Sono arrivato casualmente al libro “Corsi Ripercorsi” (De Ferrari Editore), avendo
il compito di facilitatore nella presentazione del 18 ottobre alla Ubik di
Savona.
Protagonista del libro di Vera
Torrero una vita, una storia,
un’epoca, quella del talentuoso chitarrista genovese Armando Corsi.
Nel recente passato ho avuto la fortuna di vederlo su di un
palco accanto a molti altri personaggi musicali della sua città, ma il
patrimonio culturale/ musicale/ tecnico di cui è in possesso, lo rendono un
mito chitarristico che supera la dimensione locale e si espande oltre i confini
nazionali.
Capita a molti - anche alle persone prive di visibilità -, una
volta arrivati ad un traguardo temporale significativo, di sentire la necessità
di raccontarsi, di raccogliere le idee e fissarle per sempre su di un formato
incancellabile e, a pensarci bene, Armando Corsi arriva con un po’ di ritardo,
essendo nato nel 1947, e la prima smania da “raccoglitore di ricordi” è
solitamente più precoce. Il fatto è che occorre sempre lo schioccare di una scintilla,
quella che permette di mettere a fuoco l’obiettivo e la volontà del momento, e
spesso l’accensione è determinata da un incontro fortunato. Nello specifico
l’unione di intenti si realizza con la conoscenza tra il chitarrista e Vera
Torrero - avvocato con la passione della musica -, e l’incrocio dei due
percorsi artistici porta alla realizzazione di un progetto denominato “In
punta di piedi” - album di cui scriverò prossimamente su questo spazio
-, e alla stesura di “Corsi Ripercorsi”, contenente anche un CD omonimo.
È un libro che si “divora”, consigliato a chiunque sia
interessato ad abbinare lo scorrere del tempo ad avvenimenti che segnano per
sempre, e che possono riportare ad un vissuto personale, in un parallelismo tra
lettore e autore che sfugge dal mero argomento musicale.
Vera Torrero è abile nel far fluire un’esistenza che
sarebbe un perfetto argomento da pellicola cinematografica, tanto intenso e
variegato è lo sviluppo degli accadimenti.
C’è anche particolare maestria nell’utilizzo delle citazioni,
che non appaiono forzate e inserite per creare effetto, ma sono estrapolate
dalle letture e dal fermo credo di Corsi.
Mi sembra interessante iniziare da Alda Merini, perché il suo
pensiero trova perfetta chiusura nella sintesi successiva, che diventa manifesto
dell’autore:
“Bambino, se trovi l’aquilone della tua fantasia legalo
con l’intelligenza del cuore. Vedrai sorgere giardini incantati…”.
Armando Corsi: “Chi sarei oggi se non avessi trovato
l’aquilone della musica? Non saprei, non mi so immaginare senza le corde della
chitarra tra le dita, ma so per certo che sarei infelice. Così inizio a
raccontare la mia storia, dicendo grazie a mio padre che mi ha donato il filo
robusto e la stoffa colorata per realizzare il mio aquilone e ringraziando la
vita, che lo ha fatto levare in altro.”.
Ringraziare il padre, in generale, potrebbe sembrare atto
dovuto, ma in questo caso colpisce un’azione particolare che rappresenta
probabilmente una svolta, quella sliding door che spesso si pone davanti a noi
in tempi più maturi, ma che Corsi trova davanti a sé alla fine della scuola
elementare quando, già innamorato dello strumento, trova pieno conforto nella
figura paterna nel momento in cui, dovendo scegliere tra il proseguimento dello studio
tradizionale e quello della chitarra, non esita nel privilegiare
l’approfondimento della sei corde, con l’inusuale - ieri come oggi - assenso
genitoriale.
