venerdì 30 giugno 2023

Steve Howe e la potenziale reunion degli YES


 

Steve Howe degli Yes parla degli ex compagni di band, delle potenziali reunion e di quella turbolenta apparizione nella Rock And Roll Hall Of Fame


Il chitarrista degli Yes Steve Howe ha parlato del suo rapporto con Jon Anderson e delle possibilità di una potenziale reunion con il cantante e altri membri del passato.

Dice Howe:

"È qualcosa a cui sono assolutamente restio, perché ricordo il fiasco del Tour di Union", dice, riferendosi al tour notoriamente difficile a supporto dell'album “Union” del 1991, che comprendeva otto diversi membri passati e attuali degli Yes. "È stato molto, molto difficile e fuori controllo. A volte ho pensato che… un giorno… forse, perché mai dire mai, ma fondamentalmente non riesco a vederlo".

Continua: "Amo Jon. Ora sono molto più vecchio, e lo è anche lui, e l'unico modo di lavorare è quello in cui mi sento felice e a mio agio. Non ho intenzione di prendere sulla schiena un carico improvviso di cui non ho bisogno o che non voglio. La mia musica mi ha sempre guidato, e non mi dice di andare in quella direzione, ma di andare avanti. Ed è quello che faccio”.

Anderson è stato sostituito da Benoit David nel 2008 dopo aver sofferto di problemi di salute respiratoria. Successivamente ha criticato i suoi ex compagni di band per non aver aspettato che si riprendesse e non aver agito da gentiluomini.

David stesso è stato sostituito nel 2012 dall'ex frontman dei Glass Hammer Jon Davison, che è apparso in tre album in studio degli Yes, tra cui il recente “Mirror To The Sky”. 

Eppure, i fan degli Yes vorrebbero rivedere Anderson!

"Non ho alcuna responsabilità in tutto questo", afferma Davison, che dice di aver incontrato Anderson una volta, all'introduzione degli Yes nella Rock & Roll Hall Of Fame di New York nel 2017. "Voglio dire, perché dovrei? Sono solo il ragazzo che è stato assunto e e sarei pazzo a rinunciare! So che Jon se ne rende conto, quindi io non devo sentirmi in colpa nessun motivo".

Steve Howe parla anche della tumultuosa apparizione della band alla cerimonia della Rock And Roll Hall Of Fame, in cui diversi membri, tra cui lui stesso, Anderson, l'ex tastierista Rick Wakeman e l'ex chitarrista Trevor Rabin, hanno unito le forze per un breve set degli Yes.


"Più vado avanti, più rimango senza parole per quei due giorni", dice Howe. "C'è molto che potrei dire, ma non ho intenzione di farlo. Fondamentalmente, c'era qualcosa di infernale, come pattinare sul ghiaccio senza aver mai pattinato prima. Non voglio sminuire l’evento, ma ci sono stati problemi, con uno strano farsi largo per apparire. E alla fine alcune persone hanno ottenuto il dovuto rispetto e altre no".

Eppure, Howe nel 2017 diceva: “Che onore per noi essere coinvolti nella storia di questa band. Ringraziamo tutti i fan degli Yes che si sono dimostrati così appassionati durante gli anni e ci hanno aiutati a tenere alta la bandiera. Questi sono i fan che hanno sempre chiesto la nostra inclusione nella Rock and Roll of Fame. Sono stati ascoltati”.

Per la cronaca i membri degli Yes ammessi alla Rock and Roll Hall of Fame erano quelli del tour di “Union” del 1991, quindi, Steve Howe, Alan White, il compianto Chris Squire e gli ex – membri Jon Anderson (voce), Bill Bruford (batteria), Tony Kaye (tastiere), Rick Wakeman (tastiere) e Trevor Rabin (chitarra).





giovedì 29 giugno 2023

John Wetton: annunciato un concerto commemorativo costellato di miti della musica


L'esclusivo concerto commemorativo di John Wetton si terrà al Trading Boundaries ad agosto


Rick Wakeman, Steve Hackett, Geoff Downes, Roger Chapman, Mel Collins, Annie Haslam, Phil Manzanera e Martin Orford sono solo alcuni dei nomi che appariranno in uno speciale concerto commemorativo per il compianto John Wetton ad agosto, che raccoglierà fondi per l'organizzazione benefica Macmillan Caring Local, che si è presa cura di Wetton nei suoi ultimi giorni.

La moglie di Wetton, Lisa, e il figlio Dylan, insieme alla direzione di QEDG, annunciano che un concerto commemorativo si terrà in memoria di Wetton al Trading Boundaries, nell'East Sussex, il 3 agosto per la sua famiglia e i suoi amici. L'evento sarà trasmesso in streaming per il grande pubblico.

L'evento commemorativo sarà ospitato dal direttore di Prog Magazine Jerry Ewing, insieme a Geoff Downes, Steve Hackett e l'artista Roger Dean.


"Sono molto entusiasta di far parte del prossimo John Wetton Tribute", dice il tastierista degli Yes Downes. "Come tutti sapete, ho avuto una collaborazione autorale molto stretta e unica con John, e siamo stati cari amici, fratelli e compagni di band per molti anni".

"Onorare l'eredità di John in questo modo con così tanti dei suoi ex musicisti, colleghi e familiari riuniti insieme, mostra quanto sia enorme l'amore, la gratitudine e il rispetto che molti di noi avevano per John e la sua musica. Sarà una meravigliosa celebrazione che coprirà tutta la straordinaria carriera di John. Non vedo l'ora di farlo. Ci vediamo tutti lì".


