Avevo ormai perso ogni speranza di poter interloquire con Luca Zabbini e dintorni, ovvero i Barock Project.
Li avevo scoperti tre anni fa, quando qualcuno mi suggerì di ascoltarli in
occasione dell’uscita del terzo album, Coffee
In Neukolln, e cercai immediato contatto, fatto di per sé marginale, ma ho
sempre pensato che ricostruire un po’ di sana verità, con l’aiuto degli
interessati, rendesse giustizia all’opera di condivisione, quella che anche
oggi mi spinge a scrivere il mio pensiero. L’impressione avuta all’epoca era
quella tipica della situazione, non certo una novità: giovani virtuosi,
geniali, puri, legati a principi nobili, ma focalizzati solo sulla linfa
vitale, la musica, mentre tutto il resto… non è arte e quindi può aspettare. Ma
un’aulica creazione deve uscire da ogni tipo di recinto, superare l’isolamento e
scivolare come il liquido tra i mattoni di una casa, penetrando ogni possibile
pertugio.
Tutto ciò accade ora con l’uscita del quarto album, Skyline, e paradossalmente il repentino cambio
di rotta avviene proprio nel momento in cui si decide di camminare totalmente
con le proprie gambe, sganciandosi da ogni tipo di label e cercando l’autoproduzione,
con il sostegno dei fans.
Ho ascoltato tre volte il disco, solo tre volte, ma so già che non
lo abbandonerò più!
E’ nell’aria anche ora, mentre scrivo, fatto per me anomalo,
avendo bisogno del totale silenzio per raccogliere le idee. Eppure è quello che
cercavo, adesso come da adolescente, quando scoprendo i Focus mi illusi di aver
trovato il dopo Jethro Tull, sempre alla ricerca del mio “skyline” ideale, del
miglioramento continuo.
Il perfetto racconto di Zabbini, stimolato dalla mia terza
domanda, mi leva l’incombenza della descrizione del singolo atto, un lavoro che
cerco sempre di evitare, avendo maggior interesse per la sinossi di un album,
ma io stesso sono risalito alle utili parole di Luca, durante l’ascolto.
Immagino che i paragoni non siano bene accetti, ma i Barock hanno
realizzato un mio grande sogno, quello di presentare una sintesi della musica
di alcune grandi band che hanno caratterizzato la mia vita, dettandone tempi e
intervalli, e onestamente non credevo si potesse arrivare a risultati simili;
trovare in uno stesso album il richiamo al sound inventato da Ian Anderson, al
modello intimistico di Peter Hammill, all’incrocio vocale del mondo YES, alla
durezza di un rock alla Gillan, alla classicità delle trame di ELP… beh, grazie
Barock Project!
Ma tutto questo potrebbe sembrare un gioco di talenti, capaci di
un photo shop musicale da tecnologia corrente, e invece l’ascolto progressivo
chiarisce che la contaminazione del passato è inconscia -e venerata-, e
utilizzata per disegnare uno stile del tutto personale, dove la melodia riesce
sempre a calmierare le spruzzate di energia, fatte di ritmi composti, fraseggi
pianistici impossibili, intersezioni coristiche solenni, ballad introspettive.
Il brand Barock è qualcosa che colpisce e non ti lascia più!
Skyline riceve un paio di aiuti
autorevoli e DOC: Paul Whitehead ha
lavorato all’artwork, e non credo occorra sottolineare la sua importanza e la
sua frequentazione in ambito prog; la cover realizzata si rifà alla title track
e immagino che nell’eventuale produzione in vinile possa diventare il pezzo da
collezione mancante.
Un altro nome pesante regala sostanza, con la sua voce ed il suo
flauto: Vittorio De Scalzi, uomo
prog, classico, pop, una miscela di esperienza e competenza che non rappresenta
meramente il cameo ad hoc, ma soprattutto una possibile guida dal consiglio
facile, in grado di entusiasmarsi per un progetto nuovo e giovane, fiutando
certamente l’estrema qualità.
La band da dimostrazione di perfetto equilibrio, di capacità di
compensazione e totale accordo, fatto non certo scontato, a maggior ragione
quando si è al cospetto di importanti personalità musicali; ma il lavoro del
team è più importante e paga, e le recenti scelte manageriali daranno presto
grandi frutti.
Un grandissimo album Skyline,
che consiglierò ad ogni buon ascoltatore di musica, in attesa di poter godere
di una dimostrazione live che, ne sono certo, non potrà che entusiasmarmi.
