L’eventoChildren
Of The Beach, all’interno del contestoSpotorno
Rock Festival, nato dalla collaborazione tra ilComune di Spotorno e l’Associazione
Raindogs House, ha visto il susseguirsi diverse band, locali e non, nella
piena atmosfera seventies, con tanto di merchandising adeguato, tra vinili e
materiale in tema.
Tutto questo è accaduto il24
settembre.
Ma dare una collocazione musical-temporale non è corretto, visto
il susseguirsi di proposte differenti, dal pop raffinato dei savonesiCantiere 164alla Psichedelia Spaziale degliSpace Aliens From Outer Space, passando per il Garage Punk deLe Carogne,sino ad arrivare alla musica Saturniana deiDhvani.
Ma io posso sbilanciarmi solo
sulla band che ha concluso la serata, perché è il set deiThe Wistonsquello che ho visto per intero.
Non sono una novità per me,
avendo ascoltato e commentato il loro disco di esordio, ma il test live mi
mancava ed ero molto curioso di assistere a una loro performance.
Devo dire che le
manifestazioni “su strada” non mi lasciano mai completamente soddisfatto, non
certo per la musica, ma trovo che l’ambientazione crei sempre molta distrazione
che allontana quel minimo di concentrazione che amo trovare nei concerti, ma in
questo caso ho goduto dall’inizio alla fine il “momento The Wistons”.
Diciamo intanto che dietro ai “fratelli
Wistons” (Linnon,Rob eEnro)si celano tre musicisti di lungo corso
e di grande valore:Lino Gitto(batteria, tastiere e voce),Roberto
Dell’Era(chitarra, basso e voce) eEnrico Gabrielli(tastiere, fiati e voce).
Tante le esperienze passate, ma il loro
capolavoro è la creazione di questo progetto, un trio che, a giudicare da
quanto ascoltato ieri, appare un’orchestra, tanto è variegata la tavolozza
sonora che propongono.
Ciò che hanno creato presuppone anche il disegno
del personaggio.
Arrivano sul palco vestiti come era normale… più
o meno 45 anni fa… con l’aspetto un po’ dandy, apparentemente trasandato, ma in
realtà ricercato, con l’immancabile sigaretta tra le labbra e una certa
indifferenza verso ciò che li circonda.
Iniziano a testare i suoni su di una base, e
mentre il follow up del soundcheck avanza, viene quasi da chiedersi se
anche questo fa parte della scena, se nel loro essere alternativi ci sia anche
il mischiare settori tecnici tradizionalmente rigidi.
Ma poi arriva lo stop e la vera partenza, e si
mette al lavoro un vulcano che emana magma sonoro.
Quello che propongono è stato a priori inserito
in un filone che profumadi Canterbury, dimaestri della psichedelica pop, ma ciò che ho
ascoltato è sintesi di tante cose che mi appartengono, ed è complicato eseguire
dicotomie musicali.
Durante il set, rapito da quel sound e
dall’energia rilasciata nell’aria, ho provato a chiedermi: “Ma che musica è
questa? Così antica… così nuova, così avvolgente e coinvolgente!”.
Provo a tradurre il mio sentimento… Frank Zappa
incontra Jim Morrison e decide di chiamare all’appello per una jam Daevid Allen
e Paul McCartney: miscela esplosiva!
The Wiston improvvisano su di un canovaccio
precostituito, scambiandosi i ruoli on stage, come se si volesse eliminare ogni
punto di riferimento. Tutto questo provoca anche imprecisioni, ma non è la
perfezione lo scopo di un live!
Anche le voci mutano, e ogni singolo componente
può essere considerato lead vocal.
E alla strumentazione basica si aggiungono il
faluto - traverso e dolce -, il sax, le nacchere!
Non c’è molto dialogo con l’audience, è la musica
che comanda, e tutto ciò che gira intorno ha un odore antico, che ho conosciuto
nei dettagli in altra epoca e che pensavo fosse relegato a reperti del passato,
adatti ai seguaci della nicchia prog e psichedelica; e invece ciò che questi
artisti navigati ci regalano è qualcosa di nuovissimo, fusione di ere e stili
che sono presentati con un veste appena uscita da una sartoria di classe.
Piacciono a tutti, impossibile non apprezzarli se
si ama il rock, e quando si arriva a fine concerto la voglia di proseguire è
palese, e i due bis sembrano non bastare.
Incontro Lino Wistons, intervistato in passato, e
mi presenta il resto della band, e l’impressione è che, a dispetto
dell’immagine ricercata, esista una buona dose di riservatezza innata che
contrasta con la spavalderia da palco.
Nel punto vendita scopro il loro 45 giri (sìììì,
un 45 giri!) uscito ad agosto, con il lato A occupato da “Golden Brown”
degli Strangles e il B dall’inedito “Black Shopping Bag". Il giusto proseguimento di un progetto guidato da AMS che
prevede vinile e musicassetta, oltre al normale standard.
Che dire… davvero bravi, e suggerisco di seguire la loro paginafacebooke alla prima occasione sperimentare un loro live!
Quello che io posso fare è proporre una ventina di minuti di un
concerto che non mi aspettavo!
Un amico francese mi ha portato sulla strada dei Silver Hunter
e del loro recente rilascio, Mad Moonlighters.
Ho provato a cercare loro notizie o commenti all’album sui
siti italiani, ma non ho trovato traccia di un minimo interessamento.
Tento quindi di colmare una lacuna - o di aprire una strada -
raccontando qualcosa di un progetto significativo, che comprende una miscela
Anglo-Francese basata su un duo di artisti esperti, che creano il loro gioiello
nel 2012: loro sono Tim Hunter e Thierry Sportouche, e attorno a loro ruota un
pugno di collaboratori che permettono il completamento della fase live, come
visibile nel video a fine articolo.
L’album è suddiviso su 11 tracce, per un totale di circa 57
minuti, carichi degli stilemi della musica progressiva, con l’aggiunta di
aspetti teatrali e una buona dose di ironia.
Dopo l’apertura con il lungo brano epico Aquitane, con le sonorità che ci si aspetta da un disco prog, si
prosegue con sorprese ad ogni angolo, con l’incrociarsi di vocalist davvero
caratterizzanti e con il contrasto tra due lingue molto distanti tra loro:
quella inglese, da sempre sinonimo di rock e quella francese, portatrice del
seme della malinconia e più vicina al cuore che non alla testa. Classico
esempio è Dr Beyond and The Prisoner of Dreams.
I ritmi si alternano e le atmosfere cambiano, arrivando al
profumo pop di Lyre Bird, e le skills
di Hunter e Sportouche emergono, al di là del loro polistrumentismo, perché le
idee e la manipolazione musicale appare come il loro pane quotidiano.
