ALDO TAGLIAPIETRA -"INVISIBILI
REALTÀ"
Sono passati quattro anni dall’uscita di “L’angelo rinchiuso” e Aldo Tagliapietra ritorna dal suo
pubblico con una nuova chicca, “Invisibili Realtà”.
E’ un tempo lungo quello che intercorre tra i due lavori ma è lo
stesso Tagliapietra che, nella bella intervista a seguire, racconta il motivo
di tale gap, entrando nei dettagli di un disco che non può lasciare
indifferenti.
Leviamoci dalla mente ogni tipo di etichetta e di incasellamento,
e prendiamoci con piena soddisfazione l’uomo attuale, un “cantautore” che ha la
fortuna di essere affiancato da musicisti molto più giovani di lui - talentuosi e
umili - con cui si sente in piena sintonia, artisti a cui cede sapienza
musicale e da cui riceve energia e stimoli nuovi, un perfetto esempio di osmosi musicale.
Aldo Tagliapietra è da molto tempo alla ricerca - e al
consolidamento - di elementi spirituali, percorso fatto di studi e viaggi,
sentiero che più passano gli anni e più si cementifica, palesandosi nella sua
musica, brano dopo brano.
Le sue liriche, le sue ballate, le atmosfere create, profumano di
trascendenza e di pace, e dopo attento ascolto si ha la sensazione che quelle “realtà
invisibili ai più”, per lui non abbiano ormai alcun segreto, e la piena
maturità abbia in questo senso qualcosa di invidiabile.
Sono nove i brani che compongono il disco, una storia che
ripercorre tutta una vita, ponendo l’accento sui veri bisogni dell’uomo
rapportati alle esperienze personali, una sorta di confronto che prosegue su binari paralleli
che non divergono mai.
La musica e le parole ci aiutano a “perdonare ciò che va perdonato, dimenticando quello che va dimenticato,
ricominciando sotto un nuovo sole, abbandonando al vento gioia e dolore…”
(da “Musica e Parole”).
L’album appare come una sorta di sintesi personale, e accanto alle
ballad non poteva quindi mancare l’accenno prog, quel “Siamo nel cielo” che nella seconda parte riporta al mood tipico di
Hammill e soci, ovvero amici antichi.
E ancora… la ricerca delle radici (“Radici”), il bisogno di verità (“La porta”), le riflessioni sul susseguirsi delle stagioni (“E’ la vita), l’attesa della pace e della
tranquillità (“Il sole del mattino”),
il pensiero dell’amore (“Il bisogno di te”),
la speranza che l’uomo possa essere il protagonista del cambiamento (“Come onde”). A conclusione un brano
strumentale, una triste melodia sui cui ogni ascoltatore potrà ricamare il
proprio pensiero, dopo il condizionamento positivo delle prime otto tracce: è la title track, “Invisibili realtà”,
carica di significati nonostante l’assenza di liriche, a patto che si sia
dotati di un po’ di sensibilità.
Un disco che colpisce per la sua forza d’urto, nonostante sia a
tatti sussurrato; un lavoro che presenta il volto di Aldo Tagliapietra
evolutosi nel tempo, un'immagine che appare oggi rassicurante e a tratti contagiosa nella
sua positività.
Chi ha da poco ascoltato la Aldo Tagliapietra Band - e quindi la
proposizione live di “Invisibili Realtà”
- ne è rimasto entusiasta, e il mix di esperienze artistiche appare uno dei
cardini del nuovo corso.
Un consiglio per chi nonavesse ancora ascoltato l’album: nessuna
ricerca assoluta del passato, nessuna comparazione… i pregi del disco sono
molteplici, dall’unicità della proposta alla pregevole musicalità, passando per
i testi illuminati - e illuminanti - arrivando ad una funzione quasi didattica.
Io mi emoziono ad ogni ascolto… e qualcosa vorrà pur dire!
