venerdì 28 settembre 2007

Lincoln Quartet a Noli , 20 luglio 2007


Il mio quarto atto estivo, da ricordare, è rappresentato dal concerto del 20 Luglio a Noli.
Mi riferisco all'esibizione del Lincoln Quartet , in quella occasione Cover Band dei Jethro Tull.
Ho visto e ascoltato per la prima volta Lincoln nel corso della Convention di Novi e successivamente mi e' venuta voglia di "portare a casa mia" degli artisti che stimo molto.
Con un po' di aiuto ci sono riuscito e di seguito racconto come e' andata.

Cronologicamente :

-intervista preconcerto a Lincoln

-immagini dal concerto

-commento al week end

-filmato di una "Boure'e" fatta per strada

INTERVISTA

Vedere Lincoln Veronese, chitarrista e cantante, e Giacomo Lelli, flautista, esibirsi su un palco accanto a mostri sacri della musica rock, fa nascere spontanea una domanda: ”Qual è  la sottile differenza tra un artista affermato a livello mondiale ed un altro che, pur ricco di talento e professionalità, “brilla e suda” in un’area più circoscritta?” Incontro Lincoln durante la preparazione della sua prossima esibizione a Noli, il 20 luglio, e non riesco a trattenere la questione che ho in canna sin dal settembre scorso, quando lo vidi accanto a Lelli e ad alcuni vecchietti terribili, che di nome fanno… Ian AndersonGlennCornick, Clive Bunker… insomma, un pezzo di Isola di Wight. Lui sorride sornione, e la risposta gli rimane in gola, mentre l’espressione del viso diventa eloquente, e comunica più di tanta parole. Fortuna? Oppportunità? Testardaggine? Decido di andare oltre, percorrendo sentieri meno spinosi.

Perché un tributo ai Jethro Tull? 


Ho maturato la mia formazione musicale nell'ambito della musica progressive, suonando brani dei Jethro Tull, Genesis, King Crimson. Invitato nel 1996 ad una delle prime Convention dei Jethro Tull, ho avuto la fortuna di ritrovarmi sul palco assieme ad ex membri del gruppo che si riunivano dopo 30 anni. E’ stata un’esperienza entusiasmante che mi permette tutt’oggi la prosecuzione della collaborazione con loro, e ciò è molto gratificante.

Cosa puoi dire a proposito delle collaborazioni nostrane o dei tuoi lavori in proprio? 

Parto dal 2001, anno in cui esce il mio primo Cd di musica d'autore dal titolo "Tesori sommersi", co-prodotto con Goran Kuzminac. Sempre nel 2001 ho curato la produzione artistica, gli arrangi amen ti e le chitarre nell'album "I Successi", di Kuzminac, mentre nel 2004 ho collaborato al suo nuovo Cd "Nuvole Straniere", dove ho curato gli arrangiamenti delle chitarre elettriche e nylon.

Raccontami dell’incontro con Giacomo Lelli, noto come uno dei migliori flautisti italiani. 

E’ vero, Giacomo è incredibile, e spesso fatico a... ”sentire” la differenza tra il suo flauto e quello di Anderson. L’incontro e’ avvenuto nel 1999, in un concerto tributo a Fabrizio De Andrè, durante il quale mi esibivo con una band friulana. Fra il pubblico erano presenti Lelli e Kuzminac che dopo avermi ascoltato... non mi hanno più  abbandonato.

Non ti offendere se ti paragono a quel dentista coreano che batté l’Italia ai mondiali del 66 … tu sei potenzialmente un professionista, ma hai anche un’attività ufficiale, un lavoro totalmente diverso intendo. Come riesci a conciliare il lavoro istituzionale con la musica?

 La mia serietà nella musica e sul posto di lavoro mi ha permesso di acquisire una credibilità tale da avere una discreta libertà di movimento molto importante per la mia attività musicale.

Hai mai provato a proporre musica tua e a cercare un percorso extra cover? 

Durante tutta la mia attività musicale ho composto parecchi brani, ma il mio tempo a disposizione non è abbastanza per creare quella magica situazione di ispirazione che è necessaria quando devi comporre cose tue, anche se in un prossimo futuro mi sono ripromesso di riprendere a scrivere.

Un’ultima curiosità, molto personale. Che opinione ti sei fatta di Ian Anderson, il genio che ha voluto la tua chitarra per suonare alla Convention di Novi Ligure? 


La capacità di Anderson di comporre è secondo me tra le più strabilianti che esistano, perché anche in un brano prettamente melodico riesce con naturalezza ad inserire una sezione ritmica molto complicata da eseguire. E così riesce ad esprimere al massimo la sua musica. Dal punto di vista umano è difficile dare un’opinione obiettiva, ma la sua manifesta aggressività sembra venire da una persona perfettamente normale che però vuole gestire il tutto in piena autonomia,cercando di sopravvivere al meglio in una situazione complessa e globale come quella dei Jethro Tull.

IMMAGINI CONCERTO (sottofondo musicale)




Il commento del giorno dopo:

"… ed ha incominciato a balenarmi nella testa l’idea di organizzare qualcosa di musicale nella mia zona, e cioè Savona e dintorni. Era forse novembre e Lincoln si dimostrò ben disposto verso questa possibilità, anche se avevo il dubbio che, per atto di cortesia, non fosse stato capace di bocciare la mia idea. In fondo Venezia non e’ poi così vicina e per chi ha altre attività professionali un concerto a 400 km di distanza potrebbe essere un problema. La settimana prima di Natale, nel bel mezzo della visita ad un presepe vivente, trovai un iscritto al fan club, presente anche lui a Novi, e gli chiesi cosa ne pensasse. Lui entusiasta ne parlò immediatamente con l’amico accanto, casualmente assessore di qualcosa, di un paesino vicino.“Siii, certo, bellissima idea… facciamo così… ”Parole… parole… parole… mi resi ben presto conto di non avere l’esperienza necessaria per condurre in porto la cosa e accantonai l’idea. Ricominciai a pensarci attorno a marzo quando, trovandomi a cena col mio amico Ambrogio, sindaco di Noli, la buttai lì timidamente,  avendo cura di sottolineare che non mi sarei offeso per il suo rifiuto. Immagino quali siano i vincoli di un gestore di una città, dal ” rumore” che infastidisce il vicinato alla viabilità, dalla soddisfazione del turista estivo sino alla necessità di incastrare tutti gli impegni già programmati. Insomma, non volevo che fosse un favore a me, ma un piacere condiviso. I vari collaboratori di Ambrogio mostrarono interesse ed a questo punto mi defilai, lasciando ai professionisti il compito di relazionarsi. Ed arriviamo al 20 luglio… in un lampo. Ho cercato di fare tutta la pubblicità possibile perché percepivo un po’ di responsabilità. Potevo andare a sentire il Lincoln Quartet a “casa “loro, e se ho cercato la via opposta era solo perché’ so quanta gente a me vicina, ami il genere prog, giovani e meno giovani , e trovavo che condividere con tanti amici un evento simile sarebbe stato “da ricordare”.Sono le 18 e salgo sul palco in allestimento cercando di capire se va tutto bene e se posso essere utile. Lincoln mi presenta Lelli, Gobbato e Smaniotto e perde un po’ di tempo ad illustrami strumentazione ed effetti, cioé la mia passione primaria. Noli e’ nel pieno del boom estivo ed è davvero suggestiva, così come appare triste ai miei occhi nei mesi invernali. Il palco e’ in un piccolo anfiteatro di pietra ed il centro della piazza e’ destinato alle sedie. Mi tranquillizzo un po’ , dopo aver pensato per giorni che forse lo spazio a disposizione era poco, o forse troppo. Ritorno a casa a recuperare moglie e figli, di solito siamo tutti assieme nei momenti che contano, e anche un concerto può avere valenza assoluta. Manca un’ ora all’inizio e mi guardo attorno sperando di vedere le facce che idealmente avevo contato. Ma forse e’ presto. Facciamo la conoscenza delle compagne dei musicisti ed entriamo in veloce sintonia con Angelica, Erica, Paola e Michela. Si aspetta il buio per iniziare, mentre arrivano alcuni miei compagni di scuola ed altre facce note. Nel corso della mattinata, avevo avuto il flash dell’ultimo minuto e avevo pensato a videoriprendere l’evento. Ma come fare… non personalmente per non distrarsi, e nemmeno con un professionista, troppo complicato! Mi viene in mente un mio collega, nobilitato dal fatto di essere cugino di Joe Vescovi, mitico tastierista dei Trip, gruppo prog dei 70, con cui suonò pure Blackmore dei Deep Purple. Sono felice del suo assenso perché e’ tipo molto preciso e tecnologico ma… mancano 15 minuti e lui non c’e’! Mi avvisano che e’ altrove e intendo che mi ha gabbato per qualche giro con tanto di famiglia. Scoprirò a posteriori la verità, ridendo di gusto per la scenetta che merita di essere descritta… eh si, perché anche questa ha già’ fatto il giro del mondo, del mio mondo, ed ha procurato vignette che resteranno per sempre, come questo mio commento. Il mitico Vescovi, convinto che il concerto fosse alla fortezza del Priamar, a Savona, cioè a 12 km da Noli, partì da casa per tempo, a piedi per non aver problemi di posteggio, pieno di valige e valigette, come un vero reporter/cameramen. Arrivato sul luogo, non vedendomi, usò tutte le armi possibili per entrare, del tip….”sono amico di… devo fare un servizio a…”, e riuscì a far valere le sue ragioni. Ma la scena da vignetta e’ quella che vide sempre lui, Vescovi, uscire quasi di peso dalla fortezza, accompagnato fuori dalla sicurezza, per mancanza di pass. Sempre nella vignetta e’ presente la moglie che, dopo tutto il racconto conclude con: ”sei proprio un c……”. Risultato, nessuna ripresa per il Lincoln Quartet, ma tante fotografie. Il concerto sta per iniziare, la piazza e’ piena, vedo tanti amici, ma sono un po’ deluso , anche adesso, mentre scrivo. Dei 1000 esperti di musica, quelli che si occupano quotidianamente di questi eventi, musicisti, musicofili, gente entusiasta del mio mini progetto… beh, molti hanno optato per la sagra della frittella, della cozza ripiena o della melanzana al forno e mi e’ un po’ dispiaciuto. In compenso e’ successo un piccolo miracolo ed ho ritrovato in un sol colpo il batterista ed il bassista con cui iniziai a suonare a 17 anni, gente che non frequentavo da anni. Segno del destino? Riprenderò a suonare?

