Gian Piero
Chiavini è un
autorevole membro di ITULLIANS, il
Fan Club che riunisce amanti della musica dei Jethro Tull, ma lo si può considerare un partecipante ”attivo”,
perché il suo amore musicale ha trovato un felice matrimonio con una passione
inusuale, quella di collezionista di statuine contenenti lo strumento “flauto”,
cioè il link più ovvio con il MAESTRO Ian
Anderson. La raccolta ha portato enormi frutti che hanno trovato importante
evoluzione nel corso degli anni, ed ora G.P.,
ne sono certo, possiede un primato inattaccabile. Analogamente a quanto
accaduto con Alessandro Gaglione, altro importante “collezionista tullico”, ho
cercato di scoprire qualcosa di più sul passatempo di Chiavini, scavando in
profondità per fare emergere elementi di tipo psicologico. Non so se ci sono
riuscito, ma in ogni caso resterà la testimonianza di un uomo che possiede un
amore sconfinato per la musica, capace di rischiare la galera e la donna del
cuore per aggiudicarsi all’asta una statuina in scadenza in orario notturno…
tutto da leggere!
L'intervista
Come nasce la tua
passione per il collezionismo? La musica è stato lo spunto o un pretesto?
Credo di essere stato un collezionista “in
pectore” fin da piccolo… mi ha sempre affascinato l’idea di una serie di cose
anche molto diverse tra loro ma accomunate in un insieme da un unico
denominatore. Concettualmente è il trovare una radice comune a tante diversità
e, all’opposto, la meraviglia nel vedere come
una radice comune possa dare origine a tante diversità. Ho quindi sempre
pensato di fare una collezione di un qualcosa, ma nulla mi stimolava
particolarmente. Dovevo “sentire” che quella sarebbe stata la “mia” collezione,
ma sono cose che non si pianificano razionalmente, infatti la mia è nata in modo casuale e
inaspettato ma tanto folgorante da farmi immediatamente dire “cavolo, come ho fatto a non pensarci prima?
Eppure era così ovvio”. Iniziò
tutto nella primavera del 2007 ad una fiera dell’artigianato ad Orbetello
(Grosseto). Ho una vera passione per i mercatini, posso stare ore a guardare
curiosamente tutte le più piccole cose esposte cercandone una che mi colpisca.
In particolare sono appassionato di arte e religioni orientali per cui mi
soffermai su una bancarella con le solite statuine banali che trovi dovunque.
Ma tra queste mi colpì una scolpita in pietra rossa, molto ben lavorata con un
soggetto assai familiare: era il Krishna flautista nella tipica raffigurazione
con una gamba alzata. “Cavolo”, mi dissi, “ma
questo è Ian …” sì, perché fin
dall’età di 12 anni sono un fan(atico) dei Jethro Tull, di Ian Anderson e del
suo flauto, che esercita su di me un fascino come il flautista di Hamelin sui
bambini del paese. Ovviamente la comprai e tornato a casa la misi su uno
scaffale vicino ad gruppo di statuette thailandesi musicanti … tra esse c’era
un flautista! Ebbi un’illuminazione e corsi in camera delle mie figlie:
per la Comunione di una di esse le bomboniere erano angioletti musicisti …
c’era anche quello col flauto! Era iniziata la collezione! Direi quindi che la musica è
stato lo spunto, il fattore scatenante, ma non la definirei un pretesto perché
tale termine implica una decisione razionale a monte mentre, come ho detto, la
mia è stata una folgorazione scatenata da una casuale interazione, in quel
preciso momento, di due mie grandi passioni: quella musicale ben definita e
quella non ancora focalizzata per le collezioni. Se la
musica non è stata il pretesto cosciente per la mia collezione, è la collezione
stessa ad esser diventata poi un pretesto per approfondire certi aspetti della
cultura che sta dietro a molte statuine: il mondo delle porcellane, dell’arte
orientale, di tradizioni popolari e religiose e così via.
