venerdì 29 gennaio 2010

Cek Deluxe


I Cek Deluxe nascono nel 2007 con:
Cek alla chitarra / voce, Pietro Maria al basso / cori, Slim Batteria / cori.

Numerosi i concerti nel nord Italia e Svizzera dove sul palco portano un mix di Blues e Rock

Nel 2008 il nuovo album "Hanging Bags" composto da canzoni originali, autoprodotto /distribuito, crea un notevole interesse attorno alla band che inizia un intenso tour estivo che si è concluso a Marzo 2009 con il loro primo tour in U.S.A.I Cek Deluxe sono stati apprezzati in numerosi concerti a Memphis, Indianola, New Orleans, Austin e in Canada a Sault Ste. Marie.
L'occasione che li ha portati in America è stata la partecipazione di Cek all'I.B.C 2009 a Memphis dopo aver vinto la selezione italiana fra 60 concorrenti.

sito ufficiale: www.myspace.com/cekblues
(Slang Music)

Line-up:Cek DELUXE - chitarra, voce
SLIM - batteria, cori
Pietro Maria TISI - basso, cori


Per saperne di più:


Discografia

FOUR HAMMOND FLOORS (1998)

DEMO BLUES (2000)
BROKEN AND HUNGRY (2002)

I JUST DON'T KNOW
(2005)


HANGING BAGS (2008)




giovedì 28 gennaio 2010

Tolo Marton


"Dopo averlo sentito suonare, sono tornata a vederlo ogni volta che potevo”, così la giornalista Sharon Jones scrive di Tolo su Austin Arena Magazine (aprile 95).

La rivista Chitarre, nei pubblicare lo spartito del suo pezzo “Alpine valley” descrive molto bene lo stile di 
Tolo Marton quando dice: “In questa parte del brano, i suoni che TM riesce a produrre con la sua chitarra non sono trascrivibili in note”.

Alcuni lo collocano tra i chitarristi rock, altri blues, altri addirittura country... è tutto e niente di tutto questo: Tolo è in realtà un virtuoso della chitarra, capace di trasmettere tutto ciò che ha dentro senza gesti, senza mosse, senza mimica da palcoscenico ma esclusivamente con i suoni che escono dalle sei corde.

Viene considerato il chitarrista italiano che ha più classe, che non si ripete mai durante i suoi concerti, neanche a distanza d pochi giorni. La fantasia e I’improvvisazione sono evidenziate nei brani originali e negli assoli.

Sempre più spesso, quando viene presentato vengono usate espressioni del tipo:
“la chitarra magica di TM”, “la magia delle sei corde”, “TM, la magia nelle mani”, che dimostra che per molti sembra che ci sia qualcosa di magico nel suo modo di suonare.
Anche se la magia non centra, la sua vittoria aI Jimi Hendrix Electric Guitar Festival, concorso mondiale svoltosi a Seattle (U.S.A), nel ’98, è stata sicuramente clamorosa!
La manifestazione era stata organizzata dalla Hendrix Family, assieme alla Fender Guitars, Aiwa e Guitar Player Magazine. L’aver ricevuto il primo premio direttamente dalle mani di Al Hendrix, padre di Jimi, ha posto su Tolo quell’attenzione che fino a prima gli riservavano solo i tanti appassionati che lo seguono da sempre.

Le influenze di Tolo? Fra i chitarristi: Nils Lofgren, Rory Gallagher, Jimi Hendrix , B.B. King, Charlie Christian, Eric Gale, Santana, J.J.Cale. E più in generale: Paul Simon, Joni Mitchell, Doors, Jimmy Smith, Jerry Lee Lewis, Miles Davis, Henry Mancini, Cream, Ennio Morricone , musiche da film e chissà cos’altro ancora.