Si uniscono a Chris Braide (Downs Braide Association), Jim Cregan (Family), David Cross (King Crimson), Chris Difford (Squeeze), Dave Kilminster (Roger Waters), John Mitchell (Lonely Robot), Guy Pratt (Nick Mason's Saucerful Of Secrets), Jay Schellen (Yes), Billy Sherwood (Yes), Harry Whitely, Laurie Wisefield (Wishbone Ash) e The Paul Green Rock Academy.

L'evento sarà trasmesso in diretta streaming la sera e tutti i proventi dei biglietti raccoglieranno fondi per Macmillan Caring Locally. Ci sarà anche un'asta speciale online che si svolgerà parallelamente ai lavori della serata vantando alcuni lotti unici, tra cui una chitarra di proprietà dello stesso Wetton per raccogliere ulteriori fondi.

"Sono felice e onorato che così tanti artisti leggendari che hanno lavorato con mio padre nel corso degli anni abbiano accettato di riunirsi, sia per onorarlo che per raccogliere fondi vitali per l'organizzazione benefica che lo ha sostenuto durante i suoi ultimi giorni", afferma Dylan Wetton. "Non riesco a pensare a un modo migliore per celebrare la vita di mio padre e l'incredibile eredità musicale che si è lasciato alle spalle.  Sarà una notte fantastica, un evento unico, che è esattamente ciò che mio padre merita".




 


martedì 27 giugno 2023

Toyah e Robert Fripp sul perché fanno quello che fanno: "Ci siamo resi conto durante il lockdown che il rock classico cambia la vita delle persone..."



Toyah e Robert Fripp sui poteri curativi della musica: "Dovremmo vivere ogni anno della nostra vita come se fosse quello migliore "

 

Robert Fripp e Toyah Willcox sono apparsi su BBC Breakfast News il 21 giugno, per promuovere la loro prossima apparizione a Glastonbury, la prima volta per loro.

Alla domanda sui video del Sunday Lunch di Toyah e Robert, "che hanno diffuso tanta gioia" durante il lockdown, la signor Fripp ha fornito un po’ di spiegazioni.

"Ci siamo resi conto durante il lockdown che il rock classico cambia la vita delle persone e dà la possibilità di rivivere ricordi davvero belli. Per me, ad esempio, è “Life On Mars” di David Bowie, che ho sentito per la prima volta quando avevo 12 anni. Ogni volta che sento quella canzone, vengo catapultata a quel periodo. E il concetto di quello che stiamo facendo è riportare le persone al rock classico, ma anche introdurre le nuove generazioni – che sono appena uscite dalla discoteca – ai Led Zeppelin e ai Black Sabbath, o addirittura introdurli ai classici Blondie".

Il presentatore ha affernato che la fascia d'età delle persone che entreranno a Glastonbury per il festival è molto elevata. "Ammettiamolo", ha risposto Toyah, "dovremmo vivere ogni anno della nostra vita come se fosse il migliore e l'età non dovrebbe essere qualcosa da analizzare".

Fripp ha suonato in alcuni dei più grandi festival del mondo e i King Crimson hanno aperto per i Rolling Stones ad Hyde Park nel 1969. I due hanno appena suonato al Festival dell'Isola di Wight. "Ero probabilmente la persona più anziana”, ha detto Fripp, "ed ero probabilmente l'unica persona che aveva suonato nei festival degli anni '60. Nel 1967, quando sono diventato professionista, sapevamo tutti che la musica poteva cambiare il mondo, e i festival gratuiti erano un veicolo primario per quella che oggi si potrebbe chiamare trasformazione sociale. Unendoci con la musica e le molte persone in questi eventi, creavamo qualcosa che aveva un tale potere che sembrava che il mondo potesse girare all'indietro e il futuro potesse afferrarci".

Qual era la differenza tra i festival di allora e quelli di oggi, gli è stato chiesto. "Per cominciare, erano tutti gratuiti", ha detto Fripp, "principalmente gestiti da volontari, compresi gli Hells Angels. E oggi lo spirito c'è, ma l'organizzazione è molto più professionale, e se hai diverse tonnellate di attrezzature sul palco e ti presenti a un evento con centinaia di migliaia di persone, è molto positivo che l'organizzazione sia professionale".





giovedì 22 giugno 2023

Maurizio Baiata - “Rock Memories-Bagliori di un suono immortale”-VOLUME SECONDO


Maurizio Baiata - Rock Memories-Bagliori di un suono immortale”

Verdechiaro Edizioni

 

Il secondo atto di “Rock Memories assume il sottotitoloBagliori di un suono immortale” e arriva a distanza di un anno dalla prima raccolta ideata da Maurizio Baiata.

Il mio pensiero/commento al volume precedente, “Scritti ribelli E SINCRONICITA’ DI UN GIORNALISTA MUSICALE”, è fruibile al seguente link, che permette di accedere anche all’intervista realizzata con l’autore, certamente ancora molto attuale:

 

https://athosenrile.blogspot.com/2022/08/maurizio-baiata-rock-memories-scritti.html

 

IL ROCK VIVE”, scrive Baiata a caratteri cubitali, e allora viene da chiedersi il punto di arrivo di una raccolta dal taglio preciso, nostalgico, didattico, culturale, specifico.

Mi capita ogni volta, sia per i miei scritti che per quelli di terzi, di immaginare il potenziale destinatario perché, se è vero che si crea in primis per sé stessi, l’atto successivo diventa obbligato, quell’opera di condivisione che, spesso, ha il senso del lascito ereditario. In fondo, chi ha vissuto e ha creato “materia tangibile”, possiede il privilegio di poter lasciare una traccia concreta. E allora… chi si metterà alla lettura di questo tomo di oltre 400 pagine?

