Poco più di un mese fa abbiamo pianto la
prematura dipartita di Greg Lake e oggi, 31
gennaio 2017, ci ritroviamo al cospetto di un altro dramma, quello legato all’epilogo
della malattia diJohn Wetton,a soli 67 anni. Anche di lui si conoscevano le precarie
condizioni di salute.
I
miti musicali di chi segue il rock sin dagli anni ’70 svaniscono ad uno ad uno,
e in tutto questo non c’è nulla di strano e imprevedibile, è legge di natura, ma
si ha sempre la sensazione in questi casi che chi parte non troverà più un
sostituto alla sua altezza, e con la morte di Wetton, Squire, Emerson e Lake,
tanto per fare esempi recenti, svanisce un po’ di noi, ammalati di quel mondo, perché
la musica è memoria, ed ogni trama sonora inventata da quei musicisti geniali
ha contribuito a renderci la vita un po’ diversa. E non è retorica.
Fortunatamente
la loro opera resta, immortale, e questo dovrebbe essere obiettivamente un pensiero
gioioso.
Non
ho citato a caso Lake e Wetton, perché avevano molto in comune: mi soffermo
sull’ovvio… entrambi bassisti, entrambi in possesso di voce sublime, entrambi
partecipanti in passato al progetto King Crimson… ed entrambi malati di cancro, nel momento finale.
Mi
è capitato di vedere Wetton dal vivo due volte, molto distanti tra loro. La
prima da adolescente, nel 1973, e i King Crimson erano di scena a Torino: credo
di aver afferrato il meglio possibile.
La
successiva occasione si è ripresentata nel 2010, quando la Prog Exhibition romana
lo ha visto protagonista nel set del BANCO, e anche se non compare nel DVD
ufficiale, per problemi poco interessanti, io ho la “mia” registrazione dell’esecuzione:
altro momento top!
Sono
tante le sue collaborazioni, tanti i gruppi in cui ha suonato, ma fare il
conteggio mi pare oggi poco significativo, anche se è bene sottolineare, dopo i
King Crimson, i progetti ASIA e UK.
Mi
fermo qui, non è il momento del racconto di una vita e ci sarà modo di
approfondire… a freddo!
A
caldo invece mi viene da ascoltare e condividere la sua voce, in uno dei brani
che preferisco in assoluto.
Derek And The
Dominos … sotto
questo nome si nasconde una delle tante avventure musicali di Eric Clapton.
Dopo l’esperienza nei
Cream e la fugace parentesi con i Blind
Faith, nel 1970 Clapton dà vita (con il tastierista Bobby Whitlock, il bassista Carl
Radle e il batterista Jim Gordon)
a una formazione che vorrebbe essere un pò più anonima del solito, e invece fa
subito scalpore quando si aggiunge il chitarrista Duane Allman. Così formata la band registra, ai Criteria Studios di
Miami, un album entrato nella storia grazie alla lunga Layla, scritta da Clapton
e ispirata alla sua tormentata relazione con Patti Boyd, moglie dell’amico George
Harrison.
Vent’anni dopo, The
Layla Sessions sarà la testimonianza completa di quell’evento, nonché il
resoconto di una stagione in cui creatività musicale e droghe andavano a
braccetto. Lunghe jam, assoli interminabili, rock e blues come un fiume in
piena: la musica scaturisce libera e fluida da un’incredibile urgenza
espressiva.
Qualche mese più tardi, nell’ottobre del 1970, Derek And The
Dominos (senza Allman) si ritrovano a suonare al Fillmore East di New York in una delle loro rare esibizioni dal
vivo. L’avvenimento viene catturato nell’album doppio “In Concert”, ripubblicato nel 1994 in Live At The Fillmore.
Ma i turbamenti amorosi di Clapton, la sua depressione e la dipendenza
dall’eroina mettono prematuramente fine alla band. Clapton si rifugia per oltre
un anno nella sua casa inglese nel Surrey, da cui esce pubblicamente solo per
il Concert For Bangladesh.
Nel 1973 ricompare nel concerto che Pete Townshend organizza per lui al Raimbow di Londra, dopo di che comincia di nuovo con la nota,
fortunata carriera solista. (da "Rock Blues", di Mauro Zambellini)
"Spirituality" è lo straordinario frutto della ricerca di un "totalmente altro"
nel campo della musica e della consapevolezza spirituale. Ne sono autori,
creatori e interpreti Juri Camisasca e Rosario Di Bella.
La loro indagine intende favorire il
dialogo fra varie forme di spiritualità e fra religioni diverse, muovendosi fra
le culture, le antiche conoscenze e l’Assoluto,coniugando un messaggio musicale
senza precedenti.
Oltre le barriere dei credo e dei dogmi,
delle etnie e dei territori geografici, della mente e della ragione, “Spirituality” è il battito di un cuore,
uguale ovunque nel tempo e nello spazio (dal
comunicato stampa).
Ho provato a porre qualche domanda a Juri Camisasca che, gentilmente, ha
soddisfatto le mie curiosità.
L'INTERVISTA
Vorrei partire dalla sicura sintonia esistente tra Juri Camisasca
e Rosario Di Bella: come e in quale occasione nasce la vostra collaborazione?
Rosario aveva manifestato il desiderio di fare
qualcosa insieme. Inizialmentepensavamo solo a delle performance live, poi è nato tutto
il resto. Il CD è il risultato naturale di una collaborazione
pacifica.
Il culmine del vostro connubio è il progetto
“Spirituality”, album di fresca uscita: possibile raccontarne l’anima, l’idea
basica, il messaggio?
Il titolo dice tutto: Spirituality è un invito a riscoprire i veri valori della vita,
valori che allo stato attuale sembrano alquanto appannati. Troppa
negatività, troppa violenza, troppo egoismo; mancanza di rispetto e superficialità
sono sul trono di questa esistenza. È assolutamente necessaria una inversione
di rotta. Dobbiamo camminare verso le sorgenti dell'Essere, se non
vogliamo sprecare questa grande opportunità di appartenere al regno umano.
Che cosa contiene il disco dal punto di vista
meramente musicale? Possibile ricondurlo a caselle di genere conosciute?