Lo stile: CLASSIC ROCK


Lo stile e il repertorio di Tolo Marton si basano su brani originali. Temi e sonorità riprendono quel filo interrotto dalle case discografiche all’inizio degli anni Settanta, che porta al suono che cambiò la faccia alla musica rock. Nessuna nostalgia ma soluzioni nuove, improvvisazioni senza limiti di genere, lunghe Jam-session e interplay tra i musicisti.
In questa ottica non può mancare la reinterpretazione di alcune cover, non solo di Hendrix, dove si rincorrono linguaggi rock, blues, country, psichedelia, melodia e silenzi, in un lungo viaggio che spesso termina con quel pezzo del treno. Al di là delle etichette, la chitarra di Tolo è poco prevedibile ed è difficile sapere che cosa può riservare. Forse un invito a chiudere gli occhi per vedere con le orecchie.

Nel 1999 Tolo ha dato vita assieme ad altri 5 chitarristi, tra i quali il chitarrista classico Massimo Scattolin, al progetto “Guitarland – Sei corde senza confini”, che con concerti, seminari e dischi si propone una fusione di generi e stili (classica, jazz, flamenco, country, latino...).
Da segnalare il recentissimo debutto di Tolo nel mondo della musica classica, quando é stato invitato a suonare la sua “Alpine valley” in cattedrale accompagnato dall’Orchestra sinfonica di Treviso. Sicuramente un’esperienza unica che non viene mai riservata ad un chitarrista elettrico.
Da dicembre 2001 Tolo partecipa allo spettacolo teatrale “Carta Bianca” con l’attore Marco Paolini e il violoncellista Mario Brunello. Un’esperienza “all’insegna della interazione fra parole e suoni, che dimostra che una vera e riuscita commistione può nascere solo dalla metamorfosi dei materiali, non dal loro ibrido accostamento” (G.Satragni,La Stampa).
Marzo 2002. Inizia la collaborazione con il batterista dei Deep Purple Ian Paice, con cui suona dal vivo in più concerti, in uno dei quali partecipa anche l’attuale tastierista dei Deep Purple Don Airey, oltre a Maurizio Feraco al basso.

Ottobre 2002. Finalmente esce il doppio live CD “DAL VERO”, distribuito da Azzurra Music.
Un disco che fotografa fedelmente un tipico concerto di Tolo Marton con i Lostiguana, e dove è presente in 2 brani anche Ian Paice. Riportiamo qui alcuni passaggi della recensione di Flavio Brighenti di questo CD, uscita su ”MUSICA” di Repubblica: “... freschezza di ispirazione, nobiltà del fraseggio, visionarietà di scrittura. ...Marton fa dialogare in splendida armonia il gusto melodico e l’invenzione virtuosa, coltiva l’immaginario della musica popolare e quello del cinema, coniuga roots rock e Morricone. ...Bella testimonianza di stile, classe e passione”.

Il 1 gennaio 2003 si esibisce in diretta su RAI International in una trasmissione dal titolo “SOS Argentina” a favore dei bambini di quel paese che viene diffusa in diretta in 33 paesi.
sito ufficiale: www.tolomarton.com

(Slang Music)



mercoledì 27 gennaio 2010

Ana Popovic


Il 2006 ha visto Ana Popovic intraprendere una ricca tournee, durante la quale si è esibita in 80 tappe negli Stati Uniti ed altre 50 in Europa.

Tra queste, è particolarmente significativo il concerto tenuto nell’ambito di “Blues Cruise”, leggendaria crociera all’in-segna del blues che ogni anno riunisce i migliori artisti del momento.
È la prima artista europea ad essere mai stata invitata ad esibirsi insieme alla sua band al completo.

Grazie alle sue elettrizzanti performances è riuscita ad affermarsi come una delle principali figure blues europee e anche come una delle migliori chitarriste.
A febbraio del 2006 è stata nominata dai lettori di “Blues Wax Magazine” per il premio “Blues Artist of the Year” (tra gli altri nominati spiccano i nomi di Tab Benoit e Joe Bonamassa). A luglio ha ricevuto l’incredibile numero di sei nomination per il premio “Living Blues 2006”, tra cui quelle per “Miglior DVD Blues del 2005” (Ana! – concerto live ad Amsterdam), “Miglior musicista dal vivo”, “Miglior artista blues femminile” e per “Musicista più distinto (chitarra)”.

