A cavallo tra il 1973 ed il '74 vengono pubblicati su etichetta Virgin i tre album facenti parte della trilogia. Nell'ordine: "Flying Teapot", "Angel's Egg" e "You".
giovedì 31 dicembre 2009
Gong
A cavallo tra il 1973 ed il '74 vengono pubblicati su etichetta Virgin i tre album facenti parte della trilogia. Nell'ordine: "Flying Teapot", "Angel's Egg" e "You".
lunedì 28 dicembre 2009
Amazing Journey: The Story of The Who
mercoledì 23 dicembre 2009
Shirley Ann Manson
Shirley Ann Manson è una cantante, chitarrista, modella e attrice scozzese, famosa come frontwoman del gruppo statunitense dei Garbage.
Seconda di tre figlie di un genetista e di una musicista, all'età di 7 anni si iscrive alla "City of Edimburgh Music School", dove inizia a suonare il pianoforte.
In questo periodo il gruppo crea la colonna sonora del film The world is not enough, della serie diJames Bond.
Dopo una breve parentesi come modella per Calvin Klein, Shirley torna a lavorare a un nuovo album, il sensuale Beautifulgarbage, uscito nel settembre del 2001, dal quale vengono estratti singoli come Cherry lips e Androgyny. In quel periodo però si manifestano dei dissidi interni al gruppo, che poi causeranno un temporaneo scioglimento (2003); contemporaneamente Shirley deve subire un intervento chirurgico a causa di alcuni noduli alle corde vocali (per mesi non potrà cantare). Ma «quasi magicamente» (come ha affermato lei stessa) il gruppo si ricompone, per incidere Bleed like me, quarto album della band.
Finito il tour di Bleed like me, voci insistenti parlano di scioglimento del gruppo, mentre ufficialmente i membri della band parlano solo di progetti solisti per ognuno di loro.
Manson è stata scelta nel 2008 per la parte di Catherine Weaver nel telefilm Terminator: The Sarah Connor Chronicles.
domenica 20 dicembre 2009
Flying Burrito Brothers
La prima formazione del gruppo (ottobre 1968) comprendeva Parsons (canto), Chris Hillman dei Byrds (basso e mandolino), Chris Ethridge (basso), Pete Kleinow (steel guitar).
E` il capolavoro del country d'autore di Parsons, che trova modo di dare forma concreta ai fantasmi interiori della sua tormentata psiche.
Dal suo agghiacciante spaccato morale, Los Angeles emerge come un inferno di degradazione e alienazione, un buco nero dei sentimenti dove l'individuo e` condannato alla solitudine eterna e sempre piu` acuta, un luccicante "palazzo dorato del peccato".
L'album rimarra` forse il capolavoro del country-rock.
Il successivo Deluxe (1970), che annovera il chitarrista Bernie Leadon degliEagles, ritorna invece al sound dei Byrds, con le armonie vocali a tre voci e le chitarre piu` jingle-jangle che country (Cody Cody).
Inediti del periodo compariranno anche su Sleepless Nights (1976).
La vita scapestrata costa a Parsons il posto nel complesso, che viene preso dal cantante e chitarrista Rick Roberts, autore di qualche buona ballata (Colorado) su "Flying Burrito Brothers" (1971).
Il gruppo rischia pero` di affondare nella ragnatela dei troppi talenti, e non stupisce che riesca meglio dal vivo, sull'effervescente " Last Of The Red Hot Burritos "(1971), con Byron Berline scatenato al violino nel Dixie Breakdown e nell'Orange Blossom Special.
Qui prevale l'anima bluegrass, i virtuosismi incantano e trascinano.
Naturalmente e` rimasto poco dell'animo tormentato di Parsons.
Questo e` il country-rock per le masse, non quello per la catarsi personale.
Gli atteggiamenti irriverenti valsero loro l'appellativo di "country-punk".
In quest'immagine, piu` che nella musica, sta il loro contributo piu` importante alla nascita del nuovo genere.
"Close Up the Honky Tonks "(1974) e` un'antologia.
Leadon lascio` per formare gli Eagles, Hillman si aggrego` ai Manassas di Stev Stills, e, dopo due anni, anche Roberts lascio` il gruppo per formare i Firefall.
Berline suonava anche con i Country Gazette, formati nel 1971.
Chris Ethridge e Pete Kleinow riformarono i Flying Burrito Brothers, che registrarono "Hot Burrito "( 1975), "Flying Again" (1976)," Airborne" (1976).
