Pochi giorni fa,
seguendo un commento di Lino Vairetti degli OSANNA, ho captato l’esistenza di
due giovani e talentuose promesse. E se lo dice lui, le antenne della curiosità
si alzano in automatico, anche perché, per chi si diletta come me nello
scrivere di musica, e lo fa da tanto tempo, la voglia di scoprire delle novità
tra le ultime generazioni diventa quasi un’esigenza.
Dopo aver presentato
Maria Barbieri, chitarrista, introduco oggi Stella
Manfredi, violinista, in equilibrio tra musica classica e
contemporaneità.
In attesa di vedere
realizzati i suoi sogni, proviamo a scoprire qualcosa su di lei, e vorrei
sottolineare un tratto dell’intervista a seguire che mi ha colpito molto, quello
che vede Stella chiosare come la sua carriera universitaria, parallela al Conservatorio,
sia stata tutta in discesa, agevolata
dalla complessità della formazione musicale e dall’enorme spirito di sacrificio
per essa necessario, impegno continuo e disciplina che l’hanno forgiata per qualsiasi altro tipo di impegno
intellettuale.
L'INTERVISTA
Ho studiato al
conservatorio fin da bambina, ed ho accompagnato la formazione musicale con una
laurea magistrale in Lettere, indirizzo arte musica e spettacolo.
Da sempre mi sono
interessata al folk, studiando musica irlandese da maestri irlandesi, musica
popolare del sud Italia, ma soprattutto è stato il linguaggio moderno ad avermi
interessato e mi sono dedicata fin da ragazzina a questo.
La tua strada
musicale inizia prestissimo ed è indirizzata verso il mondo classico,
attraverso lo studio del violino, e immagino tutto questo sia stato favorito
dal contesto familiare: che tipo di “profumo sonoro” hai annusato in ambito
casalingo?
Beh, vengo da una
famiglia di artisti: mio padre è un pittore scultore e fotografo, nonché
direttore del museo CAM di Casoria, mia madre è un’artigiana da sempre propensa
al lato artistico, e anche le mie due sorelle hanno un buon estro, la prima
appassionata di oreficeria e l’ultima una designer promettente. Ho da sempre bazzicato
nella creatività insomma ed è stata una fortuna per me.
I tuoi studi al
conservatorio hanno visto un percorso parallelo che, come hai raccontato, ti ha
portato ad una laurea in campo umanistico, e quindi è immaginabile un enorme
impegno su due fronti, nell’età, anche, del divertimento: come mai hai sentito
questa esigenza e che tipo di bilancio fai del tuo primo periodo formativo?
Credo che la
formazione musicale sia molto complessa, ci vuole un enorme spirito di
sacrificio, dedizione e soprattutto costanza; la carriera universitaria, con
questo tipo di formazione è stata tutta in discesa, è stato un hobby piacevole
ed interessante, e ho avuto la fortuna di avere professori di enorme spessore
culturale ed umano che mi hanno fatto amare lo studio e quindi è stato molto semplice.
Vorrei farti una
domanda che normalmente rivolgo ai chitarristi, celebri per le pazzie relative
al rapporto col proprio strumento. Che tipo di relazione hai con il violino?
Un dono che ho
avuto nella vita, oltre alla salute, è il violino. Mi ha dato tante gioie,
anche tante amarezze, ma soprattutto gioie! Devo solo ringraziarlo e
ricambiarlo con rispetto e studio. Anche se non è mai abbastanza quello che
faccio.
Quali sono i
violinisti, tra passato e presente, che rappresentano per te un modello
assoluto?
Sicuramente Jean
Luc Ponty è un padre, ma anche nel mio piccolo mondo ho avuto la fortuna di
incontrare artisti come Lino Cannavacciuolo che mi ha dato tanto e sono per me
un modello da seguire.
Ti chiedo ancora un’opera di sintesi per segnalare le soddisfazioni e i traguardi fino ad ora ottenuti.
Mah, forse tra le
soddisfazioni per ora che mi sento di annoverare, c'è l’aver suonato con artisti
internazionali che stimo molto, come Michael Bublè, ma noi artisti non siamo
mai contenti; tra i traguardi ancora nulla da segnalare.
Ho letto che hai
collaborato a lungo con Sophya Baccini, e quindi viene
naturale chiederti come sei arrivata alla musica progressiva e cosa ne pensi…
ami qualche artista in particolare?
Sì, ho collaborato
con Sophya ed è stato proprio Lino Vairetti degli Osanna ad indirizzarmi verso questa
artista. Sono vari i concerti a cui ho avuto l’onore di partecipare con Lino, un artista
raro ed una grande persona! Il prog l’ho ascoltato da sempre, è un genere
dinamico dove il violino può muoversi in fraseggi interessanti, un filone che
va rivalutato con l’innovazione, altrimenti rischia di svanire.
Quanto è parte di
te la sperimentazione? Esistono limiti che ti poni nel muoverti in ambito
musicale?
Io amo sperimentare,
questo è un ambito molto complesso e per me oggetto di molti studi che si sono
convogliati nella mia tesi di lettere alla magistrale, “L’altro violino”,
scritta con il supporto dei docenti di musicologia della Federico Secondo di
Napoli, e che avevamo intenzione forse un giorno di pubblicare. É veramente
complesso sintetizzarlo, forse potrei solo dire che il violino è uno strumento
ancora tutto da esplorare, e la sperimentazione è una via possibile.
Sei più a tuo
agio nei live o in studio?
Sono due mondi
differenti, in studio hai tempo di poter riflettere elaborare, ma le vibrazioni
del live tra musicisti e con il pubblico sono la vera ricompensa di questo
mestiere.
Meglio la fase
creativa o la perfetta interpretazione?
Credo che la fase
creativa sia obbligata, e che nel live non sempre una perfetta interpretazione
sia la chiave della comunicazione artistica.
Ho letto che sei
attiva anche nel campo dell’organizzazione degli eventi culturali: che cosa ti
ha suggerito questo difficile momento legato alla quarantena per il coronavirus?
Beh, sono molto
avvilita, questo momento ha sottolineato ancor di più quanto il mondo della
cultura fosse in crisi, ci deve aiutare a riflettere e in profondità.
Un’ultima cosa:
delinea i tuoi progetti - medio e lungo termine -, dividendoli dai sogni… a
proposito, prova a sognare e poniti un obiettivo ambizioso!
Sto lavorando al
disco del mio progetto elettropop Kamaak, che tende molto al corporate, beh
sarebbe bello poter ritrovare uno dei nostri brani in un gran bel film! Si
sarebbe un sogno!
Seguire i suoi prossimi passi pare quindi un obbligo!