Popovic, nata a Belgrado, attualmente vive in Olanda e ha all’attivo due album registrati in studio, uno registrato dal vivo (disponibile anche in DVD) e una storia piena di festival “tutto esaurito” di musica jazz, pop e blues in tutto il mondo.
È l’unica artista europea ad essere stata nominata per il premio “WC Handy Award” ed è la vincitrice di uno dei premi Francesi più storici e rinomati – “Jazz à Juan Revelations”, a Juan Les Pines (2003). Inoltre, è stata nominata per il “Miglior album Blues” al Jammie Awards a New York (2003).

Durante il 2006 Ana e la sua band sono impegnati in una serie di concerti in Spagna, Portogallo, Germania, Belgio e Olanda, tornando poi, a gennaio 2007, negli Stati Uniti per un’esibizione al Sundance Film Festival a Utah dove, tra gli altri, si esibiscono anche John Mayer e Sheryl Crow.

Il 2007 è un anno importante, entra a far parte del gruppo degli artisti affiliati alla Delta Groove Productions di Los Angeles per la quale realizza l’album
Still Making History prodotto da David Z e John Porter. Quest’ultimo vincitore di Grammy Award e famoso per collaborazioni con grandi nomi quali B.B.King, Buddy Guy, Los Lonely Boys, Bonnie Raitt e Keb’ Mo.
Seguono numerosi concerti sia in Europa che in Russia e Messico, ben sette intensivi tour negli USA dove divide il palco con famosi artisti incluso il leggendario Buddy Guy, e un tour in Germania con il famoso chitarrista Jan Akkerman.
Nell’ottobre dello stesso anno il suo lavoro debutterà nelle Billboard Blues Chart all’ottavo posto a fianco di Stevie Ray Vaughan salendo poi fino al quarto.

Nel 2008 il suo album
Still Making History viene remixato a Los Angeles dal famoso produttore Rudy ‘Mayru’ Maya.
Dopo avere dato alla luce il figlio Luuk parte per un tour di 5 settimane negli Stati Uniti e Canada condividendo lo stage con Jonny Lang, Ronnie Earl, Los Lobos.
A luglio dello stesso anno il suo lavoro arriva al terzo posto nelle classifiche Americane rimanendoci per ben 19 settimane.

Il 2009 inizia con la seconda partecipazione alla leggendaria Rhythm & Blues Cruise con Susan Tedeschi, Larry McCray, Bob Margolin e molti altri.
Partecipa anche al documentario
Turn it up di Robert Radler riguardante tutti i migliori chitarristi del mondo.

sito ufficiale: www.anapopovic.com


Line-up:
Ana POPOVIC (YU) - Guitar, vocals
Ronald JONKER (NL) - bass
Kommer VAN DER SLUIS (NL) - drums
Special guest:
Michele Papadia (ITL) - keys


(tratto da Slang Music)


lunedì 25 gennaio 2010

Pentangle



I Pentangle, insieme a Fairport Convention e Steeley Span, sono da annoverare tra i principali esponenti del cosiddetto folk revival anglosassone (un’etichetta un po’ infelice che denota un inedito approccio, all’insegna del jazz e del blues, con cui si rileggono i brani tradizionali, britannici e non solo, anche conosciuto come british folk).
Si formano nel 1967 in Inghilterra.
Ne fanno parte: John Renbourn (Londra, 8 agosto 1944) e Bert Jansch (Glasgow, 3 novembre 1943), chitarristi che hanno già alcuni dischi alle spalle come solisti, oltre ad uno insieme (Bert e Jhon). La band è completata da Jacqui McShee, cantante folk con una certa fama, che ha già collaborato con Renbourn , Danny Thompson, e Terry Cox, rispettivamente contrabbassista e batterista, provenienti dal gruppo Alexis Korner's Blues Incorporated e di formazione jazz.
Nel 1968, pubblicano il primo album, The Pentangle.
Sebbene siano tutti molto giovani, riescono a miscelare in modo unico le loro già eccelse capacità musicali.