Mi sogno una generazione curiosa, magari ipercritica, ma capace di prendere atto dell’esistenza di un mondo lontano, interessata nel confrontarlo con quello contemporaneo e poi impegnata nello stabilire in modo equilibrato i segni ancor presenti di quel Rock Vivente - il termine è molto più di un’espressione musicale - nell’attualità, usando un setaccio fine, per eliminare scorie e trattenere la sostanza, la quiddità insomma.

Baiata cita spesso i The Who come suo amore preminente, una band che solo pochi giorni fa è stata protagonista di un concerto unico - in parte con orchestra - a Firenze, proponendo sonorità che dopo cinquant’anni sanno ancora di fresco, di nuovo, di attuale, mentre Pete Townshend salta sul palco come un grillo, alla soglia degli ottant’anni, proprio lui che era il fautore del voglio morire prima di invecchiare!

Inutile sottolineare l’importanza di questa opera per quelli che come me hanno vissuto un’epoca meravigliosa, quella di Ciao 2001 e dintorni, quella dei giornalisti bravi e baciati da Dio - trovarsi al posto giusto al momento giusto è uno status che non è solo frutto di volontà e bravura ma anche di casualità -, e a un certo punto, grazie ai social, persone lontane sono diventate potenzialmente raggiungibili, anche chi, ad esempio, è stato protagonista attivo in un’epoca particolarmente elettrizzante, come Maurizio Baiata, ai tempi giornalista in erba, successivamente innovatore, conoscitore, viaggiatore, sognatore.

Questi aggettivi non sono posti a caso ma rappresentano le linee guida che permettono al book di muovere, di crescere, di raccontare.

La guida alla lettura è fornita da Maurizio nel comunicato fruibile al seguente link:

https://mat2020comunicatistampa.blogspot.com/2023/01/maurizio-baiata-al-lavoro-sul-volume.html


Dopo la prefazione di Federico Guglielmi e l’apertura di Baiata, la lettura si snocciola attraverso otto sezioni che propongono recensioni, concerti, interviste, il tutto presentato in ordine cronologico, a volte con la versione originale tratta dal giornale - ma leggibile - affiancata alla rivisitazione.

Un viaggio entusiasmante, che suscita la giusta e sana invidia di chi - come me - avrebbe voluto essere accanto all’autore per poter vivere le stesse emozioni che nel tempo si sono trasformate in ricordi, compagni per tutta la vita.

L’ouverture ci propone un brano evergreen dei Rolling Stones, “You Can't Always Get What You Want”, usato come collante del primo contenuto, inserito nella scena del funerale all’inizio del film “Il Grande Freddo”, ma mi fermo qui, non è il caso di far opera di spoiler…

E poi si succedono grandi nomi, grandi band, grandi artisti, dai Beatles ai Pink Floyd, dagli ELP a Frank Zappa passando per Jaco Pastorius e Velvet Underground.

La lista è lunga e vorrei lasciare l’effetto sorpresa, ma un paio di cose mi sono rimaste particolarmente impresse.

La prima riguarda l’8 dicembre del 1980, giorno in cui Baiata, in una delle sue fasi americane, si trovò sul pezzo quando John Lennon fu assassinato. Il racconto di quei momenti, l’agitazione, la comunicazione verso l’Italia e la reazioni di qualche scellerato burocrate, rivivono, e prende forma la tragicità dell’evento, il conseguente sbigottimento e il sincero dolore.

Un’altra curiosità - ma sono certo che ogni lettore troverà spunti differenti - riguarda quello che viene definito “un incontro surreale”, quello avvenuto il 3 giugno 1975, che vede Maurizio intervistare Brian Eno e Robert Fripp. Leggere il susseguirsi di domande e risposte porta ad evidenziare la figura del padre padrone dei King Crimson, un campione estremamente negativo in una qualsiasi scala empatica, ieri come oggi - anche se i suoi attuali siparietti con la moglie Toyah Willcox lo rendono ora meno pesante -, almeno da quanto si può vedere dall’esterno.

Sono certo che la lettura porterà a numerose reazioni estremamente personali, sentimenti che fuggono dagli aspetti oggettivi, dai nomi, dalle date, dai luoghi…

Perché Rock Memories può trasformarsi in una dolorosa seduta a base analitica, dove una determinata pagina, attraverso la spinta/necessità a rimembrare, può portare a reazioni che occorre saper gestire, facendo i conti, almeno per un istante, col passato e col futuro, sempre più corto…

Se preghi la pioggia, metti in conto anche il fango 

Tempus fugit, Carpe diem”, si chiosava già 2000 anni faEppure, l’accelerazione del tempo ci ha fatto smarrire il senso della unicità dell’attimo, lo stupore del presente, la speranza dell’attesa, la memoria del nostro passato e, in ultimo, la nostra dimensione identitaria. La Musica resta il mezzo più efficace per azzerare ogni coordinata spaziale e temporale.

Una particolarità, il libro ha un traghettatore di ere, un accorciatore di spazi, un paladino del virtuosismo.

Se la copertina di Pablo Ayo nel primo volume presentava i Colosseum, band seminale del mondo rock, la prima pagina tocca questa volta ad un chitarrista. Dall’immagine non è certo riconoscibile, ma la sua postura riporta ad ipotetici guitar heroes, presenti e passati.

