mercoledì 29 marzo 2023

Gianni Venturi-“Il Poema della Balena Spiaggiata"


 

Gianni Venturi-"Il Poema della Balena Spiaggiata"

PMS Studio

 

Gianni Venturi propone un nuovo progetto, ancora una volta impegnato, sbilanciato, poetico, avanguardistico, insomma, tante denominazioni che, da sole, poco aiutano nella comprensione della sua visione musicale.

Seguo Venturi dal 2012, ovvero dalla sua performance sul palco del Prog Liguria, quando il suo ruolo era quello di frontman degli Altare Thotemico: in dieci anni ci si evolve,  si ritrovano le origini o entrambe le cose!

Qualunque cosa esca dal suo cilindro artistico ha caratteristiche precise, che relegano la proposta a “idee di e per la nicchia”, non accessibili a tutti, non certo un problema per chi ha deciso di raccontare il mondo e la vita che lo anima provando ad escludere compromessi, basandosi sulla libertà di pensiero, essendo conscio, comunque, di essere ancorato ad un sistema largamente imperfetto di cui tutti facciamo parte. Combatterlo è il minimo che si possa fare, e se si è in grado di giocare con l’arte, esistono grandi possibilità di essere efficaci e di raggiungere un obiettivo minimo prefissato.

Mi rifaccio ad una citazione amica che condivido in pieno e che sancisce la differenza tra il mainstream e la proposta impegnata: la musica che passa oggi il convento serve, al massimo, a muovere il corpo, mentre ne esiste un’altra capace di far muovere la mente!

La distinzione tra musica e parola si annulla all’interno di una canzone, anche nella forma più “tradizionale”, giacché nasce un reciproco sostentamento - tra lirica e sonorità - e la dicotomia tra le due forme artistiche porterebbe verso altri sentieri.

Venturi ci suggerisce la sua versione…

Una fusione tra versi e suono, Poesia sonora? I testi sono parte integrante del mio percorso poetico e di vita, poiché non mi riesce di separare la poesia dalla mia vita. Tutti i suoni sono prodotti dalla voce, supportata da effetti vari… 

L’album rilasciato da poco si intitola “Il Poema della Balena Spiaggiata", solo voci e poesia, elementi attraverso i quali Venturi canta l’amore e denuncia il degrado morale che ci circonda.

“Balena spiaggiata” usata come metafora della situazione umana, della frenesia di arrivo consumistico che conduce ad annaspare per la scarsità di acqua, elemento simbolo della vita, quell’acqua di cui abbiamo bisogno, che si riduce giorno dopo giorno mentre il dramma aumenta attraverso l’incoscienza e l’inconsapevolezza di chi pensa che il problema sia di qualcun altro.

Come balene spiaggiate, boccheggianti, siamo così,

la poesia dell’acqua evapora tra miasmi velenosi e perduta memoria.

C’è un buco nero che attrae inesorabile individui destinati ad una massificazione irreversibile… 

Undici tracce in cui l’elemento poetico passa attraverso la voce evocativa di Venturi, capace di disegnare scenari e modellare atmosfere.

È un viaggio che nasce già nei titoli dei vari “brani”, in altre situazioni fuorvianti, ma in questo caso illuminanti.

È un iter, dicevo, che muove le coscienze, induce a riflessioni, e realizza un percorso di bellezza e pulizia d’animo, fornendo una possibile risposta a chi da sempre si interroga sul ruolo sociale della musica, importante quando riesce ad allietare una giornata… fondamentale quando è in grado di aprire la mente consentendo un giudizio libero e favorendo una successiva azione di contrasto agli errori.

Ho scelto come sample un episodio esemplificativo particolare, unione tra messaggio, poesia, cultura sonora e avanguardismo espositivo: “Le Madri di Palestina”...



Un altro episodio di estrema qualità, un contenitore che consiglio a tutti, a patto di avere tra le caratteristiche personali un minimo di sensibilità e virtuosismo.