Credo che il Cd rappresenti una sorta di fusione di
mondi musicali molto diversi, ed è per questo che a mio avviso risulta
interessante. Io sono impregnato di quelle atmosfere che hanno reso mitici gli
anni ‘70, da Terry Riley ai Popol Vuh, dagli Ash RaTempel ai
gruppi di quel movimento rock che ha veramente fatto la storia della
musica, e credoche un buon orecchio questo lo percepisca in pieno. Rosario dal
canto suoha interagito con il suo mondo musicale. Nessuno dei due ha mai
ostacolato l'altro; ci sono state grande apertura e disponibilità
nell'accogliere le reciproche idee.
Parlare di spiritualità, in questi giorni oscuri,
sembra da un lato utopistico e dall’altro l’unica via per trovare un po’ di
pace, e per indicare una possibile via verso il cambiamento: avresti mai
pensato che, dopo il fervore sociale degli anni ’70, saremmo caduti così in
basso? E’ ancora possibile la centralità della musica nel processo di
miglioramento delle esistenze?
Diciamo che all'orrido non c'è mai fine. No,
non immaginavo una simile caduta. Il problema è comunque molto complesso e
non è questa la sede adatta per affrontare un argomento di simile portata. Mi
fermo solo alla considerazione del fatto musicale: di talenti ce ne sono
tanti, quello che manca è il desiderio di mettersi al servizio della musica;
questa viene usata solo come mezzo per realizzare i sogni della propria vanità.
Il risultato è che ci sono tante produzioni perfette, ma
artisticamente insignificanti.
Musica e parole… si riescono a passare messaggi
importanti senza l’utilizzo delle liriche?
Sicuramente! Ascolta un raga di Ravi Shankar e poi
vedrai... Il suono colpisce i centri interiori senza essere filtrato dallo
strumento della ragione. È pur vero che una poesia di Tagore o di Kabir penetra
nelle zone più profonde dell'intimo senza l'utilizzo del suono. Comunque,
per quanto riguarda l'arte non mi va di fare distinzioni o classifiche,
ogni ramo artistico ha la sua importanza. Il Mosè di Michelangelo mi rapisce
quanto il Cristo del Velasquez, e un capolavoro di Buñuel o di Hitchcock mi
lasciano senza fiato quanto "La Montagna incantata" di
Thomas Mann. Dobbiamo però sottolineare il fatto che nei grandi testi sacri il
suono (vibrazione) è visto come l'origine della creazione. Nell'Induismo
la sillaba "OM" è l'equivalente del "Verbo" di cui ci parla
San Giovanni nel Prologo del suo Vangelo. Ecco perché la musica si
colloca in una posizione più sottile rispetto alle altre arti. Bada bene, non
dico che è superiore, dico solo che è una forma di espressione più
rarefatta.
Che cosa accade in genere nei vostri live? Che tipo di
interazione riuscite a realizzare con il pubblico?
Ti ringrazio per questa domanda, perché mi
dà l'occasione di dire ciò che più mi gratifica nel contesto di
quest'operazione. Il concerto Spirituality è un bagno di energie positive. E
alla fine di ogni performance le persone si avvicinano per ringraziarci con gli
occhi pieni di gioia e di gratitudine. È questo genere di feedback che
mi dà ancora la forza di salire su un palco. Quest'avventura la sto
vivendo come una sorta di missione. Quello che ti sto dicendo può sembrare
un'esagerazione, una forzatura autoreferenziale, ma è la verità. Ho solo
voglia di dare… di comunicare uno stato dell'anima che è fatto di serenità e di
quiete.
E’ iniziato lo “Spirituality Tour” che proseguirà nel corso del 2017: come è
andata la prima tappa e su cosa si basa l’intero progetto live?
Il debutto a Roma è andato benissimo. C'è stata la
partecipazione di un grande sitarista, Oscar Bonelli, col quale abbiamo eseguito
un mantra della tradizione vedica. Il risultato è stato davvero
emozionante. Ecco, una caratteristica dei nostri live è che diamo spazio all'improvvisazione.
L'incontro con Oscar è avvenuto un'ora prima dell'inizio del concerto. A
volte è un rischio fare cose del genere, ma si sa che basta anche un
solo sguardo per capire a quale famiglia appartieni.
Domanda d’obbligo: qual è il tuo giudizio sullo stato attuale
della musica italiana?
Su questo punto credo di averti già detto qualcosa in
precedenza. Ora però voglio darti una risposta più energica. Lo stato attuale
della musica italiana è pietoso. Questi reality stanno rovinando la creatività,
l'inventiva e la personalità artistica. Tutti i giovani, e ce ne sono di bravi,
vengono incapsulati all'interno di un cliché. Se non canti come Amy Winehouse,
come Sting, o Whitney Houston (ora la più gettonata sembra sia Adele) non hai
speranza.
Credo che Bob Dylan non sarebbe stato nemmeno
preso in considerazione in questi cosiddetti talent.
Un nome - tanto per suscitare una reazione -, Franco Battiato, che
ho visto in una fotografia alle vostre spalle, durante un soundcheck: che cosa
rappresenta per te?
L'amico di una vita.
Uno sguardo al futuro: è troppo presto per buttare lo sguardo
oltre il disco e il tour di “Spirituality”?
In primavera uscirà "Evoluzione Interiore" in doppio vinile e doppio CD. Si tratta
degli ultimi due "live" che feci negli anni ’70, rispettivamente nel Teatrino
della Villa Reale di Monza e alla Comuna Baires di Milano. Dopodiché mi ritirai
a vita claustrale.
Sono performance di improvvisazioni per
Harmonium, voce e oboe. Erano i miei primi tentativi di proporre musica
meditativa. Furono registrati con un walkman, ma ho dato il mio consenso alla
pubblicazione perché si tratta di una testimonianza molto importante.
