Paidarion
Finlandia Project – “Two Worlds Encounter”
50minuti 11 tracce
Un po’ di storia e l’introduzione all’album…
I Paidarion nascono in Finlandia nel
2006. La loro musica attinge dal rock più tradizionale e attraverso trame
melodiche abbraccia i temi progressive.
Nell’aprile del 2015 i Paidarion
invitano in Finlandia cinque amici musicisti con l’intento di presentarli come
ospiti nei loro concerti: i vocalist Jenny
Darren e Kev Moore, inglesi, il
chitarrista ungherese Bogàti-Bokor Akos
e il tastierista finlandese Otso
Pakarinen. La soddisfazione è tale che i titolari Jan-Olof Strandberg - bassista - e Kimmo Porsti - batteria -, decidono di trasportare in studio i
brani realizzati dal vivo e dare vita ad un nuovo progetto finalizzato al nuovo
disco: il Paidarion Finlandia Project.
A questi si aggiunge il tastierista inglese Robert Webb.
Trattasi di artisti di lungo
corso, molto attivi su diversi fronti, meno conosciuti in Italia, ed è questa
l’occasione per scoprire qualcosa di nuovo.
Il risultato della collaborazione
è un album uscito nel settembre del 2016 dal titolo “Two Worlds Encounter”.
“Volevamo fare un album nello stesso modo in cui un grande
scrittore scrive un grande libro, o un regista dirige un grande film, qualcosa
che si può godere dall’inizio alla fine senza annoiarsi, qualcosa che tocchi il
cuore della gente”.
Il progetto è costituito da
musicisti che arrivano da luoghi diversi e appartengono a culture differenti,
che si ritrovano per suonare e divertirsi, due mondi che si incontrano, come
suggerisci il titolo, due mondi che si fondo grazie alla musica.
IL COMMENTO ALL’ALBUM
Mi sono avvicinato da poco al prog
finlandese grazie a… un italiano, quel Marco Bernard conosciuto per i tanti progetti musicali e impegnato con i suoi The Samurai of Prog, band “studio”
per effetto dell’utilizzo di una parte cospicua di artisti provenienti da paese
lontani, una situazione non facilmente ripetibile sul palco.
I Paidarion hanno alcune cose
fondamentali in comune con i TSOP, oltre al paese di provenienza: il batterista
Kimmo Porsti (in questo caso, anche,
produttore del disco), la mano magica di Ed Unitsky, creatore dell’artwork, e la
tendenza a realizzare una squadra ridondante unendo elementi di diverse nazionalità.
In questo caso le logiche si
rovesciano, e il disco nasce solo dopo aver testato la validità e l’empatia “on
stage”, con l’ovvia conclusione della realizzazione di un album, “Two
Worlds Encounter”, e
la trasformazione occasionale da Paidarion a Paidarion Finlandia Project: e due mondi diversi si incontrano!
Il risultato è un lavoro
eterogeneo, dove la melodia emerge, così come la “delicatezza delle trame che
non sono mai alla ricerca né del virtuosismo estremo, né di ritmiche e giri
armonici cervellotici.
La maggior parte dei brani è
caratterizzata dalla vocalità educata della vocalist Jenny Darren (“Colin and
wendy”, Billy would climb”, “Fragile Bridge”, “Yellow”, “Ode to Billie Joe”,
“Grand canyon of my dreams”), contrapposta
al tono metallico di Kev Moore (“Horsemen
to symphinity”, “Why oh why” e “Hahmo”), e in questo ventaglio di colori
si può pescare l’intimismo che attraversa vari generi musicali, così come la
canzone “leggera” tipica del pop americano.
Due i brani strumentali: “Jungle fever”, nel verbo del dialogo fusion
tra il piano elettrico di Robert Webb e
i sintetizzatori di Otso Pakarinen,
e Cloudberry sky”, il solo di chitarra acustica di Bogàti-Bokor Akos, a dimostrazione delle diverse frequenze dell’album.
Un disco davvero gradevole, adatto ad ogni tipo di fruitore della musica di qualità, dai suoni… internazionali.
Un disco davvero gradevole, adatto ad ogni tipo di fruitore della musica di qualità, dai suoni… internazionali.
Tutto sommato la denominazione “progressiva”
risulta essere congrua proprio pensando all’assoluta libertà e alle varianti in
gioco, ma esiste un elemento importante che fa pendere l’ago della bilancia, l’incredibile
art work di Ed Unitsky.
Come è ben noto al pubblico del
prog, certi album hanno assunto importanza anche grazie a realizzazioni visual di
spessore e fantasia, e devo dire che attualmente non conosco nessuno come Unitsky che si
avvicina ad una certa filosofia grafica nata nei seventies: le sue copertine sono
opere d’arte e la cura dei particolari fa sì che i
lavori dove lui interviene sono, a mio giudizio, quelli che più riescono a
risvegliare il profumo dell’antico vinile.
Ho chiesto proprio a Ed Unitsky qualche
informazione sul suo lavoro con i Paidarion (Jan-Olof Strandberg e Kimmo Porsti), che cosa lo avesse
ispirato in questa occasione e che cosa rappresenti per lui questo tipo di
collaborazione.
Come solitamente accade nel mio lavoro,
basato sulla collaborazione con i musicisti, ho ricevuto il titolo del nuovo
album - "Two Worlds Encounter" - e il suo concetto guida generale,
alcuni testi, la musica, e da tutto questo ho tratto l’ispirazione. Mi piace
lavorare così perché è un metodo che mi consente la piena libertà creativa.
Non sempre l’idea base mi è chiara. Con
l’album precedente, “Behind the Curtains”, avevo in testa un circo vittoriano: il
nostro mondo reale, attuale, moderno, può esserne il suo riflesso in qualche
modo. Abbiamo discusso di questo con Kimmo e ho capito che i musicisti, per la
cover, preferivano qualcosa che non fosse grottesco e old fashion ma fantasioso.
"Due mondi diversi si incontrano
...", questo mi ha scritto Kimmo in occasione del nuovo disco, ed ecco che
la nuova trama ha cominciato a svilupparsi nella mia testa. Non volevo esporre
subito la mia idea e ho iniziato a giocare con la mente, immaginando gli
oggetti e la loro diversa prospettiva. Amo i simboli e le tracce delle civiltà
antiche (vedi, ad esempio, i volti di pietra e di ghiaccio nelle parti in cui
si evidenzia il panorama roccioso), e mi piace inserire personaggi e entità nel
paesaggio, arricchendo i colori e cercando di dare un’armonia spaziale alle
immagini.
In realtà posso disegnare i luoghi
nella mia
mente, posto in cui queste situazioni sono molto chiare - come se le vivessi realmente
-, e riesco quindi a realizzare una fotografia di quello che ho pensato ed
elaborato. Così, quando comincio a lavorare su un pezzo, le idee si evolvono
mentre le creo.
A questo punto invio il mio lavoro ben
definito da utilizzare per la cover e resto in attesa della risposta dei
musicisti, e sono molto felice quando dimostrano di amare il risultato quanto
me.
Dopo che l'anteprima dell'opera riceve
l’approvazione, si va oltre la copertina e si passa a tutti gli altri dettagli
che poi completeranno il booklet.
Sintetizzando… la piena implementazione
di un concetto da racchiudere nella grafica di un un album musicale include,
sia le mie idee, che il riflesso di tali idee nel “prodotto finito”, partendo dalla cover art sino al
booklet, seguendo un disegno comune e la piena condivisione.
E ora non resta che il riassunto sonoro…