Prog Rock,
Psychedelic Rock, Minimal, Classic Rock
“Questo lavoro è influenzato da Mike
Oldfieldf, Steve Reich e Robert Fripp…”
Con questa chiosa il musicista tedesco Gerd Weyhingmi ha
incuriosito, un artista che non conoscevo e di cui si possono leggere le note
biografiche nell’ultima parte di articolo.
Dal momento che Weyhing afferma di non aver mai ricevuto commenti
al suo lavoro in lingua italiana, presumo che sia sconosciuto al grande
pubblico nostrano e quindi, avendone la possibilità, propongo anche l’ascolto
dell’album costituito da tre lunghi brani, la cui somma temporale raggiunge i 67
minuti. Notevole.
“SubTerraMachIneA”
è un album totalmente strumentale, e quindi risulta prezioso il breve commento
dell’autore che, per ogni brano, giustifica il titolo e ci regala l’ispirazione
creativa, tra fatti concreti e allegorie.
Va da sé che l’interpretazione soggettiva del fruitore
esterno resta sacra e rappresenta uno degli obiettivi da raggiungere, ma
conoscere l’opinione di chi ha visto/sentito scoccare la scintilla può condurre
ad una stimolante comparazione di stati d’animo.
La musica di Gerd Weyhing è… avvolgente, o almeno lo è quella
che delinea questo progetto - l’unico al momento da me conosciuto -, un disco che
ha avuto una lunga gestazione, iniziato nel novembre del 2013 e terminato nel
dicembre del 2018.
La lezione dei maestri a cui Weyhing fa riferimento ad inizio
articolo si dipana nel corso del primo giro di giostra, e mette in evidenza la forte
necessità di minimalismo espositivo che si nutre di know how elettronico e di
gioco spinto della ripetizione, un utilizzo di loop e soluzioni ripetute che sposano
le atmosfere ambient che immagino siano figlie dei luoghi e delle situazioni in
cui l’autore è nato e cresciuto, spazi che forniscono spunti che, ne sono
certo, trascendono la materia.
Dopo aver letto la sua biografia mi sono fatto l’idea che il
tipo di cultura di Weyhing abbia trovato consolidamento attraverso esperienze
trasversali e approfondite, non focalizzate su un solo aspetto, e quando si
possiede il talento e lo studio per poter spaziare a piacimento, spesso la soluzione
è a portata di mano, un “Rasoio di Occam” che porta ad una rapida selezione,
quella che indirizza verso la via più semplice, quella in cui ci si trova maggiormente
a proprio agio.
Il disco mi piace, ho apprezzato la genuinità e lo sforzo di
ricerca, e il fare riferimento alle conoscenze pregresse non significa copiare
ma, ed è questo un caso limpido, trarre indicazioni per migliorarsi.
Devo anche dire che le parole di Weyhing legate ad ogni
singolo brano mi hanno permesso di trovare con lui una buona sintonia, e il suo
racconto è diventato improvvisamente il mio.
Ma credo che “SubTerraMachIneA” potrebbe colpire d’istinto,
senza alcuna delucidazione.
Lo propongo quindi in toto, per condividere con il potenziale
lettore una musica che non può lasciare indifferente.
In una scala da 1 a 10, il mio gradimento personale determina
un bell’8, ma è possibile che successivi ascolti possano migliorare il mio
giudizio.
Ecco cosa mi ha detto Gerd Weyhing a proposito delle tracce
dell’album…
The Tree
<<"L'albero" da cui ho tratto ispirazione
è una quercia gigante di circa 300 anni, martoriata nel 1994 in modo da farla
morire lentamente, perché metà dei vasi che servono per il trasporto dell’acqua,
dalle radici verso l'alto, furono tagliate consciamente, da qualcuno che sapeva
quello che stava facendo. Alla fine, nel 2011, l’albero è morto, mai suoi resti
sono ancora lì a ricordare un atto deprecabile.Nessuno ha mai scoperto chi abbia compiuto tale gesto e il perché.>>
Clockwork for
Uncertain Times
<<“Clockwork for Uncertain Times” è un orologio
incerto, a volte più grande e a volte più piccolo della vita stessa - almeno come
la immaginiamo - un percorso di cui il
misuratore del tempo diventa metafora.>>
Silence and
Ecstasy
<<Un'altra immagine che si abbina alle normali
storie quotidiane è “Silence and Ecstasy”, che descrive un percorso di mountain
bike di circa 30 km condensato in musica. La salita costante porta all’obiettivo
iniziale - un punto di vista privilegiato che sovrasta gli elementi sottostanti
-, ma subito dopo arriva una rapida discesa, con curve inaspettate, e poi un’altra
ascensione, che riconduce al punto di partenza, ma non è detto… l’approdo non è
poi così scontato!>>
Un po' di
storia dell’autore
Gerd Weyhing è un
compositore e musicista tedesco che si muove in area Progressive Rock e
Ambient, descrivendo paesaggi sonori attraverso la musica elettronica.