Inoltre sono molto indietro con dei lavori di pittura che mi sono stati
commissionati tempo fa; dovrò quindi impegnarmi seriamente per portarli a
termine. A proposito, non so se lo sai ma, oltre che di musica,
mi occupo anche di iconografia…
Prossimo concerto, a Giarre (CT), il 14 Febbraio
JURI CAMISASCA
La sua voce legata all’Assoluto, Juri Camisasca la fa sentire
presto, con un album d’avanguardia, "La
finestra dentro", prodotto nel 1974 da Franco Battiato, colpito dalla
sua vertigine umana, viscerale e oltre le regole. In quegli anni Juri avrebbe
potuto dare molto sul versante del lirismo e della sperimentazione vocale, come
aveva fatto Tim Buckley autodistruggendosi; decide invece di guardare alla sua
voce interiore e compie un passo fondamentale, scegliendo per undici anni
la vita monastica. La abbandona nel 1987, quando lo troviamo a fianco di Franco
Battiato nell'opera lirica "Genesi".
L’anno dopo pubblica "Te Deum",
album di canti gregoriani da lui rivisitati, cui segue nel 1990 "il Carmelo di Echt" e nel 1999
"Arcano enigma", con la
collaborazione di Battiato e dei Bluvertigo. Nel 2003 partecipa al primo film
di Battiato “Perdutoamor" come
narratore della lezione di tantra. Nel 2005 recita nel secondo film di
Battiato, "Musikanten" e
nel 2007 nel terzo "Niente è come
sembra". Il Maggio 2016 l’album e il progetto "Spirituality" segnano un ritorno
discografico, in binomio con Rosario Di Bella, destinato a lasciare il segno
nel novero di una musica colta che si esprime in un universo di grazia e poesia
cosmica. Come si disse un tempo, creando “la
più alta rassomiglianza naturale dell’attività di Dio”.
Per tutta la programmazione dello
"Spirituality Tour 2017" il progetto gode del
patrocinio del Comitato Italiano Nazionale Fair Play, che si
adopera per promuovere codici di Etica Sociale.
Mauro Pinzone è un
cantautore del ponente ligure, ma in questo caso, forse, cantautore è termine
riduttivo. Pinzone è anche sinonimo di discontinuità… non è una critica, è lui
stesso a sottolineare a seguire una certa variabilità umorale che ha provocato,
nel tempo, lunghi vuoti produttivi/espressivi: le passioni molto forti sono
considerate in modo inconscio le principali attività di vita, ma quasi sempre diventano
la seconda scelta, la valvola di sfogo, perché, ahimè, far coincidere lavoro e
passione è roba da predestinati.
Il racconto di
Pinzone è dettagliato e utile alla comprensione della sua arte, ma estenderei
la picture ad un mondo intero, fatto di sensibilità e di accadimenti personali,
dove c’è spazio per l’obiettività ma anche per qualche rimpianto,
recriminazioni che fatalmente si estendono all’ascoltatore, ammesso che la
fruizione sia attiva e che ci sia la predisposizione a lasciarsi coinvolgere.
“Foto sintesi”
è tutto questo, la descrizione di momenti significativi vissuti dall’autore,
nei quali è possibile specchiarsi e, volendo, trarre delle conclusioni.
Sono dodici le
tracce che compongono il CD e a fine articolo propongo “Prestito”, un quadretto simbolo della delicatezza con cui
Pinzone sa esprimersi.
Ho trovato in
sottofondo un mood comune che sa di spleen, come nel brano “Stella” (“Una stella
per ogni mio sbaglio, una stella per ogni mio amore, uno sbaglio per ogni
emozione…”), o “La verità”
(“Dove stai cercando la libertà, sotto la tua delusione di un risveglio poco
limpido…”); e che dire della struggente “Sensi amplificati” (“Non
c’è abbastanza tempo per un’altra notte, per un’altra alba, per volare tra i
tuoi capelli…”) o della malinconica “Sorriso
che corre” (“Non sei solo un sorriso che corre, sotto un sole dall’odore
di fuoco, sei anche un uomo che deve lottare per riuscire a farsi dagli altri vedere”)…
Ma questa
atmosfera rarefatta non sarebbe così efficace se non esistessero trame sonore
adeguate ai messaggi. Le parole inventano una storia e la musica diventa l’abito
ideale, che smussa gli angoli e modella i sentimenti. Pinzone conosce
perfettamente l’arte del bilanciare i due ingredienti principali, e dopo aver
costruito il copione, adoperandosi nella cernita che meglio lo possa
rappresentare in questo momento di vita, chiede ausilio a fior di musicisti, di
cui parla lui stesso nel corso dell’intervista.
Emergono così
i tanti volti dell’artista, che mette in circolo tutto il suo background
musicale che, come accennavo ad inizio articolo, sfugge dallo stereotipo del
cantautore.
Si nasconde un
po’ Mauro Pinzone, a volte pare voglia minimizzare la propria arte, magari per
gesto di umiltà o è forse questo un momento in cui l’autostima necessita di
sollecitazione, perché le sue peculiarità - e tra queste metterei sicuramente
la voce, che appare come marchio di fabbrica e immediatamente riconoscibile,
così come la capacità di dare corpo musicale a idee che nella veste finale
diventano pesanti come macigni - hanno una decisa potenza, che permette di
costruire immagini che, dopo che ti si sono parate davanti, non svaniscono
mai più, diventando il vero elemento interattivo, situazione invidiabile da
raggiungere.
Nella parte
conclusiva Pinzone propone un paio di tacce legate a un progetto teatrale, “Punti
di Svista”, ed è lo stesso autore che racconta di come questa scelta sia
stata da taluni criticata, ma personalmente trovo sia perfettamente calata nel
progetto, un puntare il dito sul sistema e sull’attuale momento artistico che
mi pare pienamente condivisibile e meritevole di sottolineatura.
“Foto Sintesi”
è un album che più si ascolta e più ti entra dentro: toccante, sincero, amaro,
specchio della quotidianità.
Mi ha lasciato
un velato ma diffuso senso di tristezza, quella che a volte mi piace andare a
ricercare nei momenti più intimi… molto più di un semplice disco!
L’INTERVISTA
E’ appena uscito
“Foto sintesi”, il tuo nuovo album. Prima di entrare nei dettagli ti chiedo di
sintetizzare i fatti artistici salienti della storia di Mauro Pinzone.