Inserisco ora stralci del commento inserito nel forum “Itullians”:
… conoscere personalmente questi 4 artisti me li ha fatti apprezzare da diverse angolazioni, non solo musicali, ma il concerto ha suscitato davvero emozione , in me e in tante altre persone presenti. Questo era lo scopo del Lincoln Quartet. La scaletta prevedeva molti classici , dal primo album sino all’ultimo lavoro solista di Ian, passando dai pezzi più ritmici, sino al set acustico ed al riassunto del concept album”Thick as a Brick”, con una divagazione su “The house of the King” dei Focus, in passato erroneamente attribuita ai Jethro .Lincoln canta , suona l’Ibanez e la Ovation dettando i tempi giusti. Lelli , appare il clone di Anderson, e non certo per la bandana ed il gilet colorato. Gobbato svolge un lavoro impressionante e oltre a contribuire come ovvio alla sezione ritmica , riesce a far diventare il suo basso a 6 corde un ulteriore elemento solista. Una parola a parte per Smaniotto che a 23 anni si esibisce col piglio del batterista di lungo corso, mettendo a frutto gli insegnamenti di Clive Bunker , prima batteria dei Tull ai tempi dell’isola di Wight, con cui spesso si confronta .La piazzetta e’ piena di gente variegata, come età e come tipologia di ascoltatore, ma alla fine anche i turisti che si aggirano nei vicoli di Noli, attirati dai suoni e dalle atmosfere create da Lincoln e company, rimarranno a bocca aperta davanti a tanta “sapienza musicale”. Una Boure’e come quella ascoltata e’ davvero coinvolgente! “Locomotive Breath” segna la fine del concerto, che avrà un’appendice per effetto del bis richiesto. Alla fine tante foto, tanti complimenti e tante curiosità da soddisfare. Si presenta persino un gruppo di membri del “Fan Club” che,leggendo la notizia sul sito,non ha perso la bella occasione. Tutto e’ andato per il meglio e anche le autorità locali sono apparse soddisfatte per aver vinto questa specie di scommessa. La mattina ritrovo il gruppo a Noli per commentare la serata. Camminare risulta complicato perché le domande dei presenti al concerto continuano. Loro sono disponibili e traspare soddisfazione per la situazione.

Abbiamo passato assieme un pomeriggio al mare, con l’unica medusa dei Bagni Nilo incappata in Michela, e con l’unico catrame dell’arenile sui piedi di Giacomo. Cenetta nel centro storico e visita alla fortezza del Priamar, quella del mitico Vescovi. Nello stesso palco dove due giorni prima ho potuto apprezzare John Mayall, e’ in corso una gara canora tra “donne che interpretano Janis Joplin”. Lo scenario e’ affascinante e l’acustica non e’ da meno. Provo ad entrare nella testa di Lincoln , Giacomo e Iacopo (Manuel e’ rientrato al mattino) e li immagino proiettati on stage. Ma il loro palco, per questa notte di fine luglio e’ solo la strada. Ci piazziamo nei giardini adiacenti alla spiaggia, e gli strumenti escono fuori dalle tasche senza fondo. Troviamo una panchina, una palma ed un lampione. Poi serve una chitarra ed un flauto… purtroppo manca un basso , o meglio, la sua amplificazione. La custodia rigida e’ aperta a terra , come se lo scopo fosse una raccolta di soldi. E’ mezzanotte e anche se e’ piena estate la gente latita, preferendo il letto o i paesi della riviera. Ma che importa… parte “Boure’e “ , a cui si aggiungeranno altri tre pezzi, mentre Angelica si sta addormentando e forse vorrebbe essere altrove. Ho filmato tutto, almeno questa sera. Ci salutiamo, mentre anche i miei bambini stanno crollando. Resta un po’ di tristezza dopo il commiato. Anche questa volta la musica l’ha fatta da padrona , diventando inoltre il veicolo per nuove conoscenze. Un fine settimana da ricordare!"
 
Un mio pensiero, rivolto al filmato seguente.
Le passioni rompono ogni tipo di schema. La passione per la musica, ad esempio, fa si che ci si possa mettere in gioco su un marciapiede, su una spiaggia, sotto un lampione, dimenticando l'esigenza del tutto umana di cercare visibilità e successo su palcoscenici reali.

Domenica 21 luglio



domenica 23 settembre 2007

Novi Ligure 2006 Convention Jethro Tull


Esattamente un anno fa, partecipavo alla mia prima Convention dei Jethro Tull, ovvero ad un raduno di fans, alla presenza di vecchi e nuovi membri del gruppo, con un insieme di artisti meno conosciuti, ma decisamente bravi.
Chi mi conosce sa della mia "malattia" musicale, la cui maggiore componente si chiama appunto Jethro Tull, cioe' il gruppo che più di ogni altro e' stato presente nella mia storia, dall'adolescenza ad oggi.

Voglio ricordare quel momento pubblicando le mie foto, peraltro già presenti nel sito ITULLIANS, ma con una cornice sonora adeguata.

