Stefano Giannotti è un artista attorno al quale ruota il progetto OTEME, un gruppo musicale che ha da poco rilasciato “Il Giardino Disincantato”, un album che vede la luce dopo una
lunga preparazione, contenente alcuni brani realizzati da oltre venti anni. Lo
scambio di battute permette a Stefano di soddisfare qualche ovvia curiosità,
mia e del potenziale lettore, ma soprattutto di delineare e chiarire un quadro
abbastanza complesso se non si possiede la
giusta chiave di lettura.
L’Osservatorio delle Terre Emerse (OTEME) è un ensemble aperto,
dinamico, focalizzato su quella che è definita Musica Contemporanea. Rimanendo
in superficie possiamo tracciare una definizione legata al concetto di cultura
avanzata e innovazione, avanguardia, perlustrazione ed utilizzo di vari linguaggi,
fuga dalla semplicità a favore della ricerca - armonica, ritmica e compositiva. Ma
certe immagini, applicate all’ascolto, possono risultare fuorvianti se non
esiste preparazione adeguata, col rischio di perdere tracce di una musica che a
mio giudizio non ha bisogno di alcuna etichetta: l’ascolto senza pregiudizi
potrà riservare molte sorprese.
Questo suggerimento
di approccio fa si che all’interno de Il
Giardino Disincantato si possano trovare momenti di facile assimilazione - fatto
non scontato, la metabolizzazione musicale riguarda ogni genere e ogni livello qualitativo
- e altri più complessi, tra rock,
atmosfere cantautorali, etnia e contaminazione - riconoscibile o supposta -,
con un racconto del quotidiano che si è soliti afferrare e accettare dalla musica
“imposta”, e che diventa esperimento, novità e valore aggiunto quando arriva da
chi decide di utilizzare la strada delle composizioni di assoluto impegno.
La lettura della
strumentazione, visibile in parte a fine post, fornisce un indirizzo che per
gli addetti ai lavori è più facile cogliere, una sintesi/traccia che stimola a
proseguire nella conoscenza.
Si prende in mano il
CD e prima dell’ascolto lo si legge nei dettagli, lo si sfoglia alla ricerca di
immagini e crediti, si cerca di “annusarne” l’atmosfera e ci si prepara allo
start up. E’ questa una condizione privilegiata di cui non tutti sentono la
necessità, perché la musica - è questo il mio personale punto di vista - ha
una forte componente istintiva, irrazionale, e diventa spesso uno spartito
chiarissimo per chi non sa leggere una sola nota; Il Giardino Disincantato ha un po’ questa caratteristica, con una
apparente - solo apparente - contraddizione che fa si che ciò che è sempre
stato descritto come dedicato ad una elite di persone sia in realtà adatto ad
ogni tipo di orecchio, purchè ci si trovi al cospetto di sensibilità personale
e quindi virtuosismo ricettivo. Il lavoro di OTEME è realmente complicato,
nella costruzione, nella scelta e nel lay out propositivo, ma diventa facilmente fruibile per chi si pone con semplicità nella condizione di
ascoltare, facendo un piccolo sforzo per entrare in linea con una filosofia
musicale e di vita che Giannotti e amici propongono… l’intervista sarà quindi
un buon aiuto e potrà svolgere un piccolo ruolo preparatorio verso il contatto
musicale.
Una vera sorpresa,
per me, la musica di OTEME!
L’INTERVISTA
Partiamo da qualche
delucidazione necessaria per chi non conosce te
e la tua musica: perché OTEME
e che cosa racchiude “Il Giardino
Disincantato”?
OTEME (Osservatorio delle Terre Emerse) nasce
come un gruppo di amici e collaboratori a cui affidare le mie partiture ed i
diversi progetti legati alla musica da camera, ma non solo. L'idea è quella di
un ensemble a struttura variabile, dove si possano sperimentare contaminazioni
varie fra musica contemporanea colta, canzoni, teatro musicale ed altro. E'
anche un laboratorio dove confluiscono professionisti e studenti che vengono
formati alla musica contemporanea.
IL GIARDINO DISINCANTATO sintetizza la mia
visione globale della musica contemporanea. Una forma musicale compatta ed
omogenea dove la canzone d'autore si incontra con Stravinski e Feldman, rock
atonale e funky prendono a braccetto Steve Reich, il banjo collabora con il
corno inglese...
Al di là delle
definizioni, potresti sintetizzare il progetto OTEME, raccontandone
l’evoluzione?
Nel 2010
ho pensato che era tornato il momento di dedicarsi ad alcune partiture rimaste
ferme da diversi anni, e ad un ciclo di canzoni che avevo iniziato nel 2002.
