - di Giuseppe Scaravilli, musicista e scrittore in grado di riannodare i fili del tempo e le connessioni esistenti tra sentimenti e oggettività.

Una bella e consigliabile lettura.




martedì 18 ottobre 2022

Ricordando "Per voi giovani"



Prendo in prestito questo articolo apparso su "Ciao 2001", n. 41 del 13 ottobre 1971, per ricordare una delle poche trasmissioni che informavano noi adolescenti, affamati di musica, ad inizio anni '70, "Per voi giovani".
Nel filmato a seguire, del 1973, la voce di Carlo Massarini è coadiuvata da un sottofondo di qualità, Gentle Giant e Yes.

Aria di ringiovanimento alla trasmissione radiofonica "Per voi giovani": la popolare rubrica di musica leggera e dibattiti dedicata ai giovani ascoltatori ha cambiato volto e si presenta al loro giudizio piena di importanti innovazioni destinate a renderla più interessante e più rispondente alle loro esigenze sempre più numerose. Molta strada è stata fatta e molte cose sono cambiate da quando Renzo Arbore ricevette l'incarico di tenere a battesimo la trasmissione. Soprattutto, quello che è andato maggiormente evolvendosi è il desiderio dei giovani, il loro bisogno di essere resi più partecipi di tutto ciò che li circonda. Parlare della musica leggera e di alcuni problemi di tutti i giorni può esser fatto diversamente e con toni meno cattedratici di quelli usati negli altri programmi: questo, in sintesi, il ragionamento da cui si è partiti a viale Mazzini ed attraverso il quale si sono, via via, dipanate le successive edizioni della rubrica. Ma rivolgersi ad un pubblico come quello di "Per voi giovani" richiede anche e soprattutto una semplicità di linguaggio che solo i giovani possiedono in misura spontanea; da qui la decisione di affidare ad alcuni di essi il compito di rivolgersi ai loro coetanei dai microfoni di via Asiago. La decisione, probabilmente non mancò di sollecitare polemiche alla Rai, polemiche che divennero addirittura furiose allorché questi neo-presentatori "sgarrarono". Come ricorderete, nel novembre scorso, l'intera redazione di "Per voi giovani" fu posta sotto accusa poiché, dissero, i microfoni compilavano un vero e proprio "bollettino di guerra" con la scusa di informare sulla situazione delle scuole italiane occupate dagli studenti. Dopo numerose censure ed imposizioni "dall'alto", i collaboratori della trasmissione si dimisero in blocco con l'intento di far cessare il clima di terrore che si era venuto ad instaurare, ma non poterono evitare che Paolo Giaccio, con la scusa ufficiale dei "motivi di servizio", fosse mandato in castigo in Inghilterra per un certo periodo di tempo. Questi sono comunque episodi appartenenti al passato e che viale Mazzini cerca probabilmente di farsi perdonare donando alla trasmissione una nuova e più organica struttura che, siamo certi, non dovrebbe dispiacere egli affezionati del programma.
Ma vediamo insieme in cosa consistono, in pratica, le innovazioni di cui stiamo parlando: innanzi tutto le "voci"; allo scopo di eliminare quei toni "professionali" che per forza maggiore anche un dilettante viene ad assumere inconsapevolmente dopo un certo periodo di tempo, si è pensato di inserire nuovi personaggi, nuove "voci" nella trasmissione. Ai due vecchi presentatori Paolo Giaccio e Mario Fegiz sarà lasciato l'incarico di curare una rubrica il primo, e di dirigere una redazione a Milano il secondo. Il programma risulterà suddiviso in rubriche, ciascuna affidata ad una persona, riguardanti gli argomenti più interessanti legati all'attualità ed al mondo musicale. Queste rubriche saranno chiamate "spazi" - ed anzi Spazio-Giovani doveva esser il nuovo titolo della trasmissione, ma poi non se ne è più fatto nulla - e saranno in numero di sette. Eccole di seguito:
POP-CLUB: è senza dubbio destinato a ricoprire l'angolo più interessante per gli appassionati della pop music; curato da Carlo Massarini, lo "spazio" si ripromette di guadagnare il tempo perduto dalla radio in fatto di pop negli ultimi cinque anni. In sostanza, poiché la trasmittente italiana ha cominciato con sensibile ritardo ad interessarsi di questo importantissimo filone musicale, si cercherò di sopperire a questa carenza portando a conoscenza del pubblico i long playing di questo periodo scelti fra quelli dei Cream, dei Traffic, dei Procol Harum prima maniera, di Joe Cocker, ecc.
LA POSTA: va da sé che non poteva essere soppresso questo angolino di dialogo diretto con gli ascoltatori. Questa volta vi provvederà la giovane Mariù Safier che provvederà anche a presentare alcuni brevi brani ritmati dalla melodia particolarmente facile e distensiva.
SPAZIO-ROCCHI: prende il nome dal suo curatore, Claudio Rocchi. Claudio è un cantautore milanese di vent'anni ottimo conoscitore della produzione internazionale del folk e del pop. Suo compito sarà quello di scegliere e proporre agli ascoltatori brani dal repertorio folk e country americano ed inglese.
SERVIZIO PARLATO: riguarderà argomenti tra i più diversi ma tutti di grande interesse ed attualità. Si occuperà di tempo libero, delle nuove esperienze didattiche di alcune scuole del Nord commentate dagli stessi studenti, delle comunicazioni di massa, del mondo del lavoro e delle difficoltà di inserimento in esso da parte dei giovani, di consumi e merceologia, di incontri e ritratti di ascoltatori. Allo "spazio" collaborerà da Milano Mario Luzzatto Fegiz.
CANZONI ITALIANE: la rubrica è curata da Paolo Giaccio ed ha l'intento di rivalutare, nel piano della trattazione, questo settore precedentemente un po' trascurato. Proporrà brani che godono di una certa validità autonoma (Battisti, Mina, De André, Formula 3 e altri) non senza precludersi però la possibilità di polemizzare con questo o quel cantante o complesso.
SEGNALAZIONE LIBRO O SPETTACOLO: curato ancora da Mariù Safier, questo "spazio" si propone di tornare in chiave di recensione su alcuni fatti di attualità legati a qualche libro o spettacolo.
NOVITA' 33 GIRI: se ne occupa un giovane beat inglese Richard Benson, che presenterà di volta in volta un nuovo 33 giri legato all'immediata attualità del pop.
Queste, dunque, le novità che trovano la loro ragion d'essere in una più impegnata ricerca del contatto con l'ascoltatore. Ad esso, quindi, il giudizio definitivo.

