giovedì 31 luglio 2014

Solieri Gang-"Non si muore mai"




E’ da poco uscito l’album Non si muore mai, della Solieri Gang, ovvero un ensemble musicale creato e condotto da un chitarrista italiano tra i più conosciuti, Maurizio Solieri.
Inutile sottolineare il suo percorso, caratterizzato dalla lunga collaborazione con Vasco Rossi, ma ricco di esperienze parallele che hanno in comune l’amore per il rock - a volte duro e carico di watt - abbinato al gusto e all’uso della melodia, senza dimenticare l’importanza delle liriche.
Eh sì, Solieri conosce bene chi ha davanti, quali sono i bisogni di chi si trova a pendere dalle labbra - e dalle note - di musicisti /miti che assumono quindi un ruolo importante nel passaggio dei messaggi e negli atteggiamenti quotidiani.
Al contempo è molto critico, Maurizio, nei confronti di tutti coloro che si uniformano ad un modello e recitano una parte per un tempo limitato, quello dell’incontro - o del concerto - della vita, senza prendere coscienza che il musicista sul palco è un uomo comune, con talento, certamente, ma bisognoso di un contatto “normale” e rispettoso dei ruoli.
Fare di questi tempi un album nuovo, solista, lontano dal cliché conosciuto, è un atto, forse, di coraggio, o forse solo un momento dedicato ad un riassunto di vita,  fatto sta che Non si muore mai è per me l’esatta rappresentazione del Solieri che conosco, l’uomo capace di andare controcorrente, abbandonando le linee guida da altri disegnate per lui, scegliendo come strada principale quella della Musica; il musicista inventore di riff indimenticabili e canzoni in grado di riempire gli stadi; l’appassionato totale, desideroso di lasciare un segno indelebile sulla sua prosecuzione, utilizzando nel momento topico di una vita, la nascita di un figlio, il nome di Clapton… Eric.
L’album contiene sette tracce, di cui tre inedite (Non si muore mai, Segni e Schegge Impazzite), ed un video che riporta al brano che fornisce il titolo al disco.
A completare l’opera tre brani strumentali, tra l’hard rock ( Endless lover e I need you so babe) e la ballad (Every little thing).

Ma da chi è composta la Solieri Gang?


Maurizio Solieri, chitarre e cori
Lorenzo Campani, voce solista (per anni il Quasimodo nel Gobbo di Notre Dame)
Mimmo Camporeale, tastiere (la tastiera di Vasco Rossi & Steve Rogers Band)
Max Gelsi, basso (bassista con Elisa e Tiziano Ferro)
Ivano Zanotti, batteria (batterista di Vasco R.)

Un disco “fatto in casa”, un musica da ascoltare dal vivo, occasioni in cui le forti emozioni certamente non mancheranno.





Track list

01 – Non si muore mai (radio edit) 4.11

02 – Non si muore mai(original version) 5.07

03 – Segni 4.20

04 – Endless lover 5.17

05 – Schegge impazzite 4.19

06 – I need you so babe 4.13

07 – Every little thing 4.43

Bonus track video (ROM track) ‘Non si muore mai’ (video clip)



mercoledì 30 luglio 2014

MAT 2020 di Luglio è in edicola... virtuale.


E’ uscito il nuovo numero di MAT 2020.
In copertina il mitico Fish, fotografato da Stefano Pietrucci.

E così accadde che Stefano Pietrucci fece arrabbiare Fish… che cosa è successo Ste?

Beh, è nato un simpatico siparietto in hotel; io ho fatto una domanda a Fish - tradotta dall’interprete - ricevendo una risposta di cui non ho capito nulla, ma pare che abbia toccato un tasto … moooolto interessante - a detta dell’interprete - perché lui ha commentato dicendo: ” … finalmente una domanda sensata, e mi sta a cuore rispondere…”, ma subito dopo si è innervosito, perché credendo che avesse finito di parlare l’ho interrotto, impedendogli di concludere il concetto che aveva in testa. Fortunatamente l’interprete ha messo a posto le cose, spiegando l’incomprensione, e alla fine lo stesso Fish si è scusato con me… almeno così mi hanno detto, perché io non ho ben capito le sue parole!

Già ma che domanda fantastica avrà mai fatto Stefano Pietrucci a Fish?
Temo che resterà una domanda senza risposta!



martedì 29 luglio 2014

MAT 2020 di Luglio sta per arrivare...



