Parlando di YES occorre sempre citare la line up, vista la tendenza alla dinamicità: oltre agli ovvi Jon Anderson - che firma tutti i testi -, Chris Squire, Steve Howe e Alan White, troviamo Billy Sherwood alle chitarre e Igor Khoroshev alle tastiere.
sabato 26 giugno 2021
YES-The Ladder
Parlando di YES occorre sempre citare la line up, vista la tendenza alla dinamicità: oltre agli ovvi Jon Anderson - che firma tutti i testi -, Chris Squire, Steve Howe e Alan White, troviamo Billy Sherwood alle chitarre e Igor Khoroshev alle tastiere.
venerdì 25 giugno 2021
Buon Vecchio Charlie
mercoledì 23 giugno 2021
LA NEVICATA DELL'85 - “FRONTIERE/CONFINI”
LA
NEVICATA DELL'85 - “FRONTIERE/CONFINI”
CD/DIGITALE
È da poco uscito “Frontiere/Confini”, terzo album di La Nevicata dell’85, quaranta minuti di musica suddivisa su dieci tracce.
La band nasce
dodici anni fa e il cuore pulsante rimane nel tempo lo stesso, perché idee e
proposizione arrivano dal duo formato da Ivan Cortesi (parole, voce e
chitarre) e Andrea Ardigò (voce, batteria e pad).
A fine articolo presento una sintetica biografia del gruppo.
È quest’ultimo
un progetto dove il forte messaggio viene amplificato a dismisura da sonorità
che faccio fatica ad etichettare, ammesso che sia importante farlo.
Un suono
minimalista alimentato da sperimentazione ed effetti, una mescolanza di
distorsioni sonore che per semplicità inserisco nell’ambito della psichedelia
rock, con richiami all’ambient ma a base “metallica”, mentre la voce resta in
bilico tra il modus cantato e il parlato.
L’impatto porta ad una atmosfera distopica, anche se la denuncia dei contenuti lirici fornisce un’immagine positiva, una riflessione sui significati dei termini “frontiera/confine” quanto mai necessaria nell’attuale periodo di vita.
La frontiera, solitamente concepita come striscia di territorio a ridosso del confine - e ufficialmente riconosciuta -, viene qui intesa come un luogo immaginario, un posto da scoprire per conoscere - sé stessi e gli altri - e migliorare.
Tratto dal brano “Frontiera”:
hai
occupato uno spazio
hai
definito il confine
lo
hai chiamato per nome
in
una mappa interiore
tracciata
nella carne e
Intrecciata
nel tuo palmo
ora
strappa le erbe
le
radici e pianta le tue
tu
sarai forte
Resisterai
nelle alluvioni e alle siccità
Ti
curerai
conterrai
i tuoi orizzonti e
ti
spingerai oltre
Perché
sarai FRONTIERA e
ti eleggerai ad un mondo nuovo
Il concetto di “confine”
presuppone la volontarietà, un’azione che porta a marcare il territorio, regalandogli
un’identità nel momento in cui lo si separa dal resto, con l’idea di
proteggerlo ma di esaltare al contempo le differenze, a volte per egoismo,
altre per paura, quasi mai in buona fede.
L’esortazione insita del racconto è quella di abbracciare ed affrontare con coraggio il cambiamento, andare metaforicamente “oltre”, accantonare luoghi comuni e pregiudizi, perseguendo l’idea allettante che ciò che non conosciamo può riservare enormi sorprese positive, muovendo dalla zona di conforto verso il non conosciuto, andando incontro a quella larghissima fascia di anime caratterizzate dall’invisibilità.
Difficile arrivare ad un ascolto completo e soddisfacente senza un minimo di preparazione e il booklet di accompagnamento, addizionato dei testi, sarà un buon ausilio per lo svolgimento brano dopo brano.
Un disco che ho apprezzato dopo il primo giro di giostra.
A titolo esemplificativo aggiungo l’ascolto di “Mediterraneo”.
Tracklist:
01.
7 Messaggeri
02.
Frontiera
03.
Maglio
04.
Solco
05.
Recinto
06.
Rialto
07.
Roggia
08.
Oltre
09.
Mediterraneo
10.
Feroce
Ivan
Cortesi: parole, voce, chitarre
Andrea
Ardigò: voce, batteria, pad
Su
cinque dei dieci brani, Osvaldo Arioldi Schwartz (Officine Schwartz).