 


Un po' di biografia di Gianni Venturi…

https://athosenrile.blogspot.com/2023/03/biografia-di-gianni-venturi.html





martedì 28 marzo 2023

Biografia di Gianni Venturi


Ha cominciato a scrivere sin da bambino, la sua prima poesia a nove anni: “Un cavallo che corre felice, nella sua verde prateria, non sa che dietro di lui, c’è una triste civiltà, che lo chiuderebbe in una gabbia, non andare cavallo, corri nella tua prateria, vivi la tua libertà”. In casa sua suonavano tutti, e piano piano anche i fratelli hanno cominciato. Le prime cose che ha fatto ufficialmente sono un 45 giri prodotto dalla Fonoprint la casa di Dalla, distribuito dalla EMI. Si è dedicato alla poesia sonora allestendo performance ovunque, in strada, nelle case, nei parchi ed anche in luoghi deputati. Poi l’incontro con Roberto Roversi che ha curato la prefazione del suo primo volume di poesie edito dalla Cappelli di Bologna “Involuzione Premeditata”. Ha pubblicato a sue spese un romanzo Kristos, ben prima di Matrix che trattava argomenti simili. Poi il centro d’arte Masaorita, dove arte, poesia musica si alternavano ogni sera, dal quale è nata una piccola casa editrice curata da Salvatore Jemma, Maurizio Maldini e l'artista, che ha pubblicato poeti italiani e stranieri, tra i quali Roberto Roversi, oltre al suo volume Il sogno della Palude. Per qunato riguarda la musica, ha pubblicato: Blus sottile prodotto dalla Fonoprint col fratello Maurizio. Con gli Altare Thotemico Altare Thotemico, Sogno errando, Selfie ergo sum usciti per la Maracash con i Tazebao alla batteria Gigi Cavalli Cocchi Sempre Maracash Opium populi. Con Alessandro Seravalle: Qohelet edito dalla Lizard. Con Giacomo Marighelli: Vuoto Pneumatico. Con il progetto Moloch insieme a Lucien Moreau MOLOCH, IL VANGELO DO MOLOCH. Dischi solisti: Mantra Informatico Per la M.P.& records, Socrate è Morto Autoprodotto, Il poema della balena spiaggiata prodotto dalla PMS Studio. Sempre per la PMS Studio, Alice & Peter l'album L’amore è una grazia. L’amore è una grazia volume di poesie con illustrazioni di Gigi Cavalli Cocchi. Un altro romanzo con l’Altromondo editore Laksmi Shiva (diario di un’assassina), un volume di poesia con Ladolfi editore 21 Grammi di solitudine. Il primo disco degli Altare Thotemico è stato premiato dai Prog Awards come miglior disco di esordio in Italia e terzo nel mondo. Gli Altare sono all’interno di due enciclopedie del Prog curate da Massimo Salari. Come cantautore è all’interno del dizionario dei cantautori diretto da Michele Neri. Ha un suo blog dove metto le mie cose, che siano pensieri o poesia, o musica.


www.giannijonathanventuri.it

https://www.facebook.com/gianni.venturi.773




 

Ricordando Gianni Minà attraverso "interviste musicali" a Fabrizio De Andrè, Mauro Pagani, Pino Daniele, Richie Havens e Ian Anderson

 

Gianni Minà con Gabriel García Márquez, Sergio Leone, 
Muhammad Ali e Robert De Niro


È mancato Gianni Minà all’età di 84 anni.

Di sé diceva:

<<Mi hanno sempre attratto persone capaci di andare controcorrente, anche a costo dell'isolamento, capaci di raccontare storie, di mostrare altre visioni. E inevitabilmente hanno acceso la mia curiosità, perché, come diceva il mio amico Eduardo Galeano, capace di raccontare la storia dell'America Latina attraverso racconti ironici e apparentemente non importanti, fatti di cronaca, “il cammino si fa andando”, non sai mai dove queste storie ti possano portare. È il bello della vita, tutto sommato>>.

Una vita da giornalista, sempre in prima linea, tra sport, sociale e musica.

Parlando di quest’ultima propongo tre perle video… andiamo a scoprire quali…


Blitz, Gianni Minà in compagnia di Fabrizio De Andrè e Mauro Pagani




Blitz 1982 - Puntata del 20/06/1982 

Gianni Minà intervista Pino Daniele e Richie Havens al Castello di Carimate durante le registrazioni del disco del 1983 "Common Ground"

 


RAI – Blitz – Programma del 2-05-1982

Jethro Tull Live In Roma 1982-Teatro Tenda - 7 Up

Intervista con Ian Anderson, Jethro Tull, Roma 1982







domenica 26 marzo 2023

‘Guts On My Side’, la canzone scomparsa dei King Crimson: Mauro Furlan riallaccia i nodi della storia

 

Alcuni giorni fa ho pubblicato un articolo di terzi in cui era ricordato un concerto dei King Crimson avvenuto il 19 marzo del 1974 ad Udine.