L’INTERVISTA
Siete arrivati al quarto album. La sensazione è quella di una
maturazione, che non riguarda solo la musica ma il progetto intero: come si può
sintetizzare la vostra evoluzione?
Barock Project è una realtà che esiste ormai da undici anni,
sebbene fino ad ora ci siamo completamente autogestiti, prendendo coscienza che
così facendo sarebbe stata comunque dura. Ogni scelta, ogni contatto, ogni
disco è stato frutto dell'esserci mossi con le nostre gambe. L'evoluzione più
grande in questo progetto la stiamo avendo proprio in questo momento, grazie
all'incontro soprattutto di una persona che ha deciso di prenderci a cuore,
Claudio Cutrone, il quale si sta occupando di tanti aspetti di questa band che
per forza di cose fino ad ora erano stati più o meno trascurati. In fondo noi
ci occupiamo di musica e questo deve rimanere il nostro mestiere principale. Il
nuovo disco era in fase di lavorazione già da almeno tre anni e ho scelto di
dirigermi verso una direzione musicale più ''diretta'' in termini di
comunicazione. Mentre prima puntavo più al discorso ''prog'' nel vero senso del
termine, probabilmente anche abusandone, da Coffee
In Neukolln in poi mi sono deciso ad asciugare un po’ di più il tutto,
sebbene di fatto in questa band è sempre stata la melodia come elemento
fondamentale e che ci ha contraddistinto, credo sia il nostro punto di forza.
La priorità per me va alla composizione totale e finale, non necessariamente in
base al mio strumento musicale. Tanto è vero che in questo disco mi sono
dedicato molto meno ai synth e alle tastiere. Alcuni dei brani li ho concepiti
molto tranquillamente sulla chitarra acustica in modo diretto e senza tanti
fronzoli.
Da dove nasce l’esigenza di diventare musicalmente autarchici?
Nasce dal fatto che, grazie anche all'aiuto e alla strong vision
del nostro manager, abbiamo convenuto che l'autoproduzione sia una scelta ormai
doverosa per tutte le band che sentano il bisogno di voler diffondere le
proprie creazioni. Ci siamo serviti anche della campagna fundraising tramite
Kickstarter, per chiedere un contributo da parte dei fans in giro per il mondo,
per poter finalizzare il disco a livello sonoro e renderlo ancor più
accattivante. E la scelta ci ha premiati, caricandoci di energie che spenderemo
nei live che seguiranno
Che cosa contiene “Skyline”, il disco in uscita? Mi indicate
l’anima dell’album tra messaggi e risvolti sonori?
Il viaggio della composizione di "SKYLINE" è iniziato
quasi tre anni fa. Proprio la title track è nata durante i giorni del terremoto
qui in Emilia, quando il mio paese e tanti altri intorno pullulavano di tende
in ogni angolo, facendolo sembrare una inquietante Woodstock.
Questo disco è per me un diario che racconta tutte le
vicissitudini accadute durante il suo concepimento. E' un viaggio che si apre
con i cori del primo brano, Gold,
scritta inizialmente quasi cinque anni fa. Forse il brano che considero come il
più caratteristico del nuovo disco. Dopodichè si balza tra i virtuosismi di Overture, confezionata appositamente
come brano per un'apertura d'impatto per i live, per poi fermarsi ad ascoltare
un racconto, una storia lontana,
cantata in apertura proprio da Vittorio De Scalzi nel brano ''Skyline''. Roadkill
rappresenta il momento un pò più crudo e rock del disco, per la gioia del
nostro cantante. The Silence Of Our Wake
è un brano a cui sono molto legato perché rispecchia un pò il mio lato
tenebroso e misterioso. Musicalmente parlando fa parte di un periodo della mia
vita molto altalenante e poco rilassato. Il mitico Antonio De Sarno, che ha
scritto tutti i testi, qui parla degli alieni. Antonio, già autore dei testi
per il gruppo Moongarden, si è occupato dei testi in inglese, impreziosendo la nostra musica con le sue
parole. Il sesto brano, The Sound Of
Dreams è una breve ballata che ho concepito un mattino presto, quando i
primi raggi del sole entrano nella stanza attraverso gli spiragli della
finestra, aprendo gli occhi subito dopo aver sognato di aver perso qualcuno. Il
testo parla della paura di questo sogno e del sollievo dopo il risveglio. Il
settimo, Spinning Away è un brano
costruito inizialmente su un giro ritmico di percussioni, batteria e basso. Poi
sono giunte le armonie e infine la melodia. Lo considero un brano divertente da
suonare. Tired è un altro di quei
brani scritti durante lo stesso periodo burrascoso prima citato. Avevo in mente
la parte cantata come se fosse un urlo liberatorio e ha un che di