Il suo nome è Davide Lo Surdo, ha 24 anni ed è famoso per essere il chitarrista più veloce di tutti i tempi. Non lo conoscevo e il concetto di velocità abbinato all’utilizzo della chitarra non mi ha mai interessato, ma Baiata lo intervista - e quindi possiamo estrapolarne il ritratto - e allora ho provato a cercare sue notizie, attivando il tasto “curiosità”, quello che spero useranno i giovani lettori quando leggeranno nomi come Jefferson Starship, Alice Cooper, Gentle Giant, Jim Morrison, BANCO, PFM

Ma forse basterebbe la fiducia nell’autore che, parlando di Davide, chiosa: “Personalmente, sogno di vederlo e sentirlo duettare su un palco con Pete Townshend, perché

 

Il Rock è l’essenza di più generazioni

In viaggio verso le stelle,

dove tutto è possibile.

Happy trails, folk!

 

Grazie Maurizio e… Davide, fa presto, Pete sarà longevo ma non eterno!


The Who nel 1973










martedì 20 giugno 2023

THE WHO: QUEST'ESTATE FATTI UN SELFIE SULLA VESPA GS DI ACE FACE

 

Lo scooter Vespa GS del 1964 è stato utilizzato come supporto scenico nel Quadrophenia Tour del 1996 dagli Who. Billy Idol, come cantante ospite del tour, si  propose come Ace Face, arrivando sul palco ogni sera in sella allo scooter.


Dopo il tour, la Vespa è stata conservata a pezzi in scatole, in un garage nella fattoria di Roger Daltrey, vicino al suo birrificio. Qualche mese fa Des Murphy, genero di Roger e socio nell'azienda di famiglia - la Lakedown Brewing Co. - stava chiacchierando con un meccanico, suo vicino, a proposito dello stato dello scooter e su quanto si stesse degradando. L'idea era sempre stata quella di restaurarlo e poi metterlo all'asta per raccogliere fondi per il Teenage Cancer Trust. Entrambi concordarono sul fatto che, se qualcosa non fosse stato fatto celermente, presto il danno sarebbe divenuto irreparabile. Ma mancava il tempo, la conoscenza e l'esperienza per rimetterlo in sesto. Sarebbe stato necessario l’impegno di un fanatico dello scooter, qualcuno disposto a dedicare tutto il tempo necessario per riportare la Vespa al suo antico splendore.


Un paio di giorni dopo un uomo di nome Jim Deans entrò nella Brewery Taproom indossando un parka Mod e Des, influenzato dall'abbigliamento, osò, e gli chiese scherzosamente se sapesse come riparare gli scooter. Jim rispose negativamente ma affermò di conoscere un uomo che era in grado di farlo.


Fu così che Des arrivò ad Aaron White, della South Coast Customs UK, che ha fatto uno sforzo super umano nel restauro dello scooter, non solo rimuovendo tutta la ruggine e ripristinando la vernice della carrozzeria, ma revisionando anche il motore, utilizzando tutte le parti originali del 1960.


Fu così che Des arrivò ad Aaron White, della South Coast Customs UK, che ha fatto uno sforzo super umano nel restauro dello scooter, non solo rimuovendo tutta la ruggine e ripristinando la vernice della carrozzeria, ma revisionando anche il motore, utilizzando tutte le parti originali del 1960.

Tutto il lungo e scrupoloso ripristino è stato fatto gratuitamente, per aiutare a raccogliere fondi per Teenage Cancer Trust.

A metà del lavoro Aaron ha pensato che sarebbe stato un peccato se, dopo essere stata messa all'asta, la Vespa fosse finita a prendere polvere nel garage di un qualsiasi collezionista, e affermò: “È davvero una cosa bella e dovrebbe essere vista e vissuta da quante più persone possibile.” Così Des suggerì di portarlo in tour prima di metterlo all'asta.


Aaron White e la sua compagna Julie con Roger agli spettacoli del Teenage Cancer Trust alla Royal Albert Hall di quest'anno



Aaron White con Phil Daniels (protagonista del film) sulla Vespa GS di Ace Face al Quadrophenia Alley di Brighton


Così ora i fan degli Who, di Quadrophenia, dei Mods e della Vespa potranno vedere la Vespa GS, quest'estate, nel corso di spettacoli e festival lungo la costa meridionale e nell'attuale tour britannico degli Who. Si potrà anche "cavalcarla" e farsi scattare una foto in cambio di una donazione minima di £ 5 all'ente di beneficenza, che offre ai giovani malati di cancro la migliore assistenza e supporto possibile. Le donazioni possono essere pagate con carta e in contanti.

La messa in mostra dello scooter inizierà il prossimo fine settimana, quando sarà visibile al Black Deer Festival of Americana, a Eridge Park, nel Kent, sabato 17 e domenica 18 giugno.


Tutti i dettagli del Black Deer Festival

https://blackdeerfestival.com/

 

Ulteriori apparizioni della Vespa GS di Ace Face saranno presso:

 

• The Who Hits Back! 02 London 12th July 

• The Who Hits Back! Derby 14th July 

• The Who Hits Back! Badminton 16h July 

• The Who Hits Back! Durham 19th July 

• The Who Hits Back! St Helens 21st July 

• The Who Hits Back! Brighton 23rd July 

• The Who Hits Back! The Eden Project, St Austell 25th July 

• Modern World Cafe in Brighton for the Mod Bank Holiday Weekend 25th, 26th and 27th August

 

Non sei tu il ragazzo che era solito dettare i ritmi

Cavalcare davanti a cento facce?