Al mio primo ascolto, arrivato all’ultimo brano - Universal Fromage - sono rimasto
spiazzato: “E’ solo fantasia pensare a un
mondo fatto solo di formaggio dove si può mangiare Prog-onzola e dove i
cervelli possono essere fatti di Camembert?”.
Mai togliere le fromage
a un francese!
Ma questa miscela ironica conduce a sonorità nuove e
particolarmente piacevoli.
Un album che consiglio, fresco, con tocchi di gran classe e
colpi di magia che ruotano attorno ai due fondatori dei Silver Hunter.
Per la cronaca, i
musicisti utilizzati nei concerti sono:
Georges-Marc Lavarenne alla chitarra, Frédéric Lacousse alla
batteria, Jean-Pierre Gobelin al basso, Nicolas Mourachko alla chitarra solista
e Fouad El Karout alle tastiere.
Ascoltiamo il decimo brano, il "delicato" The Man In The Moon…
Country: UK/France Genre(s): Progressive/Classic Rock Format: CD, digital Release date: April 21, 2016
Tracklist: 1. Aquitaine 2. The Temple Of Music 3. Dr Beyond and The Prisoner of Dreams 4. Drive out the Demons 5. Mad Laughter 6. The Silver Key 7. Ascension 8. Fly Above The Storm 9. Lyre Bird 10. The Man In The Moon 11. Universal Fromage Line-up: Thierry Sportouche (Silver Lining) Tim Hunter Links:
Da un po’ di tempo sentivo parlare degli SLOGAN, band dedicata al tributo del
Banco del Mutuo Soccorso, e nello
spazio di pochi giorni ho avuto la possibilità di ascoltarli dal vivo e
conoscere successivamente alcuni di loro.
Compito difficile, inutile negarlo, ma l’idea di riproporre i
classici del BANCO, con buona tecnica, degna coesione ed enorme passione, alla
fine paga, e anche i fan più esigenti apprezzano il risultato e gli sforzi di
affinaggio, che sono poi quelli che determinano la differenza tra la buona
musica e una mediocre.
Vederli su di un palco ha suscitato la mia curiosità e ho posto
loro qualche domanda…
L’INTERVISTA
Come, dove e quando
nascono gli Slogan?
Allora… hai presente il racconto di Francesco Di Giacomo, quando
dice che Vittorio Nocenzi era alla ricerca di un cantante alto e biondo per la
sua nuova band - Banco del MutuoSoccorso
-, e s’è trovato di fronte a Big? Ecco, la storia degli Slogan inizia un po’
cosi… Gennaio 2012, Martin Wilkesmann pubblica un annuncio sul sito
“Villaggio Musicale”; l’annuncio diceva: “Ciao! Sto cercando un cantante nella
bergamasca, di età non oltre i 30, possibilmente che abbia buone capacità
liriche per un tributoal Banco
del mutuo soccorso!” . Io risposi: “Sono un poco fuori quota,
però, amo il Banco, so cantare e ci potrei anche provare…”.
Allora avevo 54 anni, Martin, al momento non aveva ricevuto altre
offerte e decise quindi di “testarmi”: ci fu subito intesa…
Purtroppo, per vari motivi, l’avventura non iniziò subito, ci
tenemmo in contatto e nel novembre 2013 l’avventura finalmente iniziò.
Il primo concerto è datato 3 gennaio 2014, e fu una sorpresa per
tutti, fummo sorpresi noi per primi per come il pubblico stesse attento e in
silenzio ad ascoltare, nonostante suonassimo in un pub. Il primo concerto
importante avvenne il 10 Maggio 2014, ad Urgnano, in provincia di Bergamo; sul
palco col Mito Aldo Tagliapietra. Per l’emozione “bucai” l’entrata di
“Metamorfosi”, i fan e la band me lo rinfacciano tutt’ora!
Possibile sintetizzare
la vostra evoluzione musicale, dalle origini ad oggi?
Per quel che riguarda l’evoluzione di ogni singolo elemento
sarebbe troppo lunga da analizzare, diciamo che arriviamo da esperienze molto
diverse, ma che ci siamo ritrovati ad amare il Banco come ogni fan.
L’evoluzione della Band c’è sicuramente stata in questi due anni e
mezzo, soprattutto è cresciuta la consapevolezza dell’interpretazione e la
certezza che per suonare la musica ci vuole molta tecnica, ma soprattutto molto
cuore.
Che cosa vi colpito maggiormente del BMS, rispetto ad altre band
coeve, tanto da dedicare loro un tributo permanente?
Martin ha avuto questa “illuminazione” grazie ad un conoscente che
gli ha prestato il CD di “Come in un ultima cena”:da allora non è stato più lui…
Allora credo avesse 23 anni, ha cominciato ad informarsi, ha
provato a suonare al piano qualche nota e tutto è partito…
Per quel che mi riguarda, ho amato il banco fin dal momento che il
braccio della “fonovaligia” di un amico si appoggiò sul disco del
“Salvadanaio”… non smetterò mai di ringraziare quell’amico.
Naturalmente non abbiamo scelto di suonare la musica del Banco per
fare soldi, credo che chiunque lo possa capire… Il nostro obbiettivo è quello
di diffondere questa musica, perché crediamo che la musica dal Banco abbia
ancora molto da dire… ed è fantastico quando, alla fine dei nostri concerti, i
giovani ci vengono incontro e ci fanno i complimenti.
Quali sono le maggiori
difficoltà che si presentano nel proporre la musica del BANCO?
Beh … la prima difficoltà è che non si trovano spartiti, i ragazzi
hanno dovuto lavorare sodo ed estrapolare tutto ad orecchio ascoltando più
volte i file audio.
Per quel che riguarda la voce, come si può ben capire, il problema
è un altro…
Come dico sempre, di Francesco Di Giacomo ce n’è uno solo, dico
“ce n’è” perché lo sentiamo ancora molto vivo.
Quindi, mi son detto, “togliamoci dalla testa di cercare di
assomigliare a Big”, e ho cominciato a cantare sopra la voce di Francesco,
durante i miei viaggi di lavoro in auto. Devo dire che l’esercizio mi ha
aiutato molto ad estendere verso l’alto la voce… ricordo i primi tentativi per
raggiungere le note più acute del “Giardino del Mago”… arrivavo a “strozzarmi”
da solo… m’immagino cosa potessero pensare quelli nelle auto accanto alla mia,
fermi al semaforo!
Avete avuto la
possibilità di suonare o di entrare in contatto con Vittorio e soci?