Vive e lavora inun piccolo e
tranquillo villaggio in Germania, Palatinate Forest, in una regione di bassa
montagna situata nella Renania, in una sorta di parco naturale.
Fin dalla prima infanzia si
appassiona a vari strumenti,tra cui la fisarmonica, il clarinetto e l’organo.
Inizia a suonarela chitarra all'età di 14 anni e dal quel momento non si separa più
dallo strumento.
Recentemente si è spinto verso
la 12 corde arrivando a qualcosa simile al Chapman Stick, ed ha anche perlustrato
il mondo delle percussioni.
Le sue ispirazioni includono i
Beatles, Mike Oldfield, King Crimson, Gentle Giant, Genesis, Magma, Hedningarna,
Klaus Schulze, Steve
Reich, Nik Bärtsch's Ronin, e recentemente si è avvicinato al Progressive
Rock italiano degli anni '70.
All’età di diciotto anni incomincia
a comporre pezzi lunghi e complessi, conritmi e metriche insolite, come"Sutherland",
suddiviso in 4 parti, la cui registrazione iniziò nel 2013.
Mentre si trovava nelle
Highlands scozzesi conobbe Morris Pert (Brand X) che viveva in quel luogo, e con
lui realizzò lunghe sessioni musicali, purtroppo mai registrate.
Negli anni '90 è stato
chitarrista, cantante e scrittore nella band progessive "Brightness
Falls", dal nome di una canzonedi Robert Fripp e David Sylvian. La band si
sciolse dopo pochi anni e i “resti” formarono i “B4 Sunrise" (Reinhold
Kromimer, Wolfgang Bechtluft e Michael Bràckner ecc.).
Dopo aver cercato per molti
anni di trovare un modo convincente di fare musica dal vivo come solista, scopre
il softwareAbleton
Live, e da un paio d'anni è in grado di realizzarsi in forma autarchica,
suonando la chitarra con alcuni effetti dispositivi (loop, delate,ecc.) insieme
a ciò che il software ha da offrire, gestendo l'arte di fondere sempre meglio
il Guitar World e laElettronica.
Con questo concetto, a partire
dal 2012, ha iniziato a suonare dal vivo molto più spesso, soprattutto in
Germania.
Il suo CD "The Hidden Symmetry",
registrato dal vivo nel dicembre 2011,è stato accolto bene dalla critica mentre
il doppio CD “Journeys to Imposible Places" propone le migliori
registrazioni dal vivo del 2013.
Gerd Weyhing raggiunge il
terzo posto nella categoria "Nuove scoperte 2013" alle Schallwelle
Award Elections.
Un ritorno alle radici fatto
di composizioni strumentali lunghe e complesse, lo conduce al Prog-Rock-Album “SubTerraMachIneA”(2018).
Al momento Weyhing sta lavorando
su un complesso setup live strumentale di 67 minuti (la durata dell’album), e su
alcune tracce influenzate dal prog italiano, e sta componendo nuova musica nei
settori di Minimal, Electronics e Progressive Rock.
Saranno molti i musicisti che
lo aiuteranno nel percorso!
Nonostante l’indubbia
bravura, la band Era di Acquariovenne
relegata a entità marginale, ottima per i Festival Pop, ma poco utile alla
commercializzazione.
Mi riferisco ad un trio
palermitano, uno dei pochi gruppi importanti provenienti dalla Sicilia, cheprodusse solo un album che, nonostante il titolo,
"Antologia", non è una raccolta di brani già
conosciuti, ma di inediti.
L'album può essere una
delusione per gli appassionati di prog, essendo quasi completamente basato su
chitarra acustica e flauto che creano ballate e atmosfere soft, come
nell'etereo strumentale "Campagne siciliane". Un commento
autorevole riporta che…
Una vera
e propria "antologia" di sonorità che ancora oggi non solo stupisce
la critica internazionale, ma viene addirittura paragonata ai lavori di grandi
gruppi quali Crosby Stills Nash & Young, Buffalo Springfield e Chicago
(fonte: progarchives.com).
I 10 brani sono brevi
(la lunghezza del disco è di circa 29 minuti) e le uniche eccezioni allo stile
prevalente sono le più tirate "Padre mio" e "Geraldine",
con un suono più rock e voce in falsetto alla New Trolls.
Prima dell'LP il
gruppo aveva prodotto due 45 giri, il primo dei quali," Geraldine/Arabesque"
ha un suono piuttosto aggressivo con un potente basso in evidenza.
