lunedì 24 dicembre 2007

Natale


Come sempre arriva, con esasperante puntualità.
Le luci, i colori, gli addobbi, i doni, i pranzi e le cene .
La messa di mezzanotte, l’albero, il Presepe .
I bambini fortunati, i meno fortunati, gli orfani.
I senzatetto, i terremotati, i vacanzieri .
Le panchine, gli Hotels, le stazioni, i caminetti .
La retorica, l’onesta’, la generosita’, i falsi sacrifici.
I pacchi infiocchettati, sfasciati, ignorati .
I parenti, gli amici, i nemici .
I buoni propositi, i peccati commessi
I fedeli, gli infedeli, gli atei ed i credenti .
Tutto ciò e’ Natale .
Ci si sforza per trovare il vero significato ,
magari ci si arriva ,
ma non sempre le profonde riflessioni ci migliorano .
Mi giro intorno e… non trovo piu’ la folla di un tempo.
Nemmeno i miei piccoli mi rallegrano la scena.
Un profonda tristezza mi possiede, in questi giorni.
Ma svanirà, svanirà quando sentendo una campanella,
ci precipiteremo tutti nella sala della nonna.
La candela sarà spenta, la stanza piena di regali
e qualcuno mi chiederà :”Ma papà davvero sei riuscito…
hai visto davvero le renne?”.
E il loro Natale diventerà anche il mio.




Ian Anderson e Lucia Micarelli




venerdì 21 dicembre 2007

YES


Quando ho iniziato a raccontare “la musica Prog secondo Athos”, ho evidenziato che ero interessato ad unire gli elementi oggettivi ai miei ricordi, presentando gli artisti attraverso i concerti a cui ho partecipato, o per mezzo di aneddoti.
Nel caso degli Yes non posso aggiungere niente di personale che non abbia già espresso nella pagina postata a settembre (ritrovabile seguendo le etichette a lato).
Anche le note dedicate a Roger Dean riconducono ovviamente a YES.
Io associo il mio riavvicinamento totale alla musica, al concerto del 2003, a Vado Ligure, e sono certo che se sono qui a scrivere queste righe il merito , o la colpa, è esclusivamente degli Yes, che hanno risvegliato in me “l’esigenza” di ritornare alle origini per dedicare del tempo a ciò che più mi fa stare bene … la musica.
Negli anni ‘70 non avevo avuto la chance di vederli dal vivo, ma li ho seguiti con determinazione e ricordo una mia presenza continua nella sala cinematografica citata, per guardare ed ascoltare il film “Yessongs”... una serie innumerevole di volte.
A quei tempi non era così comune vedere film musicali.
Tommy “ non era ancora uscito e noi ragazzi ,spesso compagni di scuola, andavamo al cinema dei Salesiani, dove ripetutamente proponevano appunto il film degli Yes, o “Pink Floid a Pompei”.
Lo ero affascinato dalla chitarra di Steve Howe, musicista incredibile per tecnica e fantasia.
Ora posseggo quel film, ma si confonde tra le decine di reperti musicali, e quindi ha meno occasioni per venire a galla… ma in quei giorni non aveva rivali e credo di aver pagato il biglietto di entrata almeno 10 volte.

Raccontiamo qualcosa di loro.

Gli Yes hanno un’importanza storica uguale a Kink Crimson e Genesis, se parliamo di musica Progressive.
Nel corso degli anni, sono riusciti a mantenere immutato il loro stile, fatto di effetti speciali, virtuosismi individuali, arrangiamenti ridondanti, testi incomprensibili di ispirazione fantascientifica, copertine spaziali.
Tutto è rimasto immutato nel tempo, subendo solo piccoli aggiustamenti.
I fondatori sono Chris Squire e Jon Anderson (nel 1968), che idealmente “lavorano” avendo come obiettivo l’approdo ad una musica totale.
Il primo nucleo prevede Bill Bruford alla batteria, Tony Kaye all’organo e Peter Banks alla chitarra, oltre ai due già citati Squire e Anderson, rispettivamente al basso e alla voce.
I primi due album lasciano solo intuire le potenzialità e gli obiettivi del gruppo, ma a questo punto Banks lascia il posto a colui che per anni impersonificherà l’immagine della pirotecnica chitarristica, Steve Howe, sogno irraggiungibile di molti aspiranti musicisti.
Con lui, e per tre anni col mitico Wakeman(a lui dedichero' spazio prossimamente) alle tastiere,il gruppo ariva alla definizione del proprio caratteristico sound, che è rappresentato in un trittico di capolavori: “Yes Album, Fragile e Close to the Edge.