E alla fine, anche se con un po’ di affanno, arriva il numero di Luglio di MAT2020, poche ore ed è cosa fatta!
Che cosa abbiamo preparato per voi assidui e affezionati lettori?
Per dovere di ospitalità partiamo da una new entry collaborativa, quella con Francesca Flati di Rome by Wild che ha seguito per noi una serata denominata “Zombies Love Heavy Metal”, una zona musicale e teatrale tutta da scoprire.
Roberto Manfredi racconta a MAT 2020 qualche dettaglio della sua lunga vita artistica, soffermandosi sull’ultimo libro scritto, dedicato a Roberto “Freak” Antoni,  “Freak: odio il brodo”.
Ritorna dopo discreta assenza Glauco Cartocci, e propone qualche intreccio “noir”, di quelli che nessuno lui può raccontare.
Stefano Pietrucci ha seguito per MAT 2020 il concerto di Fish e si è aggiudicato la copertina del mese.
Week end da favola per Roberto Attanasio, fan incallito di Claudio Simonetti: il suo resoconto dopo il concerto di Torino, da lui organizzato, denota tanta passione, che si spera sia elemento di possibile contagio.
Qualche recensione, tra prog e rock, permette di parlare del’album solista di Ricky Portera, del “live” de Il Castello di Atlante e della terza opera de Il Segno del Comando.
Sempre sul versante “album”, Caludio Milano propone Glad to Be Unhappy… tutto da scoprire.
Alberto Sgarlato, oltre alla sua consueta rubrica “ONCE I WROTE SOME POEM”, evidenzia il progetto “Røsenkreütz”, che ha prodotto un disco che si candida al primato prog nel 2014.
Fabrizio Poggi ritorna a scrivere per la causa comune e sottolinea la leggenda di James Cotton.
Le perlustrazione della rete portano Riccardo Storti a disseppellire un gioiello del 1981, Olympic Rock & Blues Circus, del trio Auger,York & Farlowe mentre spetta a Mauro Selis il compito impossibile di svelare il legame tra la musica progressiva e il Cile.
Non meno interessanti le espressioni scientifiche e musicali che Selis propone nella consueta rubrica PSYCOMUSICOLOGY”.
Angelo De Negri, da esperto direttore, scava nella memoria e riporta indietro al 1975 le lancette dell’orologio.
Insomma, sarà anche estate, ma la voglia di provare ad accontentare i lettori non scema, e gli argomenti mantengono la varietà che contraddistingue la linea editoriale.
Il mese di Agosto sarà quello della pausa, un attimo di sosta prima della ripresa che dovrebbe arrivare a Settembre, un momento per raccogliere le idee e immaginare altri scenari, altri argomenti, altre curiosità, sempre qui, su MAT 2020.

www.mat2020.com

il webmagazine periodico gratuito!







lunedì 28 luglio 2014

Martin Barre e Beggar's Farm a Oviglio: un pò di resoconto


Un amico psicologo mi ha recentemente spiegato il significato di “effetto atmosfera”, esemplificato attraverso questo esempio: “Sapere che in un concerto suona un musicista che stimiamo all’inverosimile ci farà dapprima pensare che sarà comunque un grande successo e cercheremo, nell’eventualità di una serata di scarsa vena, continue giustificazioni per confermare il nostro pensiero primigenio di grande valore dell’artista”.
Fenomeno che noi appassionati di musica conosciamo bene.
Ma c’è qualcosa che tutti, in questa pazza estate, hanno bene in testa, affine nel nome, ma molto più chiaro alla massa: l’effetto atmosferico.
Esiste un nesso tra i due poli, apparentemente su binari diversi?
Per chi avesse deciso di assistere alla performance di Martin Barre e la Beggar’s Farm, il 25 Luglio, a Oviglio, nella provincia di Alessandria, le premesse per ritenere sempre e comunque positivo il concerto che di lì a poco sarebbe andato in scena c’erano tutte: un nome mitico e amato, una band molto conosciuta e assidua frequentatrice del posto, una musica adorata e un venerdì festaiolo, nel pieno dell’estate. Sono questi elementi che per gli amanti del genere contano molto, e alla fine ci si impone di trovare comunque il positivo ed il ricordo per sempre.
Ma in questo caso le condizioni al contorno hanno messo a dura prova i presenti, partendo dai protagonisti sul palco per arrivare al paziente e caloroso pubblico.
Eppure… non è una forzatura raccontare che è stato un successo musicale.
Provo a dare un po’ di ordine alla cronologia degli eventi.
Il mio arrivo a Oviglio è bagnato, ma non troppo, e la speranza è che ci sia qualcuno che da lassù osservi, con occhio benevolo, permettendo di soddisfare la folta audience.
Martin Barre è, ovviamente, il più coccolato, e mentre è ancora in fase di relax viene avvicinato dai fans che richiedono una foto ricordo: appare più disponibile di un tempo, confortato dalla presenza della moglie, meno schivo  e ben predisposto verso il contatto umano.
Trovo accanto a lui un altro Martin, anch’esso inglese, che di cognome fa Grice, fiatista dei Delirium: è un grande musicista, e di lì a poco salirà sul palco con gli Outside The Wall, tribute band dei Pink Floyd.
La pioggia aumenta, ma il pubblico è organizzato e non sembra impaurito quando gli OTW iniziano il loro show.
Lo spettacolo che propongono non può presentare alcuni degli usuali tratti multimediali, per naturali problemi di contesto, ma la musica non ne patisce e gli ultimi quattro brani, gli unici di cui sono testimone, appaiono trascinanti e di ottima fattura.
La registrazione a seguire, così come quella relativa alla seconda parte di serata, è stata realizzata dal palco, con le naturali pecche del caso, soprattutto l’impossibilità di catturare un buon audio voce e un ‘angolazione di ripresa precaria - di “profilo” o dalle  “spalle” - ma il feeling che si può captare è unico, difficile da comprendere dalle postazioni tradizionali riservate agli spettatori. Per chi volesse conoscere meglio l’ensemble: 


