giovedì 30 giugno 2022

M'Z-“La Civilisation de la Graine”


A distanza di due anni mi ritrovo a commentare la musica di M'Z, ovvero Mathieu Torres, musicista francese che ha appena rilasciato il suo terzo album, “La Civilisation de la Graine”, prodotto e distribuito da Luminol Records.

Virtuoso della chitarra, M'Z propone qualcosa di complesso, affrontando temi fondamentali della nostra esistenza attraverso musica strumentale, chiedendo quindi all’ascoltatore un impegno cha possa andare oltre la semplice empatia da impatto, arrivando ad una concentrazione che deve portare agli stessi risultati forniti dall’abbinamento tra musica e liriche.

Come citato, è questo il terzo capitolo di un percorso personale che lo ha visto inizialmente focalizzarsi sul rapporto tra musica, colori e stati d’animo, per poi arrivare a puntare il dito verso l’intera industria musicale all’alba della sua morte, senza risparmiare nessuno.

Il nuovo disco appare come una riflessione approfondita sulle fondamenta delle nostre organizzazioni patriarcali e sulla predisposizione umana ad organizzarsi in civiltà, magari esteticamente appaganti se viste con occhio esterno, ma nella sostanza ingiuste, violente e superficiali.

Realisticamente parlando i concetti espressi da Torres possono emergere solo attraverso una conoscenza del progetto, e il mio compito di oggi è proprio quello di evidenziare gli aspetti che restano nascosti ai più ma che sono lo stimolo alla creazione.

M'Z è un musicista straordinario dalle enormi skills, ed è raro trovare un connubio così importante tra competenze e voglia di analisi di temi sociali, facendo parlare esclusivamente strumenti e atmosfere sonore.

C’è ovviamente una fruizione più semplice, quella che porta ad essere coinvolti e avvolti da una musica comunque difficile da etichettare, compresa tra rock, prog e ambient, ma non credo che le caselle ortodosse possano appassionare Mathieu, più propenso verso la libertà espressiva, anche negli aspetti formali.

Comunque lo si ascolti, qualunque sia la modalità di fruizione, “La Civilisation de la Graine” è un disco molto ben costruito e oserei dire trasversale, contenitore sonoro che consiglio, al quale ci si può avvicinare cliccando sui titoli dei brani della tracklist a seguire.

Il viaggio di M'Z continua…

 


Tracklist (cliccare sul titolo per ascoltare)

Des Récits

Edifions des temples absurdes

Au confort de la mémoire qui sublime

Assemblée Populaire

La spiritualité Marketing

Bureaucratie bémol

Enquête payenne

Ishtar dance

 

https://album.link/86vd3jdf9dxzg

https://www.facebook.com/Mathieutorres31000




 

martedì 28 giugno 2022

Il Giro Strano-“Il Pianeta Della Verità”

 


Primi anni Settanta, sono un adolescente che sente nell’aria il profumo della musica, attratto da quanto sta nascendo intorno, affascinato da ogni aspetto collaterale.

Non può sfuggirmi quel ragazzo che ogni giorno esce dal portone vicino al negozio di alimentari dei miei zii, con il “permesso” di portare lunghi capelli ed una “valigia” che suggerisce che all’interno è presente uno strumento a corda, che successivamente scoprirò sia un basso elettrico. E i suoi colleghi di avventura sono come lui, molto… alternativi!

Quel bassista era ed è (anche se ha da tempo appeso lo strumento al chiodo) Mario Pignata, e ha fatto parte di uno dei gruppi più importanti del prog rock savonese. Mi capitò anche di fare una piccola jam con lui (e Beppe Aleo alla batteria), ma questa è un’altra storia.

Ho ritrovato Mario in altri ambiti in periodi recenti, ma questo ricordo mi permette di proporre quella band e introdurre la fermatura del cerchio, perché il sestetto Il Giro Strano - era questo il nome - non riuscì mai a pubblicare un Lp durante la piena attività, come già sottolineato temporalmente focalizzata nei primi anni ’70.

Black Widow Records, come spesso accade, pone rimedio e colma la lacuna, facendo opera di giustizia musicale e pubblicando un album storico, “Il Pianeta Della Verità”.

Tutta la storia de Il Giro Strano, analizzata nei dettagli, è fruibile al seguente link:

https://athosenrile.blogspot.com/2022/03/il-giro-strano-la-vera-storia.html

A seguire propongo una chiacchierata con Alessio Feltri, che rispolvera aneddoti del tempo e ci permette di approfondite maggiormente una storia nata molti anni fa, che ora appare delineata in tutti i suoi contorni e la cui analisi, immagino, sia diventata bilancio di una vita, quel sentiero percorso dai protagonisti di questo racconto nell'arco di 50 anni e oltre.