Il gruppo ha qui una
formazione a tre con chitarra, basso e batteria sullo stile dei più famosi
"power trio" inglesi, e la formazione era diversa da quella dell'LP,
con Gianni Garofalo (chitarra, flauto) poi sostituito da Angelo
Giordano.
Il secondo singolo,
"Hold on", è un brano di rock piuttosto classico cantato in
inglese, mentre "Campagne siciliane" è una dolce ballata
acustica costruita su flauto e chitarra 12 corde, con uno stile più vicino a
quello dell'album.
Come già sottolineato,
il gruppo fu molto attivo dal vivo, ma l’impossibilità di rilasciare un secondo
album già pronto - che venne preparato allargando la formazione - portò allo
scioglimento della band.
L’album “Antologia”
venne originariamente pubblicato nel 1973. Vi furono in seguito due ristampe in
CD: una dalla BMG nel 1995 e una dalla Sony nel 2011.
TREMENDOUS è il nome di una giovane band di Birmingham formata
da Mark Dudzinski (chitarra/voce), Ryan Jee (basso) e Dave Lee
(batteria).
Per la metà di maggio è prevista l’uscita
del loro album di esordio, "Relentless",anticipato da un paio di video che fanno riferimento
al progetto, e che presento a seguire.
Qualche curiosità sulla band, partendo
proprio dal nome che trova spunto dal tormentone creato dal comico americano/cubano
Joey Diaz, diventando slogan e brand del gruppo (https://www.youtube.com/watch?v=0aoCoIqO0nU).
I tre musicisti si incontrano nel
2011, ma iniziano a creare musica solo nel 2018, influenzati dal passato, quello
che riporta ai T. Rex, David Bowie, Slade, Mott The Hoople, The Sweet ecc., cioè
quello che nei seventies abbiamo imparato a chiamare “Glam Rock “che, tra Regno
Unito e grandi città statunitensi - New York e Detroit -, abbinava musica “dura”
ad un look curato e vistoso.
Quindi parliamo di una fotografia
sonora che dal passato ritorna ai giorni nostri, con un po' di giusta “ruvidità”
musicale mista a momenti delicati caratterizzati dalla melodia.
Anche i temi che propongono non
calcano la mano, presentando quella “leggerezza” che fugge dal sociale e dall’impegno
che ne deriva, preferendo ricercare la sollecitazione istintiva, quella che
colpisce la sfera meno razionale.
Ho ascoltato in anteprima "Relentless",
album dedicato ad un amico di Mark, il compianto Adrian Millar -
deceduto nel 2006 -, manager dei britannici The Babys e noto per il suo lavoro
con i Black Sabbath.
L'album, costituito da dieci tracce
(circa 27 minuti in totale), è stato registrato in vari studi tra Londra,
Birmingham e la Svezia, con un produttore importante come Gavin Monaghan (Kings
Of Leon, Robert Plant, Grace Jones).
Si parte con “Like Dreamers Do”
e tutti si chiarisce: lo sviluppo di una trama su cui predomina la melodia viene
inciso dal fraseggio solista della chitarra sapientemente utilizzata da Dudzinski,
e si materializza la colonna sonora di una scena adolescenziale che sa di
antico, perché i “dreamers” esistevano ieri come oggi… fortunatamente.
“Open For Closing” mette in
evidenza le qualità canore del leader, ma la coralità vocale riporta ancora
indietro nel tempo, con semplicità ed efficacia. In altra epoca sarebbe stata
sicuramente una hit!
L’inizio acustico di “Bag Of Nails”
può trarre in inganno… per pochi secondi, quelli che servono a liberare l’energia
e a dare un segnale di britpop che si spinge verso tempi musicalmente più
recenti.
“Rock n' Roll Satellite” è il brano più lungo dell’album e propone
una certa “durezza” che trova mitigazione nell’atmosfera sognante e rassicurante,
tipica canzone da “back to the past”.
“Daniela” fa presagire una ballad sdolcinata, ma è un
titolo che porta fuoristrada, perché in realtà siamo in pieno periodo punk… e
qui si mette in mostra la sezione ritmica formata da Jee e Lee.
“Take A Good Look At My Good” colpisce immediatamente per certe sonorità che
riportano la mente e il cuore alle trame di Lou Reed. E certe cose toccano e
fanno male!
“Heart Sinker” è il pezzo utilizzato come ultimo avvicinamento
al rilascio del disco, carico di ritmo e molto vicino al Bryan Adams anni ’90,
ma ci si può fare un’idea ascoltandolo direttamente: https://www.youtube.com/watch?v=Kn3o6phuRWQ
“Fightin' To Lose” è rock allo stato puro, ma gli aspetti vocali
indirizzano ad un modus espositivo molto “Green Day”, e garantiscono una certa
modernità.
“Hell Is Only A Blessing Away” mi suona come un’altra sicura hit, una di
quelle produzioni che tanto sarebbero piaciute al Bowie dei giorni migliori.