Inoltre sono presenti 3 filmati che rappresentano scorci del set acustico pomeridiano.
I 3 FILMATI SONO NEL POST A SEGUIRE (scendere in basso col cursore)
Gli artisti sono, in ordine di apparizione:

Vercesi+Rossetti+Scaravilli
Mocchetti e Perlini
Lincoln e Lelli

Per terminare, il mio commento di allora.

Sperando di fornire un piacevole ricordo... buona visione.


Sabato ho partecipato per la prima volta alla "Convention" dei Jethro Tull e vorrei raccontare la mia giornata, rimanendo in superficie relativamente al fatto tecnico, alle capacità dei musicisti, alle performance sul palco. Sono certo che le persone presenti avevano solo bisogno di partecipare ed essere a loro volta protagoniste, senza voglia di critica tecnica (anche se con le mie orecchie ho sentito dire "Tagliaferro al posto di Jonathan Noice", che non mi è sembrata una nota di merito per il presidente, ma una bocciatura per il bassista assente). Ma io, perché ero lì? Perché, nell'occasione, mi sono iscritto al Fan Club? Perchè ero emozionato come un adolescente all'idea di possedere una fotografia con Cornick, da incorniciare e mettere in bella esposizione? Potrei limitarmi ai loro concerti, tempo permettendo! Potrei ascoltare comodamente la loro musica seduto in poltrona! Magari vedere un loro DVD o qualche scena "rubata" con la mia videocamera! Ho aperto il libro sui Tull, comprato alla Convention, a scena conclusa , e ho letto la frase di Wharol che mi ha dato prontamente la risposta: "L'importante, nella vita, è crearsi una colonna sonora". I Jethro Tull sono la colonna sonora della mia vita. Non esiste una motivazione razionale che spieghi questo "folle amore", ma ho dentro immagini indelebili, momenti molto nitidi, come quel giorno di settembre del '71, quando assieme ad amici e amiche in vacanza in un paese delle Langhe, riuniti attorno al tavolo ascoltavamo "Inside". Ecco l'affresco… una tavola, una vetrata rivolta verso i prati verdi, la vacanza, l'amico del cuore, la ragazza da stringere e… “Inside”. E poi mia madre che arriva a casa con la maglietta comprata al mercato del lunedì, con su stampata la copertina di Aqualung. Lei non aveva idea di cosa potesse rappresentare… io avevo già opinioni chiare!

Dopo questo lungo cappello, dedicato al cuore, veniamo alla mia personale cronaca del 23-09-2006. Arrivo da Savona molto presto; sono le 14.30 quando la mia ansia da concerto mi porta davanti al centro fieristico. Mi guardo attorno per cercare di capire il verso giusto, non ho assolutamente idea di cosa voglia dire, dal punto di vista organizzativo, un meeting a tema come questo. Valeva la pena arrivare prima. In un tavolino esterno, nel bar del centro fieristico, intravedo Glenn Cornick, con tanto di pargolo e amici. Impossibile descrivere efficacemente cosa significhi per me avere a pochi metri un "personaggio" che ho sempre visualizzato sulla copertina di "Benefit", col nastro in testa. Certe persone sembrano irraggiungibili e mi chiedo cosa possa provare una giovane ragazza come Silvia Perlini a stare sul palco accanto a Ian. Un gruppo di romani lo saluta calorosamente, come fosse un vecchio compagno di scuola ritrovato dopo tanto tempo, e lui sta al gioco, o forse è davvero contento di suscitare entusiasmo. Si alza per le foto richieste , ma i suoi occhi seguono il piccolo (immagino sia il figlio) che di foto non ne vuole sapere. Glenn declina gentilmente la richiesta, rimandando tutti all'interno, all'apertura degli stands. Tra me e me penso:"Forse ad un autografo ci arrivo, ma il coraggio per una picture ... dove lo trovo?" Sono le 15.30 ed entriamo. Registro un minimo di delusione per le dimensioni ridotte dei locali. A posteriori direi che era sufficiente lo spazio dedicato alle vendite mentre il palco, e soprattutto la zona antistante ad esso, erano un po' sacrificati. Ho occasione di incontrare il presidente e, presentandomi, chiedo lumi sull'iscrizione al Fan Club. Probabilmente si ricorda del mio nome non comune, Athos, utilizzato in diversi scambi di mail . Oppure e' un gesto di cortesia, ma mi indica comunque la pista giusta. Non ho ancora capito molto dei vari meccanismi del Fan Club, non certo assimilabili con la mera consultazione del sito, ma il solo fatto di sapere della"confidenza" tra il presidente e i vari Tull, e della sua possibilità di suonare spezzoni con loro, gli conferiscono ai miei occhi un'autorevolezza che va oltre i suoi meriti di organizzatore. Che sia davvero il prossimo bassista dei Jethro? Andrea Vercesi inizia a suonare. Anche con lui ho avuto scambi di posta elettronica e nel corso del pomeriggio riuscirò (forse) a farmi riconoscere. Mi sembra molto emozionato, forse perché è la prima esibizione ad una Convention o più semplicemente per la presenza dell'Olimpo con tutti gli Dei presenti. La sua trasformazione di pezzi elettronici in acustici è molto gradevole ed io videoregistro il possibile, ben piazzato in prima fila. Si uniscono a lui, in momenti diversi, un cantante (Rossetti) ed un flautista (Scaravilli), che contribuiscono alla riuscita dell'esibizione. Andrea non e' fortunato nell'occasione. Una corda della chitarra si rompe ed anche il cambio chitarra, a fine canzone, risulterà problematico, con una perdita di tempo significativa, per chi ha a disposizione 35 minuti. Ma quanto nervoso! "Andrea, non so quanto tu possa tenere ad un mio giudizio, ma ciò che volevi far passare, la tua musica, e' arrivato a destinazione". Vado avanti e indietro per il corridoio, incontro Francesco, conosciuto al concerto di Milano di maggio e… ecco Glenn Cornick ad un metro da me, contorniato da fans. Vado o non vado? Ma si, chissenefrega!! "Francesco, mi fai una foto vicino a lui?". Mi avvicino, chiedo l'autografo e… trovo il coraggio. Parte il flash. Non potrò esibire la mia rarità, mia moglie ed i miei figli faranno solo finta di capire, ma io mi sento felice come un bambino e avverto, a torto o a ragione, l'appartenza ad una ristretta cerchia di persone, quelle persone che traggono beneficio interiore dalla canzone giusta, dalla fotografia giusta, dall'atmosfera giusta ...il tutto nel mondo dei Tull. Mi avvicino alla vendita del cd dei Wild Turkey. C'è uno strano gioco consistente nell'indovinare la città posta sullo sfondo della cover del cd. Premio, mi pare, una Fender con firma dei Jethro. Discuto con una deliziosa ragazza inglese dietro al banchetto, cercando di carpire qualche informazione, ma l'unica cosa che le "rubo" è che la città in questione non è in Inghilterra, data la presenza di palme. Scrivo il mio nome ed un banale "Miami", compro il cd più la line up del gruppo e mi sposto. Incontro due vecchi amici di Savona, due gemelli musicisti , anche loro a caccia di rarità "progressive". Mi impossesso di un dvd dei Focus, vecchio gruppo che ad inizio anni 70 faceva il verso ai Jethro Tull , e mi riavvicino al palco. Sono di scena Gianni Mocchetti e Silvia Perlini ed io mi esalto prendendo ancora una volta coscienza che esistono persone giovani come Silvia che amano un genere nato molti, molti anni fa. Certe cose vanno coltivate ed io, nel mio piccolo, contribuisco, se e' vero che mia figlia di 12 anni, tra le variegate suonerie del cellulare, ha anche Bourèe.Ed ecco un altro personaggio con cui farsi immortalare: John Weathers. Lo avevo visto nel '72, credo, al teatro Alcione di Genova, con i Gentle Giant, alla presentazione di "In a glass house", ed ora era li, sorridente, apparentemente contento di essere coinvolto. Un altro flash di Francesco per me. Sul palco arrivano Lelli Lincoln. Non li ho mai sentiti: accidenti che mostri! Il tempo vola e mi sento sempre più a mio agio, sicuro di potermi vantare un giorno, dicendo:"Anche io c'ero!". Sono le 18.45 e dobbiamo uscire. I possessori del mitico bollino blu incontrano Ian. I comuni mortali come me riempiranno la breve pausa mangiando qualcosa. E così scopro che a Novi Ligure si può mangiare pizza, gelato, birra e caffè per la modica somma di 10€. Complimenti! Si apre l'entrata principale ed io mi sistemo in posizione 306, davanti alla vendita della birra (forse c'era qualcos'altro, ma io ho visto solo quella). Vicino a me i due amici di Savona, e questa è una assoluta casualità. Francesco è nelle prime file, ma lui ha già cinque Convention alle spalle… stellette guadagnate sul campo. Mi guardo attorno, nel solito tentativo di "captare l'ambiente" e respiro profondamente … anche i profumi si collegheranno ai pezzi sul palco e alla mitica serata. Con puntualità iniziano i Wild Turkey. Sono contento di avere preso il loro cd. E' buona musica quella che ci propongono e la presenza di Ian, in un pezzo, nulla aggiunge alla loro performance, al di là del forte impatto emotivo. Cerco di registrare il possibile, con mille difficoltà, tra teste enormi che non stanno mai ferme. Non importa, è il ricordo che mi interessa e la perfezione della mia ripresa non è importante..Sul palco Weathers si dedica alle percussioni (non sapevo avesse problemi fisici) e Clive Bunker sembra un ragazzino instancabile. Arriva l'intervallo che occupo con le mie solite, noiose riflessioni: ho da sempre due passioni, il calcio e la musica ...e se avessi perseguito con tenacia almeno una delle due? Non potrei essere anche io sul palco ora? Oreglio mi riporta alla realtà quotidiana, alle serata passate in famiglia a vedere Zelig. Mi strappa qualche risata, ma io sono lì per la musica. Salgono on stage i Beggar's Farm e da quel momento è un mixing di artisti che si susseguono, si interscambiano e si divertono. Mi stupisce la fedeltà di certe "riproduzioni" (ma quanto e' bravo quel Marcello/Barre) e mi viene da farmi una domanda terra terra: "Ma si riesce a campare facendo la Cover Band?" Evidentemente si. Aleggia il nome di Taulino, "richiamato" a più riprese durante la serata. Spero non ci siamo motivi gravi dietro alla defezione. Ma quanti mostri sul palco! A questo punto perdo la cronologia degli eventi. David Pegg, Bunker, Cornik, Lelli, Lincoln,Tinkara (già vista a Mantova), Griminelli e… Ian Anderson. Che uomo magico! Che genio! Secondo me non può esserne pienamente consapevole. Non è il suo modo di suonare il flauto… non è il suo modo di suonare la chitarra… non è il suo modo di cantare (si, anche attualmente e' incomparabile)… ma è quello che riesce a creare, confezionare e trasmettere, suscitando emozioni uniche. I vari componenti della Beggar's Farm si danno il cambio sul palco e Ian li guida, puntualizzando i sui "desideri" con la mimica, fornendo i tempi giusti. On stage anche il presidente, ma di lui, come futuro membro dei Tull , ho già accennato. L'ultimo ricordo è per Silvia Perlini. A me sembra una bellissima voce e poi… potrebbe avere migliore legittimazione di quella di Ian? Silvia, ti invidio. Questo e' stato davvero sorprendente per me… vedere Anderson alla chitarra accompagnare Silvia in "Dun Ringill". Ora sono tutti sul palco. La serata è quasi finita e non sono previsti bis. Vado avanti e indietro, come alla ricerca di un'appendice musicale .Mi avvicino al palco e fotografo gli strumenti, mia grande passione. Mi dirigo verso l'uscita, nell'unico posto vendita rimasto, e compro il libro su i Jethro Tull. Ho sete; sono stato ore seduto, senza pensare a bere un goccio d'acqua, ma ora una birra ci sta. Mi accorgo del formarsi di un capannello di persone accanto al palco e mi avvicino. La coda dell'occhio è oltre le tende , quelle tende che amici degli amici riescono a superare… anche qui le conoscenze servono! Il muro di persone accanto al palco nasconde un altro mito: Clive Bunker. E' il mio turno. Passo a Clivio il libro su cui firmare e gli dico :"Clive, please, can you sign on the head of Ian?". Lui sorride ed esegue. Mi concede la foto e mi lascia un altro ricordo da incorniciare. Ora è davvero finita. Mi metto in macchina ed inserisco subito il cd dei Wild Turkey. Ripenso alla giornata, a ciò che ho vissuto, all'esperienza fatta, e le persone che sono riuscito a "toccare" ritornano ad essere per me un mondo irraggiungibile. Sogno ad occhi aperti, immagino di incontrare Clive, Glenn, Pegg (Ian non oso neanche sfiorarlo) e a loro chiedo:"Suoniamo assieme stasera? " Sognare costa poco 