Alla fine dello stesso anno esce invece Sweet Child, un album doppio contenente un disco live registrato alla Royal Albert Hall di Londra e uno in studio. Ancora una splendida dimostrazione di come i membri dei Pentangle sappiano fondere i loro diversi background musicali in uno stile unico.
Nel 1969, sfornano quello che sarà il disco di maggior successo: Basket Of Light.
Il singolo, Light Flight è un vero e proprio volo musicale: riscuote notevole successo, oltre che per la sua straordinaria bellezza, anche grazie alla trasmissione televisiva inglese che lo sceglie come sigla.
Meno importanti gli spunti jazz, prevalgono le ballate.
Il 1970 è l’anno di Cruel Sister: in questo lavoro fanno la comparsa le chitarre elettriche.
Nel 1971, esce Reflection mentre nel 1972, pubblicano Solomon's Seal, il loro sesto e ultimo album: il gruppo si scioglie nell’anno successivo.
La reunion degli anni ‘80, senza Cox, infortunato per via di un grave incidente stradale, al di là dell’innegabile valore nostalgico, poco aggiunge, sul piano artistico, a quanto detto dalla band nei primi 6 anni di brillante carriera.







venerdì 22 gennaio 2010

Beggar's Opera



Beggar's Opera fu un gruppo scozzese di rock Progressive melodico che ebbe un effimero momento di notorietà agli inizi degli anni '70, rivaleggiando con i Nice e gli ELP, nel riarrangiare celebri brani di musica classica in chiave moderna.
Il nome della band è preso in prestito dall'opera del poeta inglese John Gay (1728).
Pubblicati i primi quattro album in Inghilterra, sullo stile pop sinfonico, nel 1973, i Beggar's si trasferirono in Germania, dove pubblicarono altri due LP, prima di separarsi nel 1976.
Bravura tecnica dei componenti fuori discussione, ma risultato troppo accademico.



Riscuoteranno comunque un buon successo, anche se momentaneo, soprattutto in Europa.

Formazione

Martin Griffiths (voce)
Alan Park(tastiere)
Ricky Gardiner(chitarra, voce)
Marshall Erskine(basso, fiati)
Virginia Scott(tastiere)
Raimond Wilson(batteria)
Con Waters of Change, Gordon Sellar prende il posto di Marshall Erskine come bassista.

Discografia

Act One (1970);
Waters of Change (1971);
Pathfinder(1972);
Get Your Dog Off Me (1973):
Sagittary (1976);
Beggars Can't Be Choosers(1977);
Lifeline (1977).