Il lato prog degli Yes, finisce con “Relayer” che chiude l’epoca più amata dai fan della prima ora, ma spalanca le porte di una nuova fase di carriera, all’insegna del Pop, destinata a portare il gruppo tra le grandi istituzioni musicali internazionali. L’evoluzione è indolore, e passa attraverso continue” reunion “, molto pubblicizzate, che garantiscono comunque la qualità targata “YES”. La loro discografia e’ sterminata , così come gli elementi di spicco che hanno caratterizzato il mondo degli Yes.Tra i musicisti più importanti, oltre a quelli già citati, da ricordare il batterista Alan White ed il chitarrista Trevor Rabin.



 Roundabout






giovedì 20 dicembre 2007

Il blues in famiglia(seconda parte)-Walter Panichella



Alcuni giorni fa ho raccontato una serata particolare, passata all’insegna della musica in famiglia, sano blues e rock proposto da veri appassionati del genere.
Nell’occasione non ero riuscito a fornire notizie precise legate all’organizzazione, ai gruppi, alle idee, e mi ero ripromesso di soddisfare le mie curiosità , appena possibile.
Ed eccomi a raccontare un po’ di storia di Walter Panichella, ideatore della serata, con l’aggiunta di un’intervista da lui gentilmente fornita.
Partiamo dal racconto di Walter , relativo alla nascita del suo gruppo.
Sembra davvero l’inizio di un film…



“I P5 Blues Band sono nati per caso. Doveva essere solo un'esperienza di due apparizioni, in occasione di una rassegna blues tenuta dal 3 al 5 giugno 2005, qui ad Albissola Marina, ma la cosa è piaciuta e questo ci ha spinto a continuare.
In quell’occasione non avevamo né impianto voce né microfoni, e quindi all'ultimo momento ho rispolverato un vecchio amplificatore Montarbo da piano bar e ho comprato 4 microfoni di fortuna , per l'astronomica cifra di 5 euro l'uno...tanto doveva finire tutto lì.
Poi una specie di miracolo …. è successo quello che poteva solo succedere nelle strade di New Orleans:stavamo suonando nella piazzetta di Pozzo Garitta e si ferma ad ascoltarci un elegante uomo di colore. Finito il brano, questo signore si offre di cantare un pezzo con noi. Scegliamo la canzone,”Sweet Home Chicago”,gli diamo un microfono e partiamo.Grande !.......Questo signore si chiama Arthur Miles e quella sera doveva esibirsi sul palco principale....ed ha voluto cantare con noi con un microfono da 5 euro.
Da quel giorno non ci siamo più fermati.
Il gruppo è formato da me, Walter, i miei figli  Mauro e Marco,Piero e Michel ... tutti con un cognome che inizia con P da cui “P5”.


E passiamo all’intervista.

1)Da dove nasce il tuo amore per il blues?
Il mio amore per il blues c'è sempre stato anche se da giovane
ovviamente seguivo rock e prog. Poi con la maturità,ed in particolare
da quando ho ripreso a suonare mi sono dedicato al blues in maniera intensa.

2) Quali sono i tuoi riferimenti musicali?
Per questa domanda ritorno alla numero uno:da ragazzo per me
c'erano Jimi Hendrix ed Eric Clapton come per molti c'erano
i Beatles ed i Rolling Stones.

3)Come sei riuscito a coinvolgere i tuoi figli e che
cosa provi a suonare assieme a loro?
Ti ho raccontato prima di come è nato il nostro gruppo. Abbiamo ancora il testo di Sweet Home Chicago autografato da Arthur Miles. I miei figli hanno i miei stessi gusti musicali, ovviamente aggiornati ai nostri tempi.In quell'occasione siamo piaciuti ed è stata una bella esperienza. Ma in realtà il coinvolgimento è nato già nel 2000 quando Mauro il più grande,mi ha chiesto di insegnargli a suonare la chitarra.
Poi sono nati i primi gruppi con ragazzi molto giovani.
Anche Marco ha iniziato a chiedermi di imparare a suonare la chitarra,e anche lui ha il suo gruppo.
Li ho aiutati a cercare un luogo dove poter suonare e poi… ecco che arriva il locale attuale... la scelta delle chitarre,degli amplificatori, l’ascoltare le nostre musiche insieme e lo scambiarci le nostre conoscenze e poi,una delle cose più importanti è stato l'appoggio e la sopportazione di Stefania moglie e madre di tre maschi,maledettamente appassionati di musica.

4) Normalmente chiedo .."semini con le nuove generazioni?"...In questo caso e' ovvio, per cui ribalto la domanda..hai imparato qualcosa dai tuoi figli, musicalmente parlando?
All'inizio ho dato ma adesso sono loro che mi insegnano e mi aggiornano.