Registrazioni,
mix e mastering
a
cura di Daniele Cocca.
“Frontiere/Confini”
è stato registrato
fra
settembre e ottobre 2020
Artwork:
La
Nevicata dell'85
Foto:
Ivan Cortesi
Un po’ di storia…
La Nevicata
Dell'85, nata nel 2009 come progetto a due composto da Ivan Cortesi e Andrea
Ardigò, diventa rapidamente trio grazie all'ingresso in formazione di Davide
Catoggio (basso e chitarra).
Il primo album,
omonimo, viene pubblicato nel 2011 per Fumaio Records, mentre “Secolo”, il
secondo disco, vede la luce due anni più tardi, grazie alla collaborazione tra
Fumaio Records e DreaminGorilla Records.
Il momento di
successo è intenso ma breve: nonostante i buoni riscontri da parte della
critica e l'intensa attività live, la band entrerà rapidamente in un lungo
periodo di silenzio.
Sette anni
passano in silenzio, ma La Nevicata Dell'85, nuovamente progetto a due sole
teste, continua a lavorare sottotraccia, focalizzando l'attenzione su pezzi
sempre più asciutti e d'impatto.
Il risultato di questo cambio di direzione è “Frontiere/Confini”, album del ritorno, in cui il suono, decisamente più pesante e grezzo, ben si combina con il cantato/parlato e con le tematiche affrontate.
CONTATTI:
E-mail:
lanevicatadell85@hotmail.it
Facebook: https://www.facebook.com/La-Nevicata-Dell-85-254409834606844/
Bandcamp: https://lanevicatadell85.bandcamp.com/
lunedì 21 giugno 2021
FLAVIO OREGLIO E STAFFORA BLUZER - "MILANO OLTRE POP"
MILANO OLTRE POP-FLAVIO OREGLIO E STAFFORA BLUZER
Il titolo e il nome dell’autore/conduttore del progetto forniscono buone indicazioni a chiunque sia avvezzo all’ascolto della musica, senza fare grandi distinzioni tra esperti e occasionali: sarà facile immaginare un contenuto a base di sarcasmo e una certa concentrazione regionale, o forse cittadina, perché le scuole di pensiero e le “correnti” esistono e le attitudini locali si sono trasformante, nel tempo, peculiarità distintive.
Nelle note ufficiali Flavio Oreglio esorta
ad allontanare la nostalgia, perché le linee guida non risiedono nella voglia
di aggrapparsi al passato rivivendo in qualche modo la giovinezza ormai alle spalle: lo
spirito e lo sguardo sono rivolti al futuro.
Non me ne vorrà l’autore se mi
soffermo sul subbuglio dei ricordi che, brano dopo brano, mi hanno pervaso
mente e cuore.
Milano e il cabaret, comicità e
musica, ritrovi esclusivi e stelle luminose che prendono il via splendendo poi
per sempre. Anni lontani, Trenta, Sessanta, Settanta…
Non era la mia musica, non era il mio
mondo, eppure… le sonorità ti entrano dentro, i motivi trainanti diventano
tormentoni, le scenette e i loro protagonisti si trasformano in immagini culto da
venerare.
E mentre gli anni passano, si scioglie la rigidità giovanile, si incrementa l’onestà intellettuale e non si fa fatica a riconoscere che, oltre all’amato rock, esiste una musica che è diventata DNA, anche se non si è nati, come nel mio caso, a Milano, e nemmeno in Lombardia.
L’ascolto di “Oltre Pop” mi ha davvero toccato e, accanto alla bellezza intrinseca di ogni singolo atto, ho vissuto un’avventura itinerante, un viaggio nel tempo che mi ha riportato, ahimè, ad un mondo in bianco e nero che inesorabilmente ritorna, sollecitato da trame sonore assassine, che ci ricordano che la Musica è l’unità di misura del tempo che scorre.
Ma mettiamo da parte questa mia attitudine al ricordo nostalgico e proviamo a delineare un progetto molto partecipato che… rappresenta il secondo step di “Anima Popolare”, un work in progress coltivato sin dal 2017 con gli Staffora Bluzer.
Lunga la lista delle persone
coinvolte, tutte visibili nell’immagine di fine articolo - così come titoli e
autori - ma appare doverosa una citazione, quella rivolta a Roberto Brivio,
mancato recentemente a causa del covid e a cui l’album è idealmente dedicato.