Martin è di natura un “rompiscatole”, dopo aver avuto
“l’illuminazione” ha cominciato a seguire il Banco in ogni concerto, e in
questo modo ha conosciuto un po’ tutta la banda… Lui ricorda con affetto il
momento in cui ha chiesto l’autografo a Big… Francesco gli disse: “Come ti
chiami?”, e lui… “Martin…” Francesco sorrise e disse… “Ah, i tuoi
han voluto risparmiare sulle vocali…” Big era grande di nome e di fatto….
Successivamente abbiamo avuto modo di conoscere un po’ tutti… e lo
scorso aprile siamo anche riusciti ad avere come ospite, sul palco per suonare
insieme “Non mi rompete”, l’amico Alessandro Papotto.
Sentite la
responsabilità di mantenere viva, dal punto di vista live, una storia che per
ovvi motivi non è più riproponibile nella forma originale?
Beh, lo scorso 16 luglio, sono stato a Ponticelli, in provincia di
Perugia, ad ascoltare quello che ormai viene chiamato il “BANCO.02”, la nuova
formazione di questa grandissima band, e personalmente credo che il Banco “Viva
ancora”… Penso che ormai il repertorio del Progressive debba essere considerato
un po’ come la Musica Classica…
Gli autori della “Grande Musica” sono tutti estinti, eppure, ogni
giorno nel mondo c’è qualcuno che li suona, qualcuno che li interpreta e
qualcuno che li ascolta, ed ascoltare “Live” la 9a di Beethoven è sempre meglio
che ascoltarla dal CD!
Per quel che riguarda il sentirsi caricati di responsabilità,
credo sia meglio parlare del “piacere” di suonare la musica del Banco.
E’ di questi giorni la “vittoria”al Tenco 2016 di un brano scritto
da Francesco Di Giacomo (con Paolo Sentinelli), “Bomba intelligente”: che
messaggio ha lasciato Francesco, tra musica e poesia?
Sono stato davvero “Strafelice” quando ho appreso questa notizia…
Il Brano è del 2013 e c’è un bellissimo video su “Youtube” che consiglio a
tutti di andare a vedere, dove Francesco, Paolo Sentinelli, Filippo Marcheggiani
e un altro chitarrista, che purtroppo non conosco, presentano, credo per la
prima volta, “La Bomba Intelligente”.
L’occasione è un incontro “mangereccio” con amici e fan, e ogni
volta che guardo quel video mi commuovo e mi esce un sorriso.
I brani che più amo di Francesco sono proprio quelli carichi di
poesia:750.000 anni fa
l’Amore? – Canto di primavera – Canto nomade per un prigioniero politico – E mi
viene da pensare…
Vi ho da poco visto sul palco del FIM di Erba: quali sono le
prossime date live?
Purtroppo, stiamo ancora cercando di far sapere al mondo che
esistiamo, e quindi siamo molto contenti per questa tua attenzione nei nostri
confronti, e ringraziamo di ciò pure MAT2020.
Al momento, l’unica data fissata è per il 25 Febbraio a Genova, dovremmo
aprire il concerto dei Garybaldi… ma speriamo di poter offrire presto, agli
amici “Banconiani” tanta buona musica.
Quale potrebbe essere il futuro prossimo degli Slogan?
Ci piacerebbe affiancare al Tributo al Banco un progetto nostro,
qualcosa già bolle in pentola, ma non è ancora il caso di parlarne.
Diciamo che al momento c’interessa diffondere al
meglio la grande musica di Vittorio Nocenzi & C., ma il nostro amore per
la musica è aperto a 360°.
Line up
Martin
Wilkesmann: tastiere
Flavio Santini: voce
Davide Capoferri: chitarre
Pasquale Brolis: clarinetto e Sax
Carmelo Vecchio: bassista
Giacomo Leone: batteria
Descrivere un concerto degli Who(meglio togliere l’articolo davanti!) mi costringe ad un grande
sforzo di obiettività, ma so già che difficilmente riuscirò a mantenere
l’equilibrio. E’ la seconda volta che mi capita (terza se considero il tour di
“Tommy”, di Roger Daltrey), e ancora
una volta ho avuto l’impressione di essere davanti all’essenza della musica
rock, alla vera band per eccellenza, per l’energia che riesce a liberare e per
l’entusiasmo che provoca in tutti quelli che vengono toccati dalla loro arte.
Gli Who propongono ciò che più di trasversale possa
esistere: lo sanno bene quelli che come me li seguono da 50 anni e oltre; lo
sanno bene le nuove leve che sono arrivate a loro, magari, attraverso la
colonna sonora delle svariate fiction televisive; lo sa bene anche chi va allo
stadio, negli Stati Uniti ad esempio, dove nell’intervallo di una partita di
football può capitare che una mega banda si impossessi della scena (parlo di
una vera, con trombe, rullanti e clarinetti), e invece di brani tradizionali
proponga Baba O’Riley!
Ho scritto pagine intere nel ricordo del concerto
del 2007, quello dell’Arena di Verona, ma ciò che è accaduto al Forum di Assago
non è da meno, almeno dal punto di vista dell’entusiasmo suscitato e del
coinvolgimento generale.
Davanti e intorno a me nessuno spazio vuoto, una
presenza massiccia di anime, nonostante la performance di due giorni prima a Bologna.
I rumors arrivati a seguito del primo concerto
davano un Daltrey con voce sul tendente al precario, e un Townshend
spettacolare.
E ciò che ci si aspetta alla fine arriva: una
scaletta collaudata e basata su tutta una vita di repertorio, un set con un
tempo ben prestabilito e con nessuna concessione al bis (dopo un timido
incitamento le luci si sono accese e il pubblico ha… capito!) e un ensemble
musicale da brividi, con la formazione ormai super conosciuta che prevede -
oltre a Pete Townshend e Roger Daltrey - Zak Starkey (figlio di Ringo Starr) alla batteria, Pino Palladino al basso, Simon Townshend alla chitarra, e un
terzetto che non conoscevo: i tastieristi John Corey e Loren Gold e il direttore musicale Frank Simes.
A fine articolo propongo l’intera scaletta, ma
esiste un momento preciso che vale la pena di ricordare: il quarto brano è
appena terminato (The Kids Are Alright)
e Pete annuncia il successivo con questa frase: “Questo brano è stato scritto nel 1966, quando NESSUNO, di voi ancora
esisteva!”. Boato dei presenti che, in ogni caso, dimostrano di conoscere
perfettamente I Can See For Miles.