In quel post, scritto in totale buona fede, esiste un macroscopico errore, o forse tutta una serie di fraintendimenti ha portato fuori strada su di un argomento delicato quando si parla di King Crimson e di fan musicali in generale, fatto sta che il ritrovamento di un brano, che ha messo in crisi la memoria dello stesso Fripp, necessita di un giusto protagonista, una persona da poter ringraziare per la scoperta, attribuendo i dovuti meriti, magari stabilendo percentuali corrette tra chi ha contribuito alla rivelazione.

Questo era l’articolo:

https://mat2020.blogspot.com/2021/03/king-crimson-udine-il-19-marzo-1974.html

 

Ad aiutarmi in questo atto di democrazia musicale è Mauro Furlan, che prova a riscrivere la storia nella sua completezza, aggiungendo un po' di documentazione che inserisco a seguire.


Questo il suo racconto…


Come Alessandro Pizzin (in arte anche Alieno De Bootes) ha più volte documentato in varie sedi,
la cosiddetta vicenda della “canzone perduta” nasce dall’aver custodito per anni una audiocassetta donatagli dall’amico Tullio Angelini (musicista, musicologo, discografico indipendente e ricercatore antropologico), meritorio futuro organizzatore di rassegne musicali internazionali di musiche di confine, quali ZATTERE ALLA DERIVA e soprattutto ALL FRONTIERS, nonchè produttore di numerosi album di grande importanza documentale per le nuove musiche con la sua etichetta MoreMusic.
La cassetta in questione (peraltro un riversaggio ottenuto dall’originale registrazione acrobaticamente eseguita con un Geloso a bobine), documentava qualche cosa di sonicamente “anomalo”, data la presenza di una canzone completamente sconosciuta (anche ad un appassionato ascoltatore come Alessandro).

Da qui una sua estemporanea segnalazione a Sid Smith (c’è tutta una sfilza di e-mail che lo documentano), che allepoca ancora non conosceva di persona, ma che aveva apprezzato come autore del meraviglioso libro sulla band di Robert Fripp. Con questa segnalazione (siamo verso la fine del 2005), Alessandro voleva provare a condividere questa sua, come dice lui, “bizzarra supposizione”, ovvero lesistenza di un brano dei King Crimson rimasto fino ad allora completamente inedito e - per certi versi - DIMENTICATO.

Lo scambio di e-mail documenta, usando sempre le parole di Alessandro, “...lavventura nel mondo parallelo crimsoniano di un appassionato qualsiasi, che di colpo offre un contributo inatteso alla storia di uno tra i suoi gruppi preferiti”.

La misteriosa canzone in oggetto, pensata per il tour del 1974, che preannunciava lalbum ‘Starless...ed iniziato da Udine il 19 marzo del 1974, era parte integrante della scaletta del concerto (ma lo fu SOLO per quel concerto!) e appariva all’ascolto un brano completo di tutte le componenti (strofe, cambi solo e finale).

C’è anche da notare che al momento di iniziare il tour, in realtà parte dei brani eseguiti erano ancora incompleti. Lo stesso brano che dà il titolo al disco era proposto con le liriche ancora in divenire, con John Wetton costretto a cantare con una sorta di grammelot verbale. I testi erano stati scritti, come del resto tutto lalbum ‘Starless..., con la collaborazione di Richard Palmer-James, noto per essere stato membro fondatore dei Supertramp nonchè paroliere dei nostrani La Bionda.
Questa “avventura nel mondo parallelo crimsoniano”, si è articolata attraverso numerosi scambi di e-mail tra Alessandro e Sid Smith, che  a sua volta comunicava direttamente con i componenti la band di allora (“le roi” Fripp compreso). Dopo un lunga serie di bizzarri botta e risposta tra i destinatari delle indagini, è finalmente stato trovato il bandolo della matassa grazie proprio a Richard Palmer James, che ha individuato nel testo cantato la parola “avocado”, che gli ha fatto improvvisamente ed opportunamente tornare in mente tutte le circostanze relative alla genesi (quantomeno di testi) di quella particolare canzone intitolata ‘
Guts On My Side.

