THE BAD MEXICAN "Due"
Ho sempre pensato di
poter dare all'impatto un giudizio sufficientemente corretto di una nuova conoscenza…
quindici minuti di parole per inquadrare chi ho davanti.
Anche nella musica ho
spesso avuto questa convinzione… prendi un nuovo album, lo osservi con riguardo,
lo leggi, lo odori, lo palpi, ricerchi tra i crediti e scopri, forse, che la
label è la Lizard: di certo sarà un
prog ricercato, magari ideale per la super nicchia… far conoscere l’altra faccia della
musica può essere una missione.
Delle proprie convinzioni ci si può ricredere.
Delle proprie convinzioni ci si può ricredere.
Questo album dal
sapore matematico è frutto dell’impegno dei The Bad Mexican -lascio al lettore la soddisfazione di trovare
motivazioni al nome, dopo lettura dell’intervista-, una seconda uscita
discografica che manda in crisi le mie velleità di analizzatore degli indizi di preascolto:
non c’è etichetta precisa per questa musica -e loro non aiutano a definirla; non c’è concettualità
-una componente che riesco di solito a scovare anche nelle compilation di
musica sacra… da discoteca; non ci sono riferimenti precisi del passato da
incolpare o ringraziare; non ci sono nemmeno dei titoli che possano fare
immaginare e sognare... solo calcoli!
E’ questa una di quelle occasioni casi in cui l’intervista diventa indispensabile, per evitare di fare pessime
figure; e così si trovano le motivazioni ai numeri -gli episodi del disco- e
si possono scalfire la superficie dello strato di sana follia e l'intelligenza
musicale che costituiscono la patina pregiata di un album e di una band che
stupisce, senza dare punti di riferimento, come una squadra che gioca
rinunciando al play maker, perché tutti e nessuno assumono quel ruolo, all’occorrenza.
A domanda precisa si
evidenzia come negli spettacoli live sia difficile associare i brani al
titolo/numero, ma io trovo una enorme eterogeneità nella proposta, che è situazione
voluta e diventa quindi peculiarità del disco e della band: non mi pare troppo complicata l'associazione cifra/brano, ammesso che sia elemento importante.
Insomma, è questo il
caso in cui si ascolta il primo brano e si immagini ciò che poi non sarà, nel senso
che non si vede un singolo “numero” rappresentativo dell’ insieme degli elementi.
Ho trovato tempi
composti impossibili, parti di chitarra complesse e tendenti al rock, giri vocali
degni di una sorta dei sintesi tra la West Coast e i Gentle Giant, beat di fine
anni ’60, atmosfere spagnoleggianti, utilizzo del sax per la creazione di mood fatti
di atmosfera alternati alla “violenza” ricercata dei primi Crimson, e miscele
elettroniche in grado di calmierare l’intera produzione.
Leggendo le parole dei
TBM si scopre come, escluso Davide
Vannuccini (sax ed elettronica), musicista proveniente dal Conservatorio, esista
una formazione musicale personale fatta di esperienza, di lavoro incessante sul
campo, e lo status di autodidatta sembra quasi una bandiera da mettere bene in
mostra. Beh, c’è da essere orgogliosi dei risultati ottenuti, perché il livello
tecnico che ho captato in fase di ascolto mi sembra elevatissimo, invidiabile ed
è davvero un’ottima cosa quando la padronanza dello strumento e il know how
acquisito diventano non il fine ma il mezzo per un’espressione totale, quella capacità
di rappresentare la musica in modo originale, senza copiature, cercando una via
nuova, con la voglia di stupire e stimolare pensieri e domande.
Due, è questo il nome dell’album, è
probabilmente tutto quello che non abbiamo mai sentito in un unico contenitore.
Alla base delle scelte della band risulta palese l’uso di una marcata ironia, ma ogni tassello
del mosaico sembra allontanare l’idea che ci sia in corso un gioco. Prendersi
un po’ meno sul serio può essere utile, ma la musica è roba su cui non si può
scherzare, per la sua capacità di nutrire in modo unico le nostre anime, e i The
Bad Mexican appaiono alfieri di questo concetto, perché capaci di creare e
donare roba rara, varia, adatta ad ascolto eterogeno e in grado di sorprendere.
Un voto elevatissimo
per questo album e per questo “Cattivo Messicano”.
L’INTERVISTA
Come nascono e che tipo
di cultura musicale hanno alle spalle i The Bad Mexican?
I The Bad Mexican
nascono nell'ormai lontano 2009 dalle ceneri di un gruppo Death Metal. La
spinta verso questa nuova “direzione” è stata data dalla semplice curiosità di tentare
strade per noi –musicisti autodidatti– nuove ed inesplorate, con la consapevole
leggerezza di non avere niente da perdere. Per quanto riguarda la cultura
musicale ti dirò che fino all'arrivo di Davide (sassofono/elettronica), che è
un musicista “serio”, uscito dal Conservatorio e con un bel po' di esperienza,
il nostro era un gruppo di quasi autodidatti, con alle spalle moltissima musica
ascoltata e tantissime ore passate in sala prove; la classica situazione, se
vuoi provinciale, in cui la mancanza di confronti diretti con realtà più grandi
e varie ti porta a ricercare quasi inconsapevolmente un'originalità genuina.
Esistono punti di
riferimento precisi che hanno influenzato il vostro attuale modo di suonare e
che vi accomunano?
Guarda, forse la nostra
fortuna è stata proprio quella di non avere punti di riferimento (oltre al
metal naturalmente, ma quella se vogliamo è storia passata) in comune, ma allo
stesso tempo di essere riusciti ad incastrare tutte le nostre influenze in modo
per noi soddisfacente: il mio jazz-core si è sposato bene con l'elettronica di
Filippo ed il prog-metal di Matteo, e se da una parte ogni influenza perde
alcune caratteristiche all'interno dell'amalgama dall'altra ne esce rafforzata,
meno incanalata e probabilmente molto più vivace.