musical-operistico. C'è una sostanziosa parte di orchestra, introdotta da un
breve preludio di pianoforte in stile bachiano. Questo brano è palesemente
divisibile in due parti. La seconda parte, ovvero la conclusiva, ha un
carattere totalmente diverso dalla prima e sfiora quasi le caratteristiche del
sound metal, per poi intrecciarsi su un vecchio brano strumentale scritto ormai
dodici anni fa al pianoforte, dal carattere virtuosistico. A Winter's Night è una semplice ballata che spezza le tensioni
precedenti ed ha un breve intermezzo strumentale scritto proprio durante una
fredda sera d'inverno. Da qui il titolo. The
Longest Sigh è l'ultimo brano e credo sia uno dei più ''prog''
del disco. Mi sono affezionato al suono genesisiano dell'epoca di And Then
There Were Three e Duke e
nell'introduzione si sente parecchio, così come nel finale. Forse è il brano
che potrebbe venire apprezzato di più dagli affezionati del genere.
Come siete arrivati alla collaborazione con Vittorio De Scalzi?
Il nostro manager Claudio crede fortemente nelle collaborazioni e
negli scambi culturali. Oggi questo è un ottimo modo per poter far sì che
artisti famosi e meno famosi vengano insieme a contatto per creare qualcosa.
Claudio, che ha in gestione artistica Vittorio e i suoi New Trolls, gli ha fatto
ascoltare le nostre tracce e lui ha gradito istantaneamente al punto di
collaborare insieme a noi e, con nostro grande piacere, ci siamo ritrovati ad
averlo al nostro fianco con suo grande entusiasmo, offrendosi in modo molto
creativo di partecipare con la sua voce ed il suo flauto traverso, oltre che i
suoi preziosi consigli.
In ambito prog l’artwork è parte integrante dell’intera proposta;
nell’occasione avete chiesto aiuto ad un nome importante, Paul Whitehead: che
tipo di valore aggiunto reale avete ricevuto?
Sicuramente Paul ha impreziosito il nostro lavoro con la sua opera,
cogliendo il mood della musica. Si è particolarmente ispirato al testo della
titletrack e ne siamo orgogliosi. Quando ci ha presentato il lavoro finito ne
siamo rimasti entusiasti. Con due “padrini” cosi sostanziosi, chi non lo
sarebbe?
Avete pianificato qualche data, italiana ed estera, per
pubblicizzare “Skyline”?:
Per il momento siamo al lavoro per integrare una collaborazione
musicale con un bassista per i live (sul disco ho suonato il basso su tutte le
tracce). Qualche data di warm-up in estate in Italia per poi partire con la
presentazione di Skyline questo
settembre, in Inghilterra, con un tour di quattro concerti. Le altre trattative
si rivolgono alla stagione autunnale e puntano al nord Europa. E poi verrà il
Giappone, dove Skyline verrà lanciato
direttamente da etichetta giapponese in estate.
Chiedo quasi sempre, soprattutto ai giovani, un giudizio sullo
stato della musica: possibile avere un atteggiamento positivo, a metà 2015?
Avere un atteggiamento positivo aiuta sicuramente a credere nei
propri progetti e a portarli avanti. Noi stessi abbiamo il dovere di essere
positivi dentro di noi, perchè la fuori non è un bel mondo. Per quanto riguarda
il nostro paese, lo stato attuale della musica credo sia arrivato ai limiti
della decenza. Per colpa dei media i giovani hanno una concezione della musica
come di una ''gara''. Tutto è incentrato sulla competizione. I talent decidono
chi è il più bravo, molto spesso con termini di giudizio assai discutibili e
talvolta non lasciando neppure la libertà ad un artista di esprimersi per come
è la sua natura. Per esempio, la caratteristica tonale ed espressiva di un
cantante viene scambiata per un ''difetto'', quindi non riconducibile ad altri
cantanti che, per piacere alla massa, devono assomigliarsi tutti ed avere il
modo di cantare, di vestire e di muoversi omologato al resto. La musica dovrebbe essere un elemento di
aggregazione e il talento di un musicista non dovrebbe essere visto come una
minaccia dai propri colleghi. Questo uccide la musica, uccide le speranze di un
giovane musicista che, ahimè, si potrebbe abbattere dopo tanti sforzi perché le
realtà e le speranze qui sono alquanto scadenti. Bisogna essere positivi,
insistere e persistere nelle proprie passioni. La musica per me è come una
stella cometa da inseguire. A volte ci sei così vicino che ti sembra di
toccarla, altre volte gli ostacoli ti fanno cadere giù per terra. Ma non
bisogna mai perderla di vista. Nonostante questa sia la situazione nel nostro
paese noi lottiamo tutti quanti per inseguire i nostri sogni. Se si diventa
negativi, meglio cambiare mestiere.