Flavio Oreglio ci tiene a evidenziare
che non siamo al cospetto di un “tributo”, ma ad una rilettura di un repertorio
che ripropone la tradizione milanese, partendo dagli inizi dello scorso secolo, sino al crepuscolo dei Settanta.
Trattasi quindi un’opera di studio e
di ricerca che mette in mostra una liason tra cabaret e canzone d’autore, tra
comicità e coraggio propositivo.
Un altro forte ingrediente è estrapolato da un mondo che contiene uno dei forti amori di Oreglio - aspetto forse meno conosciuto -, quello per la musica progressiva, e per chi è abituato ad una sua veste televisiva precisa, risulterà una sorpresa trovarlo, ad esempio, nel fan club dei Jethro Tull.
Ma andiamo con ordine e proviamo a snocciolare i circa cinquantaquattro minuti di musica suddivisi in quattordici episodi.
Apre il disco “La canzone
intelligente”, ricordata soprattutto per le performance televisive settantiane
di Cochi e Renato.
Un nuovo volto per un indiscusso tormentone, con una intro molto “popular” a cui segue un modus più fedele alle origini che prevede, anche, la voce di Cochi Ponzoni; ma l’armonica del bluesman Fabio Treves ridisegna i contorni di una delle canzoni più iconiche scritte dal duo milanese e da Jannacci.
Con “Il Riccardo” (Gaber-Simonetta), la contaminazione diventa più evidente, perché accanto al nocciolo conosciuto - tra lirica e suoni - si inserisce l’ariosità delle trame prog, per merito in primis del “Maestro” Lucio “Violino” Fabbri, che spruzza profumo di PFM (in questo caso quella abbinata al nome di De Andrè). Tra gli ospiti l’autorevole Ricky Gianco.
Non ricordavo invece “Ma poi”,
di Walter Valdi, artista, autore di pièces teatrali e musicali in dialetto
milanese.
Una chicca con una base jazzata che mantiene un certo rigore antico e fedeltà verso il prototipo, riportandoci alle originali interpretazioni del mai dimenticato Fred Buscaglione. Poco importante il fatto che non fosse lombardo!
E che dire di “El purtava i
scarp del tennis” di Jannacci?
Lungo parlato introduttivo dal sapore
didascalico, una perfetta apertura che, attraverso il dialogo tra Oreglio ed
Enrico Intra, indica il percorso che, utilizzando il ricordo del Derby Club,
ripropone un brano storico ma con l’abito jazz, con una esilerante “traduzione simultanea” dal dialetto milanese.
Meraviglioso sarebbe un ascolto live!
Tra i guests Germano Lanzoni e Luca
Bonaffini.
Dalla coppia “Jannacci-Valdi” nasce “Faceva
il palo”, brano proposto con certa coralità, tra jazz e dixie, che ci
riporta alla New Orleans degli anni Venti.
Maestosità orchestrale che crea
atmosfera e allegria.
Ospite Paolo Tomelleri.
“El me gat”, di Ivan
Della Mea, è una delle più famose canzoni della mala in dialetto milanese e
vede la partecipazione del già citato Brivio, indimenticato membro de I Gufi.
Altro cambio di passo, con una spiccata commistione tra folk e prog che reinventa, musicalmente parlando, una canzone scritta negli anni Sessanta.
“Se l’è un cojon”, di
Brassens/Svampa/Amodei, è definita da Oreglio tendente ad una “filosofia minimalista”,
quella capace di regalare storia/giudizio/sentenza in un attimo di ermetismo
puro.
Godibile senza tanti commenti!
“Sorrisi e lacrime” vede
l’intervento dell’autore, Umberto Faini, che, stimolato da Oreglio, racconta la
genesi della canzone e l’importanza di un titolo, rappresentativo del sentiero
della vita.
Sullo sfondo il Derby, locale in cui le
lacrime diventavano, probabilmente, conseguenze dei sorrisi… le occasioni non
mancavano di certo.
Il dialogo diventa siparietto e preludio di una versione un po’ ska, con una forte atmosfera gioiosa e da balera che sollecita fortemente la memoria.