A conclusione la distopica “Copycat
Killer”, rock & roll molto più tradizionale e di immediato ricordo… probabilmente
un tormentone subito dopo il primo ascolto!
Un buon album di debutto per una band
che, partendo da elementi storici, inventa una certa freschezza, facendosi tramite
di quella voce giovanile che non si lascia condizionare dalla moda del momento,
ma preferisce creare e proporre ciò che più ama, non tenendo conto dei paletti
temporali che nel frattempo si sono issati.
"Relentless" uscirà il 15
maggio su tutte le piattaforme digitali.
FRANCESCO PALADINO - “DE MUSICA ET IN
FUNGORUM EFFECTS”
Elaborare un commento, questa volta, mi appare problematico.
Il motivo della mia dichiarata titubanza è che vorrei esaltare il lavoro di cui
mi appresto a parlare, e per farlo adeguatamente dovrei/vorrei passare
attraverso storie obiettive e sentimenti personali, il tutto condito da voci e
immagini, e una analisi spinta potrebbe trasformarsi in lunga esposizione.
Però… questo è un caso in cui l’approfondimento appare più che mai necessario -
a costo di dilungarsi - nella speranza di riuscire a passare un po’ di sana eccitazione,
quella che ho provato nel captare frammenti di passato agganciati ad una certa
contemporaneità, con il risultato che, tra ricerche a ritroso e ascolto del
presente, ho accumulato un grande “bagaglio da riflessione”, che non si
esaurisce nell’immediato, e che, me lo sento, avrà un seguito importante.
Sono piacevolmente abituato alle proposte “alternative” di Franceso Paladino-
piacentino, avvocato, filmaker, musicista…-, lavori che perlustrano qualsiasi
territorio possa essere abbinato al concetto di arte, ma questa volta credo
abbia toccato un punto elevatissimo con la sua “Opera coreografica minima
in due atti”, intitolata “DE MUSICA ET IN
FUNGORUM EFFECTS”.
A seguire propongo l’intervista che ho realizzato con
l’autore, come sempre atto importante per la proposizione del punto di vista
più qualificato possibile, ma appare necessario delineare in primis la storia e
i personaggi che Paladino pone sulla scena.
Incominciamo col definire sinteticamente che il “DE MUSICA” da
cui si parte è un'opera in sei libri di Agostino d'Ippona (Sant’Agostino),
un trattato terminato nel 389, scritto sotto forma di dialogo fra maestro e
discepolo, focalizzato sull’investigazione della fenomenologia musicale, “progetto”
che nacque dall’esigenza - tra il filosofico e il materialistico - di porre il
focus sulle arti liberali.
Nel viaggio fantasioso di Paladino, il maestro Agostino
incontra un discepolo importante vissuto in tempi recenti, quel John Cage
la cui opera è ritenuta centrale per l'evoluzione della musica contemporanea.
Due parole su Cage, americano, vissuto tra il 1912 e il 1992:
compositore e teorico musicale, sperimentatore della musica elettronica, sfruttò
l’avvento del nastro magnetico per dare sfogo alle proprie soluzioni
alternative. Il pubblico e i musicisti coevi, il più delle volte, hanno avuto
un atteggiamento ostile nei suoi confronti, non riuscendo a comprendere le sue
performance sperimentali, ma il tempo gli ha restituito i riconoscimenti che
meritava.
Paladino annulla le coordinate spazio/tempo e produce un
dialogo tra i due “illuminati” basato sulla musica e su tutto quanto la
circondi, soffermandosi su come essa sia misura del tempo, disquisendo sul
silenzio, l’imitazione, sul ritmo, sulla ragione, sullo spirito e la scienza.
Immaginiamo “John Cage seduto a un tavolo di legno antico.
Sant’Agostino sta guardando il tramonto da una finestra della torre, in piedi.
Entra una luce di fine giornata arancione. Si gira e guarda John, che è
imperturbabile e non sembra accorgersene”.
La caratteristica dello scambio di battute è che i due
protagonisti - nell’esigenza di conservare un pensiero personale che non sia
condizionabile dall’interlocutore - sembra mantengano ognuno una linea guida
non completamente agganciata alla ratio che un dialogo richiederebbe, un “non
perdere il proprio filo” nel corso della discussione, aspetto su cui interviene
icasticamente l’autore nell’intervista a seguire.
La voce di Agostino è quella di Juri Camisasca, mentre il
discepolo risponde con la vera voce, estrapolata dalle sue innumerevoli
conferenze. Si crea quindi nel Primo Atto un momento surreale che, oltre a
regalare enormi spunti di riflessione, presenta documenti storici che uniscono
magicamente secoli di vita.
