E arriviamo così al quarto capitolo
di una storia che, almeno dal punto di vista concettuale, propone un punto e a
capo, la fermatura del cerchio, in questo caso “D’Oro”.
Un gioco di parole per introdurre “Pangea e le tre lune”, ultimo nato - e non
ancora rilasciato - concept album de Il Cerchio
D’Oro, prog band italiana che ha principiato la sua seconda vita a
partire dal 2008, quando uscì “Il viaggio di Colombo”.
A seguire propongo una lunga ed esaustiva intervista alla band, chiacchierata che permette di entrare nei particolari e di illuminare dettagli che, senza l’aiuto di chi ha creato, potrebbero risultare di difficile comprensione.
Ci tengo a mettere davanti al commento il bel ringraziamento del Cerchio a due precedenti chitarristi che, in tempi diversi, sono stati parte della band, oltre ad essere miei amici personali, Maurizio Bocchino e Bruno Govone: il tempo scorre e ci mette a dura prova, ma i ricordi importanti restano, alimentati a dismisura da trame sonore ricorrenti.
Partirei da un commento generico di
un amico che, alla notizia di un nuovo capitolo musicale della band, senza
ovviamente averlo ascoltato, si lasciava andare in maniera entusiastica
affermando di amare Il Cerchio incondizionatamente, per la loro capacità di proporre il vero sound
del prog italiano dei seventies. Ecco, questa è la sintesi, il commento che
diventa paradigma del gruppo quando il neofita mette sul tavolo la lecita
domanda: “Ma che musica fanno?”.
Chi come me ha avuto la possibilità
di seguire la loro evoluzione degli ultimi quindici anni è in grado di
affermare, senza dubbio alcuno, che a fronte dei vari cambiamenti personali/ tecnici/di lineup, ovvi e
fisiologici, esiste una matrice che non cambia, quella proposizione di vero
sound settantiano che non appare forzata, impostata a tavolino, mero calcolo o
strada di pieno comfort, ma un DNA che si ripresenta ogni volta, spontaneo,
condiviso qualunque siano i protagonisti che nel tempo si sono succeduti.
Il nocciolo duro è sempre quello,
formato dal tastierista Franco Piccolini, i gemelli Terribile (Gino
alla batteria e voce, Giuseppe al basso e voce) e Piuccio Pradal,
il frontman e seconda chitarra.
Attorno a loro è avvenuta, nel tempo,
una discreta rotazione (dal primo chitarrista Roberto Giordana ai successivi
Bruno Govone e Daniele Ferro, dal secondo tastierista Simone Piccolini a Diego
Bertone e Carlo Venturino), ma esiste ormai consolidato il ruolo di primo
chitarrista, quello di Massimo Spica, al secondo disco con la band e sempre
più nella parte, ora importante non solo in fase di arrangiamento ed esecuzione ma anche in
quella autorale.
Da sempre poi, è uso della band
l’inserimento di ospiti nobili del prog di casa nostra, mezzo spesso utilizzato
per dare lustro ad un progetto, a volte forzatura pubblicitaria (anche se è un
concetto molto aleatorio quando si parla di prog), ma non è mai il caso del
Cerchio, che cerca sempre di inserire camei che abbiano come obbiettivo
primario la funzionalità verso il progetto. E anche in questo caso sono grandi
le partecipazioni che vedremo a seguire.
Scopriamo un po’ di più sul concept “Pangea…”: dopo “Acqua, Aria e Fuoco” (macro-temi centrali degli album precedenti) arriviamo alla “Terra”. Attraverso una storia di fantasia, creata dal paroliere storico Pino Paolino, si parte dall’ipotesi che la terra avesse in origine tre lune, ognuna con aspetti e caratteristiche diverse. Un “umano” e disastroso litigio tra loro, dovuto a vanità e presunzione, lascerà intatta solo una delle tre, mentre le altre precipiteranno, generando masse solide emergenti dalle acque, dapprima con grandi sconvolgimenti, ma arrivando alla fine ad una stabilizzazione e quindi all’equilibrio conosciuto, seppur oggigiorno minato. La luna, nel tempo, diventerà quella conosciuta, ispiratrice e “donatrice” di conforto e momenti romantici.
Qualche perlustrazione step by step…
Apertura affidata a Pangea,
la traccia più lunga, nove minuti che potrebbero essere utilizzati come
rappresentazione del sound della band per definirne l’anima. L’introduzione
della storia mette infatti in evidenza peculiarità che sono oggi condensate in
un brand inconfondibile, maturo, certificato.