Rolando Gimero




sabato 15 ottobre 2022

Piccolo ricordo di Sandie Shaw

Non mi ha mai fatto impazzire Sandie Shaw… quando ho iniziato ad ascoltare musica, Stones e Beatles erano il mio pane quotidiano, mentre la proposta della “cantante scalza” strizzava l’occhio al ritornello facile, ad un’immagine precisa e ad una certa facilità sonora che mi sembrava inadeguata al nuovo che avanzava.

Ma ero un bambino, e a distanza di anni, scevro da alcuni pregiudizi - solo alcuni! - , rivaluto quel periodo e chi lo ha alimentato.

Beat Club mi invia una notifica che certifica l’inserimento di un nuovo brano, e dal cilindro esce fuori la bella Sandie.

A proposito di camminate “barefoot”, nell'agosto 2007 la cantante ha rivelato di aver subito un intervento "correttivo" sui suoi piedi, che ha definito "brutto"; l'operazione chirurgica l'ha lasciata incapace di camminare per due mesi: forse un paio di ciabattine… all’epoca…

Un minimo di storia.

Sandie Shaw, pseudonimo di Sandra Ann Goodrich, nata il 26 febbraio 1947 è una cantante inglese tra le più famose degli anni Sessanta, soprannominata la cantante scalza per la sua abitudine di esibirsi sul palco a piedi nudi.

È una delle interpreti britanniche di maggior successo degli anni ‘60 e ha avuto tre singoli al numero uno nel Regno Unito con "(There's) Always Something There to Remind Me" (1964), "Long Live Love" (1965) e "Puppet on a String" (1967).

Con "Puppet on a String" è diventata la prima voce britannica a vincere l'Eurovision Song Contest.

È tornata nella top 40 del Regno Unito dopo quindici anni con la cover del 1984 della canzone degli Smiths "Hand in Glove". La Shaw ha annunciato il suo ritiro dall'industria musicale nel 2013.








venerdì 14 ottobre 2022

Beat-Club propone Cat Stevens e un brano degli esordi, "Matthew & Son”

Beat-Club, nella sua opera di lento rilascio del materiale di proprietà, propone ultimamente Cat Stevens e uno dei suoi primi brani,Matthew & Son”, contenuto nell’omonimo album di esordio pubblicato il 10 marzo 1967 dall'etichetta discografica Deram.