Il palco è abbastanza lontano dalla tribuna centrale
in cui sono, ma il mega schermo centrale - che propone soprattutto immagini
storiche -, unitamente ai due laterali - dove scorrono invece sezioni di
concerto -, aiutano e sollecitano almeno un paio di considerazioni: la prima
riguarda la necessità assoluta di visual, uno spettacolo nello spettacolo, dove
i ricordi emergono copiosi, a volte dolorosi; esiste poi il grande contrasto
tra passato e presente, tra ciò che gli Who erano - ed eravamo - e il momento
contingente, un’attualità che ci spinge a riflettere sulla qualità presente on
stage, proposta da chi ha superato i 70 anni (sono Pete e Roger gli unici due
rimasti rispetto alle origini), l’unico gruppo al mondo che ha suonato a Monterrey,
Woodstock e Wight, la storia che va inscena davanti a chi storia sta per
diventare, attraverso la partecipazione.
Il video che propongo a seguire, The Kids Are Alright, mi sembra perfetto
per sintetizzare il mio pensiero.
Il compito di scaldare gli animi tocca ad una band inglese che non conoscevo,
gli Slydigs: non riesco a
concentrarmi a sufficienza, preso come sono dalla voglia di impregnarmi nell’atmosfera di serata, ma
appaiono in assoluta sintonia con ciò che
sta per arrivare e meritano un approfondimento futuro. Da indagare.
E quando appare sul mega display “Restate
calmi, arrivano gli Who”, l’emozione sale.
Alle 20:50 entrano Pete e soci, con un po’ di
anticipo che spiazza chi, dotato di biglietto numerato, ha aspettato l’ultimo
minuto.
Il giovane addetto all’ordine, a pochi metri da me,
è impalato, con le spalle al palco, e così resterà per tutta la serata,
insensibile alla musica, agli applausi, agli urli, a tutto ciò che dovrebbe
scaldare, senza la minima tentazione di girare il volto di 180 gradi, nemmeno
per un attimo: che delusione!
In compenso Finardi, una fila sotto alla mia,
dimostrerà durante il concerto la voglia di rapire una testimonianza video,
anche lui catturato da un sound poderoso.
Il concerto inizia con I Can’t Explain e l’occhio e l’orecchio si focalizzano sui due uomini
“antichi”: Pete difficilmente delude, ma mi incuriosisce lo stato vocale di
Roger Daltrey, anche perché mi resta
difficile rimuovere quanto accaduto Verona nel 2007, quando toccò a Townshend
prendere in mano le redini del gioco e portare a casa il risultato. Ma Daltrey,
a dispetto di quanto si vociferava, si scioglie col passare dei minuti, e alla
fine la sua performance - fatta anche di cura dell’aspetto scenico e microfono
al cielo, of course - sarà più che dignitosa e in linea con il “Tommy” del
passato.
Pete è scatenato e abusa di
mulinello, per la felicità dell’audience, ma è davvero un guitar hero, capace
di momenti solistici eccelsi e di parti ritmiche uniche.
La musica degli Who è in gran parte
la SUA musica!
Il fratellino Simon fa la sua bella
parte - anche vocale - mentre Zak e Pino Palladino dimostrano ancora una volta
tecnica e senso della misura, ma d’altro canto per suonare in un gruppo del
genere occorre essere super, da ogni punto di vista. E baciati dalla fortuna.
Non c’è Jonh “The Rabbit” Bundrick,
il collaboratore di sempre, perennemente defilato, ma chi lo sostituisce svolge
il compito in maniera impeccabile.
Passano i brani storici, uno dopo
l’altro, toccando opere come Tommy e Quadrophenia, pezzi simbolo come My Generation e The Kids Are Alright, sino ad arrivare all’apoteosi che tutti
aspettano, quella che conduce a Baba
O’Riley e alla conclusiva Won’t Get
Fooled Again, brano in cui Pete Townshend, nel tentativo di azione
acrobatica, si ritrova a terra, supino, con la chitarra sulla pancia.
Poco male, tutto fa spettacolo e
tutto fa godere, in questa giornata per me memorabile.
Ma non solo per me!
Non è mancata una bella nota
organizzativa, quella che ha ricordato a tutti che esiste una parte d’Italia
che è appena stata colpita da eventi tragici, che è bene avere chiari nella
mente, nonostante il momento gioioso.
Se è vero che la musica che amiamo ha un forte
potere curativo, capace di anestetizzarci per i 120 minuti di un concerto,
quella degli Who può fare molto meglio (almeno questa è la mia esperienza) e a
volte la felicità da evento è anticipata dall’attesa e si prolunga nel post
concerto, e quei brividi che spesso colpiscono alcune parti del corpo sono una
efficace medicina, di breve durata, certo, ma un vero ausilio che permette di
accantonare per un momento i disagi che
ci colpiscono nel quotidiano.
Avevo nove anni quando ascoltai per
la prima volta Substitute (in questa
occasione “dimenticata”), e sono esattamente cinquantuno anni che la musica dei
The Who (ora l’articolo davanti ci vuole!) mi accompagna: il Back
To The Who Tour 51! mi appartiene di diritto!
E mi sento anche io dentro alla
storia!
SET LIST:
1.I Can’t Explain 2.The Seeker 3.Who Are You 4.The Kids Are Alright 5.I Can See For Miles 6.My generation 7.Behind Blue Eyes 8.Bargain 9.Join Together 10.You Better You Bet 11.5:15 12.I’m One 13.The Rock 14.Love, Reign O’er Me 15.Amazing Journey 16.Acid Queen 17.Pinball Wizard 18.See me feel me 19.Baba O’Riley 20.Won’t Get Fooled Again
Questo
articolo è stato pubblicato qualche anno fa su Contrappunti, il periodico del
CSPI (Centro Studi per il Progressive Italiano), per molti anni condotto da
Riccardo Storti.
In quella occasione
scrivevo della mia estemporanea conoscenza del Posto Blocco 19 e
completavo l’articolo con un’intervista alla band che vale la pena rileggere…
Aprile 2012
Ho
scoperto casualmente il Posto Blocco 19 e, incuriosito, ho approfondito. Ho
mandato successivamente una decina di domande a cui ha risposto Raimondo
Fantuzzi, in tre puntate, con uno spazio temporale di circa un mese. Non è
quindi un’intervista fatta tutta di un fiato, ma elaborata nel tempo.