… ma poi, quel giorno che arrivai a casa col vinile di "Thick as a Brick" appena comprato, messo sul "giradischi", e sentito 10 volte di seguito… se mi avessero prospettato un 23 settembre 2006 come quello appena passato… non l'avrei scambiato per un sogno?



venerdì 21 settembre 2007

John Mayall in concerto a Savona (19 luglio 2007)




























Ieri sera ho assistito al concerto di John Mayall sul magnifico palco allestito al Priamar di Savona.

Il filo conduttore delle manifestazioni estive sulla fortezza è il tributo al mondo femminile, e il re del blues sembra quasi una forzatura nel contesto generale.

Alla luce di quanto si è visto e ascoltato, Mayall non è sembrato un intruso, ma piuttosto un “collante” tra diverse generazioni, tra differenti modi di intendere musica e vita, tra uomini e donne, tra passato, presente e aggiungerei futuro.

Il pubblico che affluisce è composto e sicuramente preparato.

Chi è presente sa che ascolterà blues, solo blues e non ci sarà spazio per divagazione alcuna.

Entrando la prima sorpresa.

Nell’angolino dedicato alla vendita delle solite t-shirt e CD, il banchetto è presidiato da una faccia nota.

Mai vista una cosa del genere! John Mayall in persona dispensa autografi sulla sua mercanzia e si fa fotografare sorridente.


È una grossa novità per i presenti, che gradiscono e si gettano su tutto l’acquistabile.

Mentre mi prendo la mia razione di soddisfazione e gli stingo la mano, rifletto su cosa possa significare questo siparietto, questa discesa sul campo che sicuramente porta ad incrementi di vendita.

È un atto da musicista che decide di andare incontro al suo pubblico, rendendosi terreno e mettendosi a disposizione in toto.

Ho davanti a me la storia, la scuola di musica per tanti miti dei giorni nostri, un uomo che da adolescente vedevo già sulle copertine di “Ciao 2001” e che ora si mostra in tutta la sua semplicità.

Si suona per dare piacere a sé stessi, ma quando si riesce ad arrivare alla gente … beh, credo sia linfa vitale per ogni artista.

E lui arriva, al di là dei tanti dischi realizzati.

Prendo posto e mi colpisce il palco… minimalista.

In un tempo in cui ci si può sbizzarrire con ogni tipo di attrezzatura, il gruppo presenta solo lo stretto necessario.

Non ci sono posti vuoti e chi pensava di trovare il biglietto dell’ultimo minuto torna a casa deluso.

Si inizia senza Mayall, solo i Bluesbreakers, ma il chitarrista texano dotato di Telecaster cattura subito il pubblico.