Come ti muovi per
consolidare la tua già fornita bacheca? Dove acquisti i tuoi pezzi?
In tanti
modi, sia girellando per negozi e mercatini e sia tramite internet che è
comunque come aggirarsi in un grande mercatino virtuale nel quale il muoversi
non è così semplice e meccanico come sembra
ma, oltre che enormemente più
vasto, è ancora più difficile e stimolante dei mercati tradizionali dove trovi
tutto esposto e basta solo guardare e scegliere: certo manca il fascino del
tatto ma occorre saper trovare ciò che si sta cercando, attraverso la scelta di
parole chiave anche in lingue diverse, in siti diversi e con diverse opzioni di
ricerca.
Qual è stata la tua più
grande soddisfazione in veste di collezionista?
La soddisfazione è già nel vedere tutte queste
statuine di forme, dimensioni e colori diversi che mi circondano e “mi
guardano”. Ma le soddisfazioni vere sono altre: le mie figlie che mi prendono
scherzosamente in giro per questa “fissazione” e poi invece quando andiamo
insieme in negozietti o mercatini fanno a gara tra loro, senza dirmi nulla, per
trovarmi una statuina. Oppure quando
qualche mio paziente, che conosce questa mia “insana” passione, torna da un
viaggio e mi porta una statuetta in regalo. Addirittura uno di essi, a Bali,
non trovando nulla se ne fece fare una appositamente per me da un artigiano del
luogo.
Esiste un pezzo a cui
sei più legato?
No, non credo di essere legato particolarmente
ad un pezzo piuttosto che ad un altro. Certo, le statuine regalatemi dalle
figlie e dal mio “aspirante genero” oppure dagli amici hanno un valore
sentimentale particolare, mentre un’altra è stata l’inaspettata causa del
sorgere di una bella amicizia seppur solo virtuale: un angioletto di
Capodimonte che acquistai da Patrizia, una ragazza simpaticissima e
gentilissima che vive negli USA ma originaria di Genova,. Da allora,visto che
certe cose sono disponibili solo per il mercato statunitense, e’ iniziata una
simpatica collaborazione con lei che mi fa, come le dico scherzando, da
“pusher” per cose altrimenti per me inarrivabili. Grazie Patry ! Per il resto,
molte sono indubbiamente delle vere e proprie opere d’arte in miniatura ed è un
piacere guardarle ed apprezzarne la pregevole fattura. Per contro altre, specie i primi acquisti quando
ancora non pensavo che esistessero così tante e diverse statuette col flauto
traverso per cui compravo quasi di tutto, sono abbastanza banali e direi
addirittura anonime ma questo lo dico adesso, perché per allora erano comunque
emozioni ed in ogni caso il ricordo di quei primi tempi pionieristici e naif è
ancora molto bello. Direi insomma che
sono legato a tutte le mie statuine seppur per motivi diversi, sia nel loro
multiforme insieme sia ricordando una per una come e dove le ho trovate e le
emozioni nell’averle poi in mano e nel sistemare ognuna di esse vicino alle
altre. E’ un po’, se mi si passa l’irriverente paragone, come avere intorno
tanti figli e godere sia dell’idea di famiglia che apprezzare i singoli pregi
ed i particolari ricordi legati ad ognuno di loro.
E’ una passione costosa
la tua?