L’album è costituito da 11 tracce a cui si aggiungono 2 bonus tracks, mp3 download card, in cui viene proposta anche una cover dei Led Zeppelin, la famosa “Since I’ve Been Loving You”.

Nella track list di fine articolo, cliccando sul titolo, è possibile ascoltare i singoli brani.

Savona è la città di riferimento, bagnata dal mare, un elemento che mi propone una metafora comparativa con la musica.

Il mare si può ammirare da lontano, oppure navigare/nuotare in superficie. Esiste poi chi decide di immergersi nel profondo facendosi avvolgere.

La musica de Il Giro Strano - una proposta quasi rivoluzionaria per l’epoca - è quella che realizzarono giovani visionari vogliosi di una full immersion in un mondo/mare infinito, tra contaminazioni ed esempi “stranieri”, incuranti dell’ortodossia che da sempre propone modelli di facile fruizione.

Il rock del Giro si miscela al jazz, al blues, e passa attraverso una frantumazione delle regole, tanto che i tre minuti utili un tempo per proporre la canzone potenzialmente da hit parade si dilatano senza alcuno sguardo al “buon comportamento”, e affibbiare alla band lo status di "iconoclasta" potrebbe essere azzeccato.

Fantastici musicisti, carichi di idee sposate alla pazzia giovanile, presentano oggi un contenitore storico, forse difficile da comprendere per le nuove leve, ma capace di liberare un profumo unico, quello che consente di toccare in un attimo momenti che riconducono ad un cambio culturale epocale, e alla fine ci si accorge che la musica diventa veicolo per scatenare sentimenti, ricordi e momenti significativi del nostro percorso personale.

Mi sono emozionato nell’ascoltare le tracce de “Il Pianeta Della Verità” e sono certo che il valore intrinseco verrà a galla all’impatto. Certo, come racconta Feltri nel corso dell’intervista, il tutto resta nell’ambito di una nicchia di fruitori, ieri come oggi, e quindi lasciamo al mainstream l’ortodossia e teniamoci la qualità, fatta di idee, competenze e voglia di osare.

Buona lettura e buon ascolto…

 

Intervista ad Alessio Feltri

 


Vorrei partire dall’attualità, dal disco appena uscito, dalla realizzazione di qualcosa che forse è arrivato in ritardo rispetto alla vostra storia: come siete giunti alla conclusione di questo nuovo e impegnativo progetto?

Tutto è nato da un’iniziativa di Pino Pintabona della Black Widow. Mi ha contattato e mi ha riferito della sua volontà di ristampare i brani di Il Giro Strano, per cui ho iniziato un laborioso periodo di “recupero” degli stessi.

 “Il pianeta della verità” è stato prodotto e distribuito da Black Widow Records: come è nato il matrimonio tra le parti?

De Il Giro Strano esisteva solo un CD edito in precedenza (1992) dalla Mellow Records. Pintabona ne ha acquistato i diritti e ci ha contattato per acquisire quanto più materiale originale possibile.

So che per tracciare la lunga biografia che è inserita nel booklet avete riunito pensieri e persone ormai molto distanti tra loro, anche dal punto di vista geografico: quali sono state le difficoltà e quali i piaceri? 

Difficoltà enormi, però superabili grazie all’attuale connessione globale, che consente di mettere in relazione i ricordi di ciascuno, minimizzando imprecisioni inevitabili per via della distanza cronologica. Comunque ci siamo molto divertiti a correggere talvolta anche i nostri stessi ricordi…

La raccolta del materiale avrà richiesto tempo e impegno da parte di tutti, ma immagino che sarà stata una spinta verso il ricordo e la memoria della gioventù: qualche rammarico per una strada che, forse, poteva essere, musicalmente parlando, più gratificante?

Se non abbiamo potuto arrivare in quel tempo a rendere la nostra musica in grado di sostenerci economicamente, in parte è stato colpa del mercato ma in parte è stata colpa

nostra. Non abbiamo avuto il coraggio di fare quei sacrifici che si richiedono a chi opera scelte artistiche indipendenti dal contesto. A nostra discolpa devo però dire che molti di noi non avevano possibilità economiche sufficienti.

Che cosa ha cementato quel gruppo di musicisti formidabili?

Non eravamo colleghi, eravamo amici e in certi momenti pure conviventi. Dato che molti di noi all’epoca dovevano lavorare nelle sale da ballo per vivere, ci univa il fatto che tra di noi si doveva fare la musica che ci piaceva, indipendentemente da questioni mercantili. Per questo si lavorava molto sulla tecnica individuale e si cercavano influenze da gruppi stranieri che all’epoca in Italia erano misconosciuti.