Buddy Whittington ha dimensioni notevoli, ma cosa colpisce di lui non è la stazza, semmai la sua tecnica chitarristica.

Le dita volano sulla tastiera e credo che il risultato sia il massimo della goduria per gli amanti del genere.

Anche la voce è impressionante e personalmente la trovo più interessante di quella di Mayall.

Un paio di pezzi e poi viene introdotta la star della serata, presentata come “The King of Blues”.

Avrà anche 73 anni, ma non si vede.

La musica da delle possibilità infinite e non ci sono i limiti tipici di altri campi.





giovedì 20 settembre 2007

E venne il giorno di Patti Smith ( 6 luglio 2007)



"Grazie per avermi accolto tra di voi. Questa serà dormirò vicino al mare e domani canterò per voi"

Era il 6 luglio, quando nello splendido scenario della Fortezza del Priamar ascoltavo, per la prima volta dal vivo, Patti Smith

Ecco un po’ di commento…
Da due ore è terminato il concerto di Patti Smith e di getto butto giù le mie impressioni.

Inizio dalla fine, dal primo bis, da quel “A Perfect Day” del di lei amico Lou Reed, una canzone che da un paio di mesi è diventata per me l’esemplificazione di come l’apparente semplicità di quattro accordi, una bella melodia ed un testo importante, possano dare il senso ad una giornata mediocre.

“La giornata perfetta “è quella che Patti racconta di aver passato a Savona, accarezzando il mare e assaggiando del buon pesce.

Sembra quasi innamorata della nostra città, anche se nelle parole del presentatore c’è uno strano abbinamento tra l’impressione positiva ricevuta e il giro nel nostro Comune (inteso come palazzo di chi governa il sito).

Bizzarie della comunicazione… o cattiva predisposizione all’ascolto.

Lo stesso presentatore cita una vecchia frase raccolta dal chitarrista di Janis Joplin il quale asseriva che Janis, una volta ascoltata, non si sarebbe mai più dimenticata.
Tale concetto era ora trasportato su Patti, ed io mi sono trovato a sperare fermamente che fosse vero.

Ci sono ancora posti vuoti quando il gruppo entra e lei appare con grande semplicità.

Sono abbastanza lontano per distinguere i particolari e dalla mia posizione lei appare molto… molto più giovane.

Il fisico è sempre asciutto e i capelli sembrano meno bianchi di qualche anno fa.
Si muove come se il tempo non fosse passato e dalle prime note rilevo un fatto che mi soddisfa appieno.

Le vecchie star che si riuniscono o che comunque proseguono da molti anni, quelle dell’età della Smith intendo, presentano forti lacune proprio dal punto di vista vocale.
Lei no, è sicura, chiara nel timbro, e per un attimo, chiudendo gli occhi, ho risentito quella stessa identica voce che mi aveva colpito negli anni ‘80, quando Patti era catalogata nella sezione punk.

Il gruppo che la accompagna mi sembra inizialmente un mero contorno.
In realtà ho assistito ad un interscambio continuo di strumenti come mai avevo visto.

In tre hanno ruotato più volte chitarre, basso e tastiere, mentre il batterista, nell’ultimissimo pezzo, “Helpless” di Neil Young, ha sfoderato la sua competenza su una piccola fisarmonica.

Lei ha preso per mano il pubblico… quasi da sola.

Ha presentato i suoi pezzi più conosciuti, “Because the Night”, “Dancing Barefoot”, “People have the Power” nel penultimo bis e ha trascinato con alcune cover.

Ho captato il riff di “Voodo chile” di Hendrix, un paio di volte “Gloria” di Van Morrison, cantata assieme al pubblico e… “Gimme Shelter” degli Stones.

Con quest’ultima, suonata più o meno a metà performance, il pubblico ha cambiato assetto e la cosa non mi ha entusiasmato.

Mi riferisco al fatto che non è più’ stato possibile seguire da seduti un concerto non certo a buon prezzo.

La voglia di muoversi e staccarsi dalla comoda postazione è un buon segno, apprezzabile e condivisibile, ma… non ho più visto niente.

Mi piace seguire i movimenti sul palco, ricercare gli sguardi, i gesti tecnici, le sfumature, la completa dinamica del concerto.

Questa sera tutto questo mi è un po’ mancato.

Non mi sono mancate però le forti emozioni, le atmosfere rarefatte, il ritmo marcato tipico del rock ed una voce incredibile.

Lo smalto è intatto e alla fine mi è risultato chiaro il motivo per cui l’aspetto giovanile di Patti Smith mi abbia colpito così tanto: la sua voce inossidabile, unitamente alla sua immagine così fresca, rappresentano la speranza che io possa godere ancora per molto tempo questo rock che nessuno riesce a proporre come i “vecchi” miti della mia giovinezza, ancora sulla cresta dell’onda.

Lei saltella sul palco, sputa come solo in Corea mi è capitato di vedere, strappa le corde della stratocaster e distribuisce poesie e pensieri, dialogando col pubblico e sorridendo dolcemente.

Ricorda a tutti, ripetutamente, che “il potere è nelle mani della gente”, e il suo messaggio antico si interseca con la proposta della serata, col tema della solidarietà, con il ruolo “delle donne nel mondo”.

“People have the power… è questo l’ultimo pensiero, dapprima sussurrato e poi urlato a tutta voce.

Il concerto mi ha toccato pancia e cuore… forse nervi, ma poca testa, e questo urlo finale, questo evidenziare il ruolo e l’importanza della gente, ha rappresentato per me l’apice della performance che niente aveva da spartire col vero messaggio di Patti.

Questo è il mio modo di vivere i concerti, con trasporto e autocritica.

Però è stato un sollievo osservare tanti personaggi autorevoli davanti a me, dapprima super composti e via via che il tempo passava trasformati, scalmanati, col sorriso vero dipinto sulle labbra.

Sto parlando di autorità locali, ingessate dal ruolo istituzionale, ma disinvolte tra il buio imperante.


Magia della musica, magia del rock. Stasera, magia di Patti Smith.


domenica 16 settembre 2007

11 giugno 2007, Concerto "The Who" Verona


Anche questa estate sta per terminare e vorrei fare un resoconto personale. Accanto alla routine, tipica del periodo, per molti versi più piacevole di quella invernale, mi sono accadute alcune cose che non potrò mai dimenticare, e quindi degne di essere raccontate, a modo mio. Molte riguardano la musica e i concerti che ho avuto occasione di vedere.
Immagino che non tutti possano capire come un concerto riesca ad assumere significati così elevati, ma credo che per me ogni singola performance sia l'occasione per venire a contatto con un mondo davvero esclusivo, e in quei momenti la musica diventa un elemento dentro all'evento.
Il primo episodio della mia "estate da raccontare" riguarda il concerto all'arena di Verona, l'11 giugno, con protagonisti "The Who", ovvero i miei inizi nel preadolescenza e, dopo quanto ho visto, il presente.
A rendere il tutto ancora più memorabile, la presenza del mio piccolo, di dieci anni, con me per una serie di circostanze, o forse per un segno del destino.
A seguire, un insieme di foto e filmati che riguardano quel giorno, una miscela del tutto personale, quindi poco interessante dal punto di vista musicale, ma forse capace di ricreare l'atmosfera di quel giorno.
Subito dopo il mio commento del post concerto, già pubblicato su altri siti.

Nei prossimi giorni proseguirò con la mia storia estiva.