Mi ha
scritto inizialmente Raimondo…
Per
quanto riguarda i progetti Orog, l'aggancio noi lo abbiamo avuto da un
discografico di Treviso, il Sig. Loris Furlan, titolare di etichetta LIZARD
RECORDS. Tale etichetta si occupa di Prog ma non solo. Furlan, dopo averci
ascoltato in concerto insieme a Lanzetti in occasione del 3*Festival Prog a
Giarola di Collecchio, nel 2008, ci propose di partecipare al progetto dopo
averci segnalato al Sig. Marco Bernard, un italo-finlandese, titolate della
Colossus, associazione che si occupa della divulgazione del Prog nel mondo. Il
progetto consisteva nel comporre un brano del Paradiso di Dante e di
registrarlo; egli stesso, si sarebbe occupato di divulgarlo non appena tutti i
trentacinque gruppi scelti in tutto il mondo, molti, naturalmente, come
noi semisconosciuti, avessero terminato le registrazioni. Il missaggio generale
fu effettuato in Italia presso lo studio di un tal Marco Olivotto, e la casa
discografica distributrice, la francese Musea Records. Il disco, quadruplo, è
uscito a Dicembre 2010 e a Gennaio 2011 è uscito pure il Decamerone, altro
progetto simile al precedente, sempre quadruplo, con la stessa formula, a cui
noi abbiamo partecipato pur senza Lanzetti. Io sono l'autore delle musiche e
dei testi. La prossima tappa, per quello che ci riguarda, discograficamente, è
un cd tutto nostro, naturalmente, di brani Prog. Il tutto, non appena abbiamo
terminato di comporre i brani e siamo un po' liberi da impegni live che
quest'anno sono un po' impegnativi per noi in quanto è il nostro 40°
anniversario di fondazione.
Dice di
Loro Furlan…
Il Posto Blocco 19 è una bellissima storia targata
anni 70, che ruota attorno alla grandissima passione progressive di Raimondo
Fantuzzi. Il fatto curioso è che prima dei 2 brani usciti nel Paradiso e nel
Decamerone (molto bello pure quello), di brani propri avevano all'attivo solo
un 45 giri (mi sembra sia del 1980). Siccome intuivo che avessero qualcosa
di interessante da dire musicalmente li ho spronati a partecipare a queste
compilation organizzate da Colossus. Il brano del Paradiso è davvero
meraviglioso, per la costruzione compositiva, esaltato dalla straordinaria
interpretazione di Lanzetti. Ora i tempi sono maturi per preparare un disco
tutto loro, che spero di poter ospitare e pubblicare con la sezione della
Locanda del Vento. La stessa sezione che ospita i Faveravola, sempre presenti
nel Paradiso e nel Decamerone, altra creatura dalle reali origini
seventies. Sempre nella Locanda del Vento ospiteremo il primo disco ufficiale
degli Aurora Lunare, i cui cenni preliminari sono già entusiasmanti. E
spero che il tutto sarà ben accolto anche dalla tua scuderia.
L’intervista
Come sapete sono venuto a conoscenza del quadruplo CD “Il
Paradiso” attraverso Bernardo Lanzetti. L’ascolto mi ha entusiasmato, ma non mi
è chiaro lo scopo di un tale “spiegamento di forze”, dal momento che non ho
visto pubblicizzazione. Potete darmi qualche delucidazione generale sul
progetto?
Ringraziando per i complimenti, vorrei esprimere il nostro pensiero
riguardo alla non pubblicizzazione del progetto, che, sempre secondo noi, è
strettamente connessa allo “spiegamento di forze” utilizzato per realizzarlo.
La Musea Records ha scelto di proporre la vendita del CD soltanto tramite il
proprio indotti Internet, che conta, in tutto il mondo, un notevole numero di
simpatizzanti e quindi possibili compratori, ed ha omesso di attuare tutta la
pubblicizzazione ufficiale (Radio-TV-giornali specializzati-informazione agli
addetti-ecc.) che una casa discografica solitamente fa oltre a quella internet
già citata. Così facendo, balza subito all'occhio che i costi di gestione
rimangono notevolmente contenuti, e, a tale uopo, ecco che lo spiegamento di
forze trova la propria giustificazione: si contattano tramite conoscenze varie
gruppi Progressive da tutto il mondo, semisconosciuti tranne qualche caso
sporadico (vedi Mr. Bernardo Lanzetti), e la speranza, quasi matematica, è
quella di vendere qualche copia in più facendo leva, oltre che sul titolone che
si è dato al progetto, anche sulla fascia di pubblico simpatizzante (fans) di
cui ogni gruppo, negli anni, si è dotato. Tengo a precisare che il mitico
Lanzetti, che ringraziamo ancora per aver partecipato, all'epoca fu contattato
da noi e non dalla casa discografica, perché eravamo noi i suoi amici. Parlando
di delucidazioni generali sul progetto, basta andare a visitare il sito della
Musea Records per intuire, che negli anni, lo staff che la compone, è riuscito
a costruirsi un'immagine di tutto rispetto, che al primo impatto risulta essere
molto accattivante ed invitante. Per il resto, i contatti, pervenuti tramite
mail e a mezzo di persone appassionate e competenti quali il comune amico
Loris, che tramite la loro ricerca hanno individuato e segnalato i gruppi, si
sono perfezionati di volta in volta. In sintesi, veniva richiesta la
partecipazione al Progetto Paradiso tramite la realizzazione di un brano
appositamente composto, dopo aver prenotato un canto dei trentacinque
disponibili. Si richiedeva altresì che il brano stesso fosse depositato presso
la Siae, e che il progetto fosse terminato entro un dato termine. Il tutto, a
spese del gruppo stesso, con la garanzia che i diritti d'autore ricavati dalla
vendita del disco stesso sarebbero stati elargiti agli autori. Questa, espressa
molto sinteticamente, la dinamica del progetto. Concludo la risposta alla
domanda dicendo che con lo stesso iter abbiamo pure partecipato al Progetto
Decamerone, senza Lanzetti, disco quadruplo, già ufficialmente uscito nel
Gennaio 2012.
Ho scoperto solo ora che siete un gruppo prog attivo sin dagli
anni ’70, e il nostro comune amico Furlan mi ha detto che non ci sono sul
mercato vostri lavori, se non un 45 giri. Come si racconta in poche righe la
storia del “Posto Blocco 19”?
La nostra storia parte da lontano, e noi siamo sempre
stati degli “Animali da palco”, e abbiamo
eseguito molti Live. Dapprima ci facemmo conoscere quali ripropositori dei
brani della PFM e del BANCO DEL MUTUO SOCCORSO, poi, quando iniziammo a
comporre musica nostra e riuscimmo ad ottenere un contratto discografico, nel
1981, cosa a quei tempi non facile, il Progressive aveva gìà espresso il
suo periodo migliore ed era in un momento di flessione, e stava passando di
moda. Il 45 giri citato doveva essere il preludio per confezionare un bel 33
giri, era scritto nel contratto con la nostra casa discografica Pubbliart
Bazar, però io nel 1982, spinto dalla voglia di percorrer strade musicali
diverse, abbandonai il POSTO BLOCCO 19, non venni mai sostituito come
desiderava il discografico e nel 1983 il gruppo, pur non sciogliendosi mai
definitivamente, si fermò. Io collaborai con altri musicisti e con i musicisti
stessi dell'ex PB 19, sotto altre forme, quindi rimanemmo sempre in contatto; poi finalmente, nel 2005, decidemmo di
ricostituire il nostro amatissimo ensemble, con una mai sopita voglia di
eseguire e di rifare concerti Progressive. Devo dire che in questi anni ci
siamo presi le soddisfazioni che prima non riuscimmo ad avere e che abbiamo
intenzione di continuare a farlo, per dare un buon prodotto e ricevere più
gratificazioni possibili, specialmente da una certa schiera di persone, che
fanno qualità, e alla fine la qualità paga. Questo, il nostro pensiero.