“El biscella” (D’Anzi-Bracchi) trova ancora l’ausilio di Faini ed è strettamente legata alla tradizione popolare, sia attraverso il folklore musicale che per le perle di saggezza che ne riempiono il tratto.
“La povera Rosetta”
riporta all’antica milanesità e, ancora una volta alla malavita locale. Brano
scritto ad inizio ‘900, narra la triste e reale vicenda di una giovane
prostituta morta a diciotto anni.
Arrangiamento meraviglioso per una canzone la cui essenza resta pura, nonostante l’iniezione di novità, capace comunque di mantenere la seriosità richiesta dal contesto.
Arriva ancora dalla tradizione
popolare “El magnan”, pregno di nobili ospiti (Treves, Brivio,
Alberto Patrucco e David Riondino), il disegno di una figura scomparsa, quella del
riparatore di pentole in rame, a contatto costante con le casalinghe dell'epoca e col rischio
di pagare spiacevoli conseguenze per le sue “divagazioni”.
Canzone antica che prende corpo e
vitalità attraverso arrangiamenti curati nei dettagli, e occorre pensare che trame
come queste potevano nascere dal minimalismo legato a chitarra/voce - o piano e
voce - e l'evoluzione proposta da Oreglio impreziosisce senza smarrire lo spirito iniziale.
Proprio “El magnan” avrebbe dovuto essere l’inizio di una collaborazione tra gli artisti succitati e Oreglio, tendente a riproporre “I Gufi”, ma la dipartita di Brivio ha ovviamente arrestato il progetto.
Con “La radio” arriviamo
a metà dei seventies, una bandiera della mia generazione creata da Eugenio
Finardi e Lucio Fabbri.
Pezzo sufficientemente modificato, con
un corale alpino nella intro e una sostituzione del violino originale con la
fisarmonica.
Comunque lo si proponga un must, per contenuto innovativo - almeno all’epoca - e variazioni sonore.
“Stranamore” è un brano del
’78 di Roberto Vecchioni, che partecipa anche a questa nuova stesura,
raccontandoci che sono tanti i tipi di amore - e i modi di amare - e anche
comportamenti incomprensibili ai più possono essere a loro volta una forma di
amore.
Non mi è dato di conoscere la motivazione della scelta delle varie tessere del puzzle ma questo penultimo atto dell’album appare molto attuale e particolarmente adatto al contenitore ideato da Flavio Oreglio.
A conclusione “Non c'è Milano”
(Covri-Canciani) che include la poesia di Alberto Fortis “Il sorriso del
Duomo” da lui declamata.
La celebrazione di una metropoli del
mondo proposta nell’essenza, nella semplicità, nei luoghi comuni, sbruffona,
nobile, popolare, in fondo bonacciona nonostante l’enorme - e per questo a
volte pericolosa - autostima.
Un disegno, un fumetto, un quadretto bucolico e poetico che rappresenta il miglior epilogo ad un disco emozionante.
Quando la musica finisce viene da
immaginare cosa sarebbe vivere l’ascolto di “Milano Oltre Pop” nel
locale giusto, con la gente adeguata, magari in una periferia dove il Derby possa
essere clonato, mentre Jannacci, Gaber e Brivio, dall’alto, con fare critico, osservano attenti e
chiosano che, probabilmente, loro avrebbero fatto diversamente, non meglio, non
peggio, ma in altro modo.
A me è piaciuto questo - di modo - l’ho
assaporato goccia a goccia, leggendo e rivivendo ogni singola storia.
Ho speso poche parole per Oreglio e la
band, privilegiando il progetto in toto, o forse dando per scontato che le competenze
in gioco siano altissime.
L’immagine di Flavio Oreglio è
probabilmente legata alla comicità televisiva, quella per cui è diventato
famoso e molti sanno del suo passato da biologo; skills varie, dunque, ma il
ruolo da musicista è preminente e pervade la sua vita sin dagli inizi e “Oltre
Pop” ne è una piena dimostrazione.
Massimo voto per un progetto imperdibile.
domenica 20 giugno 2021
The Flower Pot Men
The Flower Pot Men, noto anche come The Flower Pot Men and Their Garden, è stato un gruppo musicale inglese formatosi nel 1967, in occasione dell'incisione del singolo Let's Go to San Francisco (hit sia nella Top 20 inglese che nelle classifiche musicali continentali), e caratterizzato dall'utilizzo di armonie a quattro voci.
