lunedì 29 ottobre 2007

Nathan e Orchestra Sinfonica di Savona



Giovedì 25 ottobre ho assistito ad un concerto particolare.
Mi riferisco al “Rock Symphony” e cioè ad una manifestazione avente l’obiettivo di ripercorrere le tappe fondamentali del Rock Progressivo.
Gli attori di questa magnifica azione di buona volontà sono stati molteplici, ma una prima divisione tra differenti entità era dichiarata, in quanto insita all’interno del progetto stesso. Parlo di una proposta musicale in cui sullo stesso palco si sono ritrovati un gruppo Rock Prog, i Nathan e un'orchestra, l'Orchestra Sinfonica di Savona, e il risultato è stata una miscela che un tempo avremmo potuto chiamare “tra sacro e profano”, ma con cui tutti i grandi gruppi progressive si sono cimentati, anche in tempi recenti (vedi Yes nel 2000). Ciò di cui io riferisco è solo quello che ho percepito da spettatore di passaggio, e non sono quindi in grado di sviscerare motivazioni e storie personali dei presenti sul palco.
Mi dolgo di non saper niente di questo gruppo savonese, io che sono di Savona, io che mastico questo tipo di musica da sempre.
Vedrò di riparare in futuro.
La cornice è fantastica ed il Teatro Chiabrera garantisce l’elemento suggestivo, oltre alla buona acustica.
Incontro tanti amici, i soliti “ammalati “come me, e qualche “forzato” che, come direbbe qualcuno molto conosciuto…”cosa ci azzecca questo con la musica?”, e poi mi accorgo di conoscere di vista almeno un paio di musicisti.
La scaletta è da palati esigenti e prevede brani che possono essere considerati pilastri del genere, alcuni dei quali ho ascoltato dal vivo in originale.
Non ho alcun interesse, ne da scrittore ne da lettore, relativo allo sviscerare il singolo pezzo con commento supertecnico (ammesso che ne sia capace), ma preferisco dare una visione dell’insieme.
La prima immagine riguarda la disposizione on stage.
Il frontman e leader, Bruno Lugaro, suona il basso e divide la parte vocale con Monica Giovanninivoce davvero interessante.
Sulla sinistra Flavio Esposito, un tastierista dalla strumentazione minimalista (rispetto a ciò a cui ci aveva abituato il prog), e non aver più bisogno di un Hammond e di un Leslie o di un Mellotron e’ chiaro segno dell’evoluzione tecnologica.
Alle sue spalle Massimo Spicachitarrista (che fascino il doppio manico!) che divide la parte solista con Mauro Brundu, seduto alla Robert Fripp, sull’estremo opposto.
Fabio Sanfilippo, il batterista, resta un pò nascosto , ma è abbastanza tipico del ruolo, e comunque si percepiscono bene i suoi tempi dispari.
Sullo sfondo una vera orchestra, composta da professionisti e diretta da un altro membro del gruppo, Marco Milano, che avrà modo di deliziare il pubblico al pianoforte.
La cornice è perfetta .
Anche la proposta è, dal punto di vista personale, perfetta.
Ho davanti a me la possibilità di vedere/ascoltare un concentrato di quanto più ho amato, cioè la musica di gruppi che, in tempi antichi e recenti, ho ascoltato assiduamente , e poco importa se non è fruibile dai legittimi proprietari.
Lugaro, prima di iniziare “Close to the Edge” degli Yes , evidenzia come sul palco ci siano i Nathan, cioè musicisti “normali”, e questo segno di umiltà, questa ammissione di capacità “solo” umane, rispetto agli dei irraggiungibili del Rock proposto, nulla toglie alle emozioni che la musica riuscirà a suscitare, nel corso della serata.
Lego questo concetto ad un’altra espressione del bassista, che evidenzia la grossa difficoltà di creazione ed esecuzione di brani difficilissimi, nati negli anni '70, cioè un’era in cui in Italia era in voga la gara di Canzonissima.
A mio giudizio, davanti a certe “invenzioni”, anche i Beatles e non solo Modugno, nonostante le grandi dimensioni artistiche, possono essere visti sotto un’altra luce.
Mi rendo conto di non essere più in grado di sottolineare gli eventuali risvolti negativi di fine concerto.
Quando riesco a provare qualche emozione nel corso della performance, giudico che l’artista sul palco abbia fatto bene il suo mestiere.
In questa occasione di brividi ne ho provati a più riprese, in brani diversi.
Se mi trovo in questa situazione, il segnale parte da sotto la nuca e si ferma alle ginocchia, e spesso rimane per alcuni secondi… troppo bello da provare… difficile da spiegare.
Il primo forte sintomo l’ho ricevuto dopo un minuto di “And You and I” (Yes,) uno dei miei pezzi preferiti.
Elementi determinanti, la voce di “Monica/Anderson”, fusa con gli archi dei musici presenti.
Una sensazione indescrivibile!