INTERVISTA AD ALDO TAGLIAPIETRA
Il titolo dell’album, “Invisibili Realtà”, si presta a
molteplici interpretazioni, ma per chi ti conosce le note allegate al CD sono
sufficientemente chiarificatrici. E’ bene comunque sentire il tuo pensiero a
tal proposito…
Tu sai che sono un appassionato di
pensieri orientali e in particolare induisti, cinesi ecc., che affermano che
noi viviamo in una realtà “maya”, ossia nell’illusione. Quindi tutta la nostra
vita umana sulla terra non sarebbe altro che un’illusione e le realtà vere, quelle
eterne, sono ben altre. Queste realtà ci avvolgono in qualche modo. Se noi ci
sforziamo di uscire per un attimo dalla nostra visione materiale, provando a
percorrere un sentiero invisibile e impalpabile, le cose cambiano. Secondo me
il musicista attraverso la sua arte può perlustrare altre dimensioni, quella
spirituale in primis. Queste filosofie dicono anche che la musica è il mezzo
per andare a cercare - e a trovare - l’ispirazione,
come tutte le arti d’altronde, perchè hanno il potere di acuire la nostra
sensibilità, che sarebbe la fantasia. George Harrison diceva che la canzoni non
le scriveva lui, ma percorrendo questa dimensione così magica le trovava
scritte, un po’ come quando chiesero a Michelangelo come facesse a fare le sue
statue bellissime e lui disse che era facilissimo, bastava togliere il marmo
intorno. Sto parlando di interiorità, di tutto ciò che può essere vissuto da
dentro e poi esteriorizzato, ed è questa una condizione a cui si pensa
soprattutto quando si raggiunge una certa età.
Con questo disco ho voluto anche mettere a nudo la mia
interiorità, ed esprimo attraverso i
miei pensieri delle condizioni che solo nella terza parte della vita in qualche
modo si riescono a focalizzare meglio. Questo è quello che dovremmo fare un pò
tutti arrivati ad un certo punto del percorso. Tutto questo è ovviamente molto
soggettivo.
Io conosco tutta la tua produzione. Forse mi sbaglio, ma mi
sembra che questo disco sia il più spirituale di tutti…
Assolutamente sì, ho voluto fosse proprio così. Anche per ciò
che ti dicevo prima, si arriva ad un punto della vita che si sente il bisogno
di ritrovare l’anima che si aveva da
bambino, ecco perché i nonni e i nipotini sono sempre in simbiosi,
proprio perché l’anziano ad un certo punto ricerca la gioventù dell’anima quando
il corpo è appesantito dagli anni e dai problemi. C’è una canzone, che appunto
parla della vita (“E’ la vita” N.d.R.),
dove dico che serve volontà, desiderio e sogno di ridiventare bambino.
Nonostante questa tua visione del mondo e della musica che è attuale,
c’è qualcosa che è molto legato a quello che hai fatto nel passato?
Certo, c’è tutto il mio passato lì dentro, ho voluto
addirittura fare apposta dei piccoli accenni e riferimenti anche alle Orme
degli anni ‘70, ho voluto fosse quasi come il racconto di una vita. Infatti ho
lavorato molto su questi testi.
Ho visto il video che racconta la storia della costruzione
del disco, e ad un certo punto affermi che normalmente per fare un disco ci
vuole un anno, mentre tu ne hai impiegati tre, come a sottolineare che è stato
un lavoro duro, sudato goccia per goccia…
Sì, infatti; mentre la creazione di melodie e ballate mi
viene semplice e spontanea - credo di aver scritto nella mia vita più di 200
canzoni tra Orme e altri progetti -, per i testi è diverso. Ho incominciato a
scriverli dopo gli anni ’70; quando Pagliuca se ne andò pensai che anche io
potevo essere in grado di scrivere le liriche, e così ho incominciato questo
lavoro e sono diventato una sorta di cantautore, e questa è sempre stata la mia
condizione anche nella band. Successivamente le canzoni avevano sviluppi di arrangiamento
e lavorazione diversi, più prog, ma noi siamo sempre partiti da una melodia, e
in qualche modo posso asserire che il “La” l’ho sempre dato io. Ho continuato
quindi in questa maniera e ora mi autodefinisco cantautore a tutti gli effetti,
anche perchè nel corso degli anni tutti i dischi che ho fatto sono cose mie.
La tua definizione di cantautore si percepisce ascoltando l’album.
C’è una canzone sola, “Siamo nel cielo”, che nella seconda parte si sviluppa in
modo diverso, e a un certo punto sembra quasi di sentire i Van Der Graaf
Generator…
Sì, hai ragione, in un certo momento c’è un ritmo molto “Vandergraaf”.
Si fa presto, si prende un riff atonale e ci si mette un tempo dispari ed ecco
che entri in un mondo che è quello che tu hai citato. L’ho voluto fare apposta
per dire che ho attraversato anche questo mare. Poi, ripeto, se fai un riff di
un certo tipo ottieni un ritmo prog e ho voluto dare questo tocco all’album.