Anche loro hanno lasciato un traccia...
giovedì 17 giugno 2021
The Samurai Of Prog - “The White Snake and Other Grimm Tales II”
The Samurai Of Prog - “The White Snake and Other Grimm Tales II”
Sono passati solo un paio di mesi
dal rilascio di “The Lady And The Lyon (And Other Grimm Tales-I)" e i The Samurai Of Prog, come promesso,
ritornano con lo svolgimento in musica di un’altra fiaba dei Fratelli Grimm, “The White Snake and Other Grimm Tales II”.
L’incredibile prolificità di questa
multinazionale del prog non può trovare sola giustificazione nella tecnologia,
che sicuramente accorcia i tempi di composizioni che coinvolgono persone che
vivono sparse nel mondo, ma esiste una forte motivazione che permette al nucleo
centrale - Marco Bernard, Kimmo Pörsti e Steve Unruh - di raccogliere
musicisti di varie nazionalità per condividere progetti dal forte sapore di
prog sinfonico, mai fermo alla celebrazione del passato ma proiettato verso il
nuovo che si miscela con la storia.
Il gruppo degli artisti è ormai
fidelizzato ma in questa occasione la partecipazione italiana è davvero
cospicua.
Provo ad elencare la lunga lista
dei partecipanti:
Marco Grieco, Marcel Singor, Alessandro
Di Benedetti, Mimmo Ferri, Rafael Pacha, Marco Vincini, Elisa Montaldo, Luca
Scherani, Marcella Arganese, Stefano Galifi, Alessio Calandriello, Daniel
Fäldt, Alessandro Corvaglia, Camilla Rinaldi, Carmine Capasso e Oliviero
Lacagnina.
I fratelli Grimm hanno deliziato
generazioni di bambini rielaborando le fiabe della tradizione popolare tedesca
e la trasposizione in musica ad ampio respiro realizzata dai TSOP fornisce un
nuovo volto ad una cultura specifica che diventa approfondimento popolare, un
quasi elemento didattico in un mondo ideale fatto di persone “open mind”, a cui
tende la musica dei Samurai.
Per ogni traccia proposta esiste
una storia da raccontare (immagino contenuta nel booklet non ancora in mio
possesso) e ciò rafforza il mio concetto precedente di “musica con un fine
preciso”, rivolta ad un pubblico il più ampio possibile.
L’atto di apertura è lo
strumentale “The Tricky Fiddler”, composto da Marco Grieco,
presente alle tastiere. A completamento della lineup le chitarre elettriche di
Marcel Singor e Carmine Capasso, che si aggiungono alla sezione ritmica
(Bernard e Pörsti) e alla versatilità di Unruh (violino e flauto).
Sei minuti di atmosfere
immaginifiche, perfetta miscela di classico abbinato al rock, con il violino in
primo piano capace di disegnare sonorità struggenti, una sintesi ideale del
concetto di musica progressiva.
Segue “Searching For the
Fear”, altro strumentale, scritto da Alessandro Di Benedetti, che
partecipa in qualità di tastierista coadiuvato ancora dalla chitarra di Marcel
Singor e dai tre musicisti di riferimento attorno ai quali ruota il progetto.
Un lungo brano di quasi dieci
minuti per descrivere la storia di un giovane uomo che non conosce la paura e
vorrebbe imparare a “rabbrividire”.
Anche in questo caso la trama
portante - quasi aulica - pennellata dal violino, si sposa con gli stilemi del
prog, tra tempi composti e contaminazione spinta, una chicca che non lascia
indifferenti.
Il terzo pezzo si intitola “The
Devil With the Three Golden Hairs”, musica e testo di Mimmo
Ferri, che interviene con tastiere e chitarra.
È questo il primo “cantato” che
disegna una storia che si snoda nel dialogo tra il Re (Steve Unruh), il diavolo
(Daniel Fäldt), il ragazzo (Marco Vincini) e la madre (Elisa Montaldo). Si
uniscono Carmine Capasso all’elettrica e Rafael Pacha al mandolino.
Un mini-suite ben definita che propone
un altalenare di movimenti dal basico sapore folk, ma aperta al cambiamento
ritmico e sonoro, un viaggio nel tempo che riesce ad esaltare il concetto di “racconto
musicale” adatto ad ogni orecchio.