Mercoledì,13-06-2007

Lunedì ho assistito al concerto degli Who, all’Arena di Verona.
Se retoricamente mi venisse chiesto come è andato il concerto, ed io rispondessi con la rigida successione degli eventi, descriverei un disastro.
In realtà ho assistito, forse, al miglior concerto tra i tanti a cui ho partecipato.
La mia affermazione ha bisogno di un po’ di preparazione, ed e’ comunque rivolta a chi come me valuta l’insieme, al di la dei tecnicismi esasperati  che certi miti sono in grado di fornire sul palco.
Ho iniziato a pensare a questo evento molti mesi fa, prima ancora che i biglietti fossero in vendita.
Lo idealizzavo come forte sollecitazione di memoria e cuore.
Non avevo ancora dieci anni quando dal registratore a bobine dei miei genitori comparve, tra le altre cose, Substitute.
A quell’età iniziavano i miei primi pruriti musicali, e gli Who, così come molti altri gruppi, non mi hanno più abbandonato, avvolgendo la mia immaginazione con musiche e drammi variegati.
Questa condizione mi ha spinto a comprare due biglietti ricercando i migliori posti possibili, all’apertura delle vendite on line.
Due biglietti senza sapere se a distanza di mesi sarei riuscito a spostarmi, due biglietti senza sapere a chi fosse destinato il secondo, ma con la speranza della partecipazione di un familiare, per poter condividere l’esperienza.
Per una serie di circostanze, alla fine ho chiesto a mio figlio che ha quasi dieci anni… la storia si ripete.
Lui sa già chi era Keith Moon, per colpa mia, e dopo aver visto alcuni filmati che lo riguardano lo ha soprannominato il batterista pazzo.
Comunque accetta di seguirmi, anche se ho la sensazione che voglia farmi un favore.
Poco importa, penso, saprà rivalutare col tempo questa esperienza, qualunque cosa accada.
Arriviamo a Verona col sole  e ci avviciniamo al luogo dell’evento perannusare l’atmosfera.
Appena possibile entriamo, e sono forse le 20.
Mentre un trio di rockettari americani si esibisce, mi guardo attorno e l’emozione sale.
Non vedo nessun altro bimbo in giro e faccio notare al mio piccolo quanto sia fortunato: chissà se condivide!
Il cielo rumoreggia, ma sembra ancora sereno e alle 21 .15 The Who iniziano.
Le prime gocce arrivano con Substitute, e siamo solo al secondo pezzo.
Ci copriamo con ombrelli e k-way, immaginando che il problema sia solo nostro e che il palco coperto assicuri la protezione adeguata, ma non é così, ed il vento completa l’opera: lo stato di sicurezza viene a mancare.
Alla quinta canzone i riflettori si spengono e Pete si congeda dicendo qualcosa del tipo: ”Di solito siete voi a bagnarvi e non io!”.
Ed è  il diluvio.
Ripariamo tutti nei meandri dell’Arena, delusi e quasi certi della sospensione.
Cerco le parole per giustificarmi davanti  mio figlio, ma non servono, lui si sta divertendo lo stesso.
Dopo forse un ora  i movimenti nei cunicoli fanno capire che si rientra.
La maggior parte del pubblico e’ rimasta sulle gradinate, in speranzosa attesa.
Qualcuno dal palco ci dice che lo spettacolo riprenderà, mentre si asciugano strumenti e pavimento.
Un sospiro di sollievo.
The Who rientrano  e ripartono le immagini di sottofondo, quelle proiezioni che purtroppo non ho potuto godere appieno per mancanza di visibilità.
Si riparte con Behind Blues Eyes, ma …. ecco il dramma di Roger.
La voceè sparita, nascosta dal freddo e dall’acqua di questa sera maledetta.
Daltrey smette di cantare e impreca, mentre gli altri lo guardano attonito.
Non e’ il capriccio di un divo, ma l’impossibilità di dare il meglio di sè davanti al tuo pubblico, un pubblico che aspetta da quarant’anni anni.
Si ritirano e dopo poco Pete si ripresenta sconsolato sul palco, accompagnato da uno pseudo traduttore:
Roger non ce la fa, la voce è andata via, siamo veramente dispiaciuti...”
E’ il dramma per tutti ora.
Ma uno spiraglio si apre e Towsend ci chiede di aspettare ancora qualche minuto.
E continua a piovere.
Ormai siamo tutti in piedi e si guarda il palco con difficoltà, nel mio caso tra le aperture lasciate dagli ombrelli.
Rientrano sotto un coro di applausi e urla e l’alchimia si compie.
La scaletta non e’ più quella originale, ma si propongono i pezzi storici e Pete prende in mano il gruppo… da tutti i punti di vista.
Roger continua a scusarsi, ma non e’ certo da un episodio sfortunato che si traggono giudizi e la sua immagine non subisce appannamenti, anzi si fortifica.
Cantiamo tutti con lui e cerchiamo di compensare le sue carenze .
Ma chi mi impressiona é Townshend.
E’ fantastico dal punto di vista della ritmica, ma anche i suoi a-solo entusiasmano.
Ma la domanda e’: ”Da dove arriva tutta quell’energia?!”.
Il braccio rotea come quarant’anni anni fa, e le sue posizioni sono uniche .
Riconoscerei la sua ombra fornita di chitarra ovunque…
I pezzi si susseguono, My generation, Magic Bus, Won’t Get Fooled Again, Baba O’Riley, e io realizzo che mi riapproprio di un pezzo di storia.
E’ un concerto travagliato  dove ho trovato tutti gli ingredienti, dove non c’e’ stata solo musica, ma una piccola tragedia , nel posto migliore possibile.
E’ un momento in cui ho rivisto amici, solidarietà per le tragedie personali, voglia di andare avanti a qualunque costo, con migliaia di persone che hanno spinto sul palco uomini, forse schiacciati per un attimo dalla delusione.
Mi immaginarla così, senza pensare al businnes, senza riflettere sulle pressioni che i promoter avranno esercitato.
Su quel palco c’erano dei mostri di bravura ed esperienza, uomini in difficoltà, e noi che pendevamo dalle loro labbra abbiamo contribuito alla realizzazione di un grande concerto.
Gguardando il mio figlioletto stanco, dopo averlo sentito urlare ”uuuuu ariu uu uu”, ho immaginato di passargli il testimone, anche se spero di poterlo custodire assieme a lui, ancora per un po’.
Lo spettacolo finisce senza bis .
Si esce con compostezza dall’Arena e ci si tuffa sui banchetti di maglie contraffatte, tanto da prolungare il sogno.

E l’acqua continua a cadere incessantemente.

mercoledì 5 settembre 2007

La mia rinascita musicale (concerto YES a Vado L. 12 luglio 2003)













Nel luglio 2003 ho avuto l'occasione di rivedere un concerto rock, dopo23 anni.
L'evento mi ha "toccato" profondamente e mi ha riportato ad una dimensione che avevo perso.

A seguire il commento del giorno dopo.


A quarantesette anni e sette mesi si può avere una visone pessimistica della vita. I bilanci sono frequenti e, per bene che sia andata, si e’ molto più vicini alla fine che non all’inizio. Sono tutte storie quelle che bisogna accettare con dignità la propria eta’ e goderne i frutti, invecchiare e’ spaventoso e tutto quello che ci circonda e’ un “rappelle”continuo: ricordati che i tuoi anni (non le tue forze) ti impediscono di fare le cose di un tempo…. Sono conscio che questo stato mentale non mi abbandonerà mai più ,anche se continuerò a giocare a calcio e a sentirmi come un giovanotto. Tutto ciò mi manda in crisi....ultimamente. Che cosa ho guadagnato? Che cosa c’è di positivo nel mio bilancio personale? Beh, l’esperienza non e’ cosa da poco, la sicurezza che si acquista, l’impressione che non esistano più segreti da svelare, la certezza che le uniche sorprese difficili da combattere siano le malattie, il mettere la parola giusta al momento giusto... solo con la persona giusta, il potersi permettere di litigare con chiunque… sono situazioni non proponibili a vent'anni. Mi guardo indietro e scopro che ci sono anni bui, senza significato,senza neanche un briciolo di ricordo. Parlo di grandi periodi di tempo, in cui non ho vissuto. Se non si hanno ricordi non si è vissuto! Lo penso davvero. Negli ultimi 15 anni emergono comunque episodi significativi, magari una morte di una persona cara, ma l’associazione anno/evento è salva. Parto dal 2003, appena concluso, e magari mi fermerò lì perché gli agganci col passato sono infiniti. Un evento, un unico evento che è poi quello che mi spinge a scrivere, una banalità, che assume proporzioni faraoniche per gli sconvolgimenti interni che mi ha provocato, per quelli che mi sta provocando e per quelli che mi provocherà. Non so se sarò così bravo da fornire una spiegazione razionale ma mi piacerebbe condividere con qualcuno il mio pensiero, mi piacerebbe sapere se esistono per tutti, momenti che hanno la forza e la capacità di condurti all’adolescenza e di farti restare lì a lungo, la sensazione che una mano ti afferri per il bavero e ti trascini a terra e poi ti faccia risalire velocemente in alto, senza avere la possibilità di intervenire, senza neanche provare a contrastare un volere sconosciuto, sicuramente piacevole.