Prendo come esempio il concetto di “silenzio”, argomento caro
a Cage, che si sintetizza in un aneddoto, quello che lo vede in visita alla camera
anecoica dell'università di Harvard, una stanza insonorizzata e acusticamente
trattata, luogo deputato all’"ascolto del silenzio". Ma in quella
situazione Cage riesce a sentire i suoni del suo corpo: il battito del cuore,
il sangue in circolazione. Ciò che ne ricava è la consapevolezza
dell'impossibilità del silenzio assoluto.
Ma la lunga conversazione tra i due ha una finalità che si
sviluppa nel Secondo Atto, quello che trova Cage partecipare a una trasmissione
popolare italiana da tutti conosciuta, “Lascia o Raddoppia?”, un
fatto realmente accaduto che lo vide vincitore di cinque milioni, nel 1959.
“L’allievo Cage”, dopo aver appreso le nozioni di musica dal
suo Maestro, affronta la valle dei non vedenti/non udenti, la Terra, e si
presenta come concorrente a Lascia o Raddoppia?”, in qualità di esperto di funghi (… ET
IN FUNGORUS EFFECTIS).
Anche in questo caso abbiamo frammenti di “realtà vocale” -
John Cage, Mike Bongiorno e la valletta Eddy Compagnoni - ma è soprattutto
Simone Basso che, in vece del Mike nazionale, pone le domande del quiz
utilizzando un modus vocale tra il rock e il blues, tipico dei primi anni
Sessanta italiani.
Leggere e ascoltare diventa davvero coinvolgente!
Ma come mai John Cage andò a “Lascia o Raddoppia?”.
La curiosità mi ha portato ai commenti di quei giorni, legati
soprattutto al personaggio davvero anomalo, che si presenta - e propone a
tratti - la sua “pazza musica”, con esempi che, nella migliore delle ipotesi,
fecero sorridere:
Da “La Stampa” di venerdì 6 febbraio 1959
Prima di affrontare la domanda da 640 mila lire - che ha poi
superato con estrema disinvoltura - John Cage si è esibito in un concertino di
musica sperimentale da lui espressamente composta per i telespettatori
italiani. Il brano, se così si può chiamare, s'intitolava: “Passeggiata
sull'acqua” (Water Walk). Per eseguirlo il fantasioso americano ha usato: un
bollitore, una vaschetta da bagno colma d'acqua, un frullatore, un giocattolo a
forma di pesce, un petardo, un innaffiatoio, una bottiglia di seltz, un mazzo
di rose, un fischietto, un paio di apparecchi radio. Quello che ne è uscito è
facilmente immaginabile.
Video di repertorio registrato in quel periodo
Capibile l’incomprensione dell’epoca verso una musica - e una
tecnica - “del cambiamento” che traeva ispirazione dall'I Ching, il
“Libro dei mutamenti”, il primo dei testi classici cinesi, considerato da
Confucio libro di saggezza, e utilizzato a livello popolare a scopo
divinatorio, e dagli studiosi per approfondire aspetti matematici, filosofici e
fisici.
Ci sono molte storie relative alla sua presenza in Italia in
quel periodo e alla sua partecipazione e vincita alla trasmissione, tutte voci
riportate e quindi non certe, ma quel che è sicuro che il musicista americano,
nonostante fosse già molto conosciuto nel mondo, vivesse in quei giorni uno
stato di precarietà, e i cinque milioni vinti gli permisero il ritorno in
patria e, probabilmente, un minimo di tranquillità economica.
Mike Bongiorno: “Bravissimo, bravo bravo bravo, Bravo
bravissimo, bravo Cage!!! Il signor Cage ci ha dimostrato indubbiamente che se
ne intendeva di funghi!”.
Tutto ciò che ho provato a delineare è racchiuso nei primi
due Cd (della durata di 70:20 + 52:56), contenuti in una sontuosa confezione
che presenta doppio booklet (italiano e inglese) e sette illustrazioni
“trasparenti”, contenenti i dettagli dell’opera (anche questi in doppia lingua)
e una introduzione illuminante di Luca Chino Ferrari. Per quanto riguarda la
parte grafica è evidenziata direttamente dall’autore nel corso dell’intervista.
A completamento dell’opera i due restanti Cd (41:13 + 49:36),
musicali, perché in un progetto denominato “DE MUSICA…” non poteva mancare
l’elemento basico, e iniziano quindi le “variations” di Paladino, che mettono
in campo una serie enorme di collaboratori che elenco a fine articolo.
John Cage: “Penso che la cosa più
tonificante per me sia la musica che… non è stata ancora scritta… voglio
qualcosa che non conosco ancora!”