Run Like Hell è comunque un esempio significativo della bravura degli OTW: il rammarico è quello di non avere potuto vedere all’opera Grice:


La pioggia aumenta e arrivati all’ultima nota si spengono le luci: sembra cosa voluta, ma dopo alcuni secondi si realizza che il problema è reale, di tipo elettrico, e la soluzione non è immediata.
Passa una buona mezz’ora di panico… controllato, con i tecnici al lavoro, la gente che ripara in zone asciutte e i musicisti che si innervosiscono: Franco Taulino, artista e organizzatore, mantiene la calma, come sempre dovrebbe fare il buon “capo”, ma il film negativo che scorre nella sua testa non è poi così misterioso.
Martin Barre imbraccia il suo mandolino e scalda le dita con qualche scala, defilato ma partecipe: dalle sue parti, in Inghilterra, pare ci siano temperature elevate e sole a go go!
Si avverte lo sconforto, non si capiscono le cause e sono ormai le 23.
Ma la “luce” tanto auspicata arriva all’improvviso e la Musica può partire.
Il rischio è dietro l’angolo: la preparazione ad un evento live è fatta anche di concentrazione, di accumulo di energia potenziale pronta a trasformarsi in cinetica, ed una sosta forzata di tale entità avrebbe potuto rendere inutile la carica accumulata.
Ma bastano pochi secondi di “great sound” per capire che tipo di alchimia stia per nascere sul palco.
Il pubblico riappare magicamente, incurante della pioggia copiosa, richiamato alla posizione dal suono tanto atteso. Martin appare da subito incline al divertimento, duettando alternativamente con i compagni di viaggio della Beggar’s Farm, e i brani conosciuti vengono proposti con nuovi arrangiamenti che forniscono un volto differente a tracce che sono ormai dei must.
Completamente trasformata, ad esempio, la “Fat Man” compresa nel mix video, una versione elettrica e rockeggiante di un tipico brano acustico.
La scaletta viene un po’ modificata e i brani si susseguono senza sosta, per almeno due ore di grande musica.



La band è al servizio di Barre, perché questo è l’obiettivo, ma Martin appare uno del gruppo e non il solista che si erge sul gradino più alto: "gioca" con Paola Gemma - la vocalist - scambia svisate con Brian Belloni - il chitarrista -  gira attorno alle tastiere di Kenny Valle e alle pelli di Sergio Ponti, incrocia il flauto di Franco Taulino e l’acustica di Andrea Vercesi, "sfiora" il basso di Daniele Piglione. 
E i suoni che nascono hanno qualcosa di incredibile, energia allo stato puro, un miracolo, vista la lunga serie di circostanze negative che sembravano condurre verso l’abbandono per manifesta inferiorità: inutile combattere contro le forze della natura avversa… anche se la Musica si è alla fine dimostrata agente risolutivo!
Si procede senza alcun intoppo sino alla fine, e tra Aqualung e My God  c'è molto altro.
Quando parte l’ultimo atto, Locomotive Breath, sono ormai lontano, alla ricerca della via del ritorno, stanco, ma soddisfatto per l’incredibile serata appena trascorsa, con in mano un cimelio, il mio mandolino firmato da Barre.
Domani è un altro giorno di probabile pioggia, almeno così si dice nel backstage pensando al concerto pianificato a Pordenone, ma forse anche da quelle parti Martin Barre e la Beggar’s Farm riusciranno a portare la loro proposta, e poco importa se sarà asciutta o bagnata! 