5) L’altra sera ho avuto la netta sensazione che non esistesse alcun tipo di barriera, legata a età o a classi sociali. Io penso che solo la musica riesca in questa alchimia.
Anch'io la penso così e l'altra sera ne ho avuto ulteriore la dimostrazione.
Una cosa che mi fa sempre molto piacere è che quando camminiamo
per strada Stefania ed io, spesso capita di essere chiamati, salutati, abbracciati dagli amici dei nostri figli,che gravitano nell'ambiente musicale.

6) Ripensando alla tua storia personale, cambieresti qualcosa se potessi tornare indietro?
Da giovane suonavo,e per qualche anno sono riuscito a guadagnarmi la pagnotta con la musica. Poi le cose sono cambiate come per tanti come noi,la laurea,il lavoro,
la famiglia,la casa, la carriera. Tutte cose sacrosante. Per tutto ciò ho praticamente smesso di suonare nel 1980.
Per 20 anni è rimasta accesa solo la fiammella pilota della passione musicale.
Poi è arrivato quel magico momento in cui nel 2000 Mauro mi ha chiesto di
insegnargli a suonare e,la fiammella si è trasformata in una grossa fiamma che sembra aumenti sempre di più. Rimpiango solo di non aver avuto mezze misure nelle scelte di vita perché 20 anni di ruggine nelle dita sono dure da togliere.

7)Se pensi ad una tua collocazione in ambito musicale, diversa da quella di musicista , immagini qualche ruolo che ti si addice?
A questa domanda non so cosa rispondere.

8)Quali sono le cose che sei riuscito meglio a realizzare, in ambito musicale?
Quelle attuali.

9) E quelle dove hai fallito?
Aver smesso di suonare per così tanti anni è stato forse un errore.

10)Il tuo lavoro e' stato un impedimento o ti ha aiutato a realizzare qualche sogno?
Come ho già detto, gli impegni lavorativi mi hanno allontanato dal mondo
musicale,anche perché se volevi mangiare suonando,l'unica strada era il ballo
liscio e quindi la scelta è stata obbligata.
Oggi indubbiamente,con una sicurezza economica stabilizzata,mi posso permettere
di realizzare qualche sogno.

11)Quali sono i tuoi miti?
Vedi la risposta numero 2,ma comunque i veri miti sono quelli che incontri a suonare blues nella metropolitana di New York,nelle piazze della Calabria o della Lucania,nei pub etc.,perfetti sconosciuti al grande pubblico ma liberi di suonare con grande passione e capacità.

12)Per ultima la domanda che doveva essere alla base: Il 1 dicembre 2007 ho partecipato ad un evento casuale o esiste un progetto preciso? Se si, me lo puoi descrivere?
Il 1 Dicembre è stato un esperimento. Ha funzionato.
Progetti non ce ne sono,sogni tanti. Per il momento sono solo feste private dove l'obiettivo è quello di mantenere contatti musicali,stare tra amici,vecchi e giovani, a scadenza possibilmente mensile.
Poi da cosa può nascere cosa... si vedrà.


Grazie Walter, ho trovato tante similitudini tra le tue e le mie vicende, e prima o poi, tra un blues ed un altro, ne potremo parlare.


Ed ora, prima di "guardare" un altro brano di quella sera, ricordiamo chi e’ Arthur Miles, utilizzando notizie raccolte dal suo sito.

Nato negli Stati Uniti, Arthur Miles, nipote del grande chitarrista Jazz, Wes Montgomery, ha studiato, coltivando il suo talento vocale, specializzandosi presso la Scuola Superiore di Voce Naturale. Pianista, compositore, autore di testi, vocalist e cantante professionista da oltre trent’ anni, Arthur Miles è la voce nera attualmente più richiesta nelle sale d’incisione di tutta Europa.
Con la sua voce calda e potente si è esibito sui palcoscenici di tutto il mondo, sia come singolo, sia perché richiesto da grandi musicisti di fama internazionale; negli Stati Uniti ha affiancato personaggi del calibro di Edwin Starr, Gloria Gaynor ,Eddie Clean-Headed Vincent, Big Joe Turner, Josè Feliciano, Jimmy Bo Horne, David Ruffin (il cantante dei Tempations), Johnny Otis Show, solo per citarne alcuni tra i più famosi.
Appena giunto in Italia, Miles è stato invitato da Renzo Arbore per il gran finale di “Quelli della Notte”.
Da allora, le collaborazioni italiane di Arthur Miles sono state molteplici: Pierangelo Bertoli, Andrea Mingardi, Loredana Bertè, Paolo Conte.
La collaborazione italiana più significativa è stata indubbiamente quella con Zucchero, come vocalist, per la realizzazione di tutti i suoi grandi successi: dal primo grande LP “BLUES”, a “Oro Incenso & Birra”, a “Spirito di Vino” al bellissimo “shake”. E’ la voce nera, calda e profonda di Miles che introduce, intercala, duetta con Zucchero in tutti i suoi pezzi più belli e famosi, ad esempio: “Senza una Donna”, “Hey man”, “Baila”, “Ahum”.