Un incipit pacato per “entrare in argomento” fatto di atmosfera e melodia, un’esposizione corale delicata su cui si inserisce una voce graffiante e iconoclasta, cambi di tempo inaspettati, tappeto tastieristico che prepara il terreno per il virtuosismo chitarristico. Questo è Il Cerchio!
Si passa poi ad Alla Deriva, circa otto minuti in cui gli aspetti strumentali sono predominanti, perché è soprattutto alla musica che si affida il compito di raccontare la tragicità del momento immaginato. Esiste infatti una parte centrale, cantata dove si esplicita l’alternanza vocale della band, e poi una lunga parte strumentale che mette in evidenza le skills dei vari componenti. Ma non è sfoggio di virtuosismo, piuttosto tessere che si inseriscono ad una ad una in un mosaico che sa di compattezza, di solidità musicale, di consapevolezza dei propri mezzi.
Con la terza traccia, Dialogo, entra in scena il primo ospite, Donald Lax, indimenticato violinista americano protagonista nella prog band seminale Quella Vecchia Locanda nei primi anni ’70, che ha accettato di buon grado l’invito ricevuto, ma quello che poteva essere un intervento misurato si è trasformato in qualcosa di più strutturato e partecipato, come indicato dal Cerchio: “Contattato, appena spiegato il nostro intento, ha subito aderito al progetto, meravigliandosi che in Italia esistessero ancora band che propongono quel tipo di sound. Poi si è finito con l’avere non solo l’intervento sull’intro iniziale ma anche uno nella parte centrale e un ultimo nel solo finale a chiusura del brano…”.
Anche in questo caso largo spazio
alla musica, con gli interventi di Lax da brivido, e anche se la tecnologia
attuale permetterebbe di proporre uno strumento che fisicamente non è presente,
un siffatto lavoro fa decisamente la differenza.
Non sarà possibile, ovviamente,
usufruire della presenza live di chi vive alle Hawaii, ma Luca Pesenti sicuramente
non farà rimpiangere il violinista statunitense.
Bellezza unica!
Con Le tre Lune si apre
il secondo lato dell’album, un altro pezzo che supera gli otto minuti e che propone
un nuovo guest, il chitarrista pluridecorato Tolo Marton, tra Le Orme ed
Hendrix, virtuoso dello strumento.
La disputa tra le tre lune passa, anche, attraverso il recitato dell’attore savonese Carlo Deprati, che si inserisce in un contesto dove, ancora una volta, il “panorama” muta rapidamente, una dimostrazione di rock progressivo che non dimentica l’importanza della melodia affiancata agli aspetti ritmici e a quelli sinfonici.
Si prosegue con Dal nulla così,
godibile anche nel video a seguire che propone anche una fase live, seppur in
studio.
“Chi avrebbe pensato che lì,
potesse nascere vita”: il perpetrarsi di una storia infinita!
Tempi composti al servizio di un
racconto più marcatamente rock, con inframmezzati arpeggi e passaggi
tastieristici onirici, una bella dimostrazione di sintesi tra epoche e stili
differenti, che meglio delle mie parole emerge dalle immagini video…
E poi arriva la rinascita con E
la vita iniziò, l’epilogo della storia, un iter che, tra fantasia e
mito, si trasforma in didattica, perché il “lato umano” della storia si palesa,
traccia dopo traccia, e diventa attualità.
L’ultimo ospite è un altro musicista/chitarrista che non necessita di molte presentazioni, quel Ricky Belloni che regala un “solo” di chitarra che non passerà inosservato.
E qui finisce la musica attuale de Il
Cerchio D’Oro, proposta da artisti ormai super collaudati, insieme da tutta
una vita, tenaci nel proporre il loro sound che sfocia sempre in argomenti
concreti, ma conditi dagli amori di sempre, racchiusi nella nicchia del prog,
ma quello italiano, verace, fatto di linee guida precise, che uniscono liriche
e sonorità, senza dimenticare le immagini, di cui si parla nell’intervista a
seguire.
Un team amalgamato fuori e dentro lo studio di registrazione, con un credo preciso, con una convinzione che lo ha portato a realizzare album importantissimi in uno spazio temporale tutto sommato ridotto, giacché la fase compositiva, in questi casi, porta via un tempo inimmaginabile.