Visto che avere esecuzioni da gruppi già esistenti è come scalare l'Everest a
mani nude, ho pensato che era il momento giusto per radunare vecchi amici e al
tempo stesso formare alcuni studenti a quel tipo di lavoro. Dopo un primo
concerto, dove il nome non era stato ancora deciso, incontro Catherine
Costanza, editrice francese che ci
propone un cd per la sua casa Edd Strapontins. Il progetto prende forma
velocemente e diventa OTEME, ovvero un osservatorio su zone musicali inusuali,
isole, terre emerse nel mare dell'omologazione. La lavorazione del CD è stata
lunghissima e zeppa di difficoltà, ma anche di grandi soddisfazioni; e
soprattutto è stata per tutti una grande scuola di vita, oltre che
professionale.
La musica, la poesia,
la pittura… espressioni differenti che possono trovare un unico e soddisfacente
contenitore: pensi che il pubblico medio sia pronto? Che occorra sempre
rivolgersi ad una nicchia o che sia
comunque stimolante l’elemento didattico e la diffusione del verbo musicale?
La
nicchia esiste perché è voluta dall'alto. La cosa più difficile è riuscire ad
arrivare ad un divulgatore di contenuti. Se i contenuti li divulghiamo noi,
porta a porta, i contenuti arrivano e la gente reagisce (in genere
positivamente, comunque è già positivo che la gente reagisca). Le persone sono
pronte ad ascoltarti se le prendi per mano e le guidi. Questo sposta la nostra
conversazione su di un altro piano, sveglia purtroppo un morto nell'armadio;
cosa è successo alla cultura in Italia in questi ultimi venti anni di politica
scellerata? E nel mondo? Parlando di società in generale, è successo che le
grandi multinazionali hanno prodotto sistemi sempre più veloci che hanno
succhiato come vampiri la capacità di attenzione e concentrazione delle
persone; in questo modo abbiamo riempito
il nostro quotidiano di dati, spesso inutili, e non c'è più tempo di
ascoltare, di fermarsi; i ragazzi a cui insegno musica non hanno tempo perché
quando non stanno davanti al cellulare frequentano corsi su corsi, dal nuoto
alla danza, dalla piscina al trinity, senza imparare un granché; alcuni
studiano con la televisione accesa ed il cellulare davanti: nel mio piccolo sto
cercando di educare la gente alla calma e ad ascoltare di nuovo. Educare alla
riflessione. Al gioco. E non accontentarsi di ciò che si raggiunge senza
fatica, immediatamente. Ti sembrerà strano, ma IL GIARDINO è solo una delle tante
piccole pietre che dovrebbe avere una funzione educativa alla riflessione. La
battaglia è persa in partenza, ma almeno ci si prova.
Sei il titolare del
progetto OTEME, da dove nasce la tua passione per la musica?
La
passione per la musica nasce quando nasci; si rivela presto e cresce con te, al
punto che ti ammaleresti se tu non la praticassi. Impari ben presto che la
musica è una sposa ideale, che non ti tradisce mai se non la tradisci, che ti
perdona sempre se la curi, e soprattutto, il suo grande valore educativo sta
(come quando vai in montagna) nel fatto che sei tu a regolarne l'andamento; se
le dai, lei ti dà. Sempre. Ho cominciato ad inventare melodie quando ero
piccolissimo. All'età di 10 anni immaginavo opere cantate da me su di un palco,
con un gruppo formato da molti musicisti, una piccola orchestra rock; venivamo
dallo spazio, ma la gente non lo sapeva, eravamo approdati in una grotta. Poi
ad 11 anni, in prima media sono andato a lezione di chitarra e non ho più
smesso di suonare. All'età di 20 anni avevo già realizzato 20 nastri di musiche
mie, organizzati come concept album. Ho cominciato l'attività concertistica
professionale con un trio di chitarre classiche e mi sono iscritto al
conservatorio a Composizione. Dopo 10 anni mi sono diplomato, ma ero già
inserito da diversi anni nel circuito della musica sperimentale.
Nell’album esistono
tracce create nel passato, rimodernate dopo differenti passaggi evolutivi: come
è avvenuta la scelta?
