lunedì 11 maggio 2015

THE BAD MEXICAN - "Due"


THE BAD MEXICAN  "Due"    

Ho sempre pensato di poter dare all'impatto un giudizio sufficientemente corretto di una nuova conoscenza… quindici minuti di parole per inquadrare chi ho davanti.
Anche nella musica ho spesso avuto questa convinzione… prendi un nuovo album, lo osservi con riguardo, lo leggi, lo odori, lo palpi, ricerchi tra i crediti e scopri, forse, che la label è la Lizard: di certo sarà un prog ricercato, magari ideale per la super nicchia… far conoscere l’altra faccia della musica può essere una missione.
Delle proprie convinzioni ci si può ricredere.
Questo album dal sapore matematico è frutto dell’impegno dei The Bad Mexican -lascio al lettore la soddisfazione di trovare motivazioni al nome, dopo lettura dell’intervista-, una seconda uscita discografica che manda in crisi le mie velleità  di analizzatore degli indizi di preascolto: non c’è etichetta precisa per questa musica -e loro  non aiutano a definirla; non c’è concettualità -una componente che riesco di solito a scovare anche nelle compilation di musica sacra… da discoteca; non ci sono riferimenti precisi del passato da incolpare o ringraziare; non ci sono nemmeno dei titoli che possano fare immaginare e sognare... solo calcoli!
E’ questa una di quelle occasioni casi in cui l’intervista diventa indispensabile, per evitare di fare pessime figure; e così si trovano le motivazioni ai numeri -gli episodi del disco- e si possono scalfire la superficie dello strato di sana follia e l'intelligenza musicale che costituiscono la patina pregiata di un album e di una band che stupisce, senza dare punti di riferimento, come una squadra che gioca rinunciando al play maker, perché tutti e nessuno assumono quel ruolo, all’occorrenza.
A domanda precisa si evidenzia come negli spettacoli live sia difficile associare i brani al titolo/numero, ma io trovo una enorme eterogeneità nella proposta, che è situazione voluta e diventa quindi peculiarità del disco e della band: non mi pare troppo complicata l'associazione cifra/brano, ammesso che sia elemento importante.
Insomma, è questo il caso in cui si ascolta il primo brano e si immagini ciò che poi non sarà, nel senso che non  si vede un singolo “numero” rappresentativo dell’ insieme degli elementi.
Ho trovato tempi composti impossibili, parti di chitarra complesse e tendenti al rock, giri vocali degni di una sorta dei sintesi tra la West Coast e i Gentle Giant, beat di fine anni ’60, atmosfere spagnoleggianti, utilizzo del sax per la creazione di mood fatti di atmosfera alternati alla “violenza” ricercata dei primi Crimson, e miscele elettroniche in grado di calmierare l’intera produzione.
Leggendo le parole dei TBM si scopre come, escluso Davide Vannuccini (sax ed elettronica), musicista proveniente dal Conservatorio, esista una formazione musicale personale fatta di esperienza, di lavoro incessante sul campo, e lo status di autodidatta sembra quasi una bandiera da mettere bene in mostra. Beh, c’è da essere orgogliosi dei risultati ottenuti, perché il livello tecnico che ho captato in fase di ascolto mi sembra elevatissimo, invidiabile ed è davvero un’ottima cosa quando la padronanza dello strumento e il know how acquisito diventano non il fine ma il mezzo per un’espressione totale, quella capacità di rappresentare la musica in modo originale, senza copiature, cercando una via nuova, con la voglia di stupire e stimolare pensieri e domande.
Due, è questo il nome dell’album, è probabilmente tutto quello che non abbiamo mai sentito in un unico contenitore.
Alla base delle scelte della band risulta palese l’uso di una marcata ironia, ma ogni tassello del mosaico sembra allontanare l’idea che ci sia in corso un gioco. Prendersi un po’ meno sul serio può essere utile, ma la musica è roba su cui non si può scherzare, per la sua capacità di nutrire in modo unico le nostre anime, e  i The Bad Mexican appaiono alfieri di questo concetto, perché capaci di creare e donare roba rara, varia, adatta ad ascolto eterogeno e in grado di sorprendere.

Un voto elevatissimo per questo album e per questo “Cattivo Messicano”.


L’INTERVISTA

Come nascono e che tipo di cultura musicale hanno alle spalle i The Bad Mexican?

I The Bad Mexican nascono nell'ormai lontano 2009 dalle ceneri di un gruppo Death Metal. La spinta verso questa nuova “direzione” è stata data dalla semplice curiosità di tentare strade per noi –musicisti autodidatti– nuove ed inesplorate, con la consapevole leggerezza di non avere niente da perdere. Per quanto riguarda la cultura musicale ti dirò che fino all'arrivo di Davide (sassofono/elettronica), che è un musicista “serio”, uscito dal Conservatorio e con un bel po' di esperienza, il nostro era un gruppo di quasi autodidatti, con alle spalle moltissima musica ascoltata e tantissime ore passate in sala prove; la classica situazione, se vuoi provinciale, in cui la mancanza di confronti diretti con realtà più grandi e varie ti porta a ricercare quasi inconsapevolmente un'originalità genuina.

Esistono punti di riferimento precisi che hanno influenzato il vostro attuale modo di suonare e che vi accomunano?