Citazione del giorno:

"Non è difficile suonare il blues, è difficile sentirlo" (Jimi Hendrix)




mercoledì 19 dicembre 2007

Free



Ritornando indietro alla mia gioventù, in un piccolo angolo della memoria, sono rimasti i Free, che per me significavano essenzialmente  il 45 giri "All Right Now".
Era un brano con un ritmo ed un ritornello fuori dalla norma e risentendolo appare ancora molto fresco.
Ma che cosa hanno rappresentato i Free?


I Free nascono a Londra nel 1968 quando Paul Kossoff e Simon Kirke, rispettivamente chitarrista e batterista dei Black Cat Bones, contattano il cantante Paul Rodgers dopo averlo visto in azione con la sua blues band, i Brown Sugar. Come bassista viene reclutato il sedicenne Andy Fraser. Con la protezione di Alexis Korner i quattro fanno serate in piccoli club creandosi un certo seguito, firmano così per la Island e pubblicano il loro esordio: Tons of Sobs. La voce graffiante di Rodgers e i grintosi assoli di Kossoff personalizzano un sound che negli anni a venire non sarà più così energico. Nel secondo album, Free, i toni si fanno infatti più morbidi e pacati concedendo largo spazio alle armonie vocali. Il grande successo arriva comunque con Fire and Water, contenente il brano All Right Now, caratterizzato da un riff di chitarra e un ritornello che li porterà in cima alle classifiche di USA e Regno Unito. I Free si separano al culmine della carriera, nel 1971 per dedicarsi a progetti diversi con scarso successo per tutti e quattro. Si rimettono quindi insieme nel 1972 e,dopo ripetuti cambi di formazione e i problemi di droga di Kossoff, pubblicano Free at Last (1972) e Heartbreaker (1973). Fraser lascia il gruppo formando la Andy Fraser Band e lasciando il posto al bassista giapponese Tetsu Yamauchi. Entra anche il tastierista texano John "Rabbit" Bundrick, già con Johnny Cash, tuttavia il gruppo britannico non riesce a trovare la stabilità per l'abbandono di Kossoff prima della conclusione di Heartbreaker (in alcune date è Rodgers a improvvisarsi chitarrista). In seguito Rodgers e Kirke ritrovano la gloria con i Bad Company, Tetsu si unisce ai Faces e Bundrick intraprende la carriera solista diventando dal 1979 tastierista live degli Who. Kossoff, dopo due anni di cure intensive e quando sembrava essere tornato al meglio , muore per un attacco cardiaco nel 1976 sull'aereo che lo stava portando N.Y. Dal 1974 al 2002 vengono pubblicate antologie dei Free rimasterizzate e arricchite di inediti e versioni alternative dei loro successi.

Conclusa l'esperienza Bad Company, Paul Rodgers intraprende l'attività come solista e nel 2005, dall'incontro con Bryan May e Roger Taylor dei Queen, nasce il progetto Queen +Paul Rodgers, che porta la formazione ad esibirsi in tutto il mondo con un repertorio celebrativo comprendente i successi di entrambi, anche se con un taglio principalmente 'Queen'.

Ascoltiamoli


lunedì 17 dicembre 2007

Boston


Nell'indovinello musicale n.8 avevo proposto i Boston ed il loro brano piu' famoso,"More Than a Feeling".