Francesco Paladino ci regala qualcosa di assolutamente nuovo,
musica che ci trasporta in un ambiente che si disloca lungo il percorso del
nostro vissuto, una conoscenza interiore che va a raccogliere le memorie negli
anfratti della nostra mente, facendo emergere ciò che fa parte dell’inconscio,
realizzando uno dei tanti dream che al risveglio, spesso, ci appaiono
improbabili, per miscelazione di personaggi e accadimenti che sembrano
apparentemente impossibili.
È la musica che permette di realizzare questo viaggio
interiore, un percorso fatto ad occhi aperti, sicuramente influenzato da quanto
vissuto durante la fruizione della prima parte di “DE MUSICA…”.
In tutto questo, provando a riassumere ciò che Paladino mi ha
trasmesso, intravedo, di base, il valore inizialmente preminente della musica
rispetto alla lirica: sia l’una che l’altra brillano di luce propria, ma
l’essenza del concetto di “MUSICA” ha a che fare con gli aspetti sonori.
La Musica, nell’idea di “canzone”, ha un suo alto valore
intrinseco… la lirica potrà raggiungere tale livello solo se di grande qualità.
E quando la bellezza del testo avrà raggiunto la perfetta trama sonora che la
sta aspettando - realizzando quindi il concetto di equilibrio tra i due
elementi -, tutti gli ulteriori contributi “esterni” (arrangiamenti, tecnologia
ecc.) potranno aiutare ad aumentare il livello globale in modo equo, dando
vita ad una entropia musicale che produrrà l’eliminazione della dicotomia tra
suono e parola. E la perfezione sarà molto vicina!
John Cage: “C’era un filosofo tedesco
molto conosciuto, Immanuel Kant, il quale disse che ci sono due cose che non
devono significare nulla, una è la musica, l’altra è la risata. Non devono
significare nulla dal momento che ci danno un piacere profondo!”.
Francesco Paladino realizza un lavoro incredibile che merita la
massima diffusione, e speriamo possa trovare spazi di presentazione adeguati.
Ecco cosa è scaturito dalla nostra conversazione:
Da dove nasce l’idea un progetto così unico, e quanto tempo
hai impiegato per portarlo a compimento? Usare John Cage come discepolo di S.
Agostino, riproponendo il “De Musica”, ma annullando gli spazi temporali che
separano le due figure vissute in tempi diversi, deve avere una logica ben
precisa!
Circa tre anni fa ho scoperto che S. Agostino aveva scritto
un tomo di 10 volumi dedicato alla musica. L’ho reperito e tradotto dal latino;
la “poesia del dire” mi ha fatto venire in mente immediatamente quella usata da
John Cage nelle sue conferenze. “Poesia del dire” lanciata in uno spazio
temporale di centinaia di anni. La cosa mi ha entusiasmato. Ho iniziato a
pensare a un lavoro che potesse in qualche modo raccontare
quell’”incontro-scontro”, nessuno ci aveva mai pensato, ero emozionato a dover
essere io a proporre quella impossibile poesia. Il “De Musica” di Agostino era
strutturato come un dialogo platonico tra maestro e allievo. Ho conservato
questa struttura e ho ritenuto, per un dovere cronologico, che il maestro fosse
S. Agostino e Cage l’allievo. Ho immaginato che Cage potesse usare per le
risposte la sua tecnica casuale, quella poetica dell’I Ching: a ogni domanda di
Agostino, Cage rispondeva con una sua “possibile” risposta, una delle mille
possibili, quella che il caso aveva suggerito. È stato bello vedere affiorare
domande, lanciate nel tempo e che nel silenzio astrale, trovavano una delle
risposte possibili attraverso i sorrisi e le lucide follie di Cage.
Come sei arrivato a congiungere il tutto con un episodio
“vero”, la partecipazione di Cage a “Lascia o raddoppia”, ad inizio ’59!
Ho immaginato che i dialoghi tra S. Agostino e Cage fossero
momenti propedeutici a un fine ben preciso: permettere a Cage di apprendere le
regole e i criteri validi per la musica ma validi anche per la vita, quelli
adatti per potersi presentare al nostro mondo, quello reale, quello di tutti i
giorni, quello banale. Ecco allora che Cage, sbattuto da un empireo poetico al
mondo reale di quei tempi (1959), viene sottoposto a un giudizio umano,
rappresentato da quello di “Lascia o Raddoppia”, ove Mike Bongiorno interroga
Cage su di una materia particolare, quella che tratta i “funghi”, e ove Cage
risponde correttamente, grato degli insegnamenti appresi da S. Agostino.
Facciamo un bel respiro, si tratta di viaggiare nel tempo, per giustificare
fatti e trame. Non so se ci sono riuscito, ma mi affascinava tentarci: tentare
di collegare una pazzia (l’educazione di Cage) a un fatto reale, la
partecipazione di Cage a una storica trasmissione televisiva di quiz, con un
passaggio dalle domande immanenti a quelle reali, perfino odiose nella loro
complessità. Cage risponde e vince, avendo appreso “un metodo” in un’altra dimensione
temporale.