Speso il nome di una
band nasce senza una motivazione particolare: da dove arriva “il cattivo
messicano”?
Posso solo
consigliarvi di andare a leggere che cos'è il Dirty Sanchez, ovviamente con una
buona dose di ironia.
Come raccontereste a parole
la vostra musica a chi ancora non vi conosce?
Io ho sempre adorato
la definizione che abbiamo sul sito, perchè è ironica e, seppur descrittiva,
estremamente leggera. La lascio qua sotto, ed ognuno ne tragga le proprie
conslusioni: “Pensa ad un genere,
moltiplicalo per rock, dividilo per jazz, aggiungi psichedelia ed elettronica
ed otterrai UN risultato. Noi siamo diversi. ”
Altra cosa che spinge
alla curiosità: perché il vostro nuovo album è all’insegna dei numeri, tra
titolo e brani?
Il nostro intento su
questo fronte era quello di riuscire a far passare come secondario tutto ciò
che fosse di contorno alla musica in sè (e con questo non parlo solo dei
titoli, ma anche dei testi che sono alquanto nonsense e “ritmici”). Il nostro è
un disco di 37 minuti e, seppur disomogeneo, volevamo (magari subdolamente,
magari maldestramente) invogliare l'ascoltatore a considerarlo come un'entità
unica e a non soffermarsi immediatamente su un singolo brano. Molti ci hanno
criticato per questo, e ti confesso che dal vivo è abbastanza difficile
associare il pezzo ad un numero, ma alla fine siamo soddisfatti così.
Qual è l’anima del
disco? Trattasi di percorso concettuale?
Ti direi di no, il
disco non ha nessuna anima o velleità concettuale. L'unico intento era quello
di discostarsi dal precedente lavoro -molto dilatato, sporco e se vogliamo
dispersivo- e concentrare voglie ed influenze in brani che fossero il più... non
direi corti, ma concisi. Si è cercato in sostanza di esprimere le nostre
influenze diciamo “particolari”, scostandoci da canoni di lunghezza e struttura
che le contraddistinguevano. Non so dirti se ci siamo riusciti, ma sicuramente
era la direzione che volevamo dare al nostro lavoro.
Esistono difficoltà nel
proporlo dal vivo? Ma… come sono i The Bad Mexican on
stage?
Non so darti un
giudizio realmente oggettivo sulla nostra proposta live. Ti dirò che siamo
sempre molto felici di suonare il disco e che la sua resa dal vivo, al netto
delle minori libertà che si hanno in studio etc., è molto soddisfacente. Per
quanto riguarda un giudizio su di noi, ti darò la risposta che suppongo ti
hanno dato quasi tutti i gruppi che hai intervistato: veniteci a vedere e
decidete voi.
Mi date un vostro
giudizio sull’attuale stato della musica?
L'unica cosa che posso
dirti è che noi come Bad Mexican abbiamo una visuale abbastanza distaccata da
quello che è il... chiamiamolo music business di oggi. Se da un lato abbiamo
avuto la fortuna di trovare un'etichetta e dei distributori/promotori per il nostro
lavoro, dall'altro consideriamo e trattiamo i The Bad Mexican come una
passione; questo ovviamente ci taglia fuori dalle logiche in cui si trovano
coloro che, con molta determinazione e coraggio, hanno scelto la strada della
musica rock come mestiere.
Che cosa pensate in
generale dell’utilizzo della tecnologia in campo musicale, sia dal punto di
vista della realizzazione del prodotto che della successiva pubblicizzazione?
Penso che la
tecnologia negli ultimi anni abbia inglobato praticamente ogni settore inerente
la distribuzione di materiale artistico, ed è una cosa con cui, volenti o
nolenti, si deve fare i conti. Dirò sicuramente un'ovvietà, ma se da un lato
chiunque adesso è in grado di registrare, produrre e distribuire nel mondo un
lavoro di qualità eccezionale, dall'altro è cambiato radicalmente il modo di
ascoltare e più in generale di consumare la musica; è sempre più raro che ci si
approcci ad un disco nella sua interezza, o che un artista o un gruppo duri per
più di due/tre dischi. Diciamo che è un mondo “veloce” e chi vuole rischiare deve
stare al passo ed essere... non so, penso che “social” descriva bene quello che
voglio dire.
Come è nato l’incontro
con Loris Furlan e la Lizard?
Il nostro è stato un
incontro fortuito e fortunato: alcuni nostri conterranei, i grandissimi
Labirinto di Specchi, avevano già un disco sotto Lizard e ci consigliarono di
spedire il nostro primo lavoro. Da lì è nata una splendida collaborazione che
continua tutt'ora. P.S. Scusa Loris se non ti ho risposto alle ultime mail!
Possibile svelare
qualcosa sui vostri intenti futuri?
Per adesso stiamo
lavorando ancora sui nostri live, purtroppo siamo stati sei mesi senza un posto
dove poter provare e stiamo ripartendo adesso. Ci sono nuovi pezzi, ma per
adesso l'unica cosa che vogliamo fare è un live ancora più compatto e riuscire
a fissare nuove date.
The Bad Mexican:
Tommaso
Dringoli (chitarra, voce, percussioni)
Filippo
Ferrari (basso, voce, elettronica, percussioni)
Matteo
Salutari (batteria)
Davide
Vannuccini (sassofono, elettronica)
Discografia:
"This is the first attempt of a band called The
Bad Mexican" 2012
"Due" 2014