Raymonds Road







martedì 19 gennaio 2010

Neil Young



Neil Perceval Young nasce a Toronto il 12 novembre 1945.
Si trasferisce a metà degli anni sessanta a Los Angeles dove forma con Stephen Stills i Buffalo Springfield, destinati a diventare uno dei gruppi di punta della scena folk-rock californiana. Tra le canzoni da lui scritte per il gruppo, è da ricordare la classica “Mr. Soul”.
Young lascia i Buffalo Springfield per realizzare il suo primo album solista a inizio del 1969 (Neil Young). Lo stesso anno recluta dal gruppo The Rockets il chitarrista Danny Whitten, il bassista Billy Talbot e il batterista Ralph Molina ribattezandoli Crazy Horse, e con questa formazione realizza il suo secondo lavoro solista: Everybody Knows This Is Nowhere.
Dopo essersi unito al trio Crosby, Stills & Nash negli album Déjà Vu e Four Way Street (dal vivo), e aver fatto uscire un terzo disco solista (After the Gold Rush), raggiunge infine la testa delle classifiche di vendita americane con l’album Harvest e il singolo Heart of Gold nel 1972.
A questo periodo di successo commerciale fa seguito un periodo di crisi e depressione, dovuto anche alle morti per overdose del chitarrista dei Crazy Horse, Danny Whitten, e di Bruce Barry, un roadie del suo entourage cui sarà dedicata Tonight’s the Night. Questa crisi si ripercuote nella musica che Neil Young registra in quegli anni e soprattutto nell’atmosfera e nei testi di album come Time Fades Away, Tonight’s the Night e On the Beach. Questi albums, per tali motivi, furono al tempo degli insuccessi commerciali nonché oggetto di aspre accuse da parte della critica, ma col passare degli anni furono ampiamente rivalutati. 
Nel 1976 registra l’album Long May You Run che lo vede riunito con il vecchio compagno di avventura Stephen Stills.
Nel 1978 è in tour con lo spettacolo Rust Never Sleeps, di nuovo accompagnato dai Crazy Horse. Da quello spettacolo ha origine l’album omonimo, in cui Young si confronta con la filosofia punk in auge.
Gli anni ottanta rappresentano per il musicista canadese un periodo di sperimentazione anti-commerciale. Nel 1980 il cantautore canadese registra Hawks & Doves, intriso di un country atipico, rilassato nella prima parte ed invece straniante nella seconda. Re-ac-tor (1981) fa una virata a 180° e pur rimanendo ancorato con l’uso della voce in territori quasi country sconfina musicalmente in ambiti punk-metal (‘Shots’). Nello stesso anno abbandona la sua vecchia casa discografica Reprise e firma un contratto per la Geffen Records. La libertà artistica concessagli dalla nuova etichetta gli permette di realizzare una serie di lavori che gli alienano sia il favore della critica che quello dei vecchi fan, e lo vedono sperimentare su territori musicali disparati, come la musica elettronica (“Trans” 1982 e “Landing on Water” 1986), il rockabilly (“Everybody’s Rockin’ 1983), il country di Nashville (“Old Ways” 1985), la new wave e il rhythm and blues (“This Note’s For You” 1989). Tali album crearono, vista la loro atipicità nei confronti della produzione precedente di Young, degli attriti con la Geffen, che voleva lo Young degli anni sessanta e settanta. Tali divergenze spinsero il cantautore canadese a ritornare alla Reprise e con tale casa discografica, paradossalmente nel 1989 riprende lo stile musicale a lui più usuale con l’album Freedom, trainato dal video del singolo Rockin’ in the Free World.
L’anno successivo si riunisce con i Crazy Horse per la registrazione di Ragged Glory, per il cui tour promozionale chiama ad aprire i suoi concerti il gruppo di rock d’avanguardia Sonic Youth, fatto che gli assicura una buona popolarità anche nei circuiti del rock alternativo dei primi anni novanta. In questo contesto esce l’album “Arc / Weld” (1991), considerato da diversi critici uno dei migliori album dal vivo della storia del rock.
Ormai considerato una sorta di “padrino” della scena grunge, Young opta per un ritorno alle atmosfere acustiche del suo best-seller Harvest con l’album Harvest Moon nel 1992. Nel 1994 il suo legame con il grunge viene ribadito da Sleeps With Angels, album dedicato alla memoria di Kurt Cobain e dalla collaborazione con i Pearl Jam, che sfocia nella pubblicazione di Mirror Ball (1995).
La seconda metà del decennio lo vede collaborare ancora con i Crazy Horse nell’abum Broken Arrow (1996) e con i compagni di un tempo Crosby, Stills & Nash. Nel 1997 viene realizzato il live Year of the Horse e un film-documentario omonimo sul suo tour con i Crazy Horse, diretto da Jim Jarmusch. Per il regista, due anni prima aveva scritto la sperimentale colonna sonora del suo film Dead Man OST.
Il nuovo millennio inizia con l’abituale folk-rock in Silver & Gold (2000), nello stesso anno esce il live Road Rock Vol. 1, il primo senza i Crazy Horse, supportato da una band di amici e parenti (chiamata appunto Friends & Relatives). Dopo aver contribuito nel 2001 al concerto “America: A Tribute To Heroes” con la cover “Imagine” di John Lennon, prosegue poi con la dissertazione di Are You Passionate? che vede la collaborazione con Booker t & The MG’s.
Tra i suoi progetti recenti il più ambizioso è sicuramente il lungo Greendale (2003), un concept-album sulla vita in una piccola città americana di provincia. Nello stesso anno, in agosto, i fan ricevono una gradita sorpresa, infatti dopo lunghe insistenze vengono finalmente pubblicati e rimasterizzati in alta qualità sul supporto Cd quattro album su sei mancanti (detti “missing six”)nella discografia che finora erano (difficilmente) reperibli solo sul vinile. Essi sono: l’importante On the Beach, American Stars ‘n Bars, Hawks & Doves e Re-ac-tor. Rimangono, ad oggi, ancora su LP i soli Time Fades Away e il trascurabile Journey Through The Past.
Nel 2005 viene colpito da aneurisma cerebrale, ma questo non gli impedisce di pubblicare un nuovo album, l’acustico Prairie Wind. Nel 2006 esce l’album molto politicizzato Living With War. Quest’ultimo album è un urlo rabbioso contro il presidente Bush, la sua politica e la guerra in Iraq. È prevista a breve la pubblicazione, a scaglioni, dei suoi immensi archivi.