Poco tempo dopo, Alessandro ha organizzato un evento all
interno di un contenitore di incontri musicali che aveva chiamato Musica Continua. Tale evento, che si è svolto a Mestre il 24.11.2006, prevedeva in pratica la presentazione del libro sui King Crimson di Sid Smith (presente lautore) ed una performance (straordinaria e rimasta di fatto UNICA occasione mondiale!) di Jakko Jakszyk e Mel Collins.


Continua Alessandro:  In quell'occasione, dove per la prima volta Sid Smith raccontò pubblicamente la storia di questa scoperta e propose un ascolto in anteprima di parte della improbabile registrazione da me fornita, era presente un ragazzo che veniva da Trieste (Degrassi) che, sentita la storia della scoperta del brano, propose a Sid di recuperare una registrazione a suo dire “migliore” della “mia”... cosa peraltro probabilmente vera. Qualche settimana dopo, constatata evidentemente la qualità migliore della sorgente sonora (sicuramente NON un Geloso!), le parti si accordarono per usare quella registrazione per l'editing ed il mastering finale.”.

Va da sé che se vogliamo mantenere una certa onest
à intellettuale (e non solo quella), senza la scoperta del mio amico Alessandro nessuno avrebbe posto lattenzione su quel concerto (la DGM nei suoi archivi NON HA la bobina di quella parte della performance).
Pertanto, credo sia giusto dare a Cesare quel che è di Cesare e a Dio quel che è di Dio, citando inopportunamente una frase biblica.
Ovvero: a
Mauro Degrassi sicuramente il merito di aver fornito una registrazione (probabilmente) decente del concerto di Udine del 19 aprile 1974, ma ad Alessandro Pizzin il merito di averla scoperta (con l’inconsapevole - ma fondamentale - contributo del taper originale Tullio Angelini).

Questo il brano, che riporta la data sbagliata che, ribadisco, è il 19 marzo 1974.




DOCUMENTAZIONE A SUPPORTO
































giovedì 23 marzo 2023

Alessandro Monti: “RIPRODUZIONE CASUALE-Sintemi d’ascolto non lineari”-Presentazione Ubik, Savona, 22 marzo 2023

 


Alessandro Monti propone il suo libro, “RIPRODUZIONE CASUALE-Sintemi d’ascolto non lineari”, e lo presenta alla Ubik di Savona (22 marzo). Uno stralcio del suo pensiero è stato catturato in video da Mauro Selis e lo propongo al termine dell’articolo.

Ma è del book che voglio scrivere perché vale la pena consigliarlo a neofiti e a melomani navigati.

L’ho letto con una certa urgenza, per prepararmi a condurre la presentazione, ma per certi “contenitori” occorre dedicare un tempo diverso da quello di un romanzo o un noire.

Mi sono quindi riproposto una nuova lettura, che possa soddisfare la mia curiosità e che mi permetta di colmare le tantissime lacune che mi sono accorto di avere.

Leggere il libro di Monti è infatti risultato per me un po' frustrante, perché è stato facile rendersi conto che, anche per un periodo vissuto intensamente dal punto di vista musicale - i miei seventies - molto mi è sfuggito, rimasto nell’ombra, oscurato o neppure preso in considerazione. Non è poi difficile da spiegare. Erano giorni in cui l’informazione passava attraverso pochissimi canali e per poter allargare le conoscenze occorreva muoversi, viaggiare, magari utilizzare le informazioni di chi viveva all’estero. L'età, almeno nel mio caso, non era quella giusta.

Certo è che oggi la possibilità di allargare il know how personale non manca, ma senza una guida e una spinta alla ricerca, il rischio è quello di… sbagliare strada.

Alessandro Monti ci fornisce proprio questo, un percorso da seguire, anche se il suo suggerimento, inserito nel titolo, conduce ad una fruizione specifica.