Non credo che ti ricorderai di me

Ma io ti seguivo nel '63




Claudio Sottocornola-“Fiorire nel deserto-Per una filosofia della speranza”


Da un po’ di tempo Claudio Sottocornola mi propone saggi che mi mettono in difficoltà, allontanandomi dalla mia comfort zone legata al mondo della musica, spingendomi verso sentieri fatti di ricerca interiore, di indagine approfondita, di perlustrazione degli anfratti. Non occorre avere la mente - e la cultura - predisposta alla “modalità filosofo”, perché se è vero che spesso le domande volutamente non poste a sé stessi sono quelle di cui si ha il sentore di una possibile risposta non gradita, è altrettanto certo che ogni testa pensante, arrivata ad un certo punto della vita, inizia ad interrogarsi, magari in estremo silenzio, forse nel contesto giusto, ma… si pone delle questioni esistenziali, e quelle notti in cui si fatica a prendere sonno diventano labirinti di cui si trova un’uscita solo con l’arrivo del primo frammento di luce.

Nell’enciclopedia universale a disposizione sul web è difficile trovare soddisfazione, soprattutto se si fa riferimento ad argomenti poco tangibili, e pescare nel pozzo delle opinioni altrui può essere, a volte, fuorviante. Molto meglio l’oggettività e la conseguente conclusione personale.

Ma i “maestri” esistono, tra studiosi del passato e contemporanei, coloro che riescono ad allargare gli orizzonti altrui, tanto da fare dire tra sé e sé: “Ecco, lo avevo in testa e non mi usciva, e sono bastate poche righe per chiarirmi ciò che avevo dentro e non voleva uscire!”.

Questa premessa sostituisce i ringraziamenti a Claudio Sottocornola, legati alla spinta che mi fornisce verso un più alto livello di riflessione.

In questo caso il ruolo del “commentatore” dovrebbe portare al racconto dei sentimenti scaturiti dalla lettura, giacché per tutto il resto è sufficiente un comunicato stampa ben fatto.

Il titolo del nuovo lavoro di Claudio Sottocornola è “Fiorire nel deserto-Per una filosofia della speranza”, edito da Velar, un’antologia in cui l’autore propone alcuni dei suoi scritti filosofici del passato tra i più significativi, che pescano nell’attualità attraverso il pensiero critico, gli aspetti metafisici, la materia e tutto quanto gira intorno. La vita, insomma, perché in tempi difficili come quelli che viviamo si ha bisogno soprattutto di speranza per ridare fiato a esistenze sempre più sfiduciate, disorientate, fragili.

Sarebbe facile immaginare che il lungo periodo di disagio legato alla pandemia abbia avuto un ruolo determinante nell’evoluzione di pensiero dell’autore, periodo per tutti condizionante, in parte formativo … e forse è così, ma occorre tenere conto che almeno la metà dei capitoli - e quindi degli argomenti - arriva da un periodo lontano, oltre dieci anni, un tempo lunghissimo per chi cerca nel contemporaneo risposte di carattere esistenziale, e sarebbe quindi interessante sapere come l’autore si pone oggi rispetto a pensieri di un tempo, a fronte di un mondo che cambia a ritmi inimmaginabili.

Ho più volte scritto di Sottocornola e quindi mi limito a dire che è conosciuto come “Il Filosofo del Pop”, unione di due suoi amori - filosofia e musica -, per lungo tempo insegnante ed ora, terminata l’attività lavorativa, dedito pienamente alla scrittura e all’osservazione del mondo circostante.

Fiorire nel deserto…”, a mio giudizio, può essere letto con differenti gradi di approfondimento.

Si può restare in superficie individuando una sorta di cronaca di un percorso di vita, partendo dalla fanciullezza e approdando alla maturità. In mezzo c’è un mondo, uno spazio che assume dimensioni estremamente variabili in funzione del momento in cui lo si analizza.

Esiste poi la possibilità di un'analisi profonda, ciò che si cela dietro la dinamicità della nostra esistenza, al di là dei nostri insistenti pensieri e delle nostre radicate credenze.

Mi riferisco alla ricerca dei significati universali incentrata sull’essere e sul suo cambiamento, unita alla contraddizione legata al possesso di una generica conoscenza a cui si contrappone la mancanza di consapevolezza di tale cognizione.

E quando il cielo si schiarisce e la mente si illumina, è possibile che nasca il profondo timore di essere inadeguati, e se non si ha né la forza di reazione né una vaga soluzione disponibile, la paura potrebbe essere il giusto sentimento da provare.

Usiamo immagini e metafore, disegniamo idealmente un deserto che, visto dall’alto, interrompe la sua aridità grazie a tecniche evolute che permettono la nascita di vita e colori: la fioritura tra la sabbia.

Anche la vita delle persone vede una parte cospicua di aridità - e tristezza -, ma può essere irrigata da un’acqua spirituale, dal pensiero approfondito, dalla voglia di capire, di dedicarsi al prossimo.

L’autore utilizza il giardino della madre, ormai non più tra noi, come simbolo della bellezza che si può generare nel mondo con disciplina e impegno, nella consapevolezza del tempo che fugge, e che quindi non va sprecato: “Tempus fugit… Carpe diem…”, che è poi il titolo di un capitolo del book.

Sono 23 le sezioni di cui si compone il nuovo progetto di Sottocornola, e in ogni capitolo esistono i presupposti per una lunga, lunghissima sosta riflessiva.

Esiste però un passaggio rappresentativo dei concetti a cui accennavo prima, quelli che restano imprigionati dentro di noi e poi sgorgano con impeto a seguito di un evento, una frase, un pensiero apparentemente banale…

L’accelerazione del tempo, correlata alla sua omologazione intrinseca, ci ha fatto smarrire il senso dell’unicità dell’attimo, lo stupore del presente, la speranza dell’attesa, la memoria del nostro passato, in ultimo, la nostra dimensione identitaria. Ecco perché forse temiamo il diverso, l’immigrato, il marginale…”.

Serena lettura!