mercoledì 13 gennaio 2010

L'uomo a una dimensione



L'uomo a una dimensione
l'EP d'esordio di
Paolo Toso
da oggi su iTunes e Amazon.com

Dopo il successo di critica e di pubblico (con un passaparola d'eccezione via internet) del singolo Il principe dei matti, lanciato in download esclusivo su www.rockoff.it e ora scaricabile grauitamente in creative commons su jamendo.com, è da oggi disponbile in formato digitale su iTunes e Amazon.com l'EP L'uomo a una dimensione, esordio ufficiale del cantautore Paolo Toso.

Cinque pezzi che anticipano tutto il sapore dell'album che uscirà in inverno
e che confermano Paolo come un artista moderno, ma vicino alla tradizione italiana e francese (con un pizzico d'America), essenziale nell'arrangiamento delle sue melodie e toccante nelle liriche introspettive e disincantate.

Paolo Toso
, piemontese classe 1968, ha militato a cavallo degli anni ‘80 e ‘90 in varie formazioni di rock italiano e new wave, consolidando così una vasta esperienza live. Solo nel 1995 approda in studio con il progetto Neogrigio (che si ispirava equamente a Diaframma e CCCP) ottenendo successo e attenzione con Rock Targato Italia, raggiungendo la finale e la compilation (allora in compagnia di Marlene Kuntz, Scisma, Ligabue, ecc…).

Paolo è attualmente impegnato nella preparazione di un tour promozionale (di cui a breve vi invieremo un comunicato ad hoc) ed è disponibile per interviste telefoniche.

Per recensioni inviate la mail del vostro account iTunes e riceverete una copia in regalo da scaricare gratuitamente.

Hanno suonato con Paolo: Paul Stephen Borile (basso acustico ed elettrico), Massimiliano de Lorenzi (piano e tastiere), Alessandro Morbelli (percussioni)


Tutti i brani sono stati registrati da
Alessandro Zunino presso il Whoopsound Studio tra febbraio e maggio 2009.

Foto:
Germana Lavagna (
www.germanalavagna.com)

Produzione artistica ed esecutiva:
Gabriele Lunati

Ufficio stampa, management e promozione:
glunati@gmail.com / +39 335 6674854


Tutte le info e foto su Paolo Toso
www.myspace.com/paolotosoweb
http://www.rockoff.it/view_artist_profile.php?uid=1270
http://www.facebook.com/home.php#/pages/Paolo-Toso/81421314058