Guarda, forse la nostra fortuna è stata proprio quella di non avere punti di riferimento (oltre al metal naturalmente, ma quella se vogliamo è storia passata) in comune, ma allo stesso tempo di essere riusciti ad incastrare tutte le nostre influenze in modo per noi soddisfacente: il mio jazz-core si è sposato bene con l'elettronica di Filippo ed il prog-metal di Matteo, e se da una parte ogni influenza perde alcune caratteristiche all'interno dell'amalgama dall'altra ne esce rafforzata, meno incanalata e probabilmente molto più vivace.

Speso il nome di una band nasce senza una motivazione particolare: da dove arriva “il cattivo messicano”?

Posso solo consigliarvi di andare a leggere che cos'è il Dirty Sanchez, ovviamente con una buona dose di ironia.

Come raccontereste a parole la vostra musica a chi ancora non vi conosce?

Io ho sempre adorato la definizione che abbiamo sul sito, perchè è ironica e, seppur descrittiva, estremamente leggera. La lascio qua sotto, ed ognuno ne tragga le proprie conslusioni: “Pensa ad un genere, moltiplicalo per rock, dividilo per jazz, aggiungi psichedelia ed elettronica ed otterrai UN risultato. Noi siamo diversi. ”

Altra cosa che spinge alla curiosità: perché il vostro nuovo album è all’insegna dei numeri, tra titolo e brani?

Il nostro intento su questo fronte era quello di riuscire a far passare come secondario tutto ciò che fosse di contorno alla musica in sè (e con questo non parlo solo dei titoli, ma anche dei testi che sono alquanto nonsense e “ritmici”). Il nostro è un disco di 37 minuti e, seppur disomogeneo, volevamo (magari subdolamente, magari maldestramente) invogliare l'ascoltatore a considerarlo come un'entità unica e a non soffermarsi immediatamente su un singolo brano. Molti ci hanno criticato per questo, e ti confesso che dal vivo è abbastanza difficile associare il pezzo ad un numero, ma alla fine siamo soddisfatti così.

Qual è l’anima del disco? Trattasi di percorso concettuale?

Ti direi di no, il disco non ha nessuna anima o velleità concettuale. L'unico intento era quello di discostarsi dal precedente lavoro -molto dilatato, sporco e se vogliamo dispersivo- e concentrare voglie ed influenze in brani che fossero il più... non direi corti, ma concisi. Si è cercato in sostanza di esprimere le nostre influenze diciamo “particolari”, scostandoci da canoni di lunghezza e struttura che le contraddistinguevano. Non so dirti se ci siamo riusciti, ma sicuramente era la direzione che volevamo dare al nostro lavoro.

Esistono difficoltà nel proporlo dal vivo? Ma… come sono i The Bad Mexican on stage?

Non so darti un giudizio realmente oggettivo sulla nostra proposta live. Ti dirò che siamo sempre molto felici di suonare il disco e che la sua resa dal vivo, al netto delle minori libertà che si hanno in studio etc., è molto soddisfacente. Per quanto riguarda un giudizio su di noi, ti darò la risposta che suppongo ti hanno dato quasi tutti i gruppi che hai intervistato: veniteci a vedere e decidete voi.

Mi date un vostro giudizio sull’attuale stato della musica?

L'unica cosa che posso dirti è che noi come Bad Mexican abbiamo una visuale abbastanza distaccata da quello che è il... chiamiamolo music business di oggi. Se da un lato abbiamo avuto la fortuna di trovare un'etichetta e dei distributori/promotori per il nostro lavoro, dall'altro consideriamo e trattiamo i The Bad Mexican come una passione; questo ovviamente ci taglia fuori dalle logiche in cui si trovano coloro che, con molta determinazione e coraggio, hanno scelto la strada della musica rock come mestiere.

Che cosa pensate in generale dell’utilizzo della tecnologia in campo musicale, sia dal punto di vista della realizzazione del prodotto che della successiva pubblicizzazione?

Penso che la tecnologia negli ultimi anni abbia inglobato praticamente ogni settore inerente la distribuzione di materiale artistico, ed è una cosa con cui, volenti o nolenti, si deve fare i conti. Dirò sicuramente un'ovvietà, ma se da un lato chiunque adesso è in grado di registrare, produrre e distribuire nel mondo un lavoro di qualità eccezionale, dall'altro è cambiato radicalmente il modo di ascoltare e più in generale di consumare la musica; è sempre più raro che ci si approcci ad un disco nella sua interezza, o che un artista o un gruppo duri per più di due/tre dischi. Diciamo che è un mondo “veloce” e chi vuole rischiare deve stare al passo ed essere... non so, penso che “social” descriva bene quello che voglio dire.

Come è nato l’incontro con Loris Furlan e la Lizard?

Il nostro è stato un incontro fortuito e fortunato: alcuni nostri conterranei, i grandissimi Labirinto di Specchi, avevano già un disco sotto Lizard e ci consigliarono di spedire il nostro primo lavoro. Da lì è nata una splendida collaborazione che continua tutt'ora. P.S. Scusa Loris se non ti ho risposto alle ultime mail!

Possibile svelare qualcosa sui vostri intenti futuri?

Per adesso stiamo lavorando ancora sui nostri live, purtroppo siamo stati sei mesi senza un posto dove poter provare e stiamo ripartendo adesso. Ci sono nuovi pezzi, ma per adesso l'unica cosa che vogliamo fare è un live ancora più compatto e riuscire a fissare nuove date.



The Bad Mexican:
Tommaso Dringoli (chitarra, voce, percussioni)
Filippo Ferrari (basso, voce, elettronica, percussioni)
Matteo Salutari (batteria)
Davide Vannuccini (sassofono, elettronica)



Discografia:
"This is the first attempt of a band called The Bad Mexican"  2012
"Due"  2014