Chiosa infatti Monti: “Con l’avvento dei lettori Cd è stato possibile un nuovo tipo di ascolto, quello casuale; l’idea dietro al libro è che i capitoli dovrebbero essere letti come se venisse inserita la funzione random, indipendentemente l’uno dall’altro. A ogni sezione segue una corposa discografia di riferimento.”

E aggiunge:<< “Riproduzione casuale” è un libro comprensibile a tutti, da leggere o consultare; una sorta di percorso d’ascolto dal punto di vista del musicista che, gettando luce su dischi di culto e spesso oscuri, riesce a concatenare tra loro le musiche più diverse e lontane, attraverso ricordi, esperienze, riflessioni e provocazioni. Partendo dal rock (musica della mia generazione), cerca di destare curiosità nel lettore con entusiasmo e humor, attraverso un lungo viaggio musicale tra jazz, musica classica, elettronica, hip hop, drum’n’bass e world music.>>

Ovviamente tutto è opinabile quando si parla di gusti musicale, di giudizi, di preferenze, ma il suggerimento che arriva dall’autore rispetto al giusto atteggiamento da seguire quando parliamo di musica mi appare icastico, sintesi, attraverso un’immagine cinematografica, di un comportamento che l’ascoltatore o presunto esperto di musica dovrebbe mantenere, ovvero l’attitudine del “Tenente Colombo”:

Colombo finge sempre di non sapere molto, si aggira in modo inopportuno e sembra sempre fuori luogo, l’ultimo in grado di risolvere un caso. Ma al contrario ha una sua tattica e parte sempre col piede giusto e risolve ogni enigma. Nel parlare di musica - tranne quando si è tra amici - meglio fingersi ascoltatori qualsiasi, non si sa mai chi si ha davanti, e non si finisce mai di imparare!”

NON SI FINISCE MAI DI IMPARARE!

Conosco Monti da una decina di anni, da quando commentai il suo CD doppio “Unfolk+Live Book”, e so - e ne ho avuto conferma in questa lettura - che i suoi interessi musicali sono ad ampio spettro, quindi, il libro non è focalizzato su di un genere particolare, e la lettura mi ha portato a conoscere - al momento non approfonditamente - gli artisti più disparati, come  i Plastic People of the Universe dall’allora Cecoslovacchia, o i Residents e la loro incredibile teoria dell’oscurità, e ancora R. Stevie Moore, il rap dei Dalek, i tre percussionisti dell’apocalisse (Stomu Yamash'ta, Angus MacLise e Moondog) o l’utilizzo unico del mandolino dell’indiano Uppalapu Srinivas (in India il mandolino è o era poco conosciuto!)

Per ogni band/artista ci sono poi i suggerimenti per l’ascolto.

Ovviamente c’è spazio per il “conosciuto da tutti”, ma anche in quel caso troviamo particolarità oggettive e idee personali che forniscono visioni alternative di personaggi come Bob Dylan, Beatles, Rolling Stones, Lou Reed, Frank Zappa, Captain Beefhearth, Todd Rundgren, Pink Floyd e molti altri.

Nel chiacchierare con l’autore ho avvertito un capitolo che “pesa” maggiormente, quello conclusivo, anche se la logica di lettura random suggerita non fornisce importanza alla cronologia. Mi riferisco alla sezione intitolata “Un caso di anestesia collettiva” che suggerisco di leggere con attenzione e che facendo opera di estrema sintesi/ermetismo si può tradurre nel quasi assioma “Internet ha fallito!”.

Mi fermo qui, consigliando vivamente la lettura, per gli spunti che regala, per gli anfratti musicali che perlustra, per i preziosi suggerimenti forniti che non piovono dall’alto, dal privilegio di presunta sapienza, ma da miti consigli argomentati in modo semplice e sapiente.

Più volte nel corso della lettura del libro - e della presentazione - mi è tornato alla mente quel personaggio della politica cittadina, molto più giovane di me, che tanto tempo fa mi ammoniva: “Non c’è niente che tu mi possa insegnare quando parliamo di musica!” Beata sapienza infusa dall’alto!