"Sin City" (2002) e` un'antologia, comprendente per intero i primi due album.
Hillman terra` viva l'idea di quel country-rock intellettuale sui suoi dischi solisti "Slippin Away" (1976) e "Clear Sailin" (1977), e poi la portera` al successo con la Desert Rose Band (One Step Forward, 1987; He's Back and I'm Blue, 1988; I Still Believe in You, 1988).
Citazione del giorno:
"Quello che ci piace negli amici è la considerazione che hanno di noi" (Tristan Bernard)
mercoledì 16 dicembre 2009
Fiona Apple
giovedì 10 dicembre 2009
Fabrizio Fedele
INFO:
http://www.myspace.com/thefabriziofedeletrio
http://www.myspace.com/cellarstudiohomerecording
http://www.myspace.com/themichelangelotrio
A marzo, nel corso della presentazione di “Prog Family”, ho ascoltato Lino Vairetti dire che i musicisti dei nuovi Osanna incarnavano il vero spirito prog, quello che lui cercava.Cosa vuol dire per te, musicista anagraficamente lontano dalla musica progressiva, ascoltare, suonare e incarnare quella musica di inizio anni 70? Premetto che sfondi una porta aperta. Per me esistono due cardini, inscindibili e imprescindibili, nella musica pop (nell’accezione “popular”) di sempre: Jimi Hendrix e The Beatles. Quindi quel sound, quelle sonorità chitarristiche e non solo mi affascinano da sempre. Se ascolti Tomorrow Never Knows dei Beatles, su Revolver del ’66, capirai a pieno di cosa parlo. Il suono della band, il drumming di Ringo Star… sublimi!
Leggendo le note biografiche Fabrizio Fedele appare come un soggetto iperattivo, che spazia dalla musica alla scrittura, tra differenti gruppi e lavori diversi. Cosa pensi della mia banale teoria che il massimo a cui possiamo aspirare è far coincidere il lavoro con le passioni quotidiane? E’ esattamente ciò che faccio: la mia passione è il mio lavoro e viceversa. Qualcuno diceva “se ami il tuo lavoro non lavorerai un solo giorno della tua vita”. Beh, approvo in pieno. Tutti i progetti in cui m’immergo sono quasi sempre progetti “d’amore”.
Mi spieghi quale tipo di equilibrio occorre cercare in un gruppo quando dei giovani, seppur talentuosi, devono relazionarsi con mostri sacri della musica italiana e internazionale? Ah, saperlo! La chimica degli elementi (quelli della band, dico) è fondamentale. Sono profondamente convinto che la musica nasca e si faccia prima di salire sul palco. Se non c’è alchimia tra gli stessi componenti della band credo non accadrà mai nulla di veramente magico su nessun palco. Poi, il talento e la creatività fanno il resto.
Poter vivere di musica, di questi tempi, può anche voler dire scendere a importanti compromessi. Ti è mai capitato di avere preso una decisione esclusivamente “commerciale”, di cui poi ti sei pentito? Mai! Ecco perché non ho una lira (rido profondamente).
Suonare in un gruppo importante e realizzare un tuo album personale, credo siano cose che in maniera diversa diano enormi soddisfazioni. Ma qual è il vero sogno di Fabrizio Fedele? Continuare a vivere di musica! Per sempre!
”Brotherhood of the Wine” è la tua ultima opera. Cosa rappresenta per te: una continuazione, una maturazione, una novità? A questo non so rispondere. Ma forse è un po’ tutte e tre le cose che hai appena detto. Credo però sia più giusto che rispondano i fruitori attenti a questo. Io mi sento lo stesso di sempre. Scrivo, compongo, registro e lo faccio cercando di cesellare tassello per tassello affinché il lavoro sia perfetto almeno alle mie orecchie esigenti. Quello che poi ne viene fuori è semplicemente musica…
Credo che le canzoni, i racconti e le poesie, richiedano momenti differenti di ispirazione, e anche il tipo di concentrazione sia di diversa natura. Qual è la tua esperienza in proposito? Stati d’animo. E voglia di raccontare. Agitare bene prima dell’uso… et voilà!
Qual è il ricordo più bello, musicalmente parlando della tua storia musicale? Tutte le sante volte che salgo su di un palco. E il prossimo sarà ancora più bello… almeno me lo auguro!