Che ricordi hai del movimento musicale savonese dei primi seventies? C’era fermento oltre a voi?

A sentire oggi molti della nostra età sembrerebbe che allora fossero tutti rockettari convinti. In realtà solo in minima parte il pubblico rispondeva positivamente, specialmente quando si trovava di fronte a scelte musicali piuttosto “spinte”. Non esisteva un vero e proprio movimento culturale. Noi seguivamo il nostro percorso, sapevamo che c’erano altri, ma ci eravamo scelti e tanto bastava.

Riascoltando oggi la vostra musica, come la trovi rispetto al momento che stiamo vivendo? Possibile fare avvicinare la nuova generazione al rock di 50 anni fa?

Su questo argomento esistono molte opinioni diverse, per cui non posso che esprimere il mio parere personale. La nostra musica era “strana” allora e lo è ancora di più oggi. Non a caso ci chiamammo Il Giro Strano. Mescolare jazz, blues e rock non porta di certo a coinvolgere grandi masse di pubblico, allora come oggi. Per rispondere ad una domanda di tipo sociologico farei un’analogia con il fenomeno Måneskin. Miriadi di musicisti rock delusi si sono scatenati contro di loro accusandoli di non essere abbastanza rock, di non essere virtuosi dei loro strumenti e di essere immeritatamente spinti dalle multinazionali. In realtà vedendo i loro filmati su Instagram devo dire che vivono esattamente come vivevamo noi ed hanno conquistato il successo proprio perché non si sono vergognati di suonare per strada o di partecipare ad un talent. Quindi sì, i giovani possono riscoprire l’emozione che si prova a seguire dal vivo un gruppo rock e dopo tanti decenni di computer-music questo è importante. Poi di certo alcuni di loro andranno a riscoprire il materiale di 50 anni fa, ma sarà sempre un’esigua minoranza, visto che quanto più la musica si specializza, tanto più si riduce la presa sul pubblico. Alla fine, la musica universale è sempre “orecchiabile” mentre noi dovevamo combattere con la musica melodica tradizionale e quindi tendevamo sempre a forzare gli aspetti culturali e intellettuali a scapito della fruibilità tout court, finendo spesso a suonare dietro la rete di protezione mentre ci tiravano le birre come ai Blues Brothers.

Mi racconti un aneddoto dell’epoca che ti è rimasto impresso?

Di aneddoti ce ne sarebbero molti. Purtroppo per loro natura potrebbero urtare la sensibilità di alcuni dei miei amici, per cui devo appellarmi al quinto emendamento. Parlando di me, io passavo molti pomeriggi nella sala d’aspetto dell’impresario Morelli di Genova, sempre nella vana attesa di una scrittura per il nostro gruppo. Poi finalmente, era la fine di gennaio 1972, qualcosa accadde. Mi ricordo che quel giorno c’era Ivano Fossati nell’ufficio di Morelli ed io ero nella sala d’aspetto, mi pare con Maurizio Arcieri ex-New Dada e Antonella Ruggiero, che allora non era ancora famosa. Improvvisamente Morelli mi chiamò nel suo ufficio e mi disse che dovevo sbrigarmi perché una cantante emergente aveva bisogno di un gruppo di supporto immediatamente per un tour importante. La cantante era Mia Martini, che io avevo conosciuto come Mimì, compagna del mio amico Joe Vescovi dei Trip, recentemente scomparso. Alquanto eccitato dalla novità accettai, tornai a casa e riferii ai miei la mia decisione. Purtroppo, inaspettatamente i miei non gradirono affatto l’idea che abbandonassi gli studi universitari, anche se temporaneamente, anzi mio padre arrivò a minacciare di tagliarmi ogni aiuto economico se avessi preso quella strada. Non ne fui più di tanto spaventato, ma per quieto vivere decisi comunque di rinunciare, visto che in fondo quello non era comunque il genere musicale che preferivo. Naturalmente fui molto criticato dagli altri membri del gruppo e pure Morelli non la prese bene, anche perché si era impegnato con un altro impresario, comunque fece buon viso a cattivo gioco e informò Mia Martini della situazione. La cantante convocò il suo gruppo storico, La Macchina, che partì dal sud col furgone e nella notte si scontrò con un camion. Era il primo febbraio 1972 e due ragazzi persero la vita. I musicisti sono notoriamente superstiziosi e quando l’anno dopo Mia Martini ebbe a che fare con un incendio durante il suo tour purtroppo la sua fama di jettatrice cominciò a perseguitarla. Come nel film “sliding doors” la mia decisione apparentemente innocua finì invece per scatenare una catena di eventi di cui fui purtroppo incolpevole protagonista. Anni dopo, andando in montagna con Joe Vescovi (Peppino per noi amici) gli chiesi scherzosamente, visto che li avevo conosciuti entrambi, se per caso avesse avuto disgrazie durante la sua relazione con Mimì, ma lui col suo solito humour mi disse che i fidanzati erano esclusi…

Pensi possa esserci un futuro per la band o questo atto è quello che corona la vostra storia e la conclude?