Ma chi erano i Boston?
Ho trovato questa originale descrizione:
Nel 1975 Tom Scholz è ancora un ingegnere della Polaroid di Boston che nel tempo libero coltiva le sue grandi passioni: il basket e soprattutto la musica. Quando non è al lavoro o a tirare e schiacciare (è alto 1,98) a canestro, si rintana in cantina dove tiene mixer, registratore 12 piste, strumenti e una serie di diavolerie elettroniche da lui stesso progettate e assemblate per modificare il suono come piace a lui.
Pignolo e perfezionista a livello ossessivo, ha sviluppato e affinato oltre ogni limite umano un pugno di canzoni delegandone solo le parti cantate al suo amico Brad Delp, e dopo che per anni ha tempestato di demo tutte le case discografiche e i produttori d'America finalmente trova in John Boylan della Cbs lo sponsor che cercava. Boylan, estasiato dall'incredibile qualità sonora delle registrazioni casalinghe di Tom, fa qualcosa di inaudito: prende i demo e va a Los Angeles dove fa ricantare a Delp tutte le parti, trova un batterista con cui rieseguire le esatte partiture ritmiche di Tom, colpo su colpo, assolda un secondo chitarrista e un bassista per completare il gruppo e, rischiando la reputazione, "finge" di produrre l'album buggerando i suoi capi, che mai avrebbero tollerato un disco prodotto da un emerito sconosciuto a casa sua e su macchine amatoriali!
Nella primavera del 1976 esce il disco "Boston": 19 milioni di copie vendute, disco di debutto più venduto della storia, album made in USA degli anni '70 più venduto (quarto in assoluto, preceduto da "The Wall", "Led Zepp IV" e "Rumours"). Come prodotto "di cantina", niente male! Dopo un paio di anni, alla Cbs sono tutti nevrastenici perché il meticoloso Scholz ancora non ha consegnato i nastri del secondo album (ora è il produttore ufficiale, ci mancherebbe altro). Quasi glieli scippano mentre ancora lui li sta levigando (a casa sua, stavolta tutti lo sanno e a tutti va bene), insoddisfatto di qualcosa qui e là. E' il 1978 ed esce "Don't Look Back" che non riesce a ripetere la performance del primo: ad oggi quasi 8 milioni di copie vendute .
Passano altri due anni quelli della Cbs sempre famelici sono di nuovo in aspettativa, ma stavolta non c'è niente di pronto. Si innervosiscono anche i musicisti compagni d'avventura, frustrati dal fatto non poter avere una normale carriera scandita da dischi + tournèe ad adeguato ritmo, il loro capo se ne frega di successo e soldi vuole che la sua musica sia perfetta ma a loro modo di vedere in definitiva sta "sabotando" il gruppo... Fioccano le denunce e le cause, ma Scholz le vince tutte, anche quella con la Cbs! Rimane ovviamente di nuovo da solo, con Delp, senza gruppo e senza contratto, gli anni passano e il ricordo dei Boston si sbiadisce incredibilmente e inevitabilmente.
Otto anni dopo il secondo disco, ecco però che esce "Third Stage" per una nuova casa discografica. Stavolta 6 milioni di copie vendute, la chance è raccolta anche grazie all'ottimo singolo "Amanda" e i Boston tornano in auge, si spera che d'ora in poi vi sia una presenza più compatta nel mercato da parte dei Boston! Scholz spiazza tutti fondando una ditta (la "Rockman") per la produzione in serie degli ammennicoli elettronici da lui inventati per la manipolazione del suono e si mette a far l'imprenditore. Risultato: niente nuovi dischi dei Boston ma buona parte dei chitarristi in giro per il mondo che si trastullano con i pastosissimi suoni elaborati dai preamplificatori Rockman; per qualche tempo ogni studio di registrazione, ogni negozio di strumenti musicali è guarnito di macchinari pensati e prodotti da Tom Scholz. Finisce anche questa fase però, Tom vende tutto il business alla Dunlop e nel 1994, di nuovo otto anni dopo il precedente, esce il quarto album "Walk On", stavolta però la faccenda scricchiola, non c'è Brad Delp alla voce, vi sono scelte opinabili come l'uso delle batterie elettroniche un'eresia per il rock classico... le vendite sono insufficienti e non solo perché i tempi sono cambiati.
Nel 2004 ,quando nessuno pensa più ai Boston, esce questo quinto album: cocentissima delusione! Scholz, già eccentrico di suo come ho tentato di spiegare, stavolta dimostra di essersi bevuto il cervello: otto interi anni per mettere insieme nove pezzi insignificanti più un'auto-cover dall'albun precedente. E lui , ex duce supremo e combattivo della sua musica, che ne compone si e no la metà, fa entrare nel gruppo uno stormo di gente che non si capisce più chi canta cosa e chi suona cosa: E poi il mitico Brad Delp che torna ma senza la sua voce! Canta (poco, due o tre pezzi) un'ottava e mezza più in basso rispetto a una volta, dove il suo magico timbro non ha modo di risaltare... E che bisogno c'è di quattro chitarre? (Scholz, Gary Phil, Anthony Cosmo il fratello dell'altro cantante Fran Cosmo (già cantante ufficiale in "Walk On" e certa Kimberley Dahme... Ecco! deve essere colpa di ‘sta Kimberley, Scholz dev'essere evidentemente in seconde nozze con lei, che suona la chitarra acustica, il basso e canta, ma col monumentale suono dei Boston non ci azzecca minimamente.

Il cantante Brad Delp è stato trovato morto dalla Polizia il 9 marzo 2007 nella sua casa di Atkinson. Secondo il rapporto della polizia, la morte sarebbe avvenuta per intossicazione da monossido di carbonio. Il previsto Tour estivo, insieme ai REO Speedwagon e’ stato così annullato.