http://www.rockoff.it/view_artist_profile.php?uid=1270






venerdì 8 gennaio 2010

Emilíana Torrini


Cantante dalla voce particolare, dotata di un forte potere di suggestione, Emiliana Torrini ha una personalità nella quale si mischiano felicemente fascino, innocenza e maturità, sicché chi la incontra può restare colpito, secondo i casi, per il suo portamento da diva o per l’atteggiamento da quieta narratrice della vita quotidiana.
Questi contrasti emergono con brillanti effetti nel suo album d’esordio, Love In The Time Of Science, prodotto da Roland Orzabal (Tears For Fears) e costituito da 11 brani, di cui sette scritti dalla protagonista insieme a Eg White (di Eg & Alice).
Per la realizzazione dell’album Emiliana ha trascorso un anno in Inghilterra, a Bath, dove ha potuto concentrarsi sulla composizione e sulle registrazioni: una soluzione ideale, perché Londra – troppo rumorosa, troppo affollata, troppo anonima – l’aveva messa un po’ a disagio. «Quanta più gente mi sta intorno, tanto peggio mi sento», dice candidamente.
Uno dei brani di Love In The Time Of Science, lo sbalorditivo Dead Things, è stato accompagnato da un videoclip estremamente fantasioso anche se ingannevolmente semplice, diretto da Sophie Muller.
Emiliana, che ammette di avere una propensione per il dramma, descrive la canzone come «l’avvertimento che avvenimenti tragici sono sempre dietro l’angolo, non importa su quale scala: una spaventosa eruzione vulcanica come quella che distrusse Pompei o uno strappo nel maglione preferito».
Emiliana Torrini è nata 21 anni fa da un’insolita coppia: il padre italiano, gestore di ristoranti costantemente in viaggio attraverso l’Europa, e la madre islandese.
Si può così spiegare la dinamica miscela caratteriale che emerge dalla sua personalità. E si comprende anche perché parla fluentemente tedesco, danese, inglese, italiano e islandese. Trasferendosi da un paese all’altro, in visita a parenti sparsi qua e là per l’Europa oppure al seguito del padre (impegnato per due anni nella missione di insegnare ai tedeschi le meraviglie della cucina italiana), Emiliana ha assorbito conoscenze, ambienti e racconti fuori della portata della maggior parte dei ragazzi: «Una faida famigliare originatasi nel 13º secolo, una nonna che folle di gelosia si lanciò in acque infestate dagli squali…».
Non c’è da stupirsi se ha sviluppato una vivida immaginazione. Essere mezza italiana e mezza islandese ha influito sul suo approccio alla musica: «Mio padre ha sempre ascoltato canzoni italiane, belle e brutte, e mia madre ha sempre accettato qualsiasi musica, purché legasse bene con il suo rumoroso aspirapolvere. La mia nonna materna, però, mi ha fatto conoscere il jazz tradizionale e i miei parenti in Italia amano l’opera lirica. Dai miei famigliari sono stata inoltre introdotta ai climi tenebrosi del folk dell’Europa del nord e agli aspetti melodrammatici della canzone napoletana. Tuttavia, ero anche una teenager che seguiva gli stessi trend musicali che appassionavano i suoi coetanei».
Love In The Time Of Science offre diversi episodi di notevole intensità e sensibilità: l’emozionante To Be Free (di cui sono stati effettuati remix da Future Shock, Dillon & Dickens, Raw Deal e Jadell), i teneri e inquietanti Wednesday’s Child e Dead Things, i coinvolgenti Unemployed In Summertime e Easy dalla sciolta struttura narrativa, l’introverso Fingertips.
Gli arrangiamenti, prevalentemente elettronici con un accorto impiego delle percussioni, sostengono efficacemente la vocalità di Emiliana Torrini, che varia da toni sognanti a interventi vibranti e incisivi, inserendola in atmosfere di volta in volta raggelanti, eteree o calorosamente avvolgenti.

Dead Things





Citazione d'autore:
"La morte non è nulla per noi, giacché quando noi siamo, la morte non c'è, e quando c'è non siamo più." (Epicuro)


mercoledì 6 gennaio 2010

Bonnie Raitt




Bonnie Raitt (Burbank, 8 novembre 1949) è una cantante statunitense.
Vive e cresce in una famiglia che, senza alcun dubbio, ha determinato in lei un grande stimolo musicale: la madre Marjorie Haydock è infatti un’ottima pianista, mentre il padre John Raitt è un’acclamata star dei musical a Broadway.
Fin da piccola, Bonnie si appassiona al suo amatissimo strumento, la chitarra, che nel corso degli anni imparerà a suonare con lo slide, fino ad essere riconosciuta oggi come una tra i/le più autorevoli interpreti di questa particolare tecnica.