Sin dal primo ascolto ho avvertito un sound particolare che mi ha riportato ad un momento preciso del passato, ma sono concetti sempre rischiosi da tirar fuori, quindi nessun confronto, nessuna citazione, nessuna sottolineatura per i singoli, ma su almeno un paio di pezzi, lo smell in sottofondo mi ha suggerito il sound di un album del ’69. Il flauto non c’entra però… sono solo sensazioni, quindi assolutamente soggettive e forse fuorvianti.
Ma il disco non finisce qui!
Esiste una bonus track, il brano Crisi
che fa parte della storia della band, in un periodo -fine anni ’70- in
cui il Cerchio si trasformò in Black Out, con un’immagine più hard rock. Nel 1981
il brano uscì come singolo e sporadicamente è stato proposto dal vivo negli
ultimi anni. Bello in questo caso ritrovare il chitarrista di quei giorni, Valerio
Piccioli, che si è prestato con entusiasmo a questo richiamo del passato.
“Crisi”, al di là degli aspetti sentimentali, resta un brano “bomba”, un tormentone che induce al movimento e che, una volta in circolo non ti abbandona per ore!
“Pangea e le tre lune” uscirà ufficialmente il 13 maggio, giorno in cui Il Cerchio D’oro lo presenterà sul palco genovese de La Claque, in compagnia di un altro gruppo storico che dopo 51 anni rilascerà un nuovo album di inediti, Il Balletto di Bronzo, e la giornata si presenta davvero entusiasmante per gli amanti del prog.
Il Cerchio si è preparato a dovere, con alcuni live “nascosti”, per scrollarsi di dosso la naturale ruggine dovuta a quattro anni di inattività live, ed è grande il fermento per questo evento imperdibile.
Ma per entrare nei dettagli, come anticipato, propongo l’intervista realizzata con la band, non prima di avere riassunto i crediti...
Tracklist:
Pangea (9:00)
Alla Deriva (7:55)
Dialogo
(5:59) - con Donald Lax
Le tre lune (8:35) - con Tolo Marton
Dal nulla così (5:39)
E la vita iniziò (6:45) - con Ricky
Belloni
Crisi (4:24) - bonus track con Valerio Piccioli
Formazione:
Franco Piccolini-tastiere
Gino Terribile-batteria, voce
solista, cori
Giuseppe Terribile-basso, voce
solista, cori
Massimo Spica-chitarra solista
Piuccio Pradal-chitarra, voce solista, cori.
Ospiti:
Donald Lax - violino
Tolo Marton-chitarra
Ricky Belloni-chitarra
Valerio Piccioli-chitarra nella bonus
track
Carlo Deprati – voce recitante in “Le tre lune”
Musiche de Il Cerchio D’Oro
Liriche di Pino Paolino
Hanno contribuito:
Enzo Albertazzi-tecnico in studio e
live
Alessandro Mazzitelli-registrazione
mixing
Eugenio Vatta-mastering
I vostri album hanno sempre un legame che riporta ai concept dei seventies, ma questo in particolare dovrebbe chiudere un cerchio iniziato 14 anni fa con “Il viaggio di Colombo”: di cosa parla “Pangea e le tre lune”?
Franco: Il riferimento ai grandi concept dei seventies è evidente, non lo neghiamo, infatti, siamo emotivamente legati a quel tipo di musica e abbiamo sempre voluto ricordarlo al nostro pubblico anche attraverso questo importante aspetto. In effetti il “cerchio” si chiude in questo album, perlomeno seguendo un riferimento molto ampio: volendo leggere i titoli dei nostri precedenti lavori in modo un po' diverso, possiamo riferirci a “Il viaggio di Colombo” come ambientato nell’elemento Acqua: “Dedalo e Icaro” invece si muove idealmente nell’elemento Aria. “Il fuoco sotto la cenere” come da titolo si posiziona nell’elemento Fuoco; l’ultimo “Pangea e le tre lune” si ispira a ciò che c’era sul nostro globo terrestre prima della deriva dei continenti pur con l’innesto di una suggestiva storia di fantasia quindi qui il riferimento è il quarto che manca al completamento dei cosiddetti principali elementi della natura e cioè la Terra. La storia (o fiaba) che il nostro paroliere Giuseppe Paolino ha costruito sviluppando l’idea che avevo proposto relativa a Pangea, si basa sull’ipotesi che la terra avesse in origine tre lune, ognuna con aspetti e caratteristiche diverse. Trattandosi di una vicenda almeno in parte di fantasia, si racconta di un disastroso litigio tra loro dovuto a vanitosa ed umana presunzione che lascerà intatta solo una delle tre; le altre, precipitando per gravità, finirono per generare le masse solide emergenti dalle acque, con enormi tumulti e sconvolgimenti, finendo poi per stabilizzarsi e generare il meraviglioso equilibrio che ben conosciamo. La luna rimanente assorbirà nel tempo anche le caratteristiche peculiari delle altre due, diventando quella che ammiriamo spesso e romanticamente nelle notti serene.