E da lì la chitarra
diventa la vita e il mezzo per condurla, la fonte di sostentamento, di
divertimento, di aggregazione, di inclusione, di insegnamento e apprendimento,
di ampliamento della cultura personale: a 10 anni certi argomenti filosofeggianti
sono banditi, ma al tirar delle somme Armando Corsi ci propone la sua certezza
attraverso il pensiero del Dalai Lama: “Trova
un lavoro che ti piace e non lavorerai un giorno”, la magica ricetta della
felicità, a dire il vero non facile da realizzare.
Da questo momento si
dipana una vita avventurosa, carica di aneddoti, di viaggi in giro per il
mondo, di esperienze formative e affascinanti, con momenti topici e incontri
capaci di cambiare il percorso personale - Ricchi e Poveri, Anna Oxa, Ornella
Vanoni, Ivano Fossati -, con l’amore di sempre che, poco alla volta, si
trasforma in professione, dando senso compiuto ad un iter iniziato sessant’anni
prima.
Il racconto si
sofferma sulla vita famigliare, sullo sviluppo discografico, sulle amicizie e sul
rispetto di colleghi, non solo quelli coevi.
Ne è passata di acqua
sotto ai ponti da quando il giovin Corsi si iscrisse al conservatorio per lo
studio del contrabbasso, essendo la chitarra considerata poco nobile e quindi
non degna di approfondimento, momento ricordato con affetto ma dal quale esce
fuori prepotentemente il musicista del popolo, quello che utilizzava la notte
per proporre performance da osteria, osteggiato dall’ortodossia di un rettore
poco incline a concessioni, nella sua ottica, “minori”.
Il libro, la cui
prefazione è curata da Enrico de Angelis - giornalista e storico della canzone
- propone anche una bellissima serie di immagini che rafforzano le parole e
diventano ulteriore testimonianza della carriera di Armando Corsi.
E poi un Cd
rappresentativo di un’idea musicale, capace di racchiudere mondi differenti in
un unico contenitore, perché niente come la musica può annullare differenze e
spazi temporali.
Tra i protagonisti
musicali anche Vera Torrero, il cui connubio con Corsi appare davvero vincente,
anime che si incontrano e da cui si diramano situazioni positive.
Vera chiude il libro
utilizzando lo stesso autorevole personaggio con cui lo aveva iniziato, la
scrittrice Alda Merini, amantissima da Corsi:
“Io non ho bisogno di denaro,
ho bisogno di sentimenti, di parole, di parole scelte sapientemente… di canzoni
che facciano ballare le statue.”
La musica tutto può, e
non esiste la necessità di catalogazioni e di realizzare graduatorie di
importanza, e tutto questo potrebbe essere uno degli insegnamenti di questo
scritto, a cui aggiungerei un paio di concetti “forti” che emergono
prepotentemente: la prima è la possibilità di imparare dagli altri, persone a
cui, magari, si sta insegnando, e quindi la capacità di aprirsi al prossimo, qualunque esso sia; la
seconda è il proposito di “prendere il meglio dal peggio”, dogma vitale
per Corsi che conduce al concetto attuale del dare il meglio di sé senza avere
come riferimento un simbolo imposto dal sistema che, seppur positivo, potrebbe
essere irraggiungibile per ovvi motivi legati al contesto e alle capacità
personali:
Martin L.K.:” Siate
il meglio. Se non potete essere il pino sulla vetta del monte, siate un
cespuglio nella valle, ma siate il miglior piccolo cespuglio sulla sponda del
ruscello. Se non potete essere una via maestra siate un sentiero. Se non potete
essere il sole siate una stella, non con la mole vincete o fallite. Siate il
meglio di qualunque cosa siate. Cercate ardentemente di capire a cosa siete
chiamati e poi mettevi a farlo appassionatamente.”
Alla fine della
lettura ho avuto la possibilità di guidare la presentazione del libro, e
dell’incontro propongo un medley musicale.
Un libro che consiglio
di leggere, adatto a tutti, probabile prologo ad un nuovo progetto letterario.