Riesci ad avere una sorta di separazione tra lavoro e vita privata? Questo dovresti chiederlo a mia moglie. A parte gli scherzi, è veramente difficile scindere le due cose. I miei migliori amici sono musicisti, giornalisti musicali, scrittori. Mia moglie danza e ama fotografare rock shows (la maggior parte dei miei scatti sono opera sua, lo stesso Lino Vairetti ne sa qualcosa). Per cui anche nella vita privata è difficile che non si parli di “lavoro”.
Cosa regala Napoli a un musicista, qualunque sia la musica che lo appassiona? Il background formativo. La grinta. E soprattutto la voglia di lasciarla. Quando nasci in una metropoli difficile come la mia devi imparare a difenderti. Io lo faccio con la mia strato e i miei ampli valvolari sparati a tutto volume.
Ed è proprio una leggera variazione del titolo originale di questo libro a dare il nome al quarto album di FABRIZIO FEDELE, Brotherhood of the Wine. Il trentottenne musicista napoletano - chitarrista, compositore, autore di colonne sonore e scrittore – giunge al suo quarto capitolo discografico completando idealmente il percorso affrontato con i precedenti THE INVISIBLE PART OF ME, IF I HAD MECHANICHAL WINGS e GLUE.
Il disco è stato prodotto e registrato dallo stesso Fedele presso il suo Cellar Studio, mentre il mastering è stato affidato a Steve Fallone del prestigioso studio statunitense Sterling Sound di New York. Otto tracce composte dal chitarrista e tre riletture d’autore, Bella del leggendario Carlos Santana e gli strumentali Variazione VI e Variazione VI (reprise) firmata negli anni Settanta dal Premio Oscar Luis Bacalov e dagli Osanna, formazione di cui Fedele è oggi chitarrista ufficiale.
Ed è proprio la voce di Lino Vairetti, frontman storico degli Osanna, nel brano Danzami negli Occhi, composto da Fabrizio Fedele ad aprire Brotherhood of the Wine: lo stesso brano è poi riproposto con un testo in lingua inglese – The Patchwork Lion – nell’intepretazione vocale di Fedele come ultima traccia del disco.
Pubblicato dall’etichetta Afrakà e distribuito dalla BTF, Brotherhood of the Wine è un disco ambizioso sotto il profilo sonoro e compositivo, impreziosito da una bella copertina e da un delicato artwork dell’artista Lucia Franciosa. Questi i musicisti che hanno preso parte alla lavorazione del disco: IRVIN VAIRETTI e SOPHYA BACCINI (backup vocals), SIMONA COSCIA FEDELE (french vocal), NELLO D’ANNA (electric bass), FABIO CENTURIONE (violoncello), ADRIAN EVANGELISTA (glass percussion / Hammond organ), ENZO VACCA (electric bass), PINO CICCARELLI (saxophone), MARCO CALIGIURI (drums), SASA’ PRIORE (Hammond organ / Rhodes piano) e i due compnenti del FABRIZIO FEDELE TRIO SERGIO SCALETTI e PINO REGA (coautore del brano Rush of Blood).
sabato 5 dicembre 2009
venerdì 4 dicembre 2009
Chris Thile
Il giovanissimo mandolinista americano Chris Thile costituisce in questo senso una piacevole eccezione.
Provate un po’ a immaginare la scena: il piccolo Christopher Scott Thile alla tenera età di due anni viene portato da mamma e papà in una di quelle pizzerie americane con la band che suona dal vivo in sottofondo musica bluegrass. Il piccolo Chris osserva e sente suonare il mandolinista della band, John Moore e…ad onta dell’età il pargolo prende la decisione della sua vita: il mandolino sarebbe stato per sempre il suo compagno inseparabile.
Sogni di un bambino? Niente affatto! Invece di chiedere trenini e costruzioni, il piccolo Chris desidera, vuole, pretende un mandolino.
All’età di cinque anni i genitori, esausti per le continue richieste del piccolo Chris, decidono finalmente di accontentarlo, e gli regalano il tanto agognato strumento: da allora in poi non vi è stato un solo giorno in cui Chris Thile non sia stato con il mandolino tra le mani. E i risultati si iniziano ben presto a vedere: all’età di otto anni si affiancano a questa giovane promessa i coetanei Sara Watkins al fiddle e Sean Watkins alla chitarra: è la nascita del gruppo Nickel Creek. A 12 anni Chris viene scritturato dalla Sugar Hill Records, ed il suo primo album, Leading Off, desta grande scalpore nell’universo dei mandolinisti americani. La musica dei Nickel Creek è stata descritta con toni iperbolici dal New York Times, e il TIME Magazine si è spinto a parlare di Chris, Sara e Sean in termini di “Music Innovators for the Millennium”.