Luca Scherani ci regala “The
Travelling Musicians” (in cui suona le tastiere), un’altra fiaba che farebbe
la felicità, anche, di tanti bambini.
Anche in questo caso l’iter prevede differenti personaggi/vocalist, e così troviamo oltre al solito Unruh (l’asino), Stefano “Lupo” Galifi (il cane), Elisa Montaldo (il gatto) e Alessio Calandriello (il gallo), Daniel Fäldt (1° ladro) e Alessandro Corvaglia (2° ladro). A completare la formazione Marcella Arganese alle chitarre e i Samurai al completo.
Superfluo sottolineare le competenze
di questo pugno di artisti ma credo non sia in ogni caso facile rendere efficace
un dialogo a più voci fornendo il senso del racconto fluido, e l'idioma usato nella
doppia lingua si trasforma in peculiarità.
Undici minuti in cui il senso di maestosità diventa lo sfondo per un fitto scambio di battute tra i protagonisti, una situazione molto articolata che riporta a tratti ai miti prog dei seventies.
E si arriva alla title track, “The
White Snake”, in cui interviene pesantemente una fetta importante di
Latte e Miele, in quanto le musiche sono di Oliviero Lacagnina (tastierista nel
brano) con le liriche di Massimo Gori (ex bassista della band genovese).
Partecipano inoltre i tre
fondatori con i loro strumenti (basso, batteria, flauto/ violino/voce), Camilla
Rinaldi alla voce, Rafael Pacha (chitarra acustica e flauto irlandese), Marc
Papeghin (tromba e corno francese) e Marcel Singor all’elettrica.
Un brano che vale la facciata di
un LP (17:30), lo sviluppo di un’altra storia magica disegnata dalla solennità
musicale che, almeno inizialmente, ci regala il profumo di quel “Tarkus” che compie
in questi giorni 50 anni. Ma gli snodi immaginati dai TSOP sono improvvisi e
non prevedibili e il gioco delle parti produce sonorità che realizzano il
bridge tra il passato e il nuovo, tra ciò che rimane sotto forma di DNA e il
cambiamento.
Sono cinque i movimenti ideati dal “Maestro”
Lacagnina: “Prologue”-“The White Snake”-The Trial”-“A Ring In The Water”-“The
Wedding”.
Meraviglioso!
Ancora un paio di minuti per
riannodare il filo della storia ed ecco, a conclusione, “The Tricky
Fiddler – Reprise”.
Cinquantacinque minuti di musica che scorrono con la consapevolezza di essere all’ascolto di musica di qualità, il cui valore aggiunto risiede nel raggiungimento dell’obiettivo attraverso un iter condiviso, proponendo storie antiche a cui viene data sede e modo per la rivisitazione, tanta manna per i cultori del genere prog, tanta manna per i curiosi, tanta manna -potrebbe essere- per i giovanissimi a cui viene proposto l’abbinamento tra fiabe e loro colonne sonore. Ma in fondo, basterebbe solo lasciarsi andare, aprire la mente e il cuore eliminando pregiudizi e luoghi comuni, e la difficoltà di creazione, assieme alla facilità di ascolto, troverebbero il prefetto paradigma.
Musicisti
mostruosi, team pazzesco, attività intensa dei TSOP diventati ormai un saldo
punto di riferimento nel panorama prog mondiale.
Artwork
fantastico affidato, come spesso accade, a Ed Unitsky, il realizzatore di copertine che preferisco tra i contemporanei.
Il CD è
disponibile in un package a tre pannelli in stile mini-LP di alta qualità e comprende
ancora una volta un ampio ed esaustivo opuscolo.
Info disponibili sul sito di riferimento:
Un assaggio video...
mercoledì 16 giugno 2021
Paola Tagliaferro sings Greg Lake - La Compagnia dell'Es: 14 giugno 2021, Palazzo Ducale di Genova-Commento al concerto
Il 14 giugno del 2021 mi riporta alla musica live dopo nove mesi.
L’occasione è nobile, nel senso della proposta, dei ricordi e della location.