Ecco l’inizio della presentazione savonese…



Alessandro Monti (mini bio):

Musicista e produttore indipendente, con il suo progetto Unfolk (2006-2019) è entrato in prestigiosi cataloghi internazionali come Burning Shed e Recommended (UK) collaborando con artisti quali Tim Bowness, Kevin Hewick, Caveman Shoestore, Dale Miller, Daniel Biro. Le sue musiche sono state trasmesse da RAI, BBC e incluse nella prestigiosa serie The Wire Tapper della famosa rivista inglese. Le ultime collaborazioni sono state con Chris Cutler (Henry Cow, Art Bears, Pere Ubu, The Residents) per "Intonarumori: Ieri ed Oggi" lavoro dedicato agli strumenti futuristi di Luigi Russolo, "Miniatures 2020" la celebrazione del famoso album di pezzi da un minuto.

Da un anno fa parte del gruppo di Tony Pagliuca (concittadino e tastierista de Le Orme).




mercoledì 22 marzo 2023

WOODSTOCK: è morta Bobbi Kelly Ercoline, divenuta assieme al marito Nick simbolo involontario del Festival

 


WOODSTOCK: È MORTA BOBBI KELLY ERCOLINE, LA RAGAZZA IMMORTALATA DAL FOTOGRAFO BURK UZZLE E DIVENUTA  SIMBOLO DEL FESTIVAL 

Lei e suo marito all'epoca erano fidanzati da pochi mesi.

 Quell'evento li legò per la vita

 

Era l’alba del 17 agosto del 1969. Due giovani abbracciati e teneramente avvolti da una coperta sono immortalati tra una folla immensa dal fotografo Burk Uzzle, del magazine Life. Quella foto passerà alla storia, diventando la cover dell'album originale "Woodstock" nel 1970, e come poster del film.

E pensare che quei due ventenni, Bobbi Kelly e Nick Ercoline, decisero solo all’ultimo di andare a vedere cosa stesse accadendo nella campagna di Bethel, appena fuori New York. Il festival era in pieno svolgimento e la cultura hippie dilagava.

Bobbi e Nick si trovarono così a diventare i simboli involontari di uno dei più grandi eventi della storia del rock e del costume del secolo scorso.

A 40 anni esatti di distanza, nel 2009, durante un’intervista hanno ricordato che non erano neanche hippie duri e puri, votati alla rivoluzione dei figli dei fiori: lei era una semplice ragazza di campagna e lui uno studente del college con due lavori necessari a permettersi gli studi.

Nick e Bobbi hanno passato la vita insieme, sino all’età di 72 anni, perché Bobbi è mancata in questi giorni.

Si erano sposati due estati dopo quel favoloso fine settimana, vivendo per tutta la vita a meno di un'ora d'auto dal sito del concerto a Bethel, NY, vicino a dove sono cresciuti entrambi.

Nick Ercoline ha lavorato per l'Orange County, N.Y., reparto deal gestione alloggi, mentre Bobbi era un'infermiera presso la scuola elementare della loro città natale, Pine Bush.

Hanno detto di non ricordare di essere stati fotografati. "Noi non stavamo in posa" dice Nick. "Ci siamo meravigliati molto di vederci sulla copertina dell'album".

Hanno fatto la scoperta ascoltando l'album a casa di un amico, quando questi gli passò la copertina. Nick se ne accorse per primo, per via della famosa farfalla gialla nell'angolo di sinistra.

Bobbi ebbe a dire: "Ricordo la pioggia, la mancanza di servizi igienici e gli odori dei corpi".

"Mi ricordo anche una foschia arancione dalle luci del palco incandescente. Era dappertutto, illuminava il cielo."

Quanto al perché sia stata scelta la loro foto, Nick ha una teoria. "Trasmette un senso di pace, che in fondo era il tema dell'evento" - dice. "Ed è una rappresentazione onesta di una generazione. Quando guardiamo quella foto non vedo Bobbi e me, vedo la nostra generazione."

Secondo quanto raccontato da Nick, Bobbi è morta a seguito di una malattia: "Ha vissuto bene la sua vita e ha lasciato questo mondo come un posto molto migliore. L'avreste amata se l'aveste conosciuta. Ha trascorso la sua vita dicendo: 'Sii gentile'".

Non siamo certi che sia importante, ma anche lei, come Hendrix, Baez e tanti altri, è entrata nella storia, proprio grazie al Festival di Woodstock!








venerdì 17 marzo 2023

L'eredità musicale di Karen Dalton

 

Alla ri-scoperta di un’artista unica, poco conosciuta ma molto influente per i musicisti coevi e nati successivamente. Il suo nome era Karen J. Dalton.