Claudio Sottocornola (Bergamo, 1959) si è laureato all'Università Cattolica di Milano con una tesi in Storia della teologia. Già ordinario di Filosofia e Storia nei licei, è stato docente di IRC, Materie letterarie, Scienze dell'educazione e Storia della canzone e dello spettacolo alla Terza Università di Bergamo. Iscritto all'Ordine dei giornalisti dal 1991, ha collaborato con diverse testate, radio e tv. Come filosofo si caratterizza per una forte attenzione alla categoria di interpretazione, alla cui luce indaga il mondo contemporaneo, spesso utilizzando musica, poesia e immagini per parlare a un pubblico trasversale, nelle scuole, nei teatri e nei più svariati luoghi del quotidiano. È autore di numerose pubblicazioni, che coinvolgono tre aree tematiche prevalenti: l'autobiografia intellettuale, la cultura popular contemporanea, l'attuale crisi del sacro in Occidente e la sua possibile ricontestualizzazione.


DESCRIZIONE DEL PROGETTO

Questa silloge raccoglie alcuni scritti realizzati dall’autore dal 2010 a oggi. Si tratta di riflessioni filosofiche, con una particolare attenzione alla dimensione teologica, che si configurano a partire da domande esistenziali per tutti noi ineludibili – quelle sul senso della vita – soprattutto in tempi di crisi. Tali riflessioni sono sfaccettate e diverse, come diversa era la destinazione dei libri da cui sono tratte: il minimo comun denominatore è tuttavia il tentativo di valorizzare la "pars construens" della ricerca, piuttosto che la "pars destruens". Fra i temi affrontati: l’amore, il dono, la relazione, la bellezza, la cura, il tempo, la nostalgia, l’equilibrio, la gioia, la virtù, la preghiera.

 





lunedì 19 giugno 2023

Il Dipartimento di Stato americano “condanna” Roger Waters


Le ricadute del recente show di Roger Waters a Berlino non accennano a diminuire

 

Il Dipartimento di Stato degli Stati Uniti si è unito alla lunga lista di coloro che criticano Roger Waters per l'uniforme in stile nazista che indossa regolarmente sul palco dall'uscita di The Wall nel 1980 e il presunto uso di tropi antisemiti nel suo spettacolo.

La condanna del Dipartimento di Stato dell'ex uomo dei Pink Floyd è arrivata in una risposta scritta a una domanda posta in una conferenza stampa del Dipartimento di Stato all'inizio di questa settimana, quando un giornalista ha chiesto se l'amministrazione fosse d'accordo con le critiche a Rogers di Deborah Lipstadt, l'inviato speciale degli Stati Uniti per il monitoraggio e la lotta all'antisemitismo.

Lipstadt aveva citato su Twitter un post - che denunciava Waters - dell'inviata dell'UE Katharina von Schnurbein dopo i due spettacoli a Berlino del mese scorso. Von Schnurbein scrisse in quell’occasione: "Sono stufa e disgustata dall'ossessione di Roger Waters di sminuire e banalizzare la Shoah e dal modo sarcastico in cui si diletta a calpestare le vittime, sistematicamente assassinate dai nazisti. In Germania. Quando è troppo è troppo".

In risposta, Lipstadt ha twittato di essere d'accordo con la "condanna di von Schnurbein di Roger Waters e della sua spregevole distorsione dell'Olocausto".

Ora il Dipartimento di Stato ha appoggiato il post di Lipstadt, dicendo: "Il concerto in questione, che ha avuto luogo a Berlino, conteneva immagini profondamente offensive per il popolo ebraico e minimizzava l'Olocausto. L'artista in questione ha una lunga esperienza nell'uso di tropi antisemiti per denigrare gli ebrei".

All'indomani delle critiche iniziali, Waters ha rilasciato una dichiarazione, che diceva: "La mia recente esibizione a Berlino ha attirato attacchi in malafede da parte di coloro che vogliono diffamarmi e mettermi a tacere perché non sono d'accordo con le mie opinioni politiche e i miei principi morali. Gli elementi della mia performance che sono stati messi in discussione sono chiaramente una dichiarazione in opposizione al fascismo, all'ingiustizia e al bigottismo in tutte le sue forme. I tentativi di ritrarre questi elementi come qualcos'altro sono in malafede e politicamente motivati.

La rappresentazione di un demagogo fascista squilibrato è stata una caratteristica dei miei spettacoli a partire da “The Wall”nel 1980.

Ho passato tutta la mia vita a parlare contro l'autoritarismo e l'oppressione ovunque io lo veda. Indipendentemente dalle conseguenze degli attacchi contro di me, continuerò a condannare l'ingiustizia e tutti coloro che la perpetrano.


E la querelle continua, anche se è possibile farsi un'opinione guardando l'intero set del 18 maggio scorso alla Mercedes Benz Arena di Berlino...






giovedì 15 giugno 2023

Ricordando gli Argent


Gli Argent furono un gruppo rock inglese fondato nel 1968 dal tastierista Rod Argent, ex componente dei The Zombies.

I primi tre demo degli Argent furono registrati nel 1968 e si avvalsero del bassista Mac MacLeod, il quale però non divenne mai componente della band.

La formazione originaria vedeva come bassista Jim RodfordBob Henrit alla batteria e Russ Ballard nel ruolo di chitarrista e tastierista. Alla voce si alternavano Ballard e Rod Argent.

Nel 1974 Ballard lasciò la band e fu sostituito da John Verity e dal chitarrista John Grimaldi. Lo scioglimento del gruppo avvenne due anni dopo, nel 1976, quando Rodford, Henrit e Verity fondarono la band Phoenix (la quale durò pochi anni).