I brani
più vecchi sono TEMA DEI CAMPI, più o meno del 1988 e BOLERO (Terre Emerse) del
1994. Entrambi i pezzi mi piacevano molto, ma non trovavo la via di crearne
versioni definitive. A volte suonavamo TEMA DEI CAMPI con l'Ensemble IL TEATRO
DEL FARO, ma i concerti erano sporadici, e in studio prediligevo materiali più
sperimentali, visto che mi addentravo sempre più in ambiti di performance,
radio, teatro musicale ecc. Ho perso il conto di quante versioni ho realizzato
di molti pezzi, senza avere mai la possibilità di sentirne le esecuzioni
(d'altra parte questa era paradossalmente una fortuna, perché le rarissime
volte che qualcuno suonava la mia musica autonomamente, cioè senza che io
seguissi i lavori, tali esecuzioni erano orribili). Per le canzoni il discorso
è più delicato; impiego moltissimo tempo a realizzare una canzone, perché
quando la propongo al pubblico voglio che il brano suoni allo stesso livello di
un pezzo di musica contemporanea; vedi, sono cresciuto in un'epoca in cui se ti
muovevi nella musica contemporanea non potevi scrivere canzoni, altrimenti ti
tacciavano subito di banalità; in età giovane questa chiusura culturale mi ha
influenzato perniciosamente, ed ho cominciato a pensare ad una canzone su cui
nessuno potesse disquisire dal punto di vista del valore. Cioè la canzone
doveva essere elevata al rango di musica contemporanea. Oggi questo problema
non esiste più (e comunque il risultato è che in molti casi la musica
contemporanea è stata abbassata al rango di canzonetta, esattamente l'opposto
di ciò che volevo).
Possibile fornire un
peso alle liriche ed uno alla musica nel tuo concetto di composizione, in
funzione della creazione di un messaggio preciso?
Musica e
liriche si muovono su piani paralleli. Sono parole e suoni, che poi si
combinano secondo leggi contrappuntistiche. In entrambi i casi mi piace
l'imprevedibilità dell'andamento, pur mantenendo una certa omogeneità di fondo.
Ma tutti i miei lavori, anche quelli più sperimentali, senza l'impiego dei
testi, parlano di relazioni, di quotidianità, di cicli vitali, di paesaggio, di
linguaggi, contengono molta ironia e molta matematica. Direi che sono specie di
viaggi geografici interiori; certo è che spesso associo le armonie (quasi
sempre prevalenti sulle melodie) a paesaggi, a strutture di paesaggi, elementi
di base, cioè punti, linee, geometrie semplici, stasi e movimento, ordine e
disordine. E questo avviene anche nei testi, dove rappresento situazioni della
vita quotidiana, le combino liberamente, spesso togliendole dal loro contesto
usuale, le osservo con humour, malinconia, dolcezza, estraniamento,
aggressività. Insomma in altre parole non so se esista un messaggio, ma
sicuramente questi brani vogliono rappresentare il reale su di un piano
metaforico.
Il Giardino
Disincantato” è un concept album?
Forse
no... l'80% dei miei lavori sono specie di concept album; mi riferisco alle
opere per la radio tedesca, dove in qualche modo rappresento storie o concetti
attraverso i suoni e le parole. Per il GIARDINO non saprei. Non c'è una storia,
ma ci sono immagini che tornano a volte da un brano all'altro. Il fango (Per
mano conduco Matilde, Sopra tutto e tutti), i campi, l'acqua, le memorie...
Come si muove OTEME in fase live? Esiste interazione con
l’audience?
OTEME si
muove con serietà ed ironia al tempo stesso. L'uso che facciamo degli strumenti
è parecchio intrigante per il pubblico, che non è abituato a sentire oggetti
sonori accostati a strumenti classici, in ambito pop e cantautorale. Non è
abituato a sentire un'arpa suonata con lo slider, ed un carillon a scheda
perforata; Nemmeno a sentire un corno inglese al posto del sax. E' un po' come
elaborare De André attraverso Cage e il Novecento classico. Si crea dunque
molto silenzio e attenzione. Ogni tanto ci sono trovate curiose, come la
bottiglietta di plastica che soffia su DITE A MIA MOGLIE, o il sifone del WC
suonato a mò di tablas nel progetto LOMAX; allora scappa qualche risata, subito
lasciata a metà, perché il brano prende una direzione imprevedibile, magari
incredibilmente seria e monumentale. Cerco di portare il pubblico lentamente ad
una specie di catarsi, e per fare questo a volte racconto storie fra un brano e
l'altro, e le racconto non in maniera teatrale, ma proprio rivolgendomi agli
ascoltatori direttamente, cercando di farli partecipi con aneddoti, ricordi,
sprazzi di nonsense.
OTEME è un ensemble
dinamico: quanto conta l’amicizia e l’armonia quando si ha chiaro un obiettivo
da raggiungere?
Conta
moltissimo, perché se ci basassimo solo sui soldi non potremmo combinare
alcunché. Si deve imparare a collaborare in maniera disinteressata. Allora i
progetti si caricano di grande valore anche a prescindere dai risultati.
Qual è il tuo giudizio
sull’attuale stato della musica, tra talento, business e web?
