Ho ritrovato dopo un bel po’ di tempo
Paolo “Silver” Silvestri, conosciuto come hammondista in quella che mi
pare sia stata la prima formazione dei The Trip targati Pino Sinnone, attorno
al 2016.
Ho sottolineato “hammondista” perché
trattasi di strumento specialistico - in combinata con il Leslie -, abbinato
soprattutto all’ambito prog, ma non solo, come insegna la storia del rock, con
elementi di spicco come Brian Auger e Jon Lord, grandi innovatori che
riuscirono a rendere il suo suono ruggente e adatto al sound hard rock.
Il nome di Lord si interseca con
quello dei Deep Purple - ovviamente - ma anche dei Whitesnake, ovvero due band
riferimento per i Silver Mirror di cui mi appresto a parlare.
Partiamo dalla loro genesi e dallo
sviluppo successivo, utilizzando la biografia ufficiale.
I SILVER MIRROR nascono nel 1997 con un’idea
ben precisa, quella di riproporre dal vivo le cover delle grandi e
intramontabili rock band inglesi degli anni ’70, e chi ha avuto occasione di
partecipare ai loro concerti descrive l’atmosfera e le sonorità come “tipiche
dei seventies”.
I tributi regalano brani dei due
gruppi già citati, ma anche dei Raimbow e degli Uriah Heep, quindi parliamo di
classici del periodo performati rigorosamente con strumentazione dell’epoca e
chi, per mero elemento anagrafico ha vissuto quel periodo lontano, conosce
perfettamente la differenza tra proposta analogica e digitale, nella tipologia
sonora ma banalmente anche negli ingombri e nei pesi conseguenti, giacché lo
spazio che un tempo era richiesto ad hammond, moog, mellotron ed effetti vari,
oggi abbisogna di un perimetro minimale.
La ricerca della perfezione della
riproduzione è quindi uno degli obiettivi della band.
L’esperienza non manca e appare significativo come alcuni componenti siano stati scelti per accompagnare Ian Paice, batterista dei Deep Purple, in concerti in Italia e all'estero.
Altri
musicisti che fanno parte della attuale line up hanno collaborato con
G.Lynch (Dokken), Nikko Mc Brayan ( Iron
Maiden), Bernie Mardsen (Whitesnake ), Andrea Braido in “Braido plays Blackmore”
(Vasco Rossi Zucchero Pausini ecc...), Clive Bunker (Jethro Tull ).
In passato un ex membro della band ha collaborato con il
Maestro Ennio Morricone per l'arrangiamento di un quartetto d'archi.
Insomma, la materia grigia e la storia ci sono tutte.
In quasi 25 anni di vita quella attuale, nata nel 2013, è la
nona formazione dei Silver Mirror ed è anche la più longeva …
Nonostante il tributo al rock e ai
miti di una vita, arriva il momento di proporre le idee personali. Per i Silver
Mirror è accaduto nel 2017, con la registrazione e il rilascio di “BUT YOU”. Dice Silver: “Sette brani inediti
scritti dal gruppo, registrati a distanza, senza alcuna prova prima
dell’incisione, e anche quando sono stati proposti dal vivo sono stati eseguiti
senza test preliminari, grazie allo studio dei vari componenti, legati da
umiltà incredibile e da solida amicizia.”
Le novità sono dietro all’angolo, ma nell’attesa ho provato ad ascoltare “BUT YOU”, un album che rispetta le premesse citate, ma che lascia spazio ad aperture sinfoniche e di più ampio respiro, esattamente come accadeva anni fa, quando convivevano il filone hard rock e quello prog, con influenze reciproche che travasavano con buona naturalezza.
Apre “Magic Mirror”
(5:25) e tutti gli elementi di un particolare rock - quello appunto legato al
periodo settantiano - si palesano in modo netto: una voce fatta di larga
estensione e note altissime (Roberto Relitti), una sezione ritmica ossessiva
nel suo incedere (Fabio Nasuelli alla batteria e Alessandro
Pregnolato al basso), la chitarra solista di Beppe Chiolerio che,
oltre al virtuosismo, mette a disposizione dell’ensemble la capacità di
conduzione, mentre il mago delle tastiere Paolo “Silver” Silvestri
cesella e incolla i suoni, emettendo la risultante che appare DNA del gruppo.
Partenza col piede giusto!
Segue “Mr Rock & Lady Roll”
(6:38), un brano che ho apprezzato particolarmente perché capace di fondere
maggiormente gli stili in voga all’epoca, e la sintesi produce un brano che
risulta molto attuale: si respira il passato e si ascolta musica a mio giudizio
attuale. I fraseggi tastieristici risultano determinanti per la caratterizzazione del pezzo, che riporta ai Kansas.
Con “Somebody to Control”
(3:45) il ritmo aumenta e lo smell di Deep Purple penetra nelle narici, mentre
il power rock viene in parte addolcito dalle sinfonie “classiche” di Silver che
lasciano poi spazio all’elettrica che imperversa: una goduria, immagino, in un
potenziale live.
“Highlander Forever”
(6:05) è un'altra traccia molto elaborata, dove prevale l’elemento melodico su
una base che un tempo avrebbe avuto vita autorevole anche nei luoghi deputati
alla “danza”, con una vena pop che permette al brano di rimanere facilmente
nella testa.
“Fly with me” (1:58) è una pillola che abbassa
i toni, sin qui elevatissimi.
Ogni album rock che si rispetti -
almeno così accadeva 50 anni fa - propone una ballad e anche in questo caso
troviamo la “tranquillità” che segue “l’agitazione”.
Un pianoforte che indica la strada,
una voce che la strada la percorre, e poi l’impeto strumentale che conduce allo
scemare dell’episodio, forse del dolore.
“August and “September call”
(4:18) è un magnifico strumentale che Silver guida con le sue tastiere, un
‘evocazione di un paesaggio in un particolare momento dell’anno, una trama
classica apparentemente fuori contesto ma che, guardando l’album da visione più
“alta”, funge da calmieratore, con sinfonie capaci di sollecitare i sensi dando
pieno significato alla parola “MUSICA”, senza necessità di incasellare e
innalzare steccati: musica da film e … da lacrimuccia!
L’epilogo
è affidato a “Hey Bach, don’t you drink anything?” (8.00), il brano più lungo, dove un
maestro del passato viene chiamato in causa - un certo Bach -, e i Silver
Mirror lasciano la veste ufficiale e si trasformano nei The Nice, o negli ELP,
o forse ne Le Orme.
Lascio da parte i paragoni, che
probabilmente non piacciono a nessuno, ma il rock proposto in questo episodio
finale ha un aspetto diverso, a testimonianza dell’azione ad ampio spettro e
della poliedricità dei vari protagonisti, a loro agio con qualsiasi “materia”
musicale.
Un bellissimo disco, piacevole e di immediata
presa.
Questi sono i Silver Mirror del 2017, e ciò che è fatto rimane per sempre, ma sono curioso di ascoltare la proposta attuale della band, e se tanto mi dà tanto il prosieguo non potrà che essere di pieno gradimento.