Esplicitami il titolo e il modo in cui è disposto sulla
copertina (ammesso che i vuoti sulla griglia, così come i silenzi, abbiano un
senso).
La copertina, studiata da Stefano Gentile e da Maria Assunta
Karini, annuncia metriche diverse, divisioni di sillabe che S. Agostino
predicava e che Cage ha poi attuato con i suoi silenzi.
Mi viene allora da chiederti: che cosa è per te il silenzio
in musica?
Il silenzio in musica è il modo per creare altre porte sonore
e farle percorrere. Giunti ad un punto di un discorso sonoro, il silenzio è il
modo per raggiungere altri luoghi sonori. Pensiamo ad un Lp e a quei silenzi
tra un brano ed un altro: importantissimi!
Già che siamo in argomento… cosa mi dici dell’artwork e del
sontuoso cofanetto che ha realizzato?
Sono grato a Stefano Gentile e Maria Assunta che hanno interpretato
graficamente il linguaggio del mio lavoro. e ringrazio anche Luca Ferrari che
ha ascoltato, primo fra tutti, il lavoro intero, scrivendo parole che mi hanno
riempito di gioia.
Torniamo al dialogo tra Agostino e Cage, quello a cui tu
accennavi: la comunicazione Maestro/Allievo appare difficoltosa, nel senso che
sembra che ognuno continui nel proprio ragionamento anziché proseguire la
logica suggerita dal percorso domanda/risposta: è una mia errata impressione?
No, devi pensare che sono domande che ricevono risposte
attraverso il tempo, nella prospettiva soggettiva di un allievo entusiasta dello
“sconosciuto”, del “non detto”.
Ci sono alcuni concetti che mi hanno colpito nel 1° atto, e
provo ad evidenziarli affinché tu possa dirmi la tua. Il primo è: “La vita è
tempo, quindi la musica è l’arte di misurare il tempo”.
Musica come arte di misurare il tempo; pensa agli anni
Sessanta e senti immediatamente nella tua mente una musica una canzone, un
ritmo. E pensi al Settecento e accade la stessa cosa. La metrica temporale del
succedersi della vita.
La seconda riguarda il ragionamento di Cage sulla diversità
tra elementi che per tutti sono oggettivamente uguali.
La vita attraverso il tempo è minimale, le trasformazioni
degli usi e costumi si succedono attraverso i tempi poggiando sulla stessa
trave. I luoghi cambiano lasciando radici che non possono essere eliminate. La
varietà del simile, dell’uguale. Un riferimento all’arte minimale che verrà.
E che dire dell’imitazione nell’arte?
L’imitazione - che puoi scrivere anche come “Limitazione” -
è, secondo S. Agostino, soltanto quella di chi si perita a voler insegnare.
Creare regole da imparare, da studiare, da recitare, cosa che a Cage va
benissimo, visto che lascia l’essenza della sua opera in una dimensione di
possibilità e non certamente di “scuole d’arte”.
Mi è piaciuta molto la chiosa attribuita a Kant relativa alle
due cose che non devono significare nulla, dal momento che danno piacere
profondo: la musica e la risata.
Anche a me è piaciuta. E soprattutto è piaciuta a Cage, che
ci ride sopra. La leggerezza della creazione. Questo è il significato. Non si
può diventare artisti, o lo si è o non lo si è. Fare l’artista e non esserlo
provoca risate.
Il progetto è presentato come “Opera coreografica minima in
due atti”: la tua intenzione è quella di portarla nei teatri?
Sarei felicissimo di poter portare nei teatri questa “cosa”.
Ci vorrebbe un produttore artistico. Magari!
Vista la versione del booklet inglese - e il parlato di Cage
- pensi sia trasportabile fuori dai nostri confini?
La speranza che si possa creare una eco un pochino diffusa.
Io mi sono messo avanti…
Le domande di Mike sono poste in un cantato un po’ beat, da
fine anni ’60: scelta legata al periodo in cui andò in scena la trasmissione?
A Simone Basso ho dato alcune dritte. Gli ho detto di pensare
a Demetrio, non quello degli Area, ma quello della sua vita precedente. Gli ho
chiesto di muoversi liberamente con un ritmo tra il rock ed il blues anni
Sessanta. Simone è stato fantastico. Ha capito precisamente cosa volessi.
Tutto ciò che mi ha portato sino a questo punto è legato ai
primi due Cd. Ne restano altri due, che sono quelli “musicali”, di atmosfera e
ambient: spiegami il collante tra la parte “teatrale” e quella sonora.