In genere una collezione è abbastanza costosa,
quantomeno se si calcola la somma totale di quanto si è speso per ogni singolo
pezzo. Uno psichiatra potrebbe individuare nel collezionista un aspetto
patologico, una sorta di mania, di dipendenza dal desiderio di possesso ed un
atteggiamento ossessivo-compulsivo nell’irresistibile pulsione nel ricercare e
comprare un oggetto per la propria collezione. In realtà il vero collezionista
è assai equilibrato nello scegliere ogni pezzo, diventa pian piano un esperto
negli aspetti afferenti all’argomento della collezione, sa valutare esattamente se il determinato
oggetto merita o meno di essere acquistato e non fa mai acquisti avventati
tantomeno dal punto di vista economico. Nella mia collezione comunque, essendo
estremamente eterogenea cioè non facendo distinzioni di origine, tipo e
materiale di fabbricazione dei pezzi, vi sono cose certamente abbastanza
costose (netsuke giapponesi, porcellane tedesche o di Capodimonte e della
Lladro, pezzi in giada e avorio, cristalli di Swarowsky) ma anche con valore
assolutamente irrilevante come gnomi e fatine in resina, soldatini e gadgets in
plastica e cose simili. In ogni caso, se volessimo valutare razionalmente
questo aspetto, potremmo anche sostenere che si tratta di un investimento
perché alcune cose, ad esempio pezzi d’antiquariato in porcellana pregiata,
hanno un valore commerciale che con il passare del tempo aumenta. In altri casi capita che il valore aumenti
considerevolmente se si riesce a completare una serie: per esempio sono
riuscito a trovare, dopo documentazioni e ricerche, uno per uno tutti e cinque
gli M&M’s flautisti di diverso colore di una serie di pocket prodotti solo
nel 2009 e solo per il mercato francese. Acquistandoli separatamente è stata
una spesa irrisoria mentre adesso l’intera serie ha un discreto valore nel
mondo del collezionismo. Ovviamente si tratta in ogni caso di un valore
intrinseco e teorico perché di sicuro non rivenderò mai nulla!
Puoi raccontare qualche
aneddoto significativo legato alla tua raccolta?
Beh, si … mi vergogno un po’ a raccontarlo ma
comunque è assai divertente. Era una notte d’inverno del 2007, alle 4.00
scadeva l’asta in eBay per una statuina alla quale tenevo tantissimo, ma ero a
dormire dalla mia compagna e poiché non aveva la connessione Internet avevo
portato il pc usando il cellulare come router. Mi svegliai mezz’ora prima della scadenza ed
accesi il computer ma la connessione andava e veniva finché dopo vari tentativi
fu impossibile connettersi. In un attimo presi la decisione: corsi in
camera, svegliai la mia compagna dicendole che dovevo urgentemente correre a
casa mia: ovviamente si preoccupò
pensando che stessi male: quando le spiegai frettolosamente il motivo mi
tirò dietro un giustificatissimo vaffa. Uscii di corsa dopo essermi messo solo
i calzoni del pigiama, in ciabatte, barba lunga e capelli spettinati ed infilai in macchina per
precipitarmi a casa. Devi sapere che
abito proprio nel centro del paese sopra al mio ambulatorio, ma confidavo che a
quell’ora la piazza fosse deserta e infatti c’era solo un’auto parcheggiata a
fari spenti. Corsi in casa e riuscii finalmente a connettermi, mancava solo un
minuto alla fine dell’asta ma ce la feci e mi aggiudicai l’agognata statuina. A
quel punto però c’era ancora il problema di uscire di nuovo per tornare dalla
mia compagna: socchiusi il portone sbirciando nella piazza: nulla, tutto
tranquillo, ancora solo quella macchina a fari spenti. Entrai in auto, accesi il motore e i fari … e
l’altra macchina accese i fari anch’essa, partii piano piano e l’altra macchina
si mise anch’essa in moto e mi seguì. Ad un certo punto mi superò e dal
finestrino uscì un braccio con una paletta facendo cenno di fermarmi. Si
avvicinò al finestrino uno con la divisa dei carabinieri, mi guardò
esterrefatto e sospettoso… posso
immaginare quello che pensò vedendo, alle 4.30 di una fredda notte d’inverno,
uno scemo a torso nudo, spettinato e barba lunga… almeno fosse stato uno della
caserma del paese, mi conoscono tutti e sarebbe finita in una risata, macchè
era del comando provinciale! Mentre il carabiniere ancora mi guardava senza il
coraggio di fiatare, sicuramente incerto se spararmi subito o prima chiamare il
118, cercai di tirar fuori tutto il meglio della mia faccia tosta: “ Salve” gli dissi “la prego di non farsi ingannare dalle apparenze, sono un medico del paese e sono dovuto correre
d’urgenza in ambulatorio per prendere una medicina per mia figlia che ha una
colica addominale”. Quello continuò a guardarmi poi, con un filo di
voce mi disse “E’ sicuro di non aver
bisogno di aiuto?”, “No grazie”
gli risposi ”stia tranquillo, è tutto a posto, dovrei solo tornare di corsa a casa,
buonanotte e buon lavoro”. Si allontanò senza dirmi altro ed io ripartii
con un sospirone di sollievo ed il cuore che batteva a tremila. Altro vaffa
dalla mia compagna quando rientrai in casa sua e mi infilai a letto …
irripetibili i suoi commenti della mattina quando poi le raccontai tutto.