Il 28 agosto 2007 si è svolto un concerto tributo per Brad Delp con vari artisti, dopo che Scholz ha cercato di organizzare "A Final Boston Concert" e ha annunciato che è in corso la preparazione della versione rimasterizzata dell'abum Greatest Hits oltre ad un album con le migliori performance live.

Ascoltiamo il brano "Don't Look Back".






venerdì 14 dicembre 2007

Una serata di blues... in famiglia


L’evento
Sabato 1 dicembre ho vissuto un momento indimenticabile, frutto della casualita’e del passaparola. Un amico mi racconta di una serata da passare all’insegna del blues, organizzata da Walter, un musicista per passione, sul palco assieme ai suoi figli.
Il tutto un po’ nebuloso, ma mi fido di Franco Piccolini, e convinco la mia famiglia a lasciarmi ”libero da impegni”.

Il luogo
Una villa, un edificio settecentesco da favola. È immersa in un parco e vi entro per la prima volta, nonostante in tempi remoti bazzicassi spesso nella zona.
Il buio non mi permette di godere appieno dello spettacolo ma, percorrendo il viottolo che sale “bucando” il parco, si ha l’impressione di lasciarsi alle spalle la caoticità del comune vivere quotidiano.
Sono anche un po’ curioso ed emozionato, e provo un minimo di eccitazione che sempre mi prende prima di un evento musicale, e non importa quanto l’evento sia sulla carta importante.

La gente
I gruppi si esibiscono in uno dei locali della villa.
Entro e trovo facce conosciute e altre mai viste, baristi improvvisati dietro ad un bancone molto fornito, un palco, una serie di Gibson e Fender in evidenza, qualche sedia, e tanta, tanta gente che ha voglia di ”vedere cosa accade“.
Franco mi presenta l’artefice della serata e io mi isolo ,“in front of the stage“, nella speranza di poter filmare qualcosa.

La musica
Sono dispiaciuto di non poter raccontare niente dei tre gruppi sul palco (al di là dei nomi, vicini ad ogni filmato), perché la serata non permetteva molte domande, e successivamente non sono riuscito a trovare informazioni di alcun tipo.
Mi ripropongo di farlo appena possibile, perché è per me un piacere raccontare di quanti bravi musicisti ci siano in giro, più o meno navigati, più o meni importanti.
Quando poi ci sono di mezzo dei ragazzi, notoriamente legati ad altri generi musicali, la mia voglia di sapere e raccontare , si ingigantisce.
I tre gruppi hanno presentato blues e rock, con pezzi super conosciuti e qualche “produzione propria”.
Non mi dilungherò oltre, lasciando invece spazio a 3 filmati (uno per gruppo), che nonostante la scarsa qualità della ripresa video, lasciano intravedere le potenzialità di questi musicisti, e soprattutto il feeling che sono riusciti a creare.
Purtroppo, in alcune riprese, si perde parte del palco, per effetto di qualche ammennicolo posto sull'asse di lavoro della videocamera, dopo che questa era stata sistemata su di una televisione, alla ricerca della stabilità.

La parte parzialmente “oscurata” e’ la chitarra alla sinistra degli spettatori , cioè quel manico che è la prima cosa che guardo quando vedo un chitarrista in azione.

Mea culpa!
Devo sottolineare un’ultima cosa.
In quella sala convivevano diverse generazioni, ma i ragazzi presenti non erano a rimorchio dei genitori ; sembravano invece piuttosto integrati e a loro agio.
È mia convinzione che solo la musica abbia il potere, o la capacità, di azzerare il gap generazionale e le differenze sociali.
Davanti a del sano rock ho più volte visto la ”trasformazione degli uomini“, la rottura della formalità, il superamento dell’etichetta, il passaggio dalla rigidità al “lasciarsi completamente andare” a movimenti inusuali.
In questa occasione particolare ne ho avuto l'ulteriore conferma e di questo ringrazio Walter, l’organizzatore, che è riuscito a "creare"una serata davvero indimenticabile.

Ed ora vediamo cosa sono riuscito a registrare...


Dirty Trick


P5 Blues Band


Homer Simpson Blues Experience






giovedì 13 dicembre 2007

Maurizio Arcieri/New Dada





La mia ricerca in rete di materiale "dimenticato" porta ad artisti ormai relegati al passato e solo a quello.
Parlo di musica che difficilmente mi verrebbe in mente di ascoltare, canzoni che però, abbinate alle immagini in bianco e nero, riportano a qualche momento antico che ha forte legame con la vita attuale.
Potrei scrivere per ore del link esistente tra musica e ricordi, ma non lo farei in modo oggettivo e cadrei certamente nel pentolone contenente rimorsi e rimpianti, e... chissà che cosa triste ne uscirebbe!
Ieri sera sono stato colpito da quello che io chiamavo "Maurizio dei New Dada".