In tutti i suoi dischi che, specie nei primi anni, erano un mix di brani di vari autori, è sempre stata presente una marcata, sentita e profonda passione blues, con venature folk, country e rock. Progressivamente, nel corso degli anni, Bonnie ha introdotto nei suoi LP anche brani composti di proprio pugno, e appoggiandosi, di volta in volta, ad artisti e strumentisti di prim’ordine.
Per quanto riguarda i premi discografici, il suo album “Nick of Time” vince 3 Grammy Award;
un Grammy le viene accreditato inoltre per il duetto con John Lee Hooker in “I’m in the Mood”.
Il 3 marzo del 2000 viene inserita nella Rock and Roll Hall of Fame.


sabato 2 gennaio 2010

Red Phoenix Blues all'Osteria del Vino Cattivo


Un pò di tempo fa ho scritto qualcosa su i Red Phoenix Blues, gruppo genovese neonato, ma composto da validi musicisti di esperienza:

Non li avevo mai sentiti dal vivo, nonostante l'amicizia che mi lega a loro, e l'occasione è arrivata ieri, primo giorno del nuovo anno, a Cairo Montenotte, Osteria del Vino Cattivo.



Conoscevo il locale per averci passato qualche serata con amici, ma non avevo mai ascoltato della musica dal vivo.
Spendo sempre volentieri parole per questi luoghi dove si respira un minimo di aria da antico pub inglese, dove è possibile ascoltare musica senza tempo che riesce a interessare anche i più giovani.
Di solito non tutti i presenti sembrano interessati a ciò che accade, musicalmente parlando, ma se i musicisti sono di qualità e l'amalgama è buono, il coinvolgimento è la più logica conseguenza.
Ed è quello che ho visto ieri sera: un avvicinamento magari casuale per passare una serata in compagnia, davanti ad una birra, si trasforma in occasione per lasciarsi coinvolgere e trascinare da un blues o da un brano rock.
Un plauso quindi a chi organizza questi eventi, nello specifico L'O.D.C.T.
Il gruppo di Giacomo Caliolo, Antonello Palmas e la giovane sorpresa Elisa Pilotti si presenta con grande umiltà, a dispetto dell'esperienza di cui i singoli membri possono vantare.
Il repertorio è quelli dei "grandi": ZZ TOP, Clapton, Robert, Robert Johnson, Eric Johnson, Robben Ford, Steve Ray Vughan.
Ma tra un brano e l'altro appare il vero progetto del gruppo.
Due sono le proposte inedite, che nei piani dei RPB dovrebbero fare parte di un prossimo CD.
Musica godibilissima e grande abilità di tutti i musicisti.
Jack canta e utilizza la sua Fender del 1977 con maestria, partendo dall'utilizzo del bottleneck sino alla vibrazione manuale del ponte fisso, passando per una serie di "effetti", che saranno poi oggetto di simpatica discussione con l'amico Albertino.
Davvero bravo.
Antonello, è una bella sorpresa. Grande senso ritmico e fraseggi complessi su trame tutto sommato semplici come quelle che costituiscono il blues. E' anche un bassista "da vedere" e sul viso, durante la performance, si può leggere il suo modo di vivere il brano.
Bravissima Elisa, per niente intimorita dalla presenza di due musicisti di lungo corso.
"Picchia" con decisione, e costituisce la spina dorsale del gruppo. Una formazione a trio classico richiede la partecipazione completa di tutti, senza pause o momenti di attesa, e anche la batteria assume un ruolo che va oltre la ovvia competenza, cioè parte della sezione ritmica.
Bello e coraggioso il suo assolo, davanti a un pubblico che poteva forse non essere abituato, ma che alla fine è stato"scosso" e scaldato da questi tre musicisti genovesi.
Io credo che la modestia nel porsi vista ieri debba al più presto essere sostituita dalla consapevolezza che i progetti vanno a buon fine, quando c'è qualità, idee e impegno.
Per me è sempre lodevole vedere uomini e donne che, nonostante importanti esperienze pregresse, trovano lo stimolo per rimettersi in gioco continuamente... ma forse è proprio questa la magia della musica di cui tutti parlano!
Come accennato, a fine serata si apre il siparietto "tecnico", dove il nostro caro Albertino Caroti, giovane chitarrista "purista" blues savonese, redarguisce simpaticamente Giacomo Caliolo per l'utilizzo degli effetti e il non utilizzo di un ampli valvolare. Jack sta al gioco che propone Albertino e la serata tra amici termina con soddisfazione comune, come sempre accade quando c'è di mezzo la buona musica.

Uno dei brani inediti...