Possiamo considerare l’album la fine di
un percorso tematico?
Massimo: Come detto prima, con questo album sì è chiuso un percorso a tema. Se avremo l’occasione di produrre altre cose prevediamo di cambiare rotta, pur rimanendo, se possibile, nell’ambito “concept”; sarà una bella sfida che da un lato ci svincolerà dall’ambito dei quattro elementi basici e ci permetterà di spaziare più liberamente, dall’altro ci costringerà a ricercare nuovi orizzonti…
I vostri ospiti hanno solitamente
grande spessore artistico e, soprattutto, risultano funzionali al progetto:
come è avvenuta la scelta in questo caso?
Gino: Avevamo un brano in cui Franco vedeva bene abbinato al suo intro di tastiere un violino… ma si trattava di trovare un ospite ad hoc, come sempre nel panorama del prog italiano dei seventies. A me è venuto in mente “Quella vecchia locanda”, un gruppo che amavamo e di cui tutti avevamo il primo omonimo album già da ragazzi; cercando su Facebook ho trovato Donald Lax (per ironia della sorte l’unico dei sei membri presente), il fantastico frontman americano del gruppo romano. Attualmente vive a Mahui nelle Hawaii. Contattato, appena spiegato il nostro intento, ha subito aderito al progetto, meravigliandosi che in Italia esistessero ancora band che propongono quel tipo di sound. Poi si è finito con l’avere non solo l’intervento sull’intro iniziale ma anche uno nella parte centrale e un ultimo nel solo finale a chiusura del brano … per noi da pelle d’oca (e anche emozionati per il fatto che abbia gradito molto il nostro song writing).
Oltre ad interventi di icone del prog
rock ci sono altre collaborazioni locali che vanno svelate e approfondite…
Giuseppe: Negli ultimi anni abbiamo avuto 'aiuti' da altri musicisti locali, specie dal vivo e nel nuovo disco si potranno trovare, come nei due precedenti, anche illustri artisti del panorama prog. Oltre al già citato Donald Lax al violino ci sono interventi di chitarra da parte di Tolo Marton (ex Orme) in “Le tre lune” e di Ricky Belloni (New Trolls) in “E la vita iniziò”. Sempre in “Le tre lune” abbiamo un ospite: l'attore ligure Carlo Deprati, voce recitante.
Al di là della percezione
dell’ascoltatore, quali sono le variazioni dal punto di vista musicale che
avete avvertito in fase di costruzione rispetto al passato, tenendo conto che
quattro album in evoluzione colgono anche i cambiamenti personali e
gruppali.
Franco: Gli anni inevitabilmente passano e in qualche modo ci cambiano, non solo fisicamente. Credo di poter affermare che in questo album ci sia stata una maggiore consapevolezza di gruppo, un lavoro di squadra più ricercato, mi spiego: nei lavori precedenti i brani venivano principalmente realizzati da Giuseppe e da me, pur con l’intervento a volte di Gino e non solo nella creazione e adattamento delle parti vocali; in “Pangea” c’è stata la partecipazione attiva nella composizione anche di Massimo Spica e Piuccio Pradal, continuando comunque a svolgere un lavoro di arrangiamento globale che ci coinvolge tutti. Peccato non aver potuto contare anche sulla collaborazione e sul tocco più moderno di mio figlio Simone, che per esigenze familiari ha dovuto dare forfait. Le differenti preferenze ed estrazioni musicali dei vari componenti del gruppo hanno comunque portato a mio avviso a qualcosa di diverso e se vogliamo, nuovo, pur mantenendo l’impronta del Cerchio alla quale teniamo molto, e mi piace pensare che si tratti di evoluzione. Gli arrangiamenti, sia vocali che strumentali, sono sempre importanti e perseguiti con attenzione per riuscire ad ottenere “il nostro sound”.