Segnalo altri due “miei momenti” catartici.
Il primo riguarda l’esecuzione di “The great gig in the sky”, dove Monica dimostra una grande estensione ed ecletticità, emulando l’intenso ed interminabile vocalizzo di Clare Torry.

Ma l’apice si raggiunge (o meglio, lo raggiungo) quando Milano posa le dita sulla tastiera del piano a coda ed attacca”Firth of Fifth”.
Selling England by the Pounds” rappresenta per me la perfezione targata Genesis.
Ebbi occasione di vederlo presentare a Torino, nel 72 , e ancora oggi lo ascolto con regolarità.
Ma il pezzo in questione è per me la sintesi del lavoro di Gabriel e company, con un assolo di chitarra che Hackett impiego’ 6 mesi a perfezionare (così lessi), e che stasera è riproposto degnamente da Brundu, un musicista “elastico”, capace di calarsi nei panni di Gilmur, Fripp e Howe, utilizzando anche tecniche particolari come il “Tapping”.
Non mi ha entusiasmato “21 Century Schizoid Man” , ma è un pezzo che non ho mai amato particolarmente e questo mi ha sicuramente condizionato.
Menzione a parte per “Song for America”.
Ammetto di conoscere poco i Kansas, ma avevo bene impresso il fantastico brano proposto in questa occasione.
Mi ha colpito particolarmente il pezzo di violino di un orchestrale, che ha saputo strappare applausi a scena aperta.
Tutto bene nell’insieme… tutto bene… ce ne fossero di proposte simili.
Musica, pubblico, ambiente, voglia di comunicare.
Volendo fare giusto un minimo di critica, direi che non e’ emersa la”grinta da palco”, quel…“fare anche un po’ di scena”, tipico di certi animali da palcoscenico.
Forse la presenza austera di vera orchestra, l’emozione, o la concentrazione su pezzi obiettivamente difficili, hanno un pò “legato” la band, tranne Monica che mi è parsa più sciolta, e meritava più successo nel suo tentativo di coinvolgimento che qualche mese fa, sullo stesso palco, tanto bene era riuscito a Franz Di Cioccio.
Ma ripensandoci… Gilmour e Banks , avevano una grande presenza scenica?
Ciò che conta è la musica.

Una nota di merito a Lugaro che, da quanto ho potuto capire dall’esterno, rappresenta l’anima del gruppo e del progetto stesso.
Un grazie di cuore a tutti… davvero sentito.

Cenni biografici Nathan.

Formazione attuale:
Fabio Sanfilippo , batteria
Flavio Esposito, tastiere
Marco Milano, pianoforte
Mauro Brundu , chitarre
Massimo Spica, chitarre
Bruno Lugaro, basso e voce
Monica Giovannini, voce


Nel 2006 presentano dal vivo l’opera “The Lamb Lies Down on Broadway, anche in forma teatrale. I Nathan nascono nel 1997, ma Sanfilippo, Esposito e Lugaro, iniziano nel lontano 1977, come cover band dei Genesis.

Incidono un cd, “The path is clear”, nel 2005 , con brani dei Genesis.

Realizzano concerti anche con l’orchestra classica di Alessandria, otre ad una trentina di esibizioni con la formazione tradizionale.

Nel 2006 presentano dal vivo l’opera “The Lamb Lies Down on Broadway, anche in forma teatrale.


giovedì 25 ottobre 2007

PFM-STATI DI IMMAGINAZIONE



Nel post del 16 settembre avevo raccontato del primo concerto a cui ha partecipato il mio figlioletto di dieci anni.
Sto parlando dell'Arena di Verona e sto parlando di "The Who", l'11 giugno.
Per par condicio devo raccontare qualcosa anche del primo concerto di mia figlia, che di anni ne aveva ancora dodici, all'epoca.