Considerando che cantante e sassofonista sono purtroppo deceduti, che io per un banale incidente ho perso parzialmente l’uso della mano sinistra, che il chitarrista vive a Londra e un batterista in Thailandia, direi che questo disco ha una finalità per così dire “storica” e quindi conclude degnamente, a mio parere, un capitolo importante della musica ligure.

Avete previsto qualche presentazione del disco?

Al momento non ancora, ma per questo aspetto bisognerebbe chiedere alla Black Widow, che cura per noi ogni aspetto promozionale.

 


 

FORMAZIONI 

 

(luglio 1971 - marzo 1972)

Mirko Ostinet - voce

Mariano Maio - sax, flauto

Valentino Vecchio - chitarra

Alessio Feltri - tastiere

Mario Pignata - basso

Giovanni “Peo” Guazzotti – batteria

 

(aprile - ottobre 1972)

Mirko Ostinet - voce

Mariano Maio - sax, flauto

Valentino Vecchio - chitarra

Alessio Feltri - tastiere

Riccardo Gabutti - basso

Delio Sismondo – batteria

 

(novembre 1972 - aprile 1973)

Mirko Ostinet - voce

Mariano Maio - sax, flauto

Valentino Vecchio - chitarra

Alessio Feltri - tastiere

Mario Pignata - basso

Delio Sismondo – batteria

 

TRACK LIST (cliccare sul titolo per ascoltare)

XIII TRANSISTOR

IL CORRIDOIO NERO

LA DIVINA COMMEDIA

VECCHIO OLDSEA

IL PIANETA DELLA VERITA’

YOU’REGONNA FIND

SHADOWOF A DREAM

LO STRANO GIRO

SUNSHINE! SUNSHINE!

TRASMUTAZIONE PT. 1

TRASMUTAIZONE PT. 2

IL CALVARIO

SINCE I’VE BEEN LOVING YOU

 

Disponibile nelle seguenti versioni:

-Doppio Lp - copertina apribile + libretto 24 pagg. versione “standard”

-Doppio Lp - copertina apribile “Unipack” con disegno “nativo” di Armando Mancini e interno differente + libretto 24 pagg. + Poster +

compact Disc – versione limitata 100 copie

- Compact Disc


Frammenti di Il Giro Strano dopo mezzo secolo





mercoledì 22 giugno 2022

Chicken Shack: sulla scena del British Blues


L’effetto domino mi ha condotto verso i Chicken Shack, gruppo musicale britannico tra i protagonisti della scena del British blues, di cui mi ero completamente dimenticato. 

La formazione, che si rifaceva ad una miscela tra Chicago blues e sonorità rock, attraverso la  sensibilità inglese, ha goduto di buona popolarità in patria sul finire degli anni Sessanta.

La genesi conduce ai Sound of Blue, un gruppo di rock & roll nato a Stourbridge nel 1964, che raccoglieva fra gli altri Christine Perfect, il bassista Andy Silvester e Chris Wood ai fiati (quest'ultimo sarebbe poi entrato nei Traffic). 

L'anno successivo il chitarrista Stan Webb prese con sé Andy Silvester dei Sound of Blue e radunò Alan Morley, Al Sykes, Hughie Flint e Dave Bidwell, formando così i Chicken Shack. Il gruppo fece i primi passi andando a suonare per un paio d'anni nei locali di Amburgo, fra i quali lo Star-Club.

Al rientro in patria, nel 1967, si aggregò alla formazione la tastierista Christine Perfect, e con lei fu registrato il primo album con l'etichetta Blue Horizon; il gruppo inoltre partecipò all'ottavo National Jazz & Blues Festival.


Nel 1969 i Chicken Shack divennero popolari con il loro singolo “I'd Rather Go Blind” (https://www.youtube.com/watch?v=lU5tfYYNyY4), ma proprio allora la Perfect, dopo il matrimonio con John McVie e il suo passaggio nelle file dei Fleetwood Mac, lasciò il gruppo e venne sostituita da Paul Raymond, proveniente dai Plastic Penny.

Sempre con la Blue Horizon incisero altri due album, ma l'ultimo dei due, “Accept Chicken Shack”, fece emergere dei dissidi musicali insanabili fra Webb e il produttore Mike Vernon, divergenze che portarono al divorzio fra il gruppo e la casa discografica. Inoltre, la perdita di Christine Perfect si rivelò un colpo da cui i Chicken Shack non si sarebbero più ripresi.