Di solito, quando ascolto un’opera musicale cantata, porgo
attenzione soprattutto alla voce. Alla fine del lavoro volevo però che anche la
parte musicale potesse emergere come la voce dei protagonisti. D’altra parte,
l’opera si chiamava DE MUSICA”, così ho pensato a due variazioni che potessero
rimescolare tutti gli ingredienti musicali facendo emergere, mettere in evidenza
la musica. E devo dire che ho amato molto costruire - e ascoltare - queste
variations.
Mi dici qualcosa dei tuoi collaboratori, della tua squadra al
lavoro?
Dovrei scrivere un tomo. Sono collaboratori ma anche autori,
autori inconsapevoli del risultato finale, che hanno donato suoni, texture
piene di mille emozioni, sempre seguendo la mia richiesta. Hanno accettato per
primi un gioco che poi ha costruito una architettura diversa e che tutti hanno
loro hanno amato. Potrei parlarti di Juri, grandissimo, di Sinigaglia umile e
preziosissimo, di Alesini, che mi ha donato il thema dell’opera. Io oggi vorrei
parlare di Luciano Daini che ci ha lasciati qualche tempo fa, un musicista
incredibile che tutti dovrebbero amare. E Gaetano Galli, oboista della Scala di
Milano che costruì il tema di “Da Oriente ad Occidente” sul mitico Sulle Corde
di Aries di Battiato, e che con una umiltà fuori dal comune ha accettato di
duettare con la magica voce di Juri.
Ti sei fatto un’idea del perché un personaggio particolare e
geniale come John Cage abbia partecipato (e vinto) ad una trasmissione
“leggera”, per di più italiana?
Le malelingue dicono che Cage si trovasse da mesi a casa di
Peggy Guggheneim e quest’ultima chiese al suo amico Umberto Eco (che preparava
le domande al “Lascia o Raddoppia”) di far partecipare Cage alla trasmissione
per poter vincere le somme per poter ritornare negli Stati Uniti… ma non so se
è vero o meno, ovviamente. D’altra parte, Cage aveva già partecipato a
trasmissioni del genere negli Stati Uniti. A quei tempi quel tipo di programmi
rappresentavano una novità.
Due domande in una, ma conclusive: dove sta andando la
cultura oggi? Pensi che proporrai qualche presentazione in qualche scuola
“virtuosa”?
La cultura oggi va in una direzione notturna, quella delle
stelle lontane che esistono ma sembrano impossibili da raggiungere… è mia
intenzione presentare “De Musica” in giro per il mondo, anche in piccoli club,
e in questa occasione presenterò il film di 30 minuti che riassume la prima parte
del lavoro.
Hanno partecipato: Juri Camisasca, Nicola Alesini, Riccardo Sinigaglia, Paolo
Tofani, Enomisossab, Mauro Sambo, Stefano Giannotti, Simone Basso.
e con, in ordine sparso: Maurizio and Roberto Opalio, Gianluca Favaron, Stefano Scala, Simon
Balestrazzi, Luciano Daini, Alessandro Fogar, Theo Zini, Antonio Tonietti, Andrea
Cavalazzi, Alessio Cavalazzi, Elisa Cavalazzi, Alice Sambo, Sean Breadin, Gianluca
Favaron, Aaron Moore, Kitchen Cynics, Daniel Padden, Angelo Contini, Pierangelo
Pandiscia, Gino Ape, Luka Moncaleano, Max Marchini, Simone Tansini, Gaetano
Galli, Luca Ferrari;
"The collective voice of John CAGE": Vittore Baroni, Antonello
Cresti, Fabio Bagnasco, Byrn D.Paul, Fabrizio Tavernelli, Massimo Giacon, Antonio
Lamonica,Camillo Giacoboni, Stefano Gentile, Alberto”Elfo”Callegari, Nicola
Catalano, Fabio Orsi, Mike Cooper, Buck Curran, Gigi Marinoni, Roberto Masotti,
Mauro Pontini, Mario Garofalo, Geymonat, Fabio Cinti, Angelo Bergamini, Stefano
Pilia, Arturo Stalteri, Tony Face, Silvio Linardi, Adelio Fusé, Ivan Lusco, Gianni
Maroccolo, Walter Rovere, Sandro Del Rosario, Enrico Coniglio, Manuel Bongiorni,
Diego De Santis, Davide Gonzaga, Jerry Ochoa, Luigi Maria Mennella, Claudio Rocchetti, Daniele Trevisi, Alberto Scotti, Nicola Vannini, Eraldo Bernocchi, Michele
Lombardelli, Alessandro Staiti, Adreas Perugini, Marco Refe, Martin Archer, Colin Herrick, William Xerra;
E infine, per quanto concerne il preziosissimo "visual": Luka Moncaleano, Maria Assunta
Karini, Stefano Gentile, Silvano Tinelli.
Elfo Studio: Alberto Callegari, Juri
Camisasca e Francesco Paladino
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