Qualche nota succinta relativa alla sua storia...

Yusuf Islam (nato Steven Demetre Georgiou il 21 luglio 1948), comunemente noto con il nome d'arte di Cat Stevens e in seguito Yusuf, è un cantautore e polistrumentista britannico. Il suo stile musicale è composto da folk, pop, rock e, nella sua carriera successiva, musica islamica. È stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame nel 2014.

Il suo album di debutto del 1967 ha raggiunto la top 10 nel Regno Unito e la sua title track, "Matthew and Son", ha raggiunto il numero 2 nella UK Singles Chart.

Gli album di Stevens, “Tea for the Tillerman” (1970) e “Teaser and the Firecat” (1971) sono stati certificati triplo disco di platino negli Stati Uniti dalla RIAA.

Il suo album del 1972 “Catch Bull at Four” è stato per tre settimane al numero uno della Billboard 200 e quindici settimane al numero uno nelle classifiche australiane ARIA.

Ha vinto due premi ASCAP per la scrittura di canzoni nel 2005 e nel 2006 per "The First Cut Is the Deepest".

Le sue altre canzoni di successo includono "Father and Son", "Wild World", "Moonshadow", "Peace Train" e "Morning Has Broken". Nel 2007 ha ricevuto l'Ivor Novello Award for Outstanding Song Collection dalla British Academy of Songwriters, Composers and Authors.

https://www.youtube.com/watch?v=u4pLNKb8j2U




mercoledì 12 ottobre 2022

Phoenix Again - “Vision”


Phoenix Again - “Vision”

(50:73)

Ma.ra.cash, rilasciato il 28 agosto 2022


Questo album (il quarto in studio), distribuito da Ma.Ra.Cash Records, rimarrà un album unico per i Phoenix Again, poiché il prossimo rimarcherà le nostre sonorità più Prog-rock…”. È questa la frase che apriva la chiacchierata tra me e la band in occasione dell’uscita di “Friends of Spirits", dei Phoenix Again, acustico e quindi anomalo rispetto al loro standard.

Prima di ciò la loro discografia poteva contare su "Threefour" (2010), "Look out" (2014) e "Unexplored" (2017).

Era l’estate del 2019, l’ultimo anno “moderato”, prima degli sconvolgimenti che sembra non abbiano ormai una fine.

Per tentare di mantenere a debita distanza la catastrofe proviamo ad usare la musica, da ascoltatori con un ruolo spesso passivo, da creatori con un impegno totale e una dedizione che sa di religioso, di spazio aulico.

I Phoenix Again ritornano dopo aver messo a frutto la sosta forzata, e la sintesi del loro lavoro si esplicita con l’album “Vision”, oltre cinquanta minuti di musica strumentale che pare non avere riferimenti certi, perché la regola è non aver regole, perché il concetto di musica prog - quello che la band predilige - è sinonimo di contaminazione, di libertà assoluta, di trame complicate per i comuni mortali, di piacevolezza d’ascolto.

Come spesso accade in occasione di un nuovo rilascio discografico, ho realizzato una piccola ma esaustiva intervista che propongo a fine articolo, un aiuto per l’ascolto.

Sono 9 le tracce, nuove composizioni e alcuni brani recuperati - e rivisitati -dall'archivio dei P.A.

È oggettivamente molto complicato identificare i messaggi in un album privo di liriche, ma sarebbe un errore pensare di evitare l’argomento o meglio, immaginare che le sonorità siano solo la sintesi di competenze che producono atmosfere più o meno piacevoli. La musica che scaturisce da “Vision”, brano dopo brano, racconta alle persone dotate di un minimo di sensibilità e virtuosismo basico un percorso, una commistione di ricordi e attualità, un rivangare nel contenitore delle memorie ed esperienze che si trasforma in reazione sonora, una tela che a poco a poco si riempie prendendo significato, e la magia sta nel far propria la musica dei P.A. e rileggerla in modo personale, creando così mille storie, forse lontane dagli intendimenti iniziali, ma in fondo è questo lo scopo della condivisione, soprattutto quando parliamo di musica slegata da rigidi schemi.

A seguire propongo un esempio concreto con “Threefour”, ma alla prima occasione aggiungerò la traccia che più mi ha entusiasmato, “Psycho”, brano complicatissimo che a tratti mi ha regalato il profumo dei primi Gentle Giant.

Ma tutto l’album viaggia su sentieri inusuali, difficili da percorrere, non certo per tutti, ma entusiasmanti per chi ama la musica progressiva.