Manca il
tramite fra noi ed il pubblico. Manca chi si rimbocca le maniche ed investe soldi
sulla qualità. Prodotti buoni ce ne sono, ma non riescono a venire fuori perché
manca la figura del produttore. Oggi fenomeni pionieristici come i PINK FLOYD
dell'epoca, o come 2001 ODISSEA NELLO SPAZIO sarebbero impensabili.
Sperimentazione finanziata ad alti livelli non ce n'è più nel campo del pop,
tanto meno nella musica contemporanea. Centri di ricerca se ne trovano in
Germania e Austria (penso ad ARS ELECTRONICA o alle radio di stato tedesche) ma
si parla di altri generi o discipline. Internet non solo non risolve il
problema, ma non lo tocca minimamente. Internet esiste anche a prescindere dal
problema, forse ne è la causa, fatto sta che se metto un video buono su youtube
fra milioni di video spazzatura ho lo stesso problema che se non ce lo mettessi.
Perché in realtà mancano personaggi che facciano ciò che hanno fatto Tony
Stratton Smith con i Genesis, Tony Visconti con Bowie e (leggete bene) i Gentle Giant (gruppo allora molto
sperimentale). In particolar modo in Italia, oltre a queste carenze si deve
aggiungere che mancano insegnanti preparati al contemporaneo in termini di
cultura; il problema è gigantesco ed è molto sfaccettato. Se non si educano i
bambini al contemporaneo quando cresceranno non sapranno cosa farne (a parte
cercare di fare soldi facilmente), troveranno ostica ogni forma d'arte
contemporanea e non produrranno più cultura, ma solo intrattenimento. E così
via, la catena si guasterà e tutti ne avranno svantaggio.
Quale potrebbe essere
un progetto che ci terresti a realizzare nell’immediato futuro?
Quando
sarò grande vorrò cimentarmi nella creazione di un film come BARRY LINDON. Manie di grandezza e scherzi a
parte, in realtà ho talmente tanti interessi che qualsiasi progetto che mi
piace lo vedo realizzabile. Fra i prossimi progetti ci sarà addirittura un
Western radiofonico per la radio tedesca. Ho però un'urgenza pratica, e questa
è la più impellente: dare una forma ad OTEME, una struttura che ci consenta di
fare qualche concerto e magari iniziare a preparare un nuovo album, da pubblicare, chissà, fra un paio di anni. Cioè non svegliarsi
subito dal sogno in cui viviamo; poter continuare ancora un po'.
Line-up di OTEME nel Giardino Disincantato:
Stefano Giannotti: voce, chitarra classica, chitarra
elettrica, banjo, componium, teponatzli, armonica, metallofono.
Valeria Marzocchi: flauto, ottavino, voce.
Nicola Bimbi: oboe, corno inglese.
Lorenzo Del Pecchia: clarinetto, clarinetto basso.
Maicol Pucci: tromba, flicorno.
Valentina Cinquini: arpa, voce.
Emanuela Lari: piano, tastiere, voce.
Gabriele Michetti: basso, contrabbasso, voce.
Matteo Cammisa: batteria, xilofono, timpani.
Biografia tratta dal
Comunicato Stampa
OTEME (Osservatorio delle Terre Emerse) nasce nel 2010 a Lucca per opera del
compositore e performer Stefano
Giannotti. L’obiettivo è la creazione di un ensemble da camera per interpretare composizioni che partano dalla canzone d'autore inglobando molteplici
contaminazioni, come la musica classica
contemporanea, l'art-rock, la sperimentazione sonora, il teatro musicale. Più
che un gruppo, OTEME si configura come un laboratorio
aperto con un nucleo fisso di musicisti ed alcuni collaboratori che possono
cambiare di volta in volta a seconda dei progetti.
Alcune
delle principali influenze includono
David Sylvian, Igor Stravinskji, Art Zoyd, Penguin Cafè Orchestra, Fabrizio De
André, King Crimson, Lucio Battisti, Frank Zappa, Magma, John Cage e Morton Feldman.
Dal
2011 al 2012 OTEME, in formazione di 9 musicisti, è occupato nella
realizzazione del disco d’esordio Il Giardino Disincantato, che esce nell’autunno
del 2013 per la casa editrice francese Edd
Strapontins, con distribuzione internazionale Ma.Ra.Cash. Sempre nel 2013, OTEME in versione trio ha realizzato il
Progetto Lomax in U.S.A. per lo
Spazio Performativo ed Espositivo (SPE) della Tenuta dello Scompiglio (Lucca),
presentando una serie di arrangiamenti di brani popolari americani fra folk, country e blues rivisitati in
chiave contemporanea.
Attualmente
OTEME è impegnato nella realizzazione di un’opera radiofonica firmata da
Stefano Giannotti dal titolo Bürotifulcrazya, prodotta per la Deutschlandradio Kultur di Berlino.