Parliamo oggi di Karen J. Dalton nata il 19 luglio 1937, cantante, chitarrista e suonatrice di banjo statunitense. È stata associata alla scena musicale folk del Greenwich Village dei primi anni 1960, in particolare con Fred Neil, gli Holy Modal Rounders e Bob Dylan.

Sebbene non abbia goduto di molto successo commerciale durante la sua vita, la sua musica ha ottenuto un riconoscimento significativo dopo la sua prematura dipartita, avvenuta il 19 marzo 1993, a soli 56 anni. 


Vita e carriera

Dalton nacque a Bonham, in Texas, ma crebbe a Enid, Oklahoma. Era metà Cherokee e metà irlandese.

Con due divorzi alle spalle, all'età di 21 anni lasciò l'Oklahoma e arrivò al Greenwich Village, New York City, nei primi anni '60. Portò con sé la sua chitarra a dodici corde, il banjo a manico lungo e… uno dei suoi due figli.

 


Scena del Greenwich Village

Dalton si radicò rapidamente nella scena musicale folk del Greenwich Village dell'epoca. Suonò al fianco dei grandi nomi, tra cui Bob Dylan (che occasionalmente la supportò all'armonica), Fred Neil, Richard Tucker e Tim Hardin, reinterpretando molte delle loro canzoni nelle sue esibizioni. Dylan in seguito scrisse che "Karen aveva una voce come Billie Holiday e suonava la chitarra come Jimmy Reed". Fu tra le prime a cantare "Reason to Believe" di Hardin. In seguito, sposò Tucker, con il quale a volte suonava in duo, e in trio con Hardin.

Dalton era un habitué del famoso locale folk Café Wha? e si esibì in concerti di beneficenza per gruppi per i diritti civili, ma era riluttante nell’eseguire le sue canzoni. Il suo normale uso di alcol ed eroina, rendeva particolarmente difficile registrare la sua musica e andare in tour.

Dalton si trasferì in Colorado con il marito Richard Tucker e la figlia Abralyn (Abbe) e visse lì per un po' di tempo, nel 1960, in una piccola capanna mineraria a Summerville. Alla fine tornò a New York via Los Angeles, e poi a Woodstock, New York.


It's So Hard to Tell Who's Gonna Love You the Best (album)

Dalton "non era interessata ai giochi dell'industria musicale in un'epoca in cui i musicisti avevano poca altra scelta", come ha osservato il bassista e produttore Harvey Brooks. Spesso rispondeva con rabbia quando i produttori tentavano di cambiare la sua musica durante la registrazione.

All'inizio, il produttore Nick Venet non riuscì a registrare il suo primo album, It's So Hard to Tell Who's Gonna Love You the Best (Capitol, 1969). Fu solo quando invitò Fred Neil a una sessione che furono in grado terminare le registrazioni. Anche allora, Venet e Neil ebbero successo solo ingannando Dalton, facendole credere che il nastro non stesse girando. Dalton registrò la maggior parte delle tracce con una sola ripresa, e tutto in una notte. Il disco contiene canzoni di Neil, Hardin, Jelly Roll Morton e Eddie Floyd & Booker T. Jones. È stato ripubblicato dalla Koch Records su CD nel 1996.


In My Own Time (album)

Il secondo album di Dalton, In My Own Time (1971), fu registrato ai Bearsville Studios (che furono fondati dal manager di Bob Dylan, Albert Grossman) e originariamente pubblicato dall'etichetta del promoter del Woodstock Festival Michael Lang, la Just Sunshine Records. L'album fu prodotto e arrangiato da Harvey Brooks, che suonò il basso. Il pianista Richard Bell fu l’ospite dell'album. Le note di copertina furono scritte da Fred Neil e le foto di copertina scattate da Elliott Landy. Dalton portò i suoi due figli adolescenti, il suo cane e il suo cavallo dall'Oklahoma per sentirsi più a suo agio con la registrazione.