Il maggiore successo degli Argent fu "Hold Your Head Up", contenuto nel disco All Together Now. Raggiunse la posizione numero 5 negli Stati Uniti, vendendo oltre un milione di copie e assicurando il disco d'oro alla band.


Il sound della band, propriamente progressive, si avvaleva anche di influenze spiccatamente rock e pop.

Gli Argent proseguirono la strada tracciata dagli Zombies e dal suo tastierista Rod Argent, protagonisti di un rilevante successo negli Stati Uniti tale da farli considerare appieno appartenenti al fenomeno della British Invasion. Ma quando gli Zombies si sciolsero, Rod Argent scelse la via di un gruppo con nuovi elementi che gli dessero la possibilità di sterzare, lasciandosi alle spalle il profilo sino a quel momento delineato per inserirsi nella dimensione musicale del rock progressivo, dilagante nell’Inghilterra di fine anni Sessanta. 

La nuova tendenza si appoggiava anche sugli innovativi e complementari metodi compositivi di Argent e del chitarrista Russ Ballard e sulla formazione musicale del tastierista che si era cimentato in esperienze di musica classica, jazz e rock, influenze che confluirono nelle sonorità progressive del gruppo e che culminarono nell’album Nexus, ricco di passaggi di rock sinfonico; ma nonostante la cifra musicale gli Argent non riuscirono mai a raggiungere la popolarità di altre formazioni progressive coeve rimanendo in seconda fila.

L’abbandono di Ballard portò il gruppo alla perdita delle miscele sonore originarie in favore di improvvisazioni solistiche strumentali, e tuttavia il gruppo non mancò in seguito di avere un buon successo commerciale.

La formazione originale della band si è riunita nel 2010 all'High Voltage Festival di Victoria Park, il 25 luglio. Ha poi proseguito con una serie di date nel dicembre dello stesso anno.


Discografia:

Argent (Epic, 1970)
Ring of Hands (Epic, 1971)
All Together Now (Epic, 1972) UK numero 13
In Deep (Epic, 1973) UK numero 49
Nexus (Epic, 1974)
Encore: Live in Concert (Epic, 1974)
Circus (Epic, 1975)
Counterpoints (United Artists, 1975)
The Best of Argent - An Anthology [Compilation] (Epic, 1976)
Hold Your Head Up [Compilation] (1978)
Music from the Spheres [Compilation] (1991)
BBC Radio 1 In Concert [Live] (1995)
The Complete BBC Sessions [Live] (1997)
Greatest: The Singles Collection [Compilation] (2008)

Singoli:

"Sweet Mary" (1971) U.S. numero 102
"Hold Your Head Up" (1972) UK numero 5; US numero 5
"Tragedy" (1972) U.S. numero 106, UK numero 34
"God Gave Rock and Roll to You" (1973) U.S. numero 114, UK 18

lunedì 5 giugno 2023

“CHE MI DICI DI STEFANO ROSSO? Fenomenologia di un cantautore rimosso”- Mario Bonanno e Stefania Rosso


 

Che mi dici di Stefano Rosso?

Fenomenologia di un cantautore rimosso

Di Mario Bonanno/Stefania Rosso

Edizioni Paginauno – Collana Musicale

 

Quando si inizia il commento ad un libro così particolare - ogni tanto capita - nasce naturale un dubbio, quello relativo al tipo di narrazione, ovvero la ricerca di un equilibrio tra l’elemento oggettivo - quello che dovrebbe arrivare al lettore e quindi stimolarne la curiosità - e il coinvolgimento personale, con tutti i collegamenti del caso.

E poi c’è l’elemento didattico, perché un libro come “CHE MI DICI DI STEFANO ROSSO? Fenomenologia di un cantautore rimosso”, se letto in quella che io reputo la maniera corretta, induce alla ricerca, alla scoperta, all’ascolto, e alla fine un book che si potrebbe tranquillamente terminare in un paio di ore - intense - dura due felici settimane, giorni in cui la lettura si abbina a ricerche sonore che si moltiplicano, e si rispolvera ciò che era nascosto negli anfratti della memoria, arrivando a toccare punti sconosciuti lasciati in disparte per dolo o mancanza di occasioni.

Il concetto di “rimozione” utilizzato nel titolo e nell’introduzione dagli autori, si presta a definizioni importanti in ambiti scientifici, ma nel gergo basico, probabilmente il più calzante rispetto alla storia e alla visione del mondo del protagonista del libro, conduce all’annullamento di qualcuno o qualcosa che possa causare impaccio, e quindi da eliminare. E cosa c’entra tutto questo con il cantautore Stefano Rosso, quello “dello spinello”, mancato a soli sessant’anni per un male incurabile?

L’aggiornamento di questo volume, uscito originariamente nel 2011, è da attribuire a  Mario Bonanno e Stefania Rosso (la figlia di Stefano), di cui riporto breve bio a fine articolo.

I primi anni ’70, quelli in cui nasce l’attività musicale di Rosso, sono stati caratterizzati dalla nascita e convivenza di numerosi e significativi generi musicali, dall’Hard Rock al Progressive, dalla Disco al… Cantautorato, un vero boom di stimoli variegati, se si fa il confronto con l’attualità.

Il mio significato personale del temine “cantautore” riporta alla figura di un musicista che compone e propone una sua creazione, e in questa logica tali figure abbondano nel mondo attuale, ma il “cantautore degli anni ‘70” era quello che inviava messaggi che venivano realmente recepiti da chi ascoltava, sollecitazioni spesso politiche, certamente immerse nel sociale.