venerdì 25 luglio 2014

Ferdinando Valsecchi-L’essenziale per una storia



Da un paio di anni seguo costantemente il lavoro di Ferdinando Valsecchi, giovane musicista impegnato nel progetto “Maelstrom”. Carico di idee, sperimentatore, dedito alla ricerca elettronica, mi è sempre sembrato un musicista poco interessato nel concedersi agli altri se non dopo aver trovato la piena soddisfazione personale, fatto che giudico positivo in un mondo in cui, spesso, si fa musica pensando in primis alla giusta fessura da oltrepassare per trovare la visibilità ad ogni costo.
Dopo aver ascoltato tre album caratterizzati da linee guida precise, esce ora L’essenziale per una storia, un concept che all’apparenza rappresenta una netta virata nel percorso. In realtà tale sconvolgimento non esiste.
Per chi avesse avuto l’opportunità di avvicinarsi alla musica dei Maelstrom, risulterà chiaro il mood caratteristico, una tensione musicale che si può considerare il DNA di Valsecchi e di chi lo coadiuva, e che si ritrova anche in questa opera, più vicina agli stilemi del cantautorato.
E’ anche opportuno sottolineare che un artista, rispetto all’uomo “comune”, ha la possibilità /capacità di rappresentare se stesso ed il mondo che lo circonda attraverso una vasta gamma di modelli espressivi, anche molto lontani tra di loro, e se tale utilizzo prevede il variare in funzione del tema scelto o dell’umore del momento, beh, è giusto approfittarne, regalando al prossimo le differenti sfaccettature che vanno in onda nella progressione quotidiana.


Valsecchi fa nuove scoperte, si avvicina e studia - rimanendone affascinato - l’opera dei cantautori, Faber in primis: “… volevo fare qualcosa di più semplice e più immediato, cercando di riguadagnare quella "organicità" che solo con la semplicità riesce ad uscire; ecco quindi un utilizzo di elettronica piuttosto ridotto, con il cuore delle canzoni che potrebbe essere ridotto a chitarra e voce; il resto è di contorno per aiutare la canzone ad essere più completa”.

Come Ferdinando segnala, sono due i motivi principali per cui nasce questo lavoro: il primo è il mettersi in gioco e provare a confrontarsi con il songwriting italiano; il secondo è quello di esprimere pensieri precisi sulla storia che ha ispirato l’album, “l'evoluzione psicologica di un dottore e di un paziente all'interno di un ospedale psichiatrico”.
La cura delle liriche è basilare per il modus operandi di Valsecchi, in qualsiasi situazione, ma l’efficacia derivante dall’abbinamento di un testo a pochi accordi di chitarra può diventare una rivelazione che alimenta la motivazione nel proseguire, sino all’obiettivo.
A volte la molla scatta e nemmeno ce ne accorgiamo, basta un servizio televisivo o un fatto legato alla nostra sfera affettiva e ci si appassiona ad un tema sociale, qualcosa che ci viene la voglia di condividere, di criticare, di presentare secondo il nostro pensiero, e seguendo questo mio piccolo ragionamento intravedo un musicista che decide di fissare un punto fermo e dire la sua su di un argomento caldo, doloroso, a volte irrisolvibile, avendo sempre chiaro che il malessere fisico è molto più semplice da affrontare/superare rispetto al malessere interiore.
Otto le tracce che compongono il disco, con una incredibile  e classica “Ouverture” strumentale cui fanno seguito episodi che raccontano di spazi e luoghi, e personaggi che li vivono obtorto collo, relazionandosi tra loro nel quotidiano, tra coinvolgimento, complicità e contrapposizioni.

Ognuno ha quel che ha 
Non importa il padre 
Né la madre, 
Ma cosa scegli di ereditare 
Io ho scelto la pazzia.