La rottura con la Blue Horizon ebbe come conseguenza lo scioglimento temporaneo dei Chicken Shack, che però l'anno successivo si ritrovarono in forma di trio, con una nuova line up composta da Stan Webb, il batterista Paul Hancox e il bassista John Glascock. Glascock passò poi ai Jethro Tull, sostituito da Bob Daisley, e i mutamenti si susseguirono finché Webb non sciolse i Chicken Shack per confluire, assieme a Kim Simmons e Miller Anderson, in una rinnovata formazione dei Savoy Brown.

Dopo due anni, i Chicken Shack risorsero con una nuova line up che ruotava attorno al chitarrista Stan Webb. La formazione comprendeva Paul Martinez, Steve York al basso, Robbie Blunt alla chitarra, Ed Spivock alle percussioni e Dave Winthrop ai sassofoni.
Il gruppo partecipò a tour in patria e in Europa e registrò un album.
Nell'ottobre del 1979 i Chicken Shack attraversarono di nuovo profondi cambiamenti. Paul Butler subentrò alla chitarra, Keef Hartley alla batteria e Bob Daisley fu richiamato per dare il suo contributo al basso.

Negli anni che seguirono il gruppo andò incontro a diversi rimaneggiamenti, con l'apporto di elementi provenienti dall'ambiente del blues inglese. Fra di essi, il bassista Andy Pyle, ex membro dei Juicy Lucy, dei Savoy Brown, dei Colosseum II, dei Kinks e di altre formazioni.


Album principali

1968 – 40 Blue Fingers, Freshly Packed and Ready to Serve
1969 – 100 Ton Chicken
1969 – O.K. Ken?
1970 – Accept Chicken Shack
1972 – Imagination Lady
1973 – Unlucky Boy
1974 – Goodbye
1977 – Double
1977 – Stan the Man
1978 – The Creeper
1978 – That's the Way We Are
1979 – Chicken Shack
1980 – In the Can
1981 – Roadies Concerto
1998 – On Air
1999 – Chicken Shack Go Alive
2006 – I'd Rather Go Live
2008 – Stan Would Rather Go Live

domenica 12 giugno 2022

Basteiro-Bertolì: é disponibile sui digital stores "BOH"-Intervista alla cantautrice

 


Scopriamo attraverso l’intervista a seguire Basteiro-Bertolì, cantautrice e attrice spagnola, romana d’adozione.

 

Partiamo dalla sintesi della tua storia, dagli elementi portanti… non sei italiana e quindi è interessante comprendere la strada che hai percorso, professionale e formativa in genere.

Sono nata a Barcellona, ma ho viaggiato fin da piccola e studiato all’estero. Il mio percorso è variegato, sia a livello formativo scolastico che a quello professionale, ma è sempre stato legato al mondo della cultura.

Nella tua biografia si evidenziano tuoi ruoli differenti in ambito artistico: sei più a tuo agio come attrice o come cantautrice/interprete?

Dipende dal momento.

Colpisce la tua affermazione “Sono un cantante maschio anche se sono una ragazza…”: puoi spiegare meglio?

È solo una questione di timbro. Ho avuto, da sempre, una voce baritonale. Mi confondono spesso con un maschio al telefono! Le mie influenze musicali sono anche, prevalentemente, maschili. Penso che il contrasto tra la mia femminilità ed una certa caratteristica maschile sia interessante.

Il tuo album appena uscito è intitolato “BOH”, a cosa si riferisce… elemento dubitativo?

No. In realtà non sono brava con i titoli. Quando mi chiedevano come si sarebbe chiamato il disco rispondevo sempre “BOH” che è una interiezione italiana che adoro. Poi pensai, perché no? È una parola che si può pronunciare in tante lingue, ha del suono B che è presente nel mio cognome e poi lascia libero l’ascoltare di decidere cosa implica. Forse, alla fine, non sono così male con i titoli?

Quali sono i temi che tratti nel disco?

Il disco racconta l’evoluzione di un rapporto in un certo senso intrecciato con temi come la mediocrità, il bullismo, la ricerca disperata dell’amore nei posti sbagliati, il destino o il tempo che passa. Ho tratto ispirazione da opere letterarie e artistiche, come La Dama Dell’Ermellino, Dorian Gray, Sant’Agostino o la mitologia classica nella figura delle Parche.

Che cosa proponi dal punto di vista musicale?

Non c’è una proposta meditata, la musica che faccio è quella che piace ascoltare anche a me: c’è del barocco, del prog e folk, c’è dell’elettronica…

Come etichetteresti il progetto e come ti descriveresti se ti chiedessero di auto inserirti in una delle tante categorie ortodosse?