Mi riferisco a quello della PFM , che si e' esibita a gennaio a Savona, cioè a casa mia, ed in quell'occasione ha utilizzato il suggestivo Teatro Chiabrera.
Tutta la performance era imperniata su "Stati di Immaginazione", che io non conoscevo.
Si tratta di" otto storie musicali, otto film, per entrare nello stato libero dell'imaginazione".
Nel video a seguire (molto bello, secondo me), un po' di storia di questo lavoro di Di Cioccio e company.


Il giorno dopo la performance, ho chiesto alla mia piccola, anch'essa con la passione dello scrivere, di commentare la sua iniziazione musicale, ed ora pubblico il suo scritto di quei giorni, preceduto da mia introduzione, e inserito anche su "Mentelocale".

"Ieri ho visto ancora una volta la P.F.M..
Sarebbe d’obbligo per me fare il solito resoconto, ma e’ stata un’occasione speciale perche’ per la prima volta ho portato mia figlia, dodicenne , ad un concerto .
Il resto della famiglia non ci ha seguito, ma occorre arrivare per gradi alle grandi conquiste.
Per una serie di eventi concatenati io ero seduto nella fila O mentre lei era in prima fila con una sua compagna di scuola.
A 12 anni ... in prima fila … ad un concerto rock…
a me non sono mai successe queste cose!!!
Per tutta la durata del concerto mi sono diviso tra la musica, la visione delle immagini proiettate ed il cercare di immaginare che cosa potesse passare nella testa di Elisa.
Saprà apprezzare? Mi maledirà? Avrà sonno?
E non essendo lei vicina non avevo il termometro della situazione, ed i miei sforzi di cogliere da lontano qualche movimento della testa, qualche applauso sono risultati vani.
Per tranquillizzarmi e mettermi a posto con la coscienza mi sono detto che se non avesse apprezzato completamente l’evento, l’esperienza sarebbe risultata comunque indimenticabile e la PFM a Savona sarebbe stato il primo (spero non l’ultimo ) concerto con papà.
Il giorno dopo le ho chiesto di descrivermi la sua serata e lei, che ama scrivere come me, mi ha buttato giù le seguenti righe, che per me hanno molto valore…

Ieri, 26 gennaio 2006, ho visto il mio primo concerto.
Ero emozionata all’idea, anche se non lo davo molto a vedere, e così, durante il tragitto casa-teatro Chiabrera, ho dovuto rassicurare mio padre che mi riempiva di domande del tipo: ” Ma sei proprio sicura di voler venire? “ o “ Sei davvero contenta o lo fai solo per me?”
Ma perche’ mio padre avrebbe dovuto farmi domande di questo tipo?
beh, non stavamo andando a sentire un concerto dei Finley ( o Findus, come li chiama lui), cioè uno dei miei gruppi preferiti, o gruppi che riempiono la mia quotidianità.
Al contario, ci stavamo “avvicinando” alla P.F.M., che io francamente conoscevo solo di nome, per averlo sentito in casa.
Nella mia testa però non c’erano tutti questi timori, anche perchè sono sempre stata abituata a sentire qualsiasi tipo di musica, compresa quella classica a cui mi sono avvicinata dall’inizio delle medie.
E poi il primo concerto e’ sempre il primo concerto!
Fuori dal teatro avevo appuntamento con Giulia, la mia compagna di classe , con padre al seguito.
Alle 20.30 … tutti dentro.
Io e papà  avevamo due posti in fondo al teatro e Giulia due in prima fila e così… via allo scambio di posti ed io e Giulia ci troviamo praticamente sul palco.
I due papà quasi fuori dal teatro!
Mi sentivo spaesata e dopo essermi seduta e liberata di giacca e sciarpa ho incominciato a guardarmi attorno, felice di constatare che qualche fila più indietro c’era la prof di ginnastica ... almeno una volta sullo stesso piano.
Ma ecco che le luci si spengono,il sipario si apre e la musica incomincia.
Ciò che ho provato e’ davvero difficile da descrivere.
Mi sono sentita ancora più spaesata… quasi paralizzata per la tensione.
Le gambe vibravano con il pavimento e i miei occhi erano spalancati ed intenti a cercare di captare il movimento, troppo veloce per me, delle dita del chitarrista.
Ed ecco lo spettacolo.
Hanno proposto il loro nuovo lavoro, “Stai di Immaginazione”, accompagnato dalla proiezione di video a tema.
Alcuni mi hanno divertito, altri sorpreso, anche se non tutto mi e’ risultato comprensivo.
Ogni volta che Franz Di Cioccio annunciava una canzone, le persone attorno a me urlavano e battevano i piedi e questo e’ un aspetto che mi ha molto divertito.
Una volta vinta la timidezza, anche io e Giulia abbiamo partecipato ai cori di “ohhhh”, che si innalzavano e quando all’ultimo quel batterista, che inizialmente sembrava un po’ pazzo, quello che mio padre definisce “animale da palcoscenico” , ci ha proposto di liberarci dallo stress settimanale , suggerendoci di urlare, battere i piedi, senza pensare ... beh, ormai ero completamente “integrata”.
Alle 23.30 il concerto e’ finito, e guardandomi attorno un’ ultima volta , mentre il teatro si svuotava, ho realizzato che avevo condiviso per due ore e mezza uno spazio ed un evento con una generazione molto lontana da me, ma che come me riesce ad emozionarsi davanti ad una canzone, seppur diversa dai “miei “Finley.
Papà’ dice sempre che la musica e’ solo di due categorie, quella che ti fa stare bene, che ti da emozioni con poche note, e quella che al contrario non ti lascia niente, anche se tecnicamente perfetta, ed e’ un concetto che capisco perfettamente.
Tornando a casa a piedi papà mi e’ venuto sotto, alla ricerca di qualcosa di inaspettato.
Non so se e’ rimasto soddisfatto delle mie parole… ma io sono stata sincera… come sempre.
Lui ha condotto il discorso dove voleva e, aggirando il discorso musicale, mi ha portato a riflettere sulle doti di comunicatore di Franz (ma quanta confidenza!), un musicista capace di coinvolgere il pubblico sino ad “obbligarlo “ ad un …..”Ceeeeee… leeeeee… brescionnnnnn”.
Come dargli torto.
Anche io, seppur piccola, riesco a capire questi aspetti .
Ma sicuramente anche i “Findus” sono così!
Una volta a letto, ancora frastornata, mi e’ venuto spontaneo pensare:
“Chissà se tra qualche anno qualche ragazzo penserà la stessa cosa della mia musica, considerandomi … di una generazione passata! "