Concludo affermando che se potessi tornare indietro non abbandonerei più il
gruppo , per nessuna ragione al mondo.
Commentando proprio con Furlan il CD multiplo sottolineavo come
l’ascolto mi faccia tornare a una musica “antica”, ma con una nuova veste, e a
quel punto la classica frase “… è musica
già ascoltata…” perde ogni significato e rimane la soddisfazione di un
ascolto “unico”. Come giudicate l’insieme dell’opera, anche la parte in cui non
siete protagonisti?
Ho
ascoltato le opere, sia il Paradiso che il Decamerone, che come concetto di
costruzione e realizzazione progettuale, si assomigliano, anzi, volendo essere
più esatti, sono fatti con lo stesso stampo, cambiano solo le copertine, i
titoli e qualche protagonista, e debbo dire in tutta sincerità che i gruppi, aldilà
che possano provenire dal sottobosco musicale, se la cavano piuttosto
egregiamente, direi tutti. E' chiaro, ascoltando più dettagliatamente, che si
denota che qualcuno ha registrato in economia con il risultato che l'ascolto ne
risente un pochino, però tutto sommato, il risultato, per questo tipo di
prodotto, lo definirei qualitativamente più che soddisfacente e farei un
plauso ai partecipanti, che hanno dimostrato che il Progressive non solo è
tutt'altro che spento, ma avrà un lungo futuro, pur con la prospettiva di
vendita di dischi a coperta corta. Un'ultima considerazione sui gruppi:
una buona metà ha una buona esperienza di laboratorio, ottime idee sul genere,
però si denota che di concerti Live ne esegue pochi, mentre l'altra metà,
di cui Noi Posto blocco pensiamo di fare parte, fa trasparire questa esperienza
di concerti dal vivo che ci portiamo dietro da tempo, e che secondo noi dà
molto equilibrio ai brani anche a chi i ascolta per la prima volta. Ultimissima
considerazione sui CD, ottima confezione, ottima copertina, bellissima grafica
e molto di gusto la scelta della carta lucida. Buono, nel suo insieme, anche
l'ascolto generale anche se mi rendo conto che il missaggio non deve essere stato
di semplice soluzione, poiché so che nel limite del possibile il Sig.
Olivotto ha cercato di non modificare i parametri e di conseguenza i livelli,
dei lavori a lui fatti pervenire. Tutto sommato, un buon lavoro. Aggiungo che
non ho più nemmeno una copia del Decamerone altrimenti te la avrei fatta
pervenire, e per farle arrivare dalla Francia, ci vuole un po' di tempo.
Cosa significa, dal punto di vista tecnico e musicale avere l’opportunità di lavorare
con Bernardo?
Questa è
una delle domande che mi piace maggiormente, però le risposte sarebbero
talmente tante che non so da dove cominciare. Direi, come quando compongo i
brani, sia musica che liriche, lasciamo parlare le emozioni, e allora, immagina
di andare ad ascoltare Bernardo nei Palasport, quando era il Vocalist della
PFM, che insieme avevano in mano il mondo… hanno sfornato alcuni dischi che
erano veramente eccezionali, ma il punto non è questo. Bernardo e soci hanno
più o meno la nostra (parlo della mia e del mio batterista Vittorio Savi) età,
e tu sei li ad ammirarli incantato perché stanno suonando e cantando
divinamente, e allora tu cosa fai? Li prendi a modello e cerchi di capire cosa
stanno facendo, per migliorarti. Poi, dopo un po’ di tempo io ho la fortuna di
suonare con PierEmilio Canavera per qualche anno e di conoscere Franz Dondi,
vecchi compagni di viaggio di Bernardo ai tempi dell'Acqua Fragile, mentre il
batterista suona con il loro vecchio tastierista e con il loro vecchio
chitarrista, e anche li si parla di Prog e di chi è riuscito a ritagliarsi uno
spazio di notorietà merito anche della serietà e dignità che si porta
appresso; infine, quasi per caso, conosciamo Bernardo, che scopriamo essere una
grande persona, carica di umanità, un professionista come pochi, di una bravura
eccezionale, e con una capacità di trasmettere comunicazione come pochi, e
finalmente, riusciamo a salire sul palco e suonare insieme a lui. Sembra una
favola, ma quel Signore che anni prima sei andato ad ascoltare ora lo hai di
fianco e canta con la stessa verve, anzi, forse ne mette un po' di più, di
quando lo si andava a sentire. In più, ti fa sentire a tuo agio mentre suoni.
Dopo qualche tempo ha l'occasione di incidere un brano con lui che uscirà su cd
e verrà distribuito in tutto il mondo, e sai anche che lui ha accettato il tuo
invito a partecipare perché sa che sei un amico, che non lo tradirai, e, dulcis
in fundo, il brano che gli hai proposto gli piace. Il risultato finale poi, lo
conosciamo perché il brano ha ricevuto consensi da tutti, in primis dallo stesso
Bernardo, che con la sua voce lo ha impreziosito, e queste, sono le emozioni
che il gruppo Posto Blocco 19 ha provato e che prova ogni qualvolta nomina
Bernardo o ogni qualvolta, ci si sente per telefono e si scambiano delle
opinioni. Ci si sente volentieri. Non sono sviolinate gratuite queste, ciò è
ciò che pensa il gruppo. Aggiungo la chicca finale: il mitico ci ha chiesto, in
previsione di pubblicare un suo CD in lingua italiana, di poter inserire il
brano del Paradiso registrato insieme. Per Noi è stata una seconda possibilità
di Paradiso. Abbiamo appreso molto da lui, sotto tutti i punti di vista; io che
sono la voce del gruppo, e ho insegnato canto e canto da tantissimo tempo, ho appreso più da lui in poco tempo che
durante tutto l'arco della carriera.
Ho sentito un po’ di scontentezza diffusa relativa al trattamento che tutti voi avete
ricevuto. Esisteva un accordo scritto ben delineato?