Tornando un po’ a quello che ho detto prima, sinceramente non saprei come definirmi. L’etichetta folk forse è quella che mi si adisce di più, ma non è solo quello.

Nel disco è presente, come autore e musicista, Ian Anderson, con cui ti vidi sul palco qualche tempo e fa: come è nata e come è proseguita la collaborazione con un mito del rock?

È nata per caso con un progetto che avevo di tipo cinematografico. Da lì, con molto pudore, gli mandai dei brani che avevo scritto per un cortometraggio e fu lui a chiamarmi per dirmi, a mia sorpresa, che gli piaceva molto quello che facevo e che dovevo assolutamente continuare il mio percorso musicale. Mi invitò addirittura a suonare con lui a Barcellona davanti a 2000 persone!

Hai previsto presentazioni/concerti in questo momento in cui l’emergenza sanitaria sembra scemata?

Sì, stiamo preparando una presentazione ed ovviamente organizzando date che, incrociando le dita, non si limiteranno all’Italia.

Quali progetti hai in mente per il futuro? Saranno più musicali o attorali?

Per adesso promuovere questo disco che è stato un lavoro molto gratificante ma anche lunghissimo e faticoso, come una epopea di Cecil B. De Mille!  E come i film dell’epoca, è tutto analogico, ho curato personalmente i particolari di tutte le fasi, inclusa la produzione del videoclip e la direzione artistica della foto di copertina dove indosso gioielli di famiglia, in un connubio tra il mestiere e la contemporaneità, che è un po’ la sintesi del mio album. E continuerò con la produzione di festival di cinema e lavoro da attrice.

 

                                                             LUNATIKA/ZdB 

presenta 

Basteiro-Bertolì 

È disponibile sui digital stores 

BOH

 

«Sono un cantante maschio anche se sono una ragazza.

Musica dark folk con momenti electro e una dose di pura estetica.»

 

https://bfan.link/boh


Dal 31 maggio 2022 fuori nei digital store per Lunatika/ZdB, BOH, album di debutto della cantautrice e attrice spagnola, Basteiro-Bertolì, romana d’adozione.

 

Un concept album sulla nemesi femminile.

Un progetto al femminile anche se non lo sembra!

Disallineato, non segue cliché culturali dominanti, uno stile unico nel rock, ancora troppo appannaggio del mondo maschile.

Nelle sue canzoni dark folk ci sono temi sul bullismo, contro le mediocrità imperante, l’amore cercato nei posti sbagliati, la nostalgia di cose non fatte e con grande desiderio di riscatto ma anche di evasione.

I primi 3 singoli usciti prima della pandemia in poche settimane hanno collezionato una media di oltre 2o0.000 ascolti in streaming.

3 brani su 8 vedono la partecipazione di Ian Anderson, leader della mitica band anglosassone JETHRO TULL, non solo all’immancabile flauto traverso ed ai cori, ma anche come coautore e compositore.


BIOGRAFIA 

Basteiro-Bertolí nasce a Barcellona, Catalogna. Seguendo la tradizione familiare studia Ingegneria Industriale ma l’abbandona per andare negli Stati Uniti a studiare Arte Drammatica. Si laurea poi in Storia della Chiesa ed Archeologia Cristiana, trasferendosi a Roma.

Comincia a scrivere canzoni, grazie agli studi di pianoforte e chitarra fatti da bambina.

Il suo incontro con Ian Anderson, leader dei Jethro Tull, marchierà a fuoco l’inizio del suo percorso musicale. Sarà lui ad invitarla a suonare davanti a 2.000 persone per la prima volta ed è con l’artista che collabora nella realizzazione del suo primo album.

“Cofing”, infatti, è stato il primo singolo nonché video musicale diretto dal regista Toni Aloy che ne anticipò l’uscita.

La musica di Basteiro-Bertolí è unica come la sua figura di artista e la sua sensuale androginia. Suoni ricercati e sofisticati con un mix di folk, elettronica ed atmosfere dark si fondono perfettamente con la sua profonda voce baritonale, unica per una cantante donna.

 

Credits

Testi: Basteiro-Bertolì

Musiche: Basteiro-Bertolì, Andrea Moscianese, Ian Anderson

Produzionbe: Le Bestevem

Label: Lunatika/ZdB

 

Segui Basteiro-Bertolì qui:

Spotify: https://open.spotify.com/artist/13QfkMXHvwG31t9xxSLq72

YouTube: https://www.youtube.com/channel/UC4_eGH2H2A8Bh7HV3e5CbFw

Ufficio stampa italiano:

 Giulia Massarelli giu.massarelli@gmail.com

International Press: Alexandra Loria alexandraloria@gmail.com

Booking:  info@banditsconcerti.com



giovedì 9 giugno 2022

The Zombies


The Zombies è stato un gruppo musicale rock britannico degli anni Sessanta, fra i più importanti della scena beat; benché in grado di raggiungere più volte le vette delle classifiche inglesi e americane, oggigiorno risultano perlopiù sconosciuti al grande pubblico. 
Al pari dei più famosi Beatles e Beach Boys - ma anche del gruppo coevo dei Tremeloes - hanno caratterizzato buona parte della musica pop dell'epoca del beat.