Elisa, la ruota gira inesorabile... ma i ricordi restano per sempre!



mercoledì 24 ottobre 2007

Dropkiks Murphys


Quando decido di vedere un film, in casa, non penso mai a qualcosa di troppo impegnativo.
Se i bambini sono con noi sul divano, perchè il giorno dopo e' festa, sarà sicuramente l'occasione per una commedia.
Se siamo solo in due, io e mia moglie, sarà quasi certamente un triller o giù di lì.
Uno degli ultimi film che mi hanno appassionato si chiama "The Departed", del 2006. Si dice sia il miglior film dell'era recente, di Martin Scorsese.
I nomi degli attori rappresentano discreta garanzia.
Parlo di Jack Nicholson, Matt Damon, Leonardo Di Caprio, Martin Sheen e Alec Baldwin.
Brevemente la trama.

Boston. Un gruppo della malavita organizzata sceglie uno dei suoi membri, Colin Sullivan (Matt Damon), per farlo infiltrare nella polizia locale. Allo stesso tempo, il dipartimento di polizia incarica l'agente Billy Costigan (Leonardo Di Caprio) di operare in incognito all'interno della stessa banda. Il compito di entrambi é quello di fornire ai propri superiori informazioni importanti e segrete. Inevitabilmente i due vengono a conoscenza della reale identità l'uno dell'altro e cercheranno in tutti i modi di mantenere la propria copertura cercando di smascherarsi. A mettere loro i bastoni tra le ruote arriva il boss Frank Costello (Jack Nicholson).

Sembrerebbe una storia vista mille volte, ma gli intrighi ed i colpi di scena,fanno si che si resti col fiato sospeso sino alla fine.
Una cosa che ho particolarmente apprezzato e' la colonna sonora, con la scoperta di artisti sconosciuti, abbinati ad altri di primo piano.
Per citare qualche esempio... Roger Waters, Stones, Badfinger, Allman B.B.
Menzione a parte per:

a)Roy Buchanan, incredibile blues man di qui presenterò qualcosa nei prossimi giorni, un chitarrista di raro talento, ormai scomparso. Nel film si ascolta la sua"Sweet Dream".

b)Dropkiks Murphys, un gruppo definito di "Punk Celtico", che mai avevo sentito. Il brano presentato è anche la colonna sonora del trailer e si intitola "I'm shipping up to Boston".