Oggi Chris Thile non è più considerato semplicemente un bambino prodigio, e il suo nome figura a ragione tra i grandi del mandolino mondiale, a prescindere dai generi musicali. Se infatti è vero che la sua origine è ragionevolmente da collocare nella bluegrass music, è innegabile che nella sua musica siano presenti le più svariate influenze, dal jazz al rock alla musica classica, con una sostanziale vena “celtic”, nettamente percepibile del resto anche nelle incisioni con i Nickel Creek.
“Cerco sempre di migliorare la mia conoscenza della tastiera, di impadronirmene sempre meglio da un punto di vista tecnico. Da questo punto di vista i miei modelli sono i pianisti e i violinisti classici e i sassofonisti jazz. Alla base della mia filosofia musicale vi è il continuo miglioramento, non tanto da un punto di vista tecnico, ma in funzione di una migliore espressione delle mie tendenze artistiche. A chi mi chiede quali siano le mie influenze musicali, posso mostrare la musica che ascolto in macchina: Pat Metheny, J.S. Bach, Radiohead, Bela Fleck…”
giovedì 3 dicembre 2009
Walter Trout
Walter Trout è un noto chitarrista blues nato nel New Jersey intorno al 1951.
Inizia la sua carriera musicale sul finire del 1960, e da giovanissimo milita nella band di Bruce Springsteen.
Ma la svolta decisiva avviene nei Blues Breakers di John Mayall, dove spesso è accompagnato da un altro mostro della chitarra blues virtuosa ma mai fredda, Coco Montoya.
Suona nella band di Mayall dal 1981 al 1989, senza incider alcun album.
Il suo stile è riconoscibile da subito, visto il suo virtuosismo, ma anche il suo sentimento da classico chitarrista blues.
Trout è anche autore di album particolarmente riusciti come ad esempio il suo debutto, Life in The Jungle, del 90, un bel mix di rockblues, in cui si avverte chiaramente l’influenza e la mano del maestro Mayall, su un artista ormai completo giunto alla maturità artistica.
Da ascoltare il Live: Trout Live del 2000.
Walter Trout Band
* 1990 Life In The Jungle (re-released in USA in 2002)
* 1990 Prisoner of a Dream
* 1992 Transition
* 1992 No More Fish Jokes (live)
* 1994 Tellin’ Stories
* 1995 Breaking The Rules
* 1997 Positively Beale St.
lunedì 30 novembre 2009
ELP Tribute Project
Il 2 Luglio 2007 ELP Tribute Project ottiene un grosso spot sulla TV RAI TRE all’interno del TGR con un servizio che è seguito da 600.000 persone nel Nord Italia e che mostra una parte del loro concerto/Evento Unico tenutosi il 9 Giugno 2007 nella Basilica Consacrata di Lorenteggio (MI). Per la prima volta sull’altare dopo la Messa, un gruppo Rock suona in luogo sacro un Tributo a Emerson, Lake & Palmer!!! La Chiesa è gremita anche di fans storici che videro ELP nel Maggio 1973 al Velodromo Vigorelli di Milano, che escono entusiasti dal concerto dicendo che il tributo è perfetto nei suoni vintage, nell’amalgama e nella voce che ricorda molto Greg Lake nel suo splendore degli anni 70.
Oltre ad una serie fortunata di concerti e partecipazioni ai festival in Italia, ELP Tribute Project s’imbarca in un Tour Europeo a Novembre 2008 u.s. sotto il Management dei famosi “The Musical Box” (il tributo ufficiale dei Genesis). Il Tour è per celebrare il 35° Anniversario del capolavoro “Brain Salad Surgery” che usciva neanche a farlo apposta il Novembre 1973! La band ripercorre le stesse nazioni che videro i veri ELP protagonisti nel 73! (Holland, Germany, Belgium, Netherlands, Switzerland and Germany again)!