Originari di St Albans, Hertfordshire (35 chilometri a nord di Londra), gli Zombies appartengono al fenomeno culturale noto come British Invasion, nato per sfruttare commercialmente il successo ottenuto dai Beatles negli U.S.A. verso il 1964, a cui si possono accostare gruppi musicali come i The Searchers, Gerry and the Pacemakers, i The Kingsmen.

Musicalmente però gli Zombies si distanziano dai cliché dei gruppi musicali loro contemporanei (ovvero dal Beat, inteso come genere musicale caratterizzato dal forte accento in battere della ritmica, da una certa ruvidità sonora, da un accompagnamento di tipo Rhythm'n'Blues a cui si sovrappongono linee vocali più articolate e melodiche) in quanto possono vantare nel loro organico un talentuoso ed innovativo tastierista, Rod Argent, capace di tessere insieme al bassista Chris White delle armonie musicali decisamente più ricche e raffinate, rispetto alle tipiche cadenze di estrazione blues.

Dopo aver vinto un concorso promosso dalla Decca Records (etichetta famosa, tra l'altro, per aver rifiutato un contratto ai Beatles degli esordi), gli Zombies videro finalmente pubblicato nel 1964 il loro primo singolo She's not there, che divenne un successo mondiale e raggiunse il primo posto nelle classifiche americane dove il tema della canzone, di contenuto amoroso, viene sviluppato dal falsetto - poi rilanciato negli USA dai Byrds - del cantante Colin Blunstone su un arrangiamento particolarmente cupo ed ossessivo guidato da un ostinato giro di basso.
Nel 2014 diventerà la colonna sonora di uno spot della Chanel com protagonista Keira Knightley.
Il brano entra nella Grammy Hall of Fame Award 2016.


Singoli successivi furono Leave Me Be (di buona fattura ma di scarso successo) e Tell Her No; quest'ultimo pezzo li proiettò nuovamente tra i Top 10 statunitensi, garantendo loro un'accoglienza folle in stile Beatlemania anche durante delle trionfali tournée in Giappone e nelle Filippine.

Le divergenze di opinioni con la Decca e con il produttore Ken Jones portò ad un'amichevole separazione nonché ad un nuovo contratto con la CBS, il quale però si rivelò inutile, visto che la band si sciolse nel 1967, dopo aver registrato a proprie spese del materiale per un LP che uscirà "postumo" con il titolo di Odyssey and Oracle, registrato ad Abbey Road nel tardo 1967, e pubblicato nel giugno del 1968.

Il pezzo Care of Cell 44 non conquistò i favori del pubblico, ma il singolo Time of the Season divenne un successo nei primi mesi del 1969, quando ormai i componenti della band stavano riorganizzandosi per intraprendere dei nuovi progetti (la band Argent, formata da Rod Argent e Chris White insieme a Russ Ballard) e dei percorsi come solisti (Colin Blunstone); la CBS e altri promotori offrirono notevoli somme di denaro affinché il gruppo si riformasse, ma ormai era troppo tardi.


L'album Odessey and Oracle, ottima summa delle atmosfere inglesi della seconda metà degli anni Sessanta, meriterebbe una maggiore e giusta considerazione nella storia della musica pop; è presente una creatività originalissima, temi folk, fughe musicali del tipo prog-rock, fraseggi arabeggianti, progressioni armoniche innovative (il discorso musicale non ha problemi a porsi a livello di Pet Sounds dei Beach Boys e con Sgt. Pepper dei Beatles), sonorità ricercate.


Discografia:

1965 - The Zombies
1965 - Begin Here
1968 - Odessey and Oracle
1972 - The Zombies: Time Of The Zombies (raccolta 1965-1968)
1991 - New World (comprendeva Blunstone, White, Grundy, e Sebastian Santa Maria. Rod Argent appare in Time of the Season)
1997 - Zombie Heaven (raccolta in 4 CD con rarità e registrazioni live)
2004 - As Far As I Can See...
2005 - Live at the Bloomsbury Theatre, London
2015 - Still Got That Hunger


martedì 7 giugno 2022

Sister Rosetta, la madrina del Rock'n'Roll


Girovagando tra i filmati presenti in rete mi sono imbattuto in una grande musicista del passato la cui storia non avevo mai approfondito: Sister Rosetta.