Credo che la mia
vita artistica si possa riassumere in diverse fasi, tutte intercalate da pause
di scarsa creatività, alcune durate anche diversi anni. Ho iniziato a scrivere
poesie nel 1974, da subito mi sono accorto che alla poesia potevo aggiungere la
musica; la prima fase, prettamente folk, è durata sino al 1981, allora giravo
con una eko 12 corde e armonica a bocca, per feste di paese e festival vari. In
quel periodo ebbi l’occasione di suonare un paio di volte da supporto agli
Area, purtroppo già privi dell’indimenticabile Demetrio. Dal 1981 al 1990 primo
black out: per quasi dieci anni non ho praticamente più toccato la chitarra, ma
in compenso ho ascoltato e visto veramente tanta musica, avendo occasione di
girare l’Italia per lavoro. Nel 1990 ho acquistato la mia prima chitarra seria,
una Martin HD28, e ho ripreso a scrivere e suonare. A quel tempo fondai il mio
primo gruppo, assieme a un ragazzo francese, cantavamo le sue e le mie canzoni.
Nel 1992 l’incontro con Gabriele Braga, ottimo chitarrista dalla vena creativa
assolutamente originale. Con lui nel 1994 fondammo i Pensieri Compressi, una
sorta di jam band costituita da musicisti bravi sia tecnicamente che come gusto
e raffinatezza. Le mie canzoni con i Pensieri Compressi si arricchirono di una
base musicale unica, una sorta di fusion tra rock, funky, jazz e altri svariati
generi, tutti sapientemente miscelati. Fu un periodo molto intenso, ricco di
soddisfazioni. Il gruppo era molto apprezzato e seguito, soprattutto da
musicisti e fu tra primi a proporre brani originali e cover completamente
riarrangiate nei locali del ponente ligure - E’ del 1998 il CD PENSIERI
COMPRESSI, accolto dalla critica in maniera molto positiva, contenente il brano
Fuori la Città, passato anche su Radio Uno. Con i pensieri Compressi abbiamo
suonato ovunque, in Piemonte, in Lombardia, in Sardegna e abbiamo avuto l’onore
di aprire concerti di artisti come Massimo Bubola, Alberto Camerini e i
Garybaldi del compianto Bambi Fossati. Questo sodalizio è durato tra alti e
bassi sino al 2006, anno in cui il gruppo, più che sciogliersi, si dissolse nel
nulla, con un nuovo album in fase di registrazione per il quale avevo tra
l’altro trovato anche un’ottima produzione, alla quale dovetti, per forza di
cose, rinunciare (p.s. il CD è completato da anni ormai, ma non è stato ancora
pubblicato). Dal 2006 al 2008 altro black out, ma in questo caso ho continuato
invece a comporre. Nel 2008 l’incontro con Mohamed Ben Hamouda, un
percussionista tunisino in Italia ormai da tanti anni, che si innamorò
immediatamente delle mie canzoni. Con lui fondammo gli Afka’r, una sorta di
gruppo in bilico tra folk, etnico e jazz. Credo che gli Afka’r fossero
piuttosto avanti rispetto al periodo in cui operavano, la musica che proponevamo era molto al di fuori
degli schemi classici. Gli Afka’r durarono sino al 2009, nessuna registrazione
ufficiale ma diversi bootleg live di un certo spessore. Dal 2009 al 2012 altri
tre anni “sabbatici” in cui mi dedicai però al teatro con la compagnia Baba
Yaga di Finale Ligure. In questi ultimi anni ho avuto anche il piacere di
partecipare a due cortometraggi, “L'identità”, per lo Yepp di Loano, e “La
Prova”, per lo Yepp di Albenga, e a un lungometraggio, “La regola del piombo”
del regista Giacomo Arrigoni (il film è stato premiato a due festival di cinema
indipendente a Miami e Houston). Dal 2012 ho ripreso ad esibirmi dal vivo, da
solo, a volte accompagnato dal maestro Giovanni Amelotti, grande musicista con
il quale ho condiviso l’esperienza degli Afka’r. Nel 2014 ebbi anche l’onore di
aprire il concerto di Garland Jeffreys ad Albenga, e alla fine… nel 2015 ho finalmente
maturato la decisione di incidere un CD che fosse realmente e finalmente mio e
che rappresentasse il mio lavoro di questi ultimi anni. Di questo CD ho
presentato alcuni brani al Festival Su La Testa.
I tuoi “quadretti”
lirico-sonori sono accompagnati da una timbrica vocale molto particolare che ti
rende sufficientemente lontano dagli stereotipi del genere: come definiresti la
tua proposta, per chi non ha mai avuto occasione di ascoltarti?
Grazie per la
delicatezza con cui hai affrontato l’argomento... so benissimo di non essere un
bravo cantante, e che le mie ballate non hanno propriamente la forma di
“canzone”. Tieni presente che nel comporre parto sempre da un testo, da una
poesia, e che, vuoi per scelta vuoi per le mie limitate qualità di musicista,
la struttura di base delle canzoni è molto semplice, anche se spesso utilizzo
dei “rivolti”. Il testo è alla base di tutto e la musica deve sostenere in
maniera dignitosa le parole. Ciò non vuol dire che la musica debba avere meno
importanza nel prodotto finale, sicuramente la scelta dei musicisti con cui
collaboro deve essere in sintonia con i
miei gusti musicali di quel momento… ho sempre mirato a un tessuto sonoro
simile più a un patchwork che a una copertina monocroma.
Il titolo del disco
anticipa gli intenti ma qual è il contenuto, o meglio, che cosa lega i vari
episodi?
La scelta della
canzoni non è stata facile, ho ancora molte canzoni che avrei potuto inserire
nel CD. Ho cercato di selezionare quelle che più mi rappresentano in questo
periodo, quelle che sentivo più mie, spesso nate da esperienze che mi hanno
segnato, nel bene e nel male, oppure ancora che ho vissuto da esterno, da
spettatore. Il fil rouge è rappresentato da una condizione interiore esplosiva
che aveva necessità di esprimersi, da una sorta di stato emozionale che cerco
di trasmettere a chi ascolta, che in ogni caso deve essere in grado di
sviluppare in maniera soggettiva, come se si trovassero davanti a dei quadri o
a delle fotografie.