Parliamo delle liriche, aspetto mai
banale nel vostro caso…
Massimo: I testi svolgono nell’ambito di un brano prog una notevole importanza e anche una difficoltà aggiunta, dal momento che noi ci siamo prefissati di dedicarci al prog italiano, e la nostra lingua male si sposa con ritmi sincopati, spezzati e talvolta dispari. Per fortuna abbiamo sempre avuto l’appoggio di Giuseppe Paolino, il quale, una volta inquadrato l’argomento che volevamo trattare, ha cercato, riuscendoci, di fornire un prodotto notevole e mai banale. A onor del merito va detto che anche Gino Terribile ha contribuito talvolta ai testi e anche Piuccio Pradal. Qualcuno potrebbe obiettare che Il Cerchio, a differenza di altri, non ha mai affrontato problemi esistenziali, temi sociali o oscuri pensieri: vero, ma abbiamo sempre preferito raccontare storie, che facciano sognare, magari accompagnate dalla nostra musica e comunque tutti i testi hanno sempre una lettura alternativa e più profonda che molti nostri “aficionados” hanno colto in pieno.
Ho avuto l’opportunità di vedere il
quadro di Mancini da cui nasce la vostra copertina: come siete arrivati a lui?
Gino: Quando siamo andati dalla Black Widow a far ascoltare il cd dei brani appena registrati, (loro erano all’oscuro degli ospiti presenti) nel momento in cui hanno ascoltato “Dialogo”, il brano con la presenza di Donald Lax, è stata palpabile la loro reazione, in quanto fan essi stessi di quel gruppo. A quel punto Pino Pintabona ha avuto un’illuminazione: perché non contattare l’autore della fantastica copertina del primo album di “Quella vecchia locanda” (in assoluto una delle più belle nel panorama prog italiano e non solo)? Il pittore Armando Mancini, tuttora in attività, mediante un amico in comune con Pino che ha fatto da intermediario, dopo essere stato informato riguardo all’argomento del concept album, ha risposto positivamente, creando un quadro veramente strepitoso!
Nell’album troviamo anche una tessera
del passato remoto, la bonus track dei Black Out: come mai questa scelta
specifica?
Piuccio: Diciamo che i Black Out sono in qualche modo il Cerchio D’oro versione hard rock. In poche parole, nel 1979/80 dopo l’uscita di Franco restammo io, Giuseppe, Gino e Giorgio Pagnacco e ci fu l’ingresso di Valerio Piccioli alla chitarra. Si proseguì per poco tempo con il Cerchio per poi passare ai Black Out; è da qui che è nato “Crisi”, pubblicato nel 1981 (singolo che oggi è da collezione e molto quotato) e di cui una nuova versione è inserita come bonus track nel cd. All’epoca, cantando con un inglese maccheronico, nelle prove mi venne fuori questa melodia che proposi al nostro paroliere Paolino, il quale scrisse in seguito il testo che ancora oggi è attualissimo. Nella nuova versione registrata le tastiere sono affidate a Franco al quale questo pezzo piace molto (anche se lui preferisce il prog), poi abbiamo l’ospitata di Valerio Piccioli ad una delle due chitarre e con Massimo ovviamente all’atra chitarra. La voce solista è la mia con l’aiuto nell’inciso di Gino e Giuseppe… da ascoltare.
Il team di tecnici, oltre la parte
creativa, è sempre lo stesso?
Giuseppe: Non esattamente lo stesso. C’è sempre il nostro tecnico e amico storico Enzo Albertazzi, anche fonico live, il quale ha curato parte dei missaggi, ma non abbiamo registrato nello studio di Carlo Venturino a Finale ligure come per l'album precedente, ci siamo avvalsi del lavoro di Alessandro Mazzitelli (Mazzi Factory) che conosciamo e stimiamo da molti anni per via dei suoi ottimi service audio live e di alcune produzioni con artisti di vario genere. Siamo molto soddisfatti del risultato ottenuto anche grazie al mastering di Eugenio Vatta (Roma) messoci a disposizione dalla Black Widow.
Se ho capito bene l’album uscirà
ufficialmente in concomitanza con il vostro live genovese, a maggio: come vi
state preparando al grande momento?
Piuccio:
Si L’album uscirà in concomitanza del live genovese del 13 maggio (saremo a la
Claque di Genova dividendo la serata con il Balletto di Bronzo di Gianni Leone)
se non addirittura qualche giorno prima; noi tutti aspettiamo la data con
impazienza anche perché al momento andiamo avanti con prove su prove e siamo
belli carichi: non deluderemo, il nostro lavoro è da ascoltare… un saluto di
cuore un ringraziamento al nostro paroliere, ai tecnici e a chi ha fatto le
ospitate.