La canzone che meglio ricordavo era la cover di "Lady Jane", degli Stones, ma lui ebbe il successo significativo con un brano che ai tempi si definiva commerciale e cioè "5 Minuti".
Un tempo mi sarei mortalmente vergognato di ascoltarla, ora, tra Gentle Giant e Yes, può risultarmi piacevole.
Cosa mi ricorda?
Una delusione amorosa da adolescente... francamente non so quale, so solo che ascoltarla un po' mi angoscia.

Questa e' la forza, positiva o negativa, delle note.


Vediamo qualche nota su Maurizio Arcieri

Nato a Milano nel 1945, attivo musicalmente dai primi anni '60, Maurizio Arcieri negli anni sessanta fu leader dei New Dada che nel giro di pochi anni, dal 1965 al 1967 incisero uno "storico" LP e una manciata di singoli irresistibili, suonati con grinta e tecnica difficili da ritrovare in altri gruppi italiani del periodo. D'altra parte i New Dada furono senza ombra di dubbio il complesso più particolare dell’intera scena beat italiana. Curavano moltissimo l’immagine, al punto che "Pupo" Longo, il batterista, suonava con i guanti bianchi. Ma era soprattutto il leader, Maurizio Arcieri, a gettare lo scompiglio tra le fans. Parteciparono all’edizione ‘66 del Cantagiro riscuotendo ottimi consensi con “Non dirne più” (3° nella sezione Complessi, dietro a Equipe 84 - "Io ho in mente te" e ai Rokes - "Che colpa abbiamo noi") e si aggiudicarono diverse puntate di “Bandiera Gialla” grazie alla cover di “Lady Jane”. I New dada furono inoltre scelti come band di supporto nelle tre tappe del tour italiano dei Beatles. All’apice del successo i New Dada si sciolsero e Maurizio intraprese la carriera solista; parte dei New Dada lo seguì nelle vesti di formazione accompagnatrice. Nel 1967 incise "Ballerina" e "Il Comizio" ma il successo pieno arrivò l'anno successivo con "Cinque minuti e poi" con cui partecipò al Disco per L’Estate. La canzone non vinse ma risultò essere uno dei più grandi hit dell’anno e fu il leit-motiv di "Quelli belli siamo noi” un fortunato “musicarello” con Carlo Dapporto, Orchidea De Sanctis, Ric & Gian, Carlo Delle Piane e Isabella Biagini e...Loredana Bertè! Nello stesso anno presentò "Elisabeth". Negli anni successivi incise altri brani senza tuttavia ottenere grossi consensi. Spesso si trattava di cover di brani inglesi. Ad esempio una bella cover di "See me, feel me, touch me" tratta da "Tommy" degli WHO, dal titolo italiano "Guardami, Toccami, Guariscimi". Nel 1976 decise di dar vita a un nuovo progetto musicale: i Chrisma. Il gruppo avrebbe “rilevato” il precedente contratto di Maurizio con la Polydor. Chrisma non era altro che la contrazione dei nomi dei due componenti, Maurizio e Christina Moser, conosciuta nel 1966 e diventata nel frattempo sua moglie. I due si trasferiscono a Londra e incidono "Amore" e l'anno dopo "U", brani un po’ deboli, tanto dal punto di vista creativo quanto per l’inclinazione stilistica commerciale. Direttore artistico della Polydor era Nico Papathanassiou, fratello di Vangelis, con cui i Chrisma diedero vita a un fortunato sodalizio durato alcuni anni. Londra era agitata dal fenomeno del punk, ma il duo più che sposarne la causa ne adottava il look: capelli colorati, pantaloni e giubbotti in pelle nera, una spilla da balia conficcata nella guancia. Nel 1977 i Chrisma incisero Chinese restaurant un disco rock decadente ed essenziale ricco di contaminazioni elettroniche, atmosfere sospese e di allucinata tensione. Il 45 tratto dal disco, “Lola”, entrò nella Top 10: sembra che il brano dovesse essere presentato a Sanremo, ma i Chrisma, non avendo voglia di cantare in italiano, rifiutarono. Seguì una tournée di notevole impatto: uno spettacolo ricco di luci e costumi, con immagini tridimensionali proiettate sui teli a fondo palco. Maurizio si dimenava e cantava con molta partecipazione, spesso si strappava la camicia con un coltellino tra lo scalpore del pubblico; una sera addirittura si tagliò volontariamente un dito. Finì in ospedale e gran parte delle date programmate finirono cancellate. Nel 1978 gli Arcieri incisero Hibernation, inciso in Italia ma missato a Londra, disco con cui si confrontarono con la musica elettronica. Il disco fu stampato in vinile color ghiaccio e custodito in una copertina a specchio e pur essendo parecchio elaborato riusciva a essere comunque accessibile al pubblico. Per lanciare uno dei due singoli tratto dal disco, "Aurora B", venne realizzato un video che fece scalpore, contenendo immagini di un suicidio e scene di sesso in una stazione della metropolitana. Due anni dopo è la volta di Cathode mamma lavoro nato dalla collaborazione con il musicista Hans Zimmer. Per l'occasione cambiano il nome del gruppo in Krisma. Una azzeccata miscela di frizzante electro-pop permise loro di ottenere il primo grosso successo da classifica: "Many Kisses", brano che fece furore in mezza Europa.