Mi parli delle due
tracce legate allo spettacolo “Punti di Svista”?
Sto ricevendo molte
critiche per questa scelta, mi dicono che i due monologhi inseriti nel CD sono
fuori luogo… dal mio punto di vista (anzi di Svista) invece sono complementari
perché in ogni caso rappresentano una parte del mio vissuto artistico di questi
ultimi anni. Nel 2014 l’incontro con Roberto Bani (attore, regista, scrittore
di testi teatrali) che conoscevo da decenni ma con il quale non avevo condiviso
nulla di artistico, ha portato alla nascita di uno spettacolo nel quale due
mondi diversi, quello della canzone d’autore e quello del teatro, si incontrano
ed esprimono due diversi punti di vista (anzi di Svista) sulla natura e la vita
degli artisti stessi. Roberto ha costruito dei monologhi ispirato da alcune mie
canzoni e io ho composto delle canzoni su alcuni suoi monologhi; sono nati così
otto quadretti in cui canzone e monologo
trattano lo stesso argomento visto da due artisti diversi tra loro. L’Originale
e Non sei originale rappresentano uno di questi quadri, e mi
sembrava pertanto giusto inserirli entrambi nel CD.
Siamo lontani
dall’immagine del cantautore “voce e chitarra”, e di fatto esiste una grande
squadra che ti ha dato ausilio nel tuo lavoro: mi racconti qualcosa del team?
Grandi musicisti e
gran belle persone, siamo fortunati che esistano dalle nostre parti artisti di
questo livello, con tale personalità e umanità, e grazie al cielo non sono gli
unici. Con alcuni di loro (De Palo, Gianeri, Amelotti, Hamouda) ho condiviso in
passato con Pensieri Compressi e Afka’r fasi importanti del mio percorso
musicale, gli altri (Fugassa, Bellato, Biale, Baglietto) posso dire di averli
visti nascere artisticamente, spesso anche di averli visti ai miei concerti
quando erano ancora agli inizi, e con i quali ho mantenuto sempre un rapporto
di stima, per non parlare poi di Mazzitelli, che seguo e mi segue da una vita,
e che conosce perfettamente i miei pregi e, soprattutto, difetti dal punto di
vista musicale, e che mi ha aiutato a coordinare tutti. La scelta è caduta su
di loro perché ero sicuro che, oltre a fare un ottimo lavoro dal punto di vista
musicale, avrebbero interpretato le mie canzoni esattamente come io avrei
voluto; ho pertanto lasciato loro ampio spazio creativo perché oltre ad essere
degli “esecutori” contribuissero anche con qualcosa di più prezioso, la loro
personale creatività, e in questo mi sembra di avere centrato l’obiettivo.
Mi parli degli
altri aspetti legati al CD… le immagini dell’artwork… l’autoproduzione…
Per l’artwork mi
sono affidato totalmente a una cara amica, Angela Caprino, che ho stressato
nell’ultimo mese perché mi realizzasse la veste grafica. Le ho dato delle
indicazioni su quello che avrei voluto e che potesse rendere l’idea dei
contenuti del CD, e lei ha realizzato questa copertina raffigurante una cornice
con all’interno due fotografie sovrapposte che rappresentano le striature di
una foglia e delle bolle d’acqua, screziate di rosso, che è il mio colore
preferito. Molto bella anche la realizzazione grafica del book interno
contenente tutti i testi, che risultano essere ben leggibili. Angela ha fatto
veramente un ottimo lavoro, per essere la sua prima realizzazione di una
copertina per CD, ma su questo non avevo dubbi.
Per la
registrazione mi sono invece affidato ad Alessandro Mazzitelli, che ha una
profonda conoscenza di quello che faccio, e che si è occupato anche della
Direzione di Sala. Una delle cose che apprezzo di Alessandro è l’infinita
pazienza.,soprattutto con persone come me, molto dispersive e umorali. La
registrazione è durata un anno e mezzo, tra pause, modifiche, integrazioni, e
la cosa più bella che ho vissuto in questo periodo è il constatare, a ogni
pezzo finito, che questi mi entusiasmava, sembrava sempre più bello del
precedente: questo nonostante i vari musicisti siano intervenuti in tempi
diversi, e quasi mai con un ordine logico (ad esempio la batteria su alcuni
brani l’abbiamo registrata quasi alla fine, mentre invece di regola fa parte
della base su cui interverranno tutti gli altri strumenti). I tempi così lunghi
di realizzazione hanno però dato un senso alla crescita di questo bambino,
vederlo crescere a poco a poco, gustarne ogni nuova sfumatura… beh, è stata
veramente una grande sensazione.
Punto dolente, come
sempre nelle autoproduzioni, la distribuzione. Per ora il CD è disponibile solo
dal sottoscritto, anche se a brevissimo darà disponibile su piattaforme
digitali tipo ITunes e Spotify.
Sei considerato un
punto di riferimento musicale nel ponente ligure: hai il polso di quanto sta
accadendo da quelle parti? Ci sono fermenti o predomina la stasi creativa?
O mio Dio che
responsabilità... sono solo un artigiano delle parole che cerca di esprimere
qualcosa, e che ha sempre creduto nella musica originale, fosse la mia o quella
di altri. C’è stato un periodo che mi occupavo di organizzare kermesse musicali
a cui fare partecipare soprattutto gruppi musicali che proponessero brani
originali, e constatare oggi quanto i ragazzi di allora siano cresciuti musicalmente, non sai quanto susciti
piacere e motivo di orgoglio. Confesso che purtroppo non ho avuto molto tempo
ultimamente da dedicare alla musica dal vivo, ma ho l’impressione che la
situazione sia un poco statica e credo anche che non sia un buon momento anche
al di fuori delle nostre zone. Rispetto a 20/30 anni fa le occasioni per chi ha
qualcosa di originale da proporre si sono ridotte, ad eccezione del periodo
estivo in cui non mancano, fortunatamente, fiere e feste di piazza. C'è anche
da dire che purtroppo c’è sempre meno pubblico disposto ad andare sentire
musica dal vivo, specie se trattasi di musica originale. La carenza di pubblico
secondo me è anche data dal fatto che a “girare” sono spesso sempre gli stessi
nomi, e che, ancora negli ultimi dieci
anni i locali hanno preferito offrire “quantità” a basso costo,
piuttosto che “qualità”.