Il rock si mischia al jazz, alla classica, al folk… nessun punto di riferimento certo ma la sicurezza che ad ogni svoltare d’angolo una novità sia pronta a sbocciare.

Io l’ho riascoltato a più riprese, trovando ogni volta nuovi e positivi punti di approccio, davvero un bel disco.

Consigliato vivamente, la delusione è bandita!

 


L'intervista...

Sono passati tre anni dall’uscita di "Friends of Spirits", una parentesi semiacustica nel vostro normale percorso: possiamo dire che il vostro nuovo lavoro, "Vision", è il frutto della sosta forzata legata alla pandemia?

Sicuramente, abbiamo lavorato al nuovo album in questi due anni di pandemia, avevamo alcuni brani sui quali lavorare, il tempo non mancava vista l’impossibilità di fare altro, causa restrizioni governative.

Che musica proponete ora con il nuovo disco?

Con “Vision” torniamo a sonorità più vicine ai primi tre album, Prog, Rock, Jazz Rock, Psichedelico, Classica e Folk; chi ci segue sa che noi ci divertiamo a mescolare tanti generi, per noi “progressive” vuol dire contaminazione.

In un lavoro strumentale i titoli appaiono come elemento chiarificatore: che cosa volete esprimere oltre alla musica?

I titoli dei nostri brani sono dettati dalla sensazione che il brano ci dà; nel nuovo album ci sono vecchi pezzi presi dal nostro archivio e riarrangiati, altri nuovi composti nel periodo covid (il brano acustico “Threefour” era stato pubblicato su youtube nel periodo pandemico, ognuno di noi aveva registrato la sua parte in casa). Con la nostra musica vogliamo esprimere una “Visione” futura con tante contaminazioni, è il nostro marchio di fabbrica oramai, cerchiamo sempre di stupire e disorientare il nostro pubblico spaziando nei vari generi cercando di uscire da certi schemi preordinati.

Il nucleo è consolidato ma altri musicisti hanno collaborato con voi: me ne parli?

Certamente, ringraziamo con tutto il cuore i musicisti e collaboratori che hanno contribuito a questo album, iniziando da Emilio Rossi - titolare del Phoenix Studio - per i mixaggi e la pazienza; Daris Trinca al glockenspiel in “Overture”; Annibale Molinari al corno; Lorenzo Poletti al trombone; Erika Marca alla tromba in “Propulsione”; Giovanni Lorandi, Alessandra Lorandi, Karin Pilipp, Simona Cecilia Vitali ai Cori in “Propulsione”.

Non ho in mano il lavoro fisico per cui ti chiedo di darmi qualche delucidazione sull’artwork.

La grafica è di Andrea Piccinelli, la copertina un quadro ad olio su masonite di Claudio Lorandi, titolo dell’opera “Oriente”, 1993.

Possiamo dire che “Vision” si lega a qualche lavoro precedente e mantiene una certa continuità?

Certamente, si lega soprattutto ai primi tre album; in questo lavoro hanno lavorato molto di più sugli arrangiamenti i giovani, Andrea Piccinelli in primis sulle parti di tastiera e non solo.

Lo proporrete dal vivo?

Stiamo provando il nuovo repertorio per poterlo presentare live nel 2023, abbiamo già alcune data all’estero e ne stiamo valutando e trattando altre, spero arrivino anche proposte dall’Italia, pensiamo di iniziare i live verso la fine di gennaio/inizio febbraio 2023, stiamo provando tutti i pezzi con il nuovo chitarrista Alessio Bolpagni, new entry nei Phoenix Again in sostituzione di Marco Lorandi che si prenderà un periodo sabbatico per motivi di lavoro e personali.



Tracklist 

1-Ouverture 04:03

2-Moments of Life 10:28

3-Triptych 06:54

4-Air 06:38

5-Psycho 04:32

6-La Fenice alla Corte del Re 06:34

7-Propulsione 06:42

8-Mamma RAI 04:36

9-Threefour 02:06


Line up:

Antonio Lorandi: basso elettrico e acustico, cori

Sergio Lorandi: chitarre elettriche e acustiche, cori

Andrea Piccinelli: tastiere e piano acustico

Silvano Silva: batteria e percussioni

Giorgio Lorandi: percussioni

Marco Lorandi: chitarra acustica e cori


www.phoenixagain.it

https://phoenixagain.bandcamp.com/

https://www.facebook.com/phoenixagain

http://www.progarchives.com/artist.asp?id=7278