La
scontentezza diffusa l'ho un po' spiegata nella domanda due, però, diciamo che
per una questione di equilibrio delle cose, a noi veniva offerta
l'occasione di entrare di diritto nella discografia Prog passando da una delle
porte ufficiali, e, intravedendo di fare velocemente ciò che non eravamo
riusciti a fare nel 1981, abbiamo accettato di partecipare senza preoccuparci
di quali fossero le condizioni. Dirò, con una punta di orgoglio, che eravamo
quasi sicuri, conoscendo le nostre potenzialità, di essere chiamati
successivamente a partecipare al secondo progetto, cosa che è puntualmente
avvenuta e che ci ha ulteriormente reso soddisfatti. Probabilmente abbiamo agito
non da veri professionisti, ma dovevamo sfruttare l'occasione. Ora però, che
siamo riusciti a farci vedere, vogliamo proseguire con un discorso personale
molto più serio e professionale sotto tutti i punti di vista. Per questo ti
rimando alla domanda 10. No esisteva alcun accordo scritto bensì girava tutto
tramite mail. Debbo dire che Loris, che al tempo fungeva da nostro
interlocutore essendo stato lui il nostro aggancio, si è sempre dimostrato
molto serio nei nostri confronti e persona molto competente, tant'è che
l'accordo verbale con lui, senz'altro sviluppabile positivamente, è quello di
realizzare un CD tutto nostro per la sua etichetta.
Da dove nasce il vostro amore per la musica progressiva?
Nella
prima metà degli anni 60, periodo in cui parecchi musicisti della mia
generazione hanno iniziato a suonare, si militava in quelli che allora venivano
definiti i complessi beat, e si riproponevano i successi del momento, che
rispecchiavano appieno quello che era stato definito in quel momento, boom economico.
I brani, infatti, aventi per lo più strutture melodiche e
armoniche abbastanza semplici, e testi inneggianti all'amore
adolescenziale eterno, venivano suonati con strumenti elettrici, ma nella loro
totalità risultavano essere di impatto immediato già al primo ascolto
e tendenti a rimanere impressi proprio per la loro orecchiabilità. Anch'io,
insieme ai miei primi compagni di viaggio, suonavo tutto ciò; poi, dopo aver
conosciuto tanti e tanti futuri musicisti ed avendo scambiato con loro pareri
musicali, piano piano, nella seconda metà dei ‘60 le cose cambiarono, i giovani
prendevano sempre più coscienza e sentivano il bisogno di esprimersi in un
certo modo, impegnato, in tutti i settori dell'arte e della cultura, musica
compresa, ed ecco affacciarsi all'orizzonte un nuovo modo di fare musica, che
seguendo i canoni tradizionali, implicava un ascolto più approfondito, e di
conseguenza, anche una esecuzione molto più complessa, che voleva dire avere
talento, dovere studiare, assimilare, e infine creare qualcosa che dava
soddisfazione in tutti i sensi. Questo movimento, che poi sarebbe stato
definito Prog, era ciò in cui io personalmente, assieme ad altri amici, ci
identificammo immediatamente non appena riuscimmo ad ascoltare i Jethro, i
Gentle Giant, Gli Yes, ancora prima i Procol Harum, e non nominiamoli tutti
altrimenti non esauriamo la mail. E' altresì chiaro, che non appena
scoprimmo che in Italia esistevano PFM, Banco, Area, Orme, New Trolls, Balletto
di Bronzo, Rovescio, Acqua Fragile ecc, ecc.. noi sposammo subito questa causa,
anche perché quello era il periodo in cui il movimento tutto stava conoscendo
il proprio periodo miglior. Molto, molto sinteticamente, questo è il motivo per
cui nacque il nostro amore per il Prog, per la verità, anche successivamente
mai sopito; poi, diciamolo sinceramente: non c'è miglior forma di espressione
quale la musica suonata dal vivo in cui, chi sta sul palco, ha la
possibilità di far vedere cosa può fare, e, di fatto, non c'è soddisfazione
maggiore che un applauso carico di partecipazione a te rivolto alla fine di
ogni brano. Avevamo vent'anni, ma sapevamo di esercitare il mestiere più bello
del mondo, e tutti cercavamo di dimostrare quanto eravamo capaci di farlo.
Oggi, purtroppo, non succede più così; si parla solo di progetti di vendita e
di eventuale rendita.
Avete dei punti
di riferimento musicali che sono comuni a tutta la band?
In
parte ho già risposto a questa domanda nella numero 6, però voglio
specificare che i nostri punti di riferimento specifici, naturalmente dopo
aver ascoltato tanto Prog, divenirono i gruppi italiani in generale e, nel
particolareggiato, PFM e BANCO DEL MUTUO SOCCORSO, con qualche punta di AREA
del grande Demetrio Stratos. Il motivo? Molto semplice: non so per quale
ragione, forse perché li abbiamo sentiti dal vivo innumerevoli volte che
ormai avevamo assimilato il loro modo di pensare, gli Italiani
ci trasmettevano un'emozione incredibile, avevano un tiro, sul palco
che emozionava tutti in modo impressionante; poi, io, cantante ufficiale della
band, non conoscevo la lingua inglese. Sembra una stupidaggine ma in età
scolare io scelsi di imparare, quale lingua parallela, il latino e il
francese, e se devo essere sincero, se non so quello che canto, non riesco ad
esprimermi come voglio. Non ebbi voglia di mettermi a studiare la lingua
inglese a vent'anni, preferivo approfondire la composizione e la teoria
musicale in genere per poter suonare qualsiasi cosa leggendo a prima vista ed
essere di conseguenza capace di comporre. Fortunatamente i miei
compagni di viaggio (ancora oggi, tra di noi, oltre che soci e amici per la
pelle ci chiamiamo così) mi assecondarono e le cose proseguirono in questo
senso. E' altresì chiaro che non ascoltiamo solo Progressive, però i
punti comuni di ascolto e di gusto musicale sono abbastanza simili; ascoltiamo
blues, rock di un certo tipo, artisti vari che abbiano avuto un percorso e una
evoluzione musicale di rilievo, dovuta sempre al fatto che ci sono state ore di
studio e di fatica, e, in genere, ci troviamo sempre molto d'accordo
quando capita di disquisire sui vari argomenti musicali o sui vari musicisti
singoli o gruppi. Aggiungo, infine, che qualcuno di noi, io e il
batterista compresi, che siamo i fondatori storici del gruppo, militiamo anche
in un altro gruppo che suona anni un genere anni 60 rivisto e corretto.
Insomma, tutti, non viviamo di solo Prog, anche se questo è il nostro biglietto
da visita.
Come è cambiato il businnes musicale attorno alla musica, dagli
anni ’70 ad oggi?