Che cosa vuol dire
raggruppare ed esporre piccole rappresentazioni di Ian Anderson in forme
differenti? E’ il contributo alla causa della musica? L’immaginare IL RE in modi
differenti? Il sentirsi ancor più parte di un mondo che si ama profondamente?
Come ti ho detto, non so per quale inconscio
motivo (forse freudiano?) il flauto
esercita su di me un fascino irresistibile, pensa che il mio primo folgorante
impatto audio-visivo con questo strumento usato nel rock fu all’età di 12 anni
vedendo a Sanremo (!) i Delirium di “Jesahel”, solo dopo e di conseguenza ho
conosciuto i Jethro Tull. Il vedermi adesso circondato da una miriade di
piccoli esseri flauteggianti è come essere immerso in un mondo fantastico, una
sorta di “Paese delle Meraviglie”, le loro forme e i loro colori così variegati
d’altronde ben si accordano con la musica dei Jethro Tull e di Ian Anderson,
così multiforme e ricca di elementi derivati da tanti stili diversi. Inoltre,
da quando ho conosciuto il fan club Itullians e sono entrato a far parte di
questa specie di grande famiglia ho sempre avuto il desiderio di fare qualcosa
per la “causa tulliana” invece che esserne soltanto uno spettatore passivo. Non
so suonare nessuno strumento, non scrivo se non per me stesso ed in ambiti
ristretti, ho organizzato qualche evento musicale ma sempre a livello paesano
….. questa collezione mi da l’illusione di aver fatto qualcosa di veramente mio
in questo mondo nel quale ho trovato splendidi amici e persone stupende. Le
volte in cui ho avuto modo di esporre la mia collezione (in veste di mostra
fotografica perché sarebbe impossibile trasportare gli originali per la loro
fragilità) è stata per me una gioia non narcisistica ma, se vogliamo,
altruistica e cioè dimostrare agli altri, che in modo enormemente più
impegnativo e complesso si dedicano al mondo tulliano, che non sono soli e che anch’io seppur nel mio
piccolo ed in modo naif “dò una mano”
alla causa della nostra musica. Per questo il mio inconfessabile sogno (che sto
in realtà confessando) è quello di mostrare la mia collezione a Ian Anderson in
persona: non certo per fargli vedere quanto sono bravo o quanto sono belle le
mie statuine, ma per fargli omaggio, per dimostrargli che se al mondo oltre a
milioni di persone che ascoltano la sua musica o che la ripropongono nelle
cover band, c’è anche uno scemo che un giorno ha deciso di dedicargli la
propria collezione … beh, significa che è davvero un musicista speciale. Confesso
che una “prova” l’ho fatta quando alla Prog Exhibition di Roma nel 2010
incrociai Thjis van Leer e gli feci vedere le immagini dei miei flautisti che
ho nel cellulare: rimase stupefatto e incredulo, saltò dalla gioia, mi abbracciò, mi dette la sua e-mail
perché gli mandassi qualche foto. Certo Ian non sarebbe così espansivo, credo
farebbe uno dei suoi enigmatici sorrisi e poi se ne andrebbe, ma sarei felice
lo stesso perché sicuramente una particella infinitesimale di soddisfazione
sarebbe penetrata attraverso la sua apparentemente coriacea scorza.