Le influenze presenti in questa “missione” sono dichiarate, e la vicinanza a De Andrè è palese, ma il brand è quello di Ferdinando Valsecchi, un musicista di livello che coraggiosamente presenta di sé una nuova prospettiva, perché è il momento giusto per sputare fuori un pensiero che rode, nella speranza che l’opera di denuncia aiuti nella riflessione.

Quando sarà terminata la copia fisica di L’essenziale per una storia, una serie di immagini di Davide Rindori - realizzate nei momenti della ripresa - avrà lo scopo di interpretare fotograficamente le canzoni.
Al momento è possibile ascoltare l’album su youtube o al seguente link:




L’INTERVISTA

Ancora un tuo lavoro, ma con una veste differente: da dove nasce la voglia di creare “L’essenziale per una storia”?

Sostanzialmente nasce dalle idee che non hanno avuto modo di trovare la loro espressione in uno spettacolo teatrale. Viste le differenze di pensiero con la regista sulla storia che andava rappresentata ho deciso di fare un album partendo da come vedevo io la questione, per quanto dopo si sia evoluto in maniera ancora differente rispetto a quanto mi fossi immaginato in partenza; infatti alla fine ho pensato: “ma cos'è l'essenziale per una storia?”,  e la mia risposta è stata: “mi bastano due personaggi, e non sei diversi come avevo immaginato all'inizio”. Quindi ho riscritto parti di alcuni testi ed incastrato le canzoni in una delle tanti chiavi di lettura che si possono dare.

Quanta distanza esiste tra il tuo progetto “Maelstrom” e quello che presenti oggi?

E’ la distanza di una persona che vuole sperimentare con sonorità diverse, senza porsi troppi limiti. I Maelstrom sono semplicemente un progetto diverso, per un pubblico diverso, ma sono abbastanza convinto del fatto che visto che la musica l'ho scritta sempre io, la mano si riconosca, a prescindere dal genere musicale… diciamo che per come la vedo io, la distanza con i Maelstrom è data solo dalla scelta della strumentazione ed ovviamente dal fatto che M. Simonelli mi ha aiutato a scrivere i testi, ma non ne è autore in prima persona.

Che cosa ti affascina dell’intimismo tipico del cantautorato? Che cosa di De Andrè in particolare?

Le cose che mi affascina di più del genere cantautorale è la semplicità ed i giochi di parole, specialmente in De Andrè si possono trovare entrambe.

Dove hai nascosto il tuo amore per l’elettronica e la sperimentazione?

Nel prossimo album dei Maelstrom e negli altri progetti che sto seguendo al momento; direi che con tutto lo sperimentare che ho attorno ultimamente quest'album è stato per un certo verso una boccata d'aria fresca!

Quella che presenti oggi è una strada che può vivere in parallelo con altre o potrebbe essere una svolta nel tuo modo di creare e presentare la musica?

Credo che possa tranquillamente vivere in parallelo, e magari farsi viva quando avrò bisogno di esprimere qualche cosa che so che non potrei esprimere altrimenti.

L’essenziale per una storia” sarà pubblicizzato dal vivo?

Spero di sì, sto cercando un po' di musicisti nella mia zona per fare qualche data, mi piacerebbe davvero molto portarlo live, vedremo!


INFO

Alberto Baroni: Sax (track n.6)
Manfredi Messana: Background Choir (track n.4)
Alessandro Scarpitta: Background Choir (Track n.4)
Pietro Spinelli: Choir (track n.8), Electric Piano (track n.3) & Harmonica (track n.4)

Davide Rindori: all Photos 
Matteo Simonelli, Itsuki Morioka & Guido Borgheresi: For putting up with me :)
Virginia Billi: We know why


giovedì 24 luglio 2014

Incontro con Alberto Salerno


Articolo apparso sul numero di giugno di MAT2020

Ho conosciuto recentemente Alberto Salerno, prima virtualmente, attraverso l'amico comune SimonLuca, e pochi giorni fa l'ho incontrato vis a vis, al FIM; dopo una chiacchierata ci siamo lasciati con l'intento di realizzare una piccola intervista, puntualmente e rapidamente realizzata.
Non è facile condensare i pensieri, perché si è portati a rispolverare la lunga storia, e la decina di domande potevano diventare diecimila.
Ma ho rimandato ad un ipotetico futuro il mio potenziale “fiume in piena”, cercando di focalizzarmi sul presente, sui nuovi obiettivi, e su argomenti di carattere generale.
Credo sia una grossa fortuna, per chi si occupa della materia, poter avere un interlocutore che è stato capace di incidere realmente sulla storia della Musica, e non credo sia necessario fare esempi per ricordare gli episodi significativi.
Ora Alberto Salerno, con SimonLuca e molti altri è impegnato nel progetto “Muovi La Musica”, associazione di cui è Presidente, aggregazione che nasce con uno scopo ben preciso, ed una finalità nobile.
Leggiamo il suo pensiero.