Ma cosa mi è successo di cosi’ sconvolgente! 
Quest’estate ho assistito ad un concerto. Nella mia adolescenza era routine,era normale sedersi a terra in attesa dei miei idoli, con la folta chioma svolazzante, vicina a tutti quei ragazzi trasgressivi , molto più trasgressivi di me che esprimevo la mia voglia di diversità col solo aspetto e con la musica. Ora non ci ci siede più a terra ma i biglietti numerati garantiscono una certa comoditaà. Strano che gli “YES” vengano a Vado L., forse non li segue più nessuno e non pretendono più di riempire gli stadi! Due soli concerti italiani e uno e’ a Vado! Roba da matti. Comunque non perdo l’occasione e acquisto il biglietto in prevendita. Ho fresca memoria di “Fragile e Close to the edge” , roba che ascoltavo in vinile. Ho ricordo di “Yessongs” , film visto più volte e di quel film ho l’immagine indelebile della figura di
Stewe Howe, chitarrista irraggiungibile.

Cavolo se costano questi biglietti!
Ma sono sempre gli stessi che ricordo io o qualche componente è cambiato? Mi informo,e’ il 35° anniversario della loro storia e la formazione è quella super collaudata che useranno per questo tour mondiale. La curiosità, unita all’opportunità di un concerto sotto casa, mi spinge a partecipare. Non sarei arrivato sino Genova pero’ , troppo pigro,troppo demotivato a farlo.
Arriva il giorno, il 12 luglio. E’ un sabato e vado alla spiaggia. Mi incomincia a salire una certa incomprensibile agitazione mista ad euforia. A posteriori direi che era la consapevolezza di partecipare a qualcosa di storico. Appuntamento con mio fratello sotto casa, un ora prima. Lui a quei tempi era un cucciolo .
Avevo 16 o 17 anni, ero da solo in casa dei nonni in una giornata fredda. Loro erano al lavoro e io avevo la scusa di studiare in un ambiente silenzioso. In realtà la radio era accesa e la trasmissione si chiamava “Per voi giovani”. Il D.J. (a quei tempi non si chiamavano certo così) descriveva le canzoni degli album appena usciti e quel giorno si dedicò a “Powner Hearts” dei Van der Graaf e a “Fragile”, degli Yes appunto. Spiegò dettagliatamente la canzone di apertura, “Roundabout”, raccontandola nota per nota, o almeno cosi’ mi parve. Le parole mi influenzavano molto , alcune persone mi influenzavano molto, anche nei gusti musicali. In quel caso c’era comunque un insieme melodico che mi colpiva. Mi e’ sempre successo così, poche note sono sufficienti per farmi “prendere “totalmente. La differenza rispetto ad allora e’ che adesso non mi vergognerei di comprare una canzone di Orietta Berti, qual’ora ce ne fosse una che mi fa stare bene. Ricordo quel pomeriggio come fosse ora . Mio fratello era appunto un cucciolo… 8 o 9 anni.
Saliamo in macchina pensando al parcheggio vicino allo stadio Chittolina. Ma sì qualcosa troveremo! La superstrada passa alle spalle del palco, è ancora chiaro e lo stage non fornisce ancora le sue luci migliori ma lascia presagire la possibilità di una grande performance. Per me una grande performance non e’ una perfetta esecuzione, ma e’ la capacità di trasmettere la musica con conseguente stimolo a muoversi sulla sedia, a voler cantare e ballare, a voler applaudire. Ma so già che dovrò essere contenuto, dovrò ricordarmi che non sono più giovane! Il posteggio si trova subito… strano! Un pò di coda davanti ai cancelli c’è… forse la massa arriverà più tardi… Una ragazza in coda parla, parla, parla….”giovedì ho visto i Jethro a Torino”… discorsi a cui ero abituato ma .lei avrà si e no la mia eta’! Possibile che abbia ancora voglia di mettersi in mostra e far sapere a tutti ciò che ha visto? Altro flash.

Teatro Alcione a Genova, forse e’ una domenica pomeriggio, forse siamo nelle feste di Natale… il nostro complesso, formato da 3 mesi, si esibirà il giorno dopo nel mitico palco dell’oratorio. Ci carichiamo al concerto dei… non ricordo bene… PFM.? Io e Paolo siamo vicini, qualche fila più avanti Luciano e Camillo… chi avrebbe mai pensato che sarebbe diventato il parroco della mia chiesa e che darà la comunione ai miei figli!
Il concerto non e’ ancora iniziato, abbiamo tempo per… farci sentire. Io mi alzo e chiamo Camillo:”A che ora suoniamo domani?”… e lui:”Mi pare alle 4”. Tutti ci guardano curiosi e noi ci sentiamo come se stessimo per salire sul palco che e’ a pochi passi da noi. Magari è solo la nostra immaginazione, la nostra volontà, ma quello che avremmo voluto è che tutti sapessero che anche noi eravamo musicisti. Anche questo e’ nitido nella mia mente. Può essere insignificante una cosa che si ricorda con tale chiarezza a distanza di 30 anni?
Nessuno spinge in questa coda, non ci sono capelloni da vedere, i vestiti non dicono niente,assolutamente niente. Che importa, sono adulto e devo saper apprezzare la musica e solo quella. Scendo sul prato e mi avvicino ai posti numerati. Noto che non sono molti ma nella mia visione lo stadio si riempirà di gente che troverà posto a terra, sul green, e riempirà le gradinate. Tra un po’ tutto inizierà e io non vedo fiumi di persone! Cerco le facce di un tempo ma non ne trovo. E i miei compagni di scuola? Alcuni di loro erano come me, come possono lasciarsi scappare gli YES? Mi avvicino al palco, guardo gli strumenti e i tecnici che li usano. Sono maledettamente curioso di vederli anche se non penso minimamente che possano essere invecchiati. Saranno sempre loro, i miti non cambiano.Avranno più o meno 25 anni… pieni di capelli dal colore originale…magrissimi… insomma, la musica e la celebrità come elisir di lunga vita e giovinezza eterna!
Sono le 21, l’ora promessa. I posti a sedere sono tutti occupati.Mi giro indietro e c’è poco e niente. Pazzesco, come si fa a perdere una simile occasione. Provo ad immedesimarmi in loro.Come possono trovare stimoli davanti a 2000 o 3000 persone, dopo aver fatto la storia della musica rock! Forse essere professionisti significa anche questo. Comunque io ci sono e un pezzo di storia tocca anche a me. La combinazione ha voluto che io sia decentrato, vicino al palco, dal lato destinato all’arrivo degli artisti. Eccoli! Cavoli come sono cambiati! Howe non l’avrei certo riconosciuto.. sarà mica ammalato? White non lo ricordavo bene quindi posso solo notare che è un uomo di mezza età, sicuramente incontrandolo per strada non immaginerei che è uno dei migliori batteristi di tutti i tempi, che ha suonato con Lennon, con Cocker... Gli altri? Beh, un po’ ingrassati, un poò invecchiati… anche le leggende invecchiano allora? Sono un pò più tranquillo!
Iniziano a suonare ed è questa una parte che non riesco a descrivere, sebbene sia il fulcro della mia riflessione. Le canzoni nuove( per me)sono un paio.Tutte le altre sono conosciute e mi evocano miriadi di ricordi. La bravura della band e’ unica e quando a turno si esibiscono in” a solo” non sto più nella pelle. Capita a me ciò che vedo negli altri” vecchietti” che mi circondano e penso che sia un bene che i miei due piccoli figli siano rimasti a casa (ora, a distanza di mesi, la penso diversamente). Ho voglia di alzarmi, di battere le mani, di applaudire, di cantare. Qualcuno lo fa ma è gente che non ha il controllo della situazione, che non esercita autodisciplina, che non si rende conto che non ha i numeri giusti per poterlo fare.
Si prosegue per due ore e ci ritroviamo ad urlare all’unisono:” fuori..fuori..”, per un bis che sarà super emozionante, con “I’ve seen all good people” e “Roundabout” che mi faranno accapponare la pelle, cosa che accade anche ora che scrivo. E’ finita.
Scendono dal palco ed io sono lì ad attendere. Li voglio vedere da vicino, non posso perdermi i lunghi capelli biondi di Wakeman. Sono ad un passo da me. Ho trovato il coraggio di accorciare le distanze... non troverò quello di chiedere un autografo.. .non troverò quello di appoggiare una mano sul braccio per bagnarmi di sudore altrui.
Anche questo mi era capitato al palazzetto di Albenga, quando toccavo la spalla di Dave Jackson e non lavavo la mano per un giorno, per protrarre il contatto.
Ora non posso più permettermelo! Loro entrano in due utilitarie e spariscono, mentre rifletto sul ridimensionamento dei mezzi locomotori a disposizione (non penso che su quelle piccole auto faranno solo 100 metri, sino al loro luogo di riposo).
Sapro’ in seguito della loro cena in un ristorante vicino e spesso ho immaginato di trovarmi li’ per caso e di trovare il coraggio per parlare con loro,per fargli sapere che i miei due bambini ora cantano alcune loro canzoni. Tutto e finito.Hanno salutato insieme , all’unisono , e credo di capire che fossero soddisfatti, perche’ hanno dato felicita’ ad alcune persone, non molte come io avrei voluto ma… in Italia li avevano dimenticati… forse.