Guardando i crediti ho visto che ti è attribuito oltre, alla
voce, il sitar ma non c’è il basso, è una tua scelta precisa?
Sì, perché in questo disco ho voluto che ci fosse un altro
tipo di basso - e di bassista. Questo bassista si chiama Andrea Ghion, suona
con noi anche dal vivo perché io in concerto preferisco suonare la chitarra
acustica. Ho voluto concentrarmi di più sul cantato.
A proposito del tuo gruppo di lavoro, alcune figure sono
molto consolidate - Smaniotto, De Nardi e Ballarin - , e ho sentito che dichiaravi
che da loro trai energia in sala di registrazione o su di un palco. Come si è
evoluta questa collaborazione con questi ragazzi che sicuramente sono maturati
con te?
Quando si fa una canzone sono io che do l’indirizzo
dell’arrangiamento, ma loro hanno alle spalle un bagaglio musicale non
indifferente per la loro giovane età, una preparazione molto vasta, dalla
musica classica al jazz al prog più stretto. Parliamo lo stesso linguaggio,
capiscono al volo cosa voglio e quindi esiste questa apertura mentale che per
me è molto importante. A tutto questo aggiungi l’energia e l’entusiasmo che
derivano dallo stare insieme, dal suonare insieme, dallo stare sul palco
insieme suonando la propria musica. Sono stato fortunato! Ci ho messo un pò a
trovarli! Matteo Ballarin ad esempio… è entrato proprio all’ultimo momento ai
tempi di “Nella pietra e nel vento”, ma
io già suonavo con tastiera, batteria, basso ecc.; era molto amico e suonava
spesso con Andrea De Nardi, quindi quando l’ho conosciuto ho voluto inserire
anche lui nell’organico e poi la cosa ha continuato.
Nel brano strumentale finale, che poi da il titolo all’album,
ci hanno messo del loro o è tutta roba tua?
È
tutta roba mia, è un brano scritto per chitarra acustica. Ho
pensato però che nel disco fosse meglio inserire altri tipi di suoni, e
poi un pò di arrangiamento loro c’è, ma
questa comunque è una delle melodie che avevo nel cassetto e ho voluto inserire
il pezzo quasi come segno di chiusura, una trama che lascia anche un po’ di
nostalgia.
Avete programmato per il prossimo anno qualche data live o
tour per presentare questo album?
Stiamo già facendo delle cose. Ho fatto una presentazione dell’album
al Toniolo di Mestre una decina di giorni fa, poi dal vivo l’altro giorno a
Bari in un posto dove vanno a suonare anche spesso gli Osanna. Venerdì prossimo
vado a inaugurare il teatro Lino Toffolo a Murano e poi in provincia di
Belluno, una settimana dopo; poco prima di Natale sarò al Club Il Giardino di
Lugagnano. Ogni tanto faccio qualcosa, ho un
piccolo calendario e spero che si riempia con il tempo.
Ti piace ancora presentare le tue cose sul palco?
Sì, in questa situazione, con questi ragazzi e soprattutto
quando si fanno cose nuove l’entusiasmo c’è sempre. L’unica differenza è che a
20 anni si facevano viaggi lunghissimi, adesso la cosa diventa un po’ più
faticosa dal punto di vista fisico, ma quando poi sei sul palco, con la gente
dalla tua parte è una bella soddisfazione! Questo disco dal vivo viene benissimo, si può dire meglio che in studio.
Se la salute ce lo permette noi andiamo avanti…
CREDITI
Line-up: Aldo Tagliapietra (voce e
sitar), Andrea De Nardi (pianoforte, organo Hammond,
Minimoog), Matteo Ballarin (chitarre e programming), Andrea
Ghion (basso), Manuel Smaniotto (batteria e
percussioni). Con la partecipazione di Mauro Martello (duduk)
nel brano n°5 “Radici”.
Tracklist: 1- Musica e parole; 2- La porta;
3- Siamo del cielo; 4- E’ la vita; 5- Radici; 6- Il sole del mattino; 7- Il
bisogno di te; 8- Come onde; 9- Invisibili realtà;
Aldo Tagliapietra è autore di musiche e testi e produttore insieme
a Clamore.
Distribuzione Self.
Formato disponibile: CD in jawelbox con booklet di 12 pagg; LP album + CD + poster
(300x600 mm.) all’interno; LP album Limited edition White; digitale.