Il Tour si chiude il 21 Marzo 2009 u.s. nel prestigioso e storico (‘68) Cinema Politeama di Varese dove 400 fans di ELP arrivano da molte città italiane per assistere allo “SHOW THAT NEVER ENDS”. A Varese arrivano da: Ravenna, Carpi, Modena, Padova, Crema, Seveso, Milano, Bergamo, Novara, Cantù, ect.)
I fans degli ELP sono avvisati: allacciate le cinture, la nostra macchina del tempo vi catapulterà direttamente indietro al 1972!! Lunga Vita al Prog!
Il 27 Ottobre 2009 u.s. ELP Tribute Project viene invitato a suonare per un evento Unico al mondo a Hamburg: La famosa Hamburger Symphoniker Orchestra li vuole per un concerto al loro fianco per far conoscere al pubblico della stagione Sinfonica il forte analogismo tra la musica classica e il Rock Progressive degli anni 70 nato in Inghilterra.
Gli ELP Tribute Project eseguono “Knife Edge” arrangiato dal primo movimento della Sinfonietta di Leos Janàcek. Poi, dopo la versione classica orchestrale, il grande finale tutti insieme: ELP + Orchestra (60 elementi!) –esattamente lo stesso numero di orchestrali al seguito dei veri ELP nel WORKS Orchestral Tour del 1977 a Montreal!- eseguono la suite di Modest Mussorgsky “Pictures At An Exhibition”!
Alla fine di “The Great Gates of Kiev” è l’apoteosi! Nella prestigiosa Laeiszhalle Music Hall di Amburgo le 2000 persone presenti (Sold-Out!) si alzano in piedi per una standing Ovation con oltre 3 minuti di applausi continuati a scena aperta….
E’ la consacrazione ufficiale per ELP Tribute Project in Europa, nella città che vide i Beatles muovere i primi passi della loro stellare carriera.
giovedì 26 novembre 2009
Convention "tullica" a Alba
Sabato 21 novembre ho assistito alla mia terza Convention dal profumo “Jethro Tull”.
Gli organizzatori di Novi Ligure e Alessandria (cito gli eventi a cui ho partecipato), si trasformano in collaboratori, e il pallino passa nelle mani di “Jethro’s Friends”, cioè gli amici di Alba, che costituiscono un gruppo importante e attivo, amante della musica di Ian Anderson e soci, e capace di preparare eventi di grande rilievo.
Conosco personalmente Felice Prunotto e Franco Gastaldi, ma credo che il tutto funzioni per effetto di un gruppo di lavoro di buona efficienza e tenacia.
Contrariamente a quanto accaduto nelle precedenti occasioni, non potrò soffermarmi sui dettagli “hors” concerto, sull’atmosfera e sui piccoli episodi che rendono una Convention una manifestazione speciale. Impegni personali hanno fatto sì che io arrivassi solo all’ultimo momento (lo scorso anno, ad Alessandria, ero sul posto un giorno prima) e credo di aver perso il vero sapore della serata ( e di quella precedente). Provo a spiegarmi. Chiunque si fosse trovato per caso ad Alba, sabato scorso, avrebbe potuto dire, a posteriori, di aver assistito a un grande concerto. Ma la Convention è molto di più … è vivere insieme a vecchi amici, è conoscerne di nuovi, è avvicinare gli artisti e scambiare con loro quattro chiacchiere, è fare fotografie, richiedere autografi e familiarizzare con chiunque, nel magico nome dei Jethro Tull. In quelle occasioni si azzerano gli spazi esistenti tra “vite normali” e miti viventi, tra onesti lavoratori e animali da palcoscenico.
Mi è capitato spesso negli ultimi tempi di trovarmi in queste situazioni ideali, ma in questa occasione specifica mi è mancata “l’immersione totale”, che non potrò quindi descrivere. Beh, a dire il vero, quando sono entrato nel circolo adiacente il teatro, e ho trovato una tavolata piena di…Fairport Convention, di Clive Bunker, di Mcshee’s … ho pensato che non era poi una cena così comune!!! Insomma, figure che ero abituato a vedere sfumate nei vinili, erano li accanto a me!
Ma veniamo alla musica. Il piatto forte erano in Fairport Convention, carichi di storia tullica, con Dave Pegg e Jerry Conway in formazione. A completamento la presenza dell’immancabile Clive Bunker, della “Pentangle” Jacqui Mcshee’s (moglie di Conway), di Phil Hilborne(non molto tullico, in verità, ma chitarrista di valore)e della Beggar’s Farm di Franco Taulino.