Chi in questo
momento trovo interessante? Trovo molto interessanti i Nico & the Castles,
della bravissima Nicoletta Ghilino, capaci di creare ottime atmosfere tipiche
da pub fumoso, i London Pride (che ho seguito sin dagli esordi), sempre più
spinti sulla strada del brit pop, anche se io li preferivo quando erano un po’
più psichedelici, un gruppo di ragazzini di Imperia che suonano dell’ottimo
jazz rock e che si facevano chiamare Jamers, ma che ho perso di vista. Ci sono
inoltre i giovanissimi We Fly, la cui crescita musicale è stata davvero
impressionante in questi ultimi tre anni. Simpaticissimi e molto freschi i
4Real. Molto bravi anche Margherita Daisy Zanin e Samuele Puppo, che nonostante
la giovane età stanno mostrando molta personalità, notevole tecnica e
padronanza del palcoscenico. Ma ce ne sono ancora altri, che non cito e con i
quali mi scuso, molti altri che spero non si stanchino di fare musica. E poi
c’è lo stuolo dei quarantenni (Zibba, Biale, Davide Geddo, Pennavaria, etc), ma questi non li considero sicuramente
delle nuove leve, piuttosto degli artisti ormai cresciuti, navigati e con un
loro ben preciso spazio nella scena musicale locale, e non solo. Attendo anche
con una certa curiosità il nuovo lavoro dei Flower Flesh… tralascio di parlare
degli ottimi professionisti (sarebbe una lista un po’ lunga…) che fanno una
fatica bestiale a sbarcare il lunario, e che sempre più spesso sono costretti a
emigrare per poter lavorare nel settore. Quello che mi auguro è un ritorno, sia
da parte degli organizzatori che dei gestori e, soprattutto, del pubblico, a
una maggiore apertura alle novità, che consenta alle giovani leve di mettersi
alla prova su un palco davanti a un pubblico vero e non in una angusta sala
prove.
Hai pianificato
qualche data o presentazione per pubblicizzare “Foto sintesi”?
Ci sto lavorando,
anche per me non è facile trovare date... spero entro breve tempo di fare una
presentazione ufficiale con tutti i musicisti presenti sul disco. Per ora le
date certe sono il 22/1 all’Overpass di
Loano e il 27/1 al Bar 11 di Imperia.
Siamo appena
passati al nuovo anno: quali sono i propositi musicali di Mauro Pinzone?
Sicuramente
continuare a scrivere canzoni, pubblicare finalmente il CD pronto da 10 anni,
e, chissà, registrarne uno nuovo, tanto, considerati i miei tempi, se ne
parlerà tra almeno un anno! Mi piacerebbe anche che altri interpretassero le
mie canzoni, oppure scrivere per altri, anche
considerato che di testi pronti nel cassetto ne ho un bel po’…
CONSORZIO ACQUA POTABILE + ALVARO “JUMBO” FELLA-“Coraggio e
Mistero”
Black Widow
Records - CD / 2LP
La Denominazione ufficiale è CONSORZIO ACQUA POTABILE + ALVARO
“JUMBO” FELLA,l’album
rilasciato“Coraggio e Mistero”.
Inutile
sottolineare come gli appassionati del genere progressivo, meglio se un po’ “antichi”,
non abbiano bisogno di opera di convinzione che il mix tra due entità così rilevanti
possa alla fine risultare esplosivo, nel senso più positivo del termine.
Alvaro Fella, fondatore dei mitici Jumbo, ha in comune con
i CAP di Maurizio Venegoni il lontano punto di partenza - gli albori dei
seventies -, un percorso breve - come accaduto a quasi tutti i gruppi dell’epoca
- e un rinascimento in occasione del rinnovato interesse per la musica
progressiva. Eh sì, in realtà è questo il vero collante: la passione per un
genere che forse genere non è, o almeno non era nel momento in cui è nato, e
solo nel tempo è stato caricato di nobiltà, che alla fine si traduce in immortalità.
Ma
la forza di “Coraggio e Mistero” non
è il frutto di una rivisitazione di un nobile passato musicale, bensì della
voglia - probabilmente necessità - di creare attraverso idee fresche musica
nuova, seguendo il DNA dei protagonisti.
E
così emerge prepotentemente il mood di Fella, che lascia il segno con il suo
modello interpretativo, che supera i canoni tipici del vocalist - estensione e
timbrica - a favore di un atteggiamento quasi attoriale, utilizzato per urlare
il disagio dei tempi, adesso come un tempo; a questa caratteristica si fonde
quella dei CAP in toto, capaci di ricreare lo spirito più profondo del prog, e
la somma degli ingredienti conduce a soluzioni inedite, ad un prodotto che non
è copia di nessun altro ma può diventare esso stesso punto di riferimento.
Parlare
di CAP significa addentrarsi in un organico di alta qualità, ma sono proprio
Fella e Venegoni che, nell’intervista a seguire, evidenziano valori come quelli
di Maurizio Mercandino (alter ego
vocale di Fella) o della sezione ritmica formata da Gigi Secco (basso) e Maurizio Mux (batteria).
Il disco è
presentato come la realizzazione di un sogno, ma nei contenuti esiste una
concretezza che si afferra all’impatto, ed è sufficiente sfogliare il
suggestivo booklet per rimanere incantanti e… invogliati a proseguire con l’ascolto.
Nella versione
CD in mio possesso, quella con la presenza della bonus track “Sette e trenta (di mattina)”, sono
presenti otto brani per un totale di circa 72 minuti di musica. Quantità oltre
alla qualità.