Vorrei partire dall’occasione che ci ha fatto conoscere, dopo il virtuale, e cioè il FIM: qual è il tuo giudizio su questo tipo di manifestazioni?
Sinceramente, il FIM organizzato come ho visto non mi ha convinto, e non credo che aiuti la musica. Questo vale anche per il Mei che, a mio avviso, si è molto ripiegato su se stesso.

Lo scopo della tua presenza e di altri importanti operatori culturali, nello spazio Over Joy, era anche la promozione dell’associazione di cui sei presidente, Muovi La Musica: puoi fare il punto sullo stato dell’arte, evidenziando gli obiettivi futuri del tuo gruppo?
Il nostro obbiettivo principale è quello di riportare la cultura e l'etica nella musica, affiancandoci a partners, come operatori di eventi live, riviste come la vostra, distributori online come la Believe, insomma essere dei veri e propri connettori tra le varie entità musicali. Tutto questo per cercare di modificare lo star-system che attualmente blocca la musica, impedendo a molti musicisti di avere una visibilità.

Ti pongo ora una domanda con cui perseguito le persone che intervisto, ma credo che sia difficile trovare interlocutore più esperto di te: siamo di fronte a crisi di talenti o di opportunità? O forse c’è dell’altro?
Entrambe le cose. La musica italiana, allo stato attuale, mi sembra peggiorata rispetto al passato, almeno per quello che mi è dato di sentirle. E' anche vero che, talents a parte, non ci sono altre opportunità per far venire alla luce cose nuove e interessanti.

Stefano Senardi nel corso della conferenza stampa realizzata al FIM ha sottolineato come, forse, in Italia, i “gestori” della Musica si siano accorti in ritardo dello sconvolgimento che le nuove tecnologie avrebbero portato: qual è il tuo punto di vista?
Identico. Ha detto una sacrosanta verità. Invece di fare una guerra senza quartiere ai server provider, sarebbe stato più utile consociarsi, trovare formule di collaborazione, ma col senno del poi è facile dirlo.

Riesci a vedere una via di uscita soddisfacente per il connubio Arte/Mercato? L'arte deve convivere con il business...
L'artista, qualsiasi artista, deve poter monetizzare il proprio lavoro, ma oggi, in considerazione della crisi generale in cui versa il paese, vedo con grande difficoltà una strada per questo connubio.

Sono curioso: tra i tanti incontri musicali della tua vita, quale ti ha dato di più in termini di umanità e di empatia?
Molti. Quando lavori con qualcuno finisci sempre con l'affezionarti. Ho tanti buoni ricordi... Il tempo, poi, aiuta anche a guarire certe ferite.

Ci siamo innamorati da giovani di canzoni di cui non capivamo una parola, e anche ora che conosciamo meglio le lingue, afferrare i significati non é cosa semplice: riesci tu, archetipo del paroliere moderno, a trovare soddisfazione in una composizione priva di liriche, captando solo melodia, armonia e ritmo?
Certamente sì. Morricone, un maestro conclamato, ne è la dimostrazione lampante.

Se potessi magicamente tornare indietro nel tempo, cosa cambieresti nella tua vita? Hai qualche rimpianto o qualche rimorso?
Come tutti, credo. Di sicuro, se potessi tornare indietro, modificherei certe mie intemperanze che mi hanno portato spesso a prendere decisioni trancianti e poco riflessive. Purtroppo non ho mai avuto un buon carattere.

Hai a che fare con molti giovani, che magari con gli occhi ti chiedono una chance che non puoi sempre dare: che cosa puoi consigliare a chi si avvicina con serietà al mondo della Musica?
Lavorare sodo, fare tanti sacrifici, la musica chiede molto, a volte può anche restituire niente, a volte tantissimo, ma soprattutto avere il senso dell'autocritica, elemento che mi sembra assente nella musica di oggi.

Dammi un immagine proiettata nel futuro, un obiettivo che hai pianificato di raggiungere in tempi ragionevoli.
Oggi come oggi, il mio obbiettivo primario è far crescere Muovi La Musica per farla diventare un'associazione potente, in grado di cambiare le cose. Un sogno? Si. Lo è.