Ricordiamolo così


mercoledì 12 dicembre 2007

Van der Graaf Generator
















Continuando sulla strada del Prog, dopo aver presentato i King Crimson, devo obbligatoriamente fare una tappa sui Van der Graaf Generator.
Su questo blog ho già trattato “l’argomento” ed ho presentato un paio di filmati.
Non mi interessa collocare il gruppo su una particolare scala di valori tecnici, di importanza , o di tempo, ma sono gli artefici del mio battesimo “live”, nel lontano 1972 e, nonostante li abbia rivisti altre 2 volte, quel primo pomeriggio dedicato alla musica dal vivo, non posso dimenticarlo.

I VDGG devono la loro esistenza alla forte personalità e creatività del loro leader, Peter Hammill, un uomo che potremmo idealizzare come “Mister Progressive”.


La loro musica e’ un rock cupo, pieno di riferimenti gotici e dark , ballate spolcrali , povero di momenti solari, ma ricco di spunti di grande lirismo poetico.”
La prima fase della carriera e’ la piu’ interessante e culmina con “Pawn Hearts”, sorta di punto di non ritorno della storia del gruppo, subito dopo precipitati tra l’indifferenza del pubblico.
Sospesa l’attività Hammill inaugura una carriera solistica che proseguirà con regolarità e senza grandi appannamenti".

Se dovessi consigliare alcune canzoni che mi hanno particolarmente colpito , indicherei “Killer”, “Lost”, “Lemmings” e la fantastica “Man -Erg”, che considero un piccolo capolavoro.


I dischi di riferimento sono:

-H To He Who Am The Only One

-Pawn Hearts

Formazione:

Peter Hammill : voce, chitarra, piano e tastiere
Hugh Banton : tastiere, basso
David Jackson : sassofono
Guy Evans : batteria


E rileggiamo il mio ricordo di quel pomeriggio del ’72.

"... ma il vero inizio, quello indimenticabile, è avvenuto un pomeriggio del 72, a Genova, Teatro Alcione. Tutto nacque per caso, un giorno di primavera.Io ero gia’ abbastanza immerso in un particolare tipo di musica che in quel periodo stava fiorendo.Sto parlando della Progressive Music. All’uscita da scuola un amico, Fulvio, che su di me aveva molta influenza, mi chiese se volevo aggiungermi a lui e ad altri per il concerto pomeridiano(a quei tempi c’era anche il serale) dei Van Der Graaf Generator.Il biglietto mi pare costasse 2000 lire e poi c’era da aggiungere il costo del treno, Savona- Genova. Mia madre accetto’ ,non so come mai.Io conoscevo i V.D.G.G. perche’ avevo ascoltato “Pawn Hearts” , e ricordo una perfetta descrizione di “Man Erg” , ascoltata alla radio, ad una trasmissione che mi pare si chiamasse “Per voi giovani”. Ma il mitico Fulvio, mi aveva descritto a puntino tutto il disco, riproducendo la voce di Hammill e mimando le parti di sax di Jackson. Cavolo se era bravo… forse era per questo che lo vedevo un gradino sopra agli altri!!!Arrivammo a teatro e mi pare che i ragazzi presenti fossero numerosi. La prima immagine che ho, la madre di tutte le mie vicende musicali future , e’ quella di Peter Hammill, da solo sul palco , che accenna l’arpeggio di “Lemmings”. Da quel giorno iniziò la mia esplosione di partecipazioni, con vicende variegate, che circoscrivere solo all’interno del “mondo della mia musica” sarebbe sbagliato. Ricordo ogni momento , ogni avventura, ogni particolare di quei giorni. La musica è stata un’occasione, un veicolo , una strada che mi ha portato a differenti esperienze, che mi accompagna oggi più che mai, che mi fa stare bene e a cui non vorrei mai rinunciare.




Citazione del giorno:

"Basta una serie di note... il resto e' improvvisazione" (Jimi Hendrix)