Gli autori dei
brani sono Fella e Venegoni, che scambiano esperienze e storie sul filo dei
ricordi e della memoria, partendo dagli “appunti” personali di “Jumbo” sino allo
sviscerare della tradizione in un contesto preciso, quello della campagna
novarese, dove la serenità del quotidiano superava ogni tipo di disagio, e le
parole del più esperto, rivolte ai più giovani raccolti spesso attorno ad un
camino, creavano magie irripetibili, talmente forti da diventare oggi, dopo
mezzo secolo, la base di un nuovo progetto.
Tra il rock
molto articolato dei CAP e la forza espressiva di Fella nasce il disco
perfetto, a cui non manca niente, dove anche gli aspetti più cari ai cultori
del genere (art work e immagini) sono curati nei particolari: un perfetto
bridge tra epoche diverse.
I messaggi proposti
sono molto forti, spesso “nascosti” da metafore ed eleganza scritturale, e lo
stesso titolo, “Coraggio e Mistero”,
può essere considerato il simbolo di un contenitore che realizza un’immagine e
al contempo fornisce giudizi e propositi, perché la consapevolezza è cosa poco
utile se non è seguita dall’immediata reazione atta al cambiamento.
Ma non tutto
può essere spiegato, capito, ricondotto alla logica, e in fondo lasciare spazi
per la fantasia, la speranza, l’ignoto, resta il sale della vita, oggi come nel
passato.
Alvaro Fella e
i CAP sintetizzano tutto questo in maniera perfetta, risvegliando l’ascoltatore
da ogni tipo di torpore, arrivando a toccare le corde più intime ed emozionali in
brani come “Ciao Alvaro (dove vai?” che, complice la tipologia di arrangiamento, mi
è risultato particolarmente toccante.
Ho
avuto la fortuna di poter anticipare l’ascolto del disco a fine ottobre 2016,
quando è stato presentato ufficialmente a Genova, al Teatro Govi. In quella occasione
ho realizzato un medley del concerto,
che propongo i lettori.
Album
imperdibile!
Ecco cosa mi hanno
raccontato Alvaro Fella e Maurizio Venegoni...
Ath: E’ uscito qualche mese fa “Coraggio
e Mistero”, nato dalla collaborazione tra Alvaro Fella e i CAP: come nasce
l’idea di unire elementi storici del prog italiano e creare brani inediti?
Fella: Con i CAP sono quattro anni che ci frequentiamo musicalmente: il tutto
è nato da un messaggio su FB di Maurizio Venegoni che mi chiedeva se volevo
cantare alcuni brani con loro, durante i loro concerti. Poi da un anno a questa
parte è cresciuta l'idea di fare un disco insieme, e tutto è cominciato proprio
con il brano che dà il titolo al disco, "Coraggio e Mistero", in cui la mia anima più rock si unisce a
quella molto più prog di Venegoni e CAP; ne è uscito un brano, credo, molto
coinvolgente, che secondo me unisce molto bene le due anime.
Venegoni: Alvaro e i Jumbo sono stati un mio mito di gioventù quindi, come ho più volte dichiarato, lascio immaginare cosa abbia potuto pensare quando mi ha confidato: "... dai, ho qualche brano nel cassetto, proviamo ad arrangiarlo tutti insieme e vediamo cosa ne esce...", e io: "... bello Alvy, anche noi ne abbiamo qualcuno in gestazione, proviamo a mettere assieme i due mondi!". Devo dire che l'intero lavoro ha visto grandi protagonisti i nostri Gigi Secco al basso e Maurizio Mux alla batteria, anche se il loro duro lavoro non si evince dalle note di copertina del disco. La loro matrice rock di annata, la loro creatività ritmica ha veramente arricchito e caratterizzato quanto di volta in volta Alvaro ed io recuperavamo dai nostri cassetti della memoria.
Ath: Qual è il filo conduttore del
disco? Esiste concettualità di narrazione?
Fella: Alcuni brani sono miei e arrangiati insieme ai CAP e altri di Venegoni;
in alcuni il filo conduttore è la memoria cioè, nel mio caso, si riferiscono a
momenti personali che ho vissuto, mentre nel caso di Maurizio rivivono i
racconti che faceva la sua mamma quando descriveva la vita che si faceva tra le
due guerre nelle cascine lombarde, dove magari alla sera ci si riuniva davanti
al camino acceso e si raccontavano episodi di vita vissuta o racconti
fantasiosi… comunque il filo conduttore sono sicuramente il coraggio e il
mistero che accompagnano la vita di tutti noi.
Venegoni: Come ho scritto nelle note di copertina, le storie, la voce di Alvaro,
parlano del CORAGGIO, il coraggio insito nella sua voce graffiante usato contro
storture e iniquità. Noi abbiamo raccontato del MISTERO, il mistero della voce
del nostro cantante Maurizio Mercandino, il mistero di storie delle nostre
terre che si tramandano di generazione in generazione. Ed è stato un percorso
di due anni bellissimo, intrigante e pieno di fascino.
Ath: Alvaro, leggendo le note iniziali
del CD, quelle in cui Maurizio Venegoni introduce i brani, emerge come
“Coraggio e Mistero” possa essere considerato la realizzazione di un sogno:
vale la stessa cosa anche per te?
Fella: Per loro il sogno forse è stato quello di condividere la collaborazione
con un personaggio che avevano conosciuto solo nei solchi di un vinile negli
anni ‘70 e che li aveva appassionati; anche per me è stato in fondo un sogno,
perché avevo da tempo lasciato il mondo della musica con continuità, e il fatto
di tornare su di un palco e in sala di incisione per un nuovo disco era lontano
dalla mia mente, e ora mi sembra di non avere mai smesso.
Ath: Quali sono gli elementi di novità
rispetto alla musica che proponevate un tempo?
Fella: Per me la novità più grande è rappresentata dal fatto di cantare brani
scritti e arrangiati da terzi, cosa successa rare volte nella mia vita musicale,
quindi entrare nelle emozioni raccontate da altri per me è stato molto
costruttivo e coinvolgente, perché ho dovuto interpretare momenti musicali diversi da quelli a cui ero
abituato.
Ath: Vi ho visto recentemente dal vivo a
Genova: avete previsto altri momenti di presentazione e pubblicizzazione
dell’album?