Ora avrei davvero voglia di comprare i loro gadget..ma e’ tardi e purtroppo non avro’ il tempo per la loro fantastica t-short.
Il giorno dopo , rifacendo la superstrada, i due Tir carichi del palco, preso in affitto da Vasco Rossi, saranno l’inizio del mio martirio interiore, del mio riavvicinamento agli Yes, persi da una vita,saranno il ricordo costante dei miei giorni andati, del tempo buttato via, di momenti bui, alcuni felici e altri da obliare. Sono la consapevolezza che in 5 minuti è passata una vita e trovare lati positivi alla situazione attuale e’ solo illusione, solo paura della verità.
La vita è breve, troppo breve e non e’ neanche troppo bella perchè quando hai il mondo intero da afferrare, a pochi metri da te, pensi che non sia importante averlo, che ci sia sempre tempo per farlo in futuro, pensi che la vita sia sempre li ad attendere. Quando diventi tanto saggio da capire la verità….non hai più la forza, non hai più il tempo,magari la voglia per arrivare all’obiettivo, spirituale o materiale, magari entrambi, sicuramente diverso per ogni essere umano.
Sono a casa e racconto tutto ma non riesco a trasferire il mio entusiasmo, probabilmente devo ancora metabolizzare l’avvenimento.
Nei giorni successivi mi chiama un mio vecchio compagno di scuola e scopro che anche lui era sul luogo del delitto…e’ euforico,entusiasta e non sta più nella pelle dall’eccitazione... ma allora non sono il solo!
Inizia una corrispondenza continua con scambi e acquisti selvaggi di video, dvd, cd e tutto quanto abbia il marchio Yes…devo assolutamente riappropriarmi della mia giovinezza interiore!
In casa mi credono maniaco. Partiamo per le ferie e porto con me molta musica ma..di un solo gruppo… E io che credevo che non avessero piuù scritto niente!
E invece scopro centinaia di canzoni, decine di album. Non tutti i pezzi mi prendono, ma sono dettagli, una goccia nel mare.
Il mio amico continua ad essere il fornitore ufficiale e ora ci sentiamo con una certa frequenza e viene spesso a trovarmi al lavoro. Eppure prima lo vedevo
solo una volta all’anno! Altro miracolo. Non e’ una banalità parlare dei compagni di scuola. In un mondo nel quale è difficile ricordarsi di chi abita sul tuo pianerottolo da una vita, io e i miei compagni di scuola ci ritroviamo ogni anno, con tanto di prof.
Ci vogliamo bene,ci teniamo in contatto via mail e… sfido a trovare esempi simili dopo tanti anni dalla fine delle scuole!
Abbiamo pure un sito su internet, e da li nasce la nostra finestra sul mondo.
Proprio internet mi ha fatto spaziare sul mondo Yes e mi continua a dare spunti che alimentano la mia ansia di appropriarmi di quell’universo fantastico.
A fine anno e’ uscito il dvd dedicato al loro tour mondiale e la parte piu importante mette in evidenza i componenti la band con singole interviste. Lo guardo e lo riguardo e mia moglie che mi chiede:”Ma non sei ancora stanco di vederlo?”
Ma come puo’ capire lei quello che mi sta passando dentro! Anche lei ci arriverà... forse, attraverso altre vie...
In qualche modo influenzo i miei figli e loro apprezzano la musica, più di quanto facessi io alla loro età. La piccola strimpella già la chitarra che le ho regalato quest’estate e magari la suonerà meglio di me , tra qualche tempo. E così ho deciso di scrivere a Squire, nell’illusione che mi risponda con una certa solerzia. Gli ho mandato l’immagine di quello che credo siano i suoi due fans più piccoli, una bimba di 9 anni ed un bimbo di 6.
Ogni mattina li porto a scuola.Il tragitto è breve,il tempo di una canzone.Loro spesso mi chiedono:”Papa’, metti Magnification”...
Li accontento ovviamente ed al primo coro si alzano in piedi e partecipano attivamente ,mentre li osservo dallo specchietto retrovisore. Poi proseguono col ritornello ,proprio mentre arriviamo davanti al cancello della scuola:” magnifiche-magnifichescion…” e io vado a lavorare con questo ricordo.
Sono ancora in trance, sono ancora in crisi.
Voglio rimanere in trance,vorrei uscire da questa crisi.
Non c’è niente di cosi’ grave, non penso sia una situazione da depressione, ma la consapevolezza del tempo che fugge via , la certezza che non abbiamo nessuna arma dalla nostra per rallentare la discesa,la mia personale sicurezza che il tempo davanti a me non può che essere il peggiore in una valutazione globale della vita… beh,mi rende triste.
La mia fede non e’ abbastanza forte da farmi pensare alla vita futura migliore di quella terrena,e quindi vedo un po’ nero.

Quest’anno e’ toccato agli YES farmi sprofondare in riflessioni pesanti, magari la prossima estate mi soffermerò in qualche festa di paese e magari mi capiterà di ascoltare la mitica Orietta Berti e... magari arriverò al suicidio... naaaaa... Orietta naaaaa.

Grazie Jon, grazie Chris, grazie Stewe, grazie Rick, grazie, Alan.