Il blues e il gospel sono miei amori… collaterali, alimentati dalle mie esperienze americane, luoghi la cui visita mi ha permesso di vivere da vicino esperienze musicali incredibili, immerso in un mondo dove la vera musica la si può trovare nelle strade di Beale Street, a Memphis, così come ad Harlem, nel corso di una qualsiasi funzione domenicale del quartiere newyorchese.

Il filmato a seguire mi ha colpito, affascinato, e riportato ad un mondo in bianco e nero che non esiste più, anche se resta l’essenza di quella musica.


Riporto alcune notizie relative a Rosetta, recuperate in rete...


Rosetta Tharpe (Cotton Plant, 20 marzo 1915 – Filadelfia, 9 ottobre 1973) è stata una cantante e chitarrista statunitense, pioniera della musica gospel.

Fu anche compositrice ed ebbe una grande popolarità negli anni Trenta e quaranta grazie alla particolare fusione di spiritual e blues presente nei suoi lavori musicali. È considerata la prima grande star del gospel fin dal 1930 ed è famosa come la "original soul sister" della musica su vinile. Ritenuta la primogenitrice del rock and roll, ha influenzato molti musicisti fra cui Chuck Berry, Elvis Presley, Jerry Lee Lewis, Johnny Cash e Little Richard.

È conosciuta anche con il nomignolo di "Madrina del Rock'n'Roll". Nacque, Rosetta Nubin, in una piantagione di cotone, nell'Arkansas; i genitori, Katie Bell Nubin e Willis Atkins, erano raccoglitori di cotone. Suo padre, la cui biografia rimane oscura, era un cantante.

Nel 1921, sua madre si separò dal marito per diventare un'evangelista itinerante per la Church of God in Christ (COGIC).Tharpe iniziò a esibirsi all'età di quattro anni, presentata come "Little Rosetta Nubin, canto e chitarra miracolati", accompagnando la madre che suonava il mandolino e predicava in tutto il sud degli Stati Uniti. La sua famiglia si trasferì a Chicago alla fine del 1920, eseguendo musica gospel in concerti pubblici, suonando anche, in privato, musica jazz e blues.

Nel 1934, sposò il predicatore Thomas Thorpe (da cui "Tharpe", cognome nato da un errore ortografico). Il matrimonio non fu felice, Thorpe venne descritto come "un tiranno" dalla stessa Rosetta. Nel 1938, lasciò il marito, e con la madre si trasferì a New York City. Nel corso della sua vita, sebbene si risposò più volte, mantenne sempre il cognome Tharpe.


Il 31 ottobre 1938, all'età di 23 anni, Tharpe registrò per la prima volta – per la Decca Records – sostenuta dalla "Lucky" Jazz Orchestra di Millinder con il quale aveva firmato un contratto di sette anni. Le sue registrazioni causarono scandalo fra i molti fedeli che restarono scioccati dalla miscela di musica sacra e profana, ma il pubblico laico rimase estasiato.

La presenza all'evento di John Hammond From Spirituals to Swing in quello stesso anno e presso il Cotton Club e il Café Society insieme ad altri grandi nomi come Cab Calloway e Benny Goodman la resero ancora più popolare.

Canzoni come This Train e Rock Me, che coniugavano i temi evangelici con un sound innovativo per i tempi, sono diventati successi tra il pubblico con pochi precedenti nella storia della musica gospel. Il brano è entrato nella Grammy Hall of Fame Award 2016.

Tharpe continuò a registrare durante la Seconda guerra mondiale. La sua canzone Strange Things Happening Every Day, registrata nel 1944 con Sammy Price, pianista di boogie woogie di casa alla Decca, mostra il suo virtuosismo come chitarrista e l'originalità dei suoi testi. Fu la prima canzone gospel a entrare nella top ten della Hit Parade di Billboard. La Tharpe ottenne più volte questo risultato durante la sua carriera. Fu in tour per tutto il 1940, sostenuta da vari quartetti gospel.

Dopo il periodo Decca, registrò in coppia con Marie Knight, e la loro più grande hit fu Up Above My Head.

Negli anni Sessanta, con la riscoperta del blues, girò l'Europa, accanto a star del calibro di Muddy Waters.

Colpita da un ictus nei primi settanta, dovette ridurre il numero di esibizioni in pubblico. Le fu amputata una gamba, causa complicazioni col diabete.

Morì nel 1973, alla vigilia di una sessione di registrazione da tempo programmata.

Fu sepolta nel cimitero di Northwood a Philadelphia, in Pennsylvania.