Fella: La presentazione del disco, oltre che il canale della carta stampata
nelle normali recensioni e quelle della rete, è fondamentale - specie per il
prog - attraverso le esibizioni live. Per il momento abbiamo già presentato dal
vivo il disco con un concerto al teatro Govi di Genova dove tu eri presente,
poi un concerto al Teatro Lirico di Magenta, serata per me memorabile: a parte
la grossa affluenza del pubblico, circa 500 persone, il concerto è stato
condiviso con il mio gruppo storico, i JUMBO, e abbiamo suonato dal vivo dopo
45 anni tutto “DNA” con la formazione originale. Per me è stata una grande
emozione: sono stato sul palco per due ore e mezza a cantare tutto "Coraggio e Mistero" con i CAP e
tutto “DNA” con i JUMBO. Bellissima
serata! Poi abbiamo ripetuto il concerto con tutto l'album al Planet Club di
Roma, e sicuramente seguiranno altri concerti dal vivo per far conoscere il
disco... il live è il modo migliore per proporre il tuo lavoro e poi il palco
trasmette, sia all'artista che al pubblico, una emozione irripetibile,
specialmente per uno come me che è stato tanto tempo lontano dalle assi di un
palcoscenico.
Ath: Il disco è stato rilasciato dalla
Black Widow Records: in quale formato lo si può trovare?
Venegoni: “Coraggio e Mistero” è uscito su etichetta Black Widow in CD Standard
Edition e Limited papersleeve. La versione in doppio LP è uscita con un brano
in più di 14 minuti. Oltre all'edizione standard sono uscite 100 Copie Limited
con la copertina a poster raffigurante un quadro di Alvaro Fella realizzato
negli anni '70 - uno spaccato splendido di quegli anni meravigliosi - più un 45
giri con un ulteriore inedito, una versione Super Limited con in aggiunta
copertina del disegno originale su legno, il 45 giri con inedito e anche la
versione CD a completamento. Un piatto succulento per veri appassionati (me
compreso).
Ath: Chi si è occupato dell’affascinante
artwork?
Venegoni: Un lavoro in team dove il batterista Mux - e il suo studio di grafica
promo-pubblicitaria - ha saputo rendere reale la mia spesso onirica follia.
Vorrei anche citare il pittore Sergio Quaranta, che ci ha reso omaggio delle
nostre immagini disegnate di copertina e l'amica Sammy Beati, che da lungo
tempo mi asseconda in tutte le mie grafiche e visioni fotografiche (Book del
quarantesimo compreso). E poi Pino e Alberto di Black Widow che ci hanno
sostenuto nella globalità della proposta grafica.
Ath: Alvaro, quali sono state per te -
se ci sono state - le difficoltà maggiori nell’entrare all’interno dei
meccanismi collaudati e oliati dei CAP e inserirti come vocalist?
Fella: Non ci sono state molte difficoltà per entrare nei meccanismi dei CAP,
anche perché avevamo cominciato suonando i brani dei JUMBO, quindi io sono
entrato nel loro mondo e loro nel mio, poi ho trovato musicisti e persone
meravigliose che hanno reso il tutto molto facile da condividere, anche con il
loro vocalist Maurizio Mercandino, con cui nel disco ci scambiamo i momenti
vocali: avendo uno stile diverso e una voce diversa, il tutto assemblato ha
dato un risultato veramente ottimo, con una fusione perfetta dei nostri due
modi di affrontare i brani.
Ath: Come definiresti la proposta
“Fella & CAP” per qualche giovane
che non avesse mai avuto l’opportunità
di ascoltarvi?
Fella: Ai giovani amanti del prog consiglio di ascoltare "Coraggio e Mistero" perché credo
sia un lavoro ben confezionato in cui non si fa il verso a gruppi storici del
genere, tipo Genesis, Yes e affini, cosa che a volte corre il rischio di fare
chi affronta questo genere musicale; abbiamo creato, credo, una nostra precisa
identità, almeno questo è il mio pensiero, e poi consiglio di venirci a
sentirci nei concerti dal vivo oltre a sentire il disco, non ci sarà da
pentirsi!
Ath: Che cosa avete pianifica per il
“vostro” futuro congiunto?
Fella: Il nostro futuro lo conosce solo il Dio della
musica, però credo che ci sarà continuità, sicuramente sul palco, e magari più
avanti ci butteremo in un nuovo lavoro in studio... questo naturalmente se i
CAP non si stuferanno di avermi tra i piedi!
TRACK-LIST CD
Coraggio e mistero: 12,00
Io ti canto: 6,13
Tra le scale e il cielo:
9,26
La strada: 6,33
La notte e il mulino di Al: 21,10
Ciao Alvaro (dove vai?):
4,33
Il cervo e la fonte:
7,01
Sette e trenta (di mattina): 5,44
TRACK-LIST DOUBLE LP
Side A:
Coraggio e mistero: 12,00
Il cervo e la fonte:
7,01
Side B:
Io ti canto: 6,13
La strada: 6,33
Ciao Alvaro (dove vai?):
4,33
Sette e trenta (di mattina): 5,44
Side C:
Tra le scale e il cielo: 9,26
Le sette stanze di Dimitrji: 14,58
Side D:
La notte e il mulino di Al: 21,10
LINE UP / MUSICIANS
Alvaro Fella: lead vocal, back vocal, acoustic 6
& 12 strings guitar
Maurizio Mercandino: lead vocal, back vocal,
acoustic 6 & 12 strings guitar, bouzouki guitar
Silvia Carpo: “cat’s” lead vocal, witch vocal, back
vocal, medieval recorders
Chicco Mercandino: wizard electric guitar, gibson
355 stereo electric guitar, tumiatti electric guitar, and he played also with
violin-bow vs dogs
Massimo Gorlezza: gibson les paul custom electric
guitar, ovation acoustic guitar
Maurizio “Mux” Mussolini: drum gretsch catalina ash,
ufy and istanbul cymbals
Luigi “Gigi” Secco: rickenbacker 403 fireglo
electric bass, eko b55 fretless bass, moog taurus III
Enrico Venegoni: piano, fender rhodes mark II,
mellotron m400 (flute, strings and choirs)