Bellissima
domanda alla quale però preferisco dare una risposta veloce perché si corre il
rischio di doversi arrabbiare e di rimanere incacchiati per un paio di giorni.
E' cambiato molto, ma molto in peggio, iniziando dai discografici, intendo
quelli che appaiono in televisione e fanno business, i quali, per primi, hanno
ucciso il talento. Fanno contratti discografici non più a chi possiede doti
musicali necessarie per fare questo mestiere, bensì guardano se ti presenti
bene, se hai un bel fisico, se hai un bel viso e quant'altro, tutte cose
necessarie, ma che debbono essere prese in considerazione dopo quanto ho
espresso prima. Altra gente che pensa solo agli eventuali introiti sono gli
organizzatori di eventi. A loro non interessa, se tu suoni bene o male oppure
se proponi uno spettacolo o un evento culturalmente elevato, a loro interessa
solo di riempire lo spazio e di fare cassetta, in modo da contribuire ad
abbassare il livello medio di conoscenza della materia. Infine, anche i
musicisti stessi, non tutti, ma parecchi, non si preoccupano di offrire un buon
prodotto musicale, partono già dal presupposto di guadagnare tanto con il
minimo sforzo. Intendiamoci, non sono tutti così, fortunatamente esistono
ancora discografici seri, giornalisti seri, musicisti bravi e con la voglia di
fare musica seria, addetti ai lavori vari, con gli attributi. Di conseguenza,
esiste anche una categoria di pubblico competente, che non va ai concerti solo
per fare karaoke o per bere birra, sanno che ci sono dei ruoli da rispettare, e
che se faranno ciò, anche loro verranno rispettati e gratificati. Questo, in
modo sommario, il nostro pensiero. E' cambiato molto, il sistema dagli anni 70
a tutt'oggi, e purtroppo in peggio, però noi, che sappiamo cogliere l'attimo e
non ci spezzeremo mai ad essere servi del sistema, siamo ancora qui a dialogare
con gente come te e siamo fieri di farlo, sicuri di contribuire, in piccolo a
tenere in piedi qualcosa di solido e duraturo nel tempo.
Quanto amate la fase live? Che tipo di rapporto riuscite a
stabilire con il pubblico?
Penso
che sia molto evidente, da quanto sopraesposto in questo piacevole dialogare a
ruota libera, che per noi la fase live assume un carattere fondamentale; è
molto amata, per tanti aspetti, che vedrò di spiegare in ordine sparso, visto
che non esiste una percentuale maggiore o minore di questi, insieme formano
questo carattere. La prima cosa che cerchiamo di fare ogni qualvolta che stiamo
per iniziare un concerto è quella di affrontarlo con la massima
serenità, sia che la platea gremisca la location scelta per l'evento
oppure no; poi, cerchiamo di divertirci noi, in primis, durante l'esecuzione
dei vari brani in scaletta, infine, cerchiamo di trasmettere tutto il nostro
divertirci ed emozionarci, al pubblico, sia si tratti di quello affezionato, che
quello che ti viene ad ascoltare per la prima volta. Naturalmente tutti questi
passaggi devono avvenire per gradi ed essere pilotati tramite un dialogo
continuo con i presenti, che vengono direttamente coinvolti non solo
facendoli immergere senza pause nel suono da noi prodotto, bensì
anche piacevolmente distratti e quindi intrattenuti da alcune performance
verbali che aiutano a seguire lo spettacolo in tutta la sua interezza.
Tutto questo, però, aldilà della scaletta musicale precedentemente
preparata, che naturalmente viene seguita alla lettera, dove si
naviga a vista è nella parte verbale. Sapendo che ti trovi di fronte una parte
di pubblico affezionato sostenitore, che non devi mai sottovalutare e alla
quale devi sempre dare qualcosa di più della volta precedente che ti è venuta
ad ascoltare, c’è sempre un'altra parte di pubblico che, per vari motivi, non
conosce il genere musicale che proponi e di conseguenza non conosce te, e che
altrettanto ugualmente non ti puoi permettere di sottovalutare: devi fare in
modo che alla fine del concerto vada a casa soddisfatta in quanto
ha ascoltato qualità musicale emozionandosi. Concludendo, fase live
molto amata perché da modo a noi di esprimerci musicalmente al meglio e
evidenziare, laddove ve ne fossero, qualità sonore; rapporto con il
pubblico, di ottima fattura, in quanto cerchiamo di stabilire un
coinvolgimento diretto dialogando sul palco, raccontando aneddoti e
sensazioni provate in concerti precedenti, e cercando, tramite la presentazione
dei brani, fatta in modo snello ed efficiente, di evidenziare alcuni passaggi
musicali di rilievo.
Loris mi ha parlato di un vostro prossimo album. Come stanno
esattamente le cose?
Il
progetto di cui ti ha parlato Loris, al momento è ancora tale ma lo stiamo
sviluppando con una grande volontà anche se i tempi saranno non proprio
brevissimi. Di fatto, considerata chiusa l'esperienza delle copartecipazioni ai
CD multipli, parlando non solo via mail ma anche telefonicamente con egli
stesso, che, ripeto, abbiamo avuto occasione di conoscere di persona,
pensiamo che sia giunto il momento di incidere un album tutto nostro.
Sapendo che Loris è titolare di una etichetta indipendente, essendo stato lui
stesso il primo a credere nelle nostre potenzialità, lo abbiamo chiamato
per proporgli la realizzazione di un album prog a tema da condividere a
pieno titolo; con Loris, che a tutti gli effetti era il nostro referente per i
lavori precedenti, ci si sentiva spesso, e questo argomento, oltre alle altre
cose, da una parte o dall'altra, molto velatamente, usciva sempre; si
diceva spesso... sarebbe bello se... Oggi, dobbiamo ancora comporre i brani,
anzi, lo stiamo facendo; poi dobbiamo assimilarli, quindi registrarli. Il
tutto, una quarantina di minuti circa, compresa una cover omaggio ad un gruppo
italiano, di sano Progressive. Poi, con Loris, la parte promozionale,
editoriale ecc. Aggiungo che con Loris abbiamo per ora un accordo verbale, ma
sono sicuro che, conoscendo la persona, il progetto andrà a buon fine, con i
tempi ragionevoli e quant'altro atto a far si che il prodotto sia
soddisfacente per entrambi, nonché per il pubblico. Concludendo, non ci
interessa fare un disco per una eventuale grossa etichetta discografica che sia
più o meno interessata a usare il prodotto in brevissimo tempo e poi a
lasciarlo nel dimenticatoio, piuttosto ci teniamo molto a farlo con il Sig.
Furlan.