Ma chi e' questo gruppo,Dropkiks Murphys, così amato da Scorsese?

Dropkick Murphys sono un gruppo folk punk/celtic punk formato a Quincy, nei pressi di Boston, Massachusetts, USA nel 1996. La loro musica risente delle influenze di gruppi come Stiff Little Fingers, The Pogues, AC/DC, The Clash e dei $wingin' Utter$. Il nome Dropkick Murphys deriva da un centro di riabilitazione, situato nel Connecticut.Nel 1996, dopo aver fatto distribuire una serie di EP, firmarono un contratto con la Hellcat Records. Nel 1998 hanno pubblicato il loro primo album di inediti, Do or Die. Quando il cantante Mike McColgan lasciò nell'anno successivo il gruppo, fu rimpiazzato dal leader dei The Bruisers, Al Barr. Nel 1999, hanno pubblicato il successivo album, The Gang's All Here, mentre due anni dopo Sing Loud, Sing Proud!. L'album evidenzia lo sviluppo del loro sound, ed include inoltre collaborazioni con l'ex-frontman dei Pogues, Shane MacGowan e Colin McFaull dei Cock Sparrer. Per quest'album la formazione subisce molte modifiche. Il chitarrista Rick Barton viene sostituito da James Lynch, ex The Ducky Boys, a sua volta sostituito successivamente da Marc Orrell. Si aggiungono inoltre Ryan Foltz e Spicy McHaggis.L'album successivo, Blackout, è pubblicato nel 2003. Nell'album sono presenti la hit Walk Away, nonché la canzone Fields of Athenry. La canzone The Dirty Glass, che presenta una voce femminile, Stephanie Dougherty (Deadly Sins), tratta di un bar di Quincy dal nome Darcy's.

Non è esattamente il mio genere ma il brano che presento colpisce....


Ecco, il video ,con tanto di spezzoni tratti dal film.



I'm shipping up to Boston



martedì 23 ottobre 2007

Corrado Rustici - Musicista Postmoderno



Negli ultimi tempi, parlando e leggendo di musica, e’ venuto spesso a galla il nome di Corrado Rustici.
Rustici per me era Danilo, il fratello, ovvero la chitarra degli Osanna, tanti anni fa.
Incuriosito, ho iniziato ad informarmi e sono presto arrivato al sito ufficiale:
http://www.corradorustici.com/.

Non avevo mai visto niente di simile dal punto di vista del lay out di un sito.
Abituato a schemi consolidati, mi sono ritrovato in un contesto nuovo, e ho impiegato qualche minuto per capirne il verso.
L’originalità si sposa con i contenuti e lo spazio dedicato alla musica si fonde con pensieri metafisici, le idee e la filosofia di Rustici si intersecano con le tecniche più evolute.
Ho scoperto che Corrado ha fatto musica assolutamente innovativa ed il suo disco Melos, registrato con i Cervello nel 73, è ancora un Cult in diverse parti del mondo. Scorrendo la biografia ho visto che, in veste di produttore , e’ stato l’artefice di successi di Zucchero, di Elisa, PFM, Boccelli, Tazenda, Negramaro ed altri.
Le sue collaborazioni come musicista e produttore sono infinite ed il suo status di cittadino emigrato in America, da ormai 20 anni, lo ha messo in contatto con una realtà che ha la tendenza a snobbare musicisti italiani, giudicati poco credibili.
Successo sudato quindi.
Lunga la lista degli artisti “importanti” con cui ha suonato: Michael Giles, Phil Collins, Roger Glover, Jaco Pastorius, Joni Mitchell, Allan Holdsworth, Santana, John Mc Laughlin ecc.
Addentrandosi nei meandri del sito si ha la percezione di poter fruire in toto di Corrado Rustici: non solo musica, ma soprattutto pensiero e stile di vita.
Una cosa che mi ha colpito e’ il suo decalogo relativo alla la funzione di “Produttore”.
Nella mia scarsissima conoscenza delle tecniche di registrazione , mi sono sempre chiesto: ”Ma che cos’è un produttore? Cosa fa esattamente?”
Ed ecco la risposta di Rustici.