Che tipo di
rapporto avete con la tecnologia? E’ tutto positivo?
Personalmente penso che la tecnologia moderna sia un'arma a doppio
taglio. E' fantastico vedere come ogni giorno escano novità incredibili che
possono aiutare e supportare l'essere umano durante tutto il processo creativo.
E' meraviglioso confrontare il modo in cui creavo musica vent'anni fa rispetto
ad oggi, tutto è molto più immediato. I computer sono stati una manna dal cielo
per tanti versi, l'evoluzione dei software ci permette di fare cose senza
limiti di possibilità. Ma allo stesso tempo penso che più ci sia concesso di
fare meno facciamo. Quando scrivo per orchestra ad esempio, devo usare carta e
penna. Quando compongo un brano sono
molto più produttivo davanti ad un semplice pianoforte, perché davanti ad un
computer mi blocco. La tecnologia per
quello che mi riguarda aiuta tutto ciò che sta dopo che si è concepita l'idea,
facilitandone sicuramente la sua realizzazione finale. Quindi per me vale la
regola di usare la tecnologia, ma con parsimonia.
Tra i tanti mostri sacri del passato prog ne esiste uno che vi ha
influenzato maggiormente?
Siamo stati tutti influenzati dai grandi gruppi progressive degli
anni settanta, maggiormente E.L.P., Genesis e Jethro Tull. Ovviamente il tutto
traspare dalla nostra musica, ma non voglio più ricalcare le orme del passato.
In questo disco ancora di più cerchiamo un'identità personale, che può avere
indubbiamente qualche richiamo ai nostri primi amori, ma che comunque tende ad
allontanarvisi. Non voglio la polvere o l'odore di naftalina sulla nostra
musica, anche se in questo genere è un'impresa molto ardua. E poi rimango della
convinzione che la mia idea di musica dentro di me sia molto più influenzata da
Bach e Beethoven più che da qualsiasi altro. Magari anche dai Beatles ?
Provate a proiettarvi verso un futuro… medio, che cosa potrebbe
accadere ai Barock Project nei prossimi tre anni?
Considerando ciò che è successo solamente in questo ultimo anno,
nei prossimi tre anni potrebbe accadere qualsiasi cosa! La cosa che escluderei
è quella di un cambio di formazione, dato che ora abbiamo raggiunto una
stabilità e un'armonia di gruppo che ci permette finalmente di poter lavorare
in modo sano e proficuo. Questo posso assicurare che non è poco per la nostra
band. Escluderei anche cambi di nomi, di sesso, di fedi calcistiche da parte di
qualcuno di noi... potrei invece aspettarmi cambi di direzione sui gusti
musicali. Odio fare le stesse cose, ripetermi e non avere quella sorta di
''sfida'' musicale che ho con gli altri membri del gruppo, la quale mantiene
accesa la fiamma del confronto in modo costruttivo e ci permette di non
annoiarci mai. Come in una sana relazione di coppia, no? Anche in un gruppo
musicale bisogna mantenere vivo l'entusiasmo, cercare sempre il nuovo e il mai
raggiunto prima di quel momento. Mi piace sorprendere e soprattutto
sorprendermi.
La fase di pre-vendita si apre da ora
attraverso il sito :
LA BAND:
Luca Zabbini - Tastiere, basso e
cori
Luca Pancaldi - Voce
Eric Ombelli - Batteria
Marco Mazzuoccolo - Chitarre
SITO BAND: www.barockproject.it
CONTATTO: Claudio Cutrone claudio@starsofitaly.com
MANAGEMENT www.starsofitaly.com