Spesso bastava una chitarra, una voce caratterizzante - non necessariamente ineccepibile ed ortodossa - e argomenti che sapevano toccare l’audience, magari costituita da poche anime, ma a volte numericamente importante, a patto che ci fosse un festival di mezzo.

Ora il mondo è cambiato, tutto questo non esiste più, anche se trovo una certa similitudine rispetto al passato, perché l’uomo solo con la chitarra trova ancora oggi spazio nei piccoli club, nei pub sottodimensionati, un po' come accaduto a Stefano Rosso, soprattutto agli inizi, quando con il fratello Ugo provò a sconfiggere l’anonimato.

Una vita povera sin dagli inizi per Red e famiglia, nessuna possibilità di istruzione superiore, lavori umili per poter vivere, ma una forte passione, quella per la musica, un talento naturale accompagnato da una notevole vena sarcastica e pungente, una capacità di realizzare empatia col pubblico, una grande abilità chitarristica - ovviamente creata da autodidatta - che lo porterà a diventare un maestro del fingerpicking. E poi quella “R moscia”… che distinzione!

Leggendo la lista dei suoi lavori discografici, che sono tantissimi, mi sono quasi sentito in colpa, reo di essermi perso tanta arte - di cui però, grazie al book, mi sto appropriando -, di averlo accantonato in fretta come “uno dei tanti”, senza aver mai approfondito a sufficienza.

In fondo penso sia questo lo scopo del libro, accendere una luce laddove ha regnato a lungo il buio, energia che, grazie anche alla tecnologia, può alimentare oggi ogni tipo di ricerca, colmando vuoti rimasti tali essenzialmente per superficialità e, in molti casi, per pregiudizio.

La vita di “Red” è stata davvero complicata, e la scrittura sincera - e liberatoria - della figlia Stefania disegna un mondo dove il termine “serenità famigliare” trova minuscoli e sporadici spazi, tra drammi - reali - e delusioni, situazioni da lei descritte con grande schiettezza.

Mario Bonanno appare come il regista del progetto, e coinvolge personaggi che hanno avuto un legame personale e professionale con il cantautore romano, e da ogni intervista emerge il buono - personale e artistico -, e trova spiegazione ogni storia che ha sempre accompagnato la figura di Stefano, dipinto spesso come “ostico” da discografici e addetti ai lavori.

Ma è Stefania che ci permette di entrare nei dettagli di un mondo complicato, e ci aiuta a ricordare che diventiamo ciò che l’ambiente in cui viviamo ci spinge ad essere, anche se esiste un’essenza - in questo caso positiva - che emerge sempre, anche se non tutti sono disposti a guardare nel profondo, né a modificare un giudizio iniziale o una leggenda consolidata.

Mi sono commosso leggendo le parole di Stefania, provando ad immedesimarmi, perché la sua totale apertura le deve essere costata tantissimo, ma il suo scritto ha la capacità di fornire una posizione nuova, di regalare le giuste coordinate a chi volesse sintonizzarsi sul mondo di Stefano Rosso, quello conosciuto da tutti per “Una storia disonesta” e “Allora senti cosa fò”, due atti singoli rispetto ad una attività sterminata che è patrimonio di tutti.

La chiusura del suo pensiero…

Ecco come sono andate le cose, e con questo credo di aver detto tutto quello che c’era da dire, perlomeno le cose importanti. Adesso potete costruirvi un’idea più vicina alla realtà su chi è stato davvero Stefano Rosso.

La parte finale del libro propone “L’osteria del Padreterno”, una Commedia Musicale Romanesca con testi (e musiche) di Stefano Rosso e le illustrazioni di Antonella Orsaja, il paradigma del pensiero e della vita di Stefano Rosso, che conclude…

Ma in fonno in dé sta vita fio mio, semo tutti cattivi e tutti bboni.

Poi quanno sò finiti canti e soni, aritornamo tutti ‘braccio a Dio.

 

Nulla da aggiungere!

Un mio personale ringraziamento agli autori, capaci di trovare l’equilibrio tra storia e sentimenti di un uomo - un fine cantore della vita - su cui è obbligatorio tenere i fari accesi e non dimenticare, non rimuovere, non sottovalutare, utilizzando onestà intellettuale e, magari, rivedendo la sua opera con occhi nuovi, quelli che spesso la maturità ci regala.

Io ho accompagnato la lettura all’ascolto, come già sottolineato, e credo sia questo un connubio davvero soddisfacente, che consiglio!


Uno dei suoi brani "simbolo"...


Con i contributi di “Massimo Di Ciccio, Lino Fabrizi, Andrea Tarquini, Andrea Carpi, Antonino Campisi, Francesco Giannattasio, Marcello Barillà, Diego Protani, Ernesto Bassignano, Edoardo De Angelis, Claudio Lolli, Mimmo Locasciulli.


Gli autori

Mario Bonanno - È autore di articoli e saggi sulla canzone d’autore. Fra i suoi ultimi libri: Rosso è il colore dell’amore. Intorno alle canzoni di Pierangelo Bertoli; Io se fossi Dio. L’apocalisse secondo Gaber; La musica è finita. Quello che resta della canzone d’autore italiana; È vero che il giorno sapeva di sporco. Riascoltando Disoccupate le strade dai sogni di Claudio Lolli; Ho sognato di vivere. Variazioni sul tema del tempo in Roberto Vecchioni. Per Edizioni Paginauno ha pubblicato: 33 Giri, Guida ai cantautori italiani, Gli anni Settanta; 33 Giri, Gli anni Ottanta, Guida ai cantautori italiani; Il nemico non è. I cantautori, la guerra e il conflitto sociale.

Stefania Rosso: figlia di Stefano rosso ha contribuito a questo libro con due saggi.