Parto da quest’ultima, il Palazzo
Ducale di Genova, spazio in cui vidi una performance solista di Greg
Lake il 21 giugno del 2013. E qui mi aggancio alle tantissime memorie di
una serata indimenticabile, oggi come allora inserita in un contesto specifico
denominato…
FESTIVAL INTERNAZIONALE DI POESIA DI GENOVA, PAROLE SPALANCATE
Greg Lake non è più tra noi ma la sua musica resta, e in questo caso si rinnova attraverso la proposta di Paola Tagliaferro e La Compagnia dell’Es, in questo caso in formazione ridotta e adeguata all’occasione.
Riannodiamo il
filo della storia recente e registriamo l’uscita di un album particolare che
Paola, spinta e appoggiata da Regina Lake - moglie di Greg e coproduttrice
del progetto - ha dedicato alla “voce e basso” di King Crimson e ELP.
Il titolo è “Paola Tagliaferro sings Greg Lake” e per chi se lo fosse perso fornisco un link utile alla comprensione:
https://athosenrile.blogspot.com/2021/02/paola-tagliaferro-sings-greg-lake-la.html
I commenti
della stampa specializzata, italiana ed estera, sono andati oltre le più rosee
aspettative, fatto non certo scontato se si pensa alla “pericolosità” di una
proposta che poteva essere interpretata come mera coverizzazione.
Al contrario, i
brani di Lake sono stati reinterpretati, rimodellati e proposti sotto una nuova
luce ed ero quindi curioso di ascoltarli in veste acustica, un modus che
potrebbe tornare utile nelle situazioni che richiedono una atmosfera fatta di
intimità e contatto ravvicinato con il pubblico.
La Compagnia dell’Es, nella sua conformazione completa, conta sette elementi, ma in questa occasione la formazione era così composta:
Paola
Tagliaferro-voce e chitarra
Pier
Gonella-chitarra
Giulia
Ermirio-viola
Pierangelo Pandiscia di Henten Hitti- chitarra, tamburo, pin metallici, lira e campanelle
L’ambiente
aulico ha favorito la rivisitazione acustica di alcuni capolavori scritti da
Lake, una celebrazione all’uomo e al musicista con cui Paola Tagliaferro stabilì
un rapporto di estrema vicinanza, spirituale e musicale.
Ad ogni brano un commento, ad ogni arpeggio un ricordo, con la voce di Paola che si mischia idealmente a quella di Greg e regala momenti di pura emozione.
La scaletta prevede tracce estrapolate dal disco ma anche qualche novità:
Si parte da “Luky
Man”, tratta dall’album di esordio eponimo e si prosegue con “Still...
You Turn Me On”, da “Brain Salad Surgery”.
A seguire “C’est
la vie”, da “Works Volume 1”, brano che precede l’intermezzo poetico
performato da Claudio Pozzani, direttore artistico del “Festival
internazionale di poesia di Genova Parole spalancate”.
Le sue letture faranno riferimento ai tre “pezzi” che seguiranno, “Promenade” e “The Sage” (“Pictures at an Exhibition”) e “Moonchild”, dall’esordio dei King Crimson (“In The Court Of The Crimson King”).
Il set prosegue e si conclude con due momenti celebrativi, “Battlefield” - che permette di ricordare che sono passati cinquant’anni dall’uscita di “Tarkus” - e “La Cura”, nel ricordo di Franco Battiato.
Una serata emozionante, che ha visto la “conduzione” perfetta e ispirata di Paola Tagliaferro, affiancata dalle enormi skills di Pier Gonella - a suo agio con ogni tipo di genere musicale -, Giulia Ermirio - elemento classico perfettamente inserito in contesto “rock” - e Pierangelo Pandiscia, il tocco world, tra etnia e larga contaminazione.
Del concerto
propongo un medley che termina con un paio di novità, la prima riguardante l’annuncio
di Paola relativo alla sua entrata in Manticore - la storica etichetta fondata
dagli ELP nel ’73 - e la seconda è lo stralcio di video di “C’est la vie” (catturato dallo schermo sul palco), realizzato
in un contesto da favola.
Lascio in coda una nota relativa alle performance che hanno preceduto il concerto, ovvero l’angolo del Reading Internazionale, che ha visto sul palco la poetessa Donatella Bisutti - davvero toccanti le sue liriche - e un duo formato da Aleš Šteger - poeta e scrittore sloveno - e dal fisarmonicista Jure Tori, che hanno saputo creare un momento godibilissimo, al di là dell’intento poetico.
Voto massimo per un concerto carico di significati, si spera preludio a nuovi eventi live.