Era prevista la performance di Barriemore Barlowe, ma un impegno dell’ultimo momento ne ha impedito l’arrivo. In realtà ho captato che nelle speranza degli organizzatori c’era il colpo a sorpresa, difficile da realizzare e quindi tenuto nascosto(forse per scaramanzia):Ian Anderson.Ho più volte scritto che un raduno dei fan poteva prescindere dalla presenza del “re” Ian, tra l’altro il meno disponibile di tutti. Ritornandoci su, e giudicando da esterno un po’ introdotto, direi che avere LUI in zona è estremamente impegnativo e condizionante, e anche quando non lo si vede sul palco si ha l’impressione che tutto sia sottoposto al suo giudizio, e quindi si è”pressati” da una sorta di tensione positiva. Ma è ovviamente solo una mia impressione.
Le differenti performance sono state precedute dai filmati realizzati da Wazza Kanazza, che hanno ricordato la scomparsa di John Glascock, mancato trenta anni fa, il 17 novembre 1979, a soli 28 anni. Nel corso della rappresentazione, Aldo Tagliaferro, il presidente di “Itullians” esporrà il basso di John, a completamento della commemorazione.
E’ stata anche una serata con lo sguardo rivolto ai più bisognosi, e il ricavato netto è stato devoluto ad associazioni benefiche.
E poi... l’ospite a sorpresa.
Nel corso della prima parte, dedicata ai Fairport, Peppe Leone viene chiamato sul palco.
Non lo conosco, ma incanta tutti per il modo in cui suona il tamburello e a serata inoltrata, quando arriva il momento dell’assolo di Clive Bunker, Peppe è presente, e le percussioni si dividono in due.
Vediamo come nasce la collaborazione(riporto fedelmente come mi è stata raccontata).
“Peppe "Peppino" Leone era per una casualità presente il venerdì sera, prima della Convention, a cena nello stesso ristorante in cui si trovava Dave Pegg e i F.C. Peppino ha improvvisato al tamburello (il suo strumento) con loro, dopo la cena, e i Fairport si sono letteralmente innamorati di lui e lo hanno invitato a suonare con loro a Alba la sera dopo. Peppino suona il tamburello come nemmeno gli stessi Fairport avevano mai visto suonare, e pare che nemmeno Clive abbia mai visto fare cose simili e ha chiesto al giovane tamburellista di partecipare assolutamente ai suoi prossimi "clinic" in italia! Una vera folgorazione per musicisti abituati a suonare da più di 40 anni su tutti i palchi del mondo!”
“Trovarsi al posto giusto al momento giusto” è una perla di saggezza di cui si sente sempre parlare, e … come possiamo definire la situazione in cui un ragazzo qualunque, magari abituato a piccoli spazi musicale, si trova a suonare con chi ha fatto la storia della ”nostra” musica?
I Fairport sono stati straordinari. Conoscevo la loro musica attraverso i loro album e i loro DVD, ma vederli a due metri di distanza è stato davvero emozionante. I duetti tra Ric Sanders e Chris Leslie sono stati per me i momenti di massimo spettacolo, e i passaggi di Simon Nicol, supportati dall’immenso Dave Pegg e dal preciso e instancabile Gerry Conway, mi hanno fatto passare momenti indimenticabili.
E che dire della fantastica e inossidabile voce di Jacqui Mcshee’s?!
Un solo brano per Phil Hilborne, il più rochettaro di tutti, e poi la Beggars’ con Bunker, nel solito vincente mix di artisti a cui Taulino e soci ci hanno abituato. Tanto “Jethro” , con brani che Ian dal vivo non propone più, e pubblico davvero contento.
La mia soddisfazione supplementare è quella di aver potuto scambiare quattro chiacchiere con Sanders e avergli strappato la promessa di un’intervista.
Ho rivisto molti amici, ho sentito la “mia musica”, ho passato un’altra serata indimenticabile.
Sulle facce dei “nuovi organizzatori” ho visto un po’ di giusta stanchezza, ma anche tanta soddisfazione.
Certi avvenimenti partono da lontano e quando il sipario si chiude e ci si può sedere la fatica viene pareggiata dal risultato dell’evento, se positivo.
Un mio plauso personale a “Jethro’s Friends”, e a tutte quelle persone che hanno contribuito alla realizzazione di questa particolarissima giornata, che ancora una volta rimarrà nel cuore e nella mente di noi ammalati di musica.