Riedizioni e tributi

It's So Hard to Tell Who's Gonna Love You the Best è stato ripubblicato dalla Koch Records nel 1997, in collaborazione con il DJ radiofonico newyorkese e fan di Karen Dalton Nicholas Hill, e con note di copertina di Peter Stampfel. Nel 1999 l'etichetta francese Megaphone music fece una riedizione europea dello stesso album, che includeva un DVD bonus con rare riprese di performance di Dalton e un servizio televisivo francese su Karen Dalton del 1970. In My Own Time è stato ripubblicato in CD e LP il 7 novembre 2006 dalla Light in the Attic Records.

Due registrazioni del 1962 e del 1963, precedentemente di proprietà dell'amico di Karen Joe Loop che gestiva il piccolo club "The Attic" a Boulder nei primi anni '60, sono state pubblicate su Megaphone nel 2007 e nel 2008 come album live Cotton Eyed Joe e l'album registrato in casa Green Rocky Road.

La compilation tributo, Remembering Mountains: Unheard Songs di Karen Dalton, è stata pubblicata nel 2015 dall'etichetta folk Tompkins Square. In modo simile agli adattamenti di Wilco e Billy Bragg delle canzoni di Woody Guthrie in Mermaid Avenue, l'album presenta adattamenti del lavoro di Dalton di artisti come Patty Griffin, Lucinda Williams, Josephine Foster, Sharon Van Etten e Julia Holter. Le canzoni contengono testi e poesie che Dalton scrisse prima della sua morte, che erano affidate alle cure del suo amico, il chitarrista folk Peter Walker.



Stile

La voce blues e "stanca del mondo" di Dalton è spesso paragonata alla cantante jazz Billie Holiday, anche se Dalton detestava il paragone e disse che Bessie Smith aveva avuto su di lei un'influenza maggiore. Dalton ha cantato blues, folk, country, pop, motown, riprendendo ogni canzone nel suo stile. Suonava la chitarra a dodici corde e un banjo a manico lungo.

Conosciuta come "la risposta folk a Billie Holiday" e "Sweet Mother K.D.", si dice che Dalton sia il soggetto della canzone "Katie's Been Gone" (composta da Richard Manuel e Robbie Robertson) nell'album The Basement Tapes di The Band e Bob Dylan, che scrisse di Dalton: "La mia cantante preferita era Karen Dalton. Aveva una voce come Billie Holiday e suonava la chitarra come Jimmy Reed. Ho cantato con lei un paio di volte".

Gli artisti moderni Adele, Nick Cave, Devendra Banhart, e Joanna Newsom l'hanno tutti notata come un'influenza. Così come la cantante country Lacy J. Dalton, che conobbe Dalton nel Greenwich Village e adottò il suo cognome come tributo.


Ultimi anni e morte

Il fallimento commerciale del suo album In My Own Time e il suo allontanamento dai figli contribuirono ad un ulteriore abuso di sostanze che minarono ulteriormente la vita di Dalton.

Negli ultimi anni visse in una casa mobile situata in una radura fuori Eagle's Nest Road, fuori dalla città di Hurley, vicino a Woodstock.

L'amico Lacy J. Dalton la aiutò mandandola in riabilitazione in Texas nei primi anni 1990; una permanenza che durò solo un paio di giorni prima che lei chiedesse di essere riportata a casa, a Woodstock. Morì lì nel marzo 1993 per una malattia correlata all'AIDS, all'età di 56 anni. Secondo il suo amico Peter Walker, aveva vissuto con la malattia per più di otto anni.

 


Documentario

Un documentario, Karen Dalton: In My Own Time, dei registi Richard Peete e Robert Yapkowitz, ha fatto la sua prima mondiale al Doc NYC nel novembre 2020. Sheri Linden su The Hollywood Reporter scrive: "Poiché presenta un'artista unica nel suo genere ai non iniziati e la celebra per gli appassionati, è tutto da ascoltare, più che da vedere!”.

 

Discografia 

Album in Studio

It's So Hard to Tell Who's Going to Love You the Best (1969)

In My Own Time (1971) 

Album Live

Cotton Eyed Joe (2007) (recorded live in 1962) 

Altre Uscite

Green Rocky Road (2008) Recorded at home circa 1962-63, released by Delmore Recording Society; contains unreleased recordings.

1966 (2012). Released by Delmore Recording Society; contains previously unreleased recordings. 

Remembering Mountains: Unheard Songs by Karen Dalton (2015), rilasciato da Tompkins Square