Un produttore:
1)Percepisce l’essenza del mondo dell’artista
2)Offre un’ opinione obbiettiva sull’efficacia comunicativa del brano/i in questione., e quindi, (fase importantissima del lavoro) aiuta con la scelta dei brani.
3)Aiuta a definire/focalizzare la direzione Sonora del progetto (creando/suggerendo possibili soluzioni anche con il sound-designing )
4)In alcuni casi, aiuta con la scrittura stessa del brano.
5)Crea soluzioni sonore/di arrangiamento per far si che il brano abbia un responso emotivo immediato da parte dell’ascoltatore… e questo richiederebbe un capitolo a parte, perche` coinvolge la scelta ritmica -per es. velocità del brano, l’incastro sonoro dei vari elementi musicali che compongono il brano… in pratica non solo la scelta del suono di ogni strumento, ma anche in base a questa scelta qual’e` il modo più efficace per valorizzare la parte e far si che diventi, insieme alle altre parti, la colla che unisce il tutto.
6)In brani dove la voce è uno degli elementi più importanti, da` al cantante un feedback continuo ed immediato sull’approccio da usare per la performance, ed alla sua evoluzione emotiva all’interno del brano. Questo e` un momento molto delicato del progetto, perché con la voce si ha per la prima volta un quadro abbastanza preciso della forza e delle debolezze della canzone.
7)Dirige le sessioni in sala, coordinando le varie fasi di registrazioni, risolvendo I vari (ed immancabili) momenti di crisi dovuti o al mancato funzionamento di apparecchiature, o al mancato (momentaneo) funzionamento dell’artista…
8)Crea (altro aspetto molto importante) un’atmosfera di serenità e di complicità con l’artista, il cui sottoprodotto e` la sensazione di avere una rete di sicurezza (in un ambiente abbastanza sterile e stressante come lo può essere uno studio di registrazione), dove l’artista si sente libero di rischiare creativamente e non ha paura di lanciarsi nel vuoto dell’imprevisto.
9)Segue e disciplina il progetto fino alla sua conclusione rispettando (nel possibile) i limiti di budget.
10)Segue la post-produzione (in pratica il mastering di un album dove vengono finalizzate le equalizzazioni e il suono generale del lavoro).

Ma la cosa che realmente mi spinge a scrivere questo post è… la musica che ho sentito.
Ho ascoltato un album, l’ultimo di Rustici, che consiglio caldamente.
Il titolo e’ “Deconstruction of a Postmodern Musician”.
E’ un album pieno di collaborazioni… Elisa, Negramaro, Holdswoth, Mc Candless.
Ma soprattutto è un album di Corrado Rustici , con sonorità ed idee che mi hanno sorpreso.
Prendo ad esempio del mio gusto musicale “Eros “ e “Bodega Bay”.
Nel filmato seguente, presento “Holon”, una serie di foto, con musica che fa sognare.

Ascoltiamo insieme...



Non e’ meritevole di attenzione?

domenica 21 ottobre 2007

Eugenio Finardi





A valle dei miei post, ho trovato alcuni commenti di “Dream”.
A proposito… chi sei?

“Dream” mi proponeva di dedicare uno spazio ad Eugenio Finardi, considerando il fatto che avevo inserito il suo sito ufficiale nella lista dei miei preferiti.

Al di là del piacere legato al soddisfare una precisa richiesta, avrei parlato in ogni caso di Finardi, che ha rappresentato per me in Italia, ciò che all’estero erano i Jethro Tull.

Non sto ovviamente facendo confusione su generi musicali diversi( anche se penso che la passione per il blues di Ian Anderson e Finardi sia elemento comune), ma mi riferisco al fatto che quando acquistavo un disco di Eugenio sapevo di poterlo fare a scatola chiusa perche’ il 90 % della musica sarebbe stato di mio gradimento… così come avveniva per i Tull.

In questo non ci sono giudizi di merito tecnico, ma emozionale.

Finardi potrebbe essere il n.1 o 100, poco importa, a me piaceva e piace qualunque cosa faccia.

Ho conosciuto la sua musica partendo da “Musica Ribelle”, canzone che ascolto e suono tutt’ora con piacere.

L’ho sentito nel 76, quando avevo 20 anni, nei giardini di Vado Ligure, nel corso di un’estate felice.

Era troppo forte vederlo dal vivo!

E poi mi intrigava la sua storia, il suo perfetto inglese, le sue velate vicissitudini personali.

Ma sentire “La Musica Ribelle” dal vivo, almeno a quei tempi, era davvero coinvolgente.

Ricordo di aver compilato un quadernetto con gli accordi ed i testi dei primi due album, e nei raduni in riva al mare Eugenio la faceva da padrone.

L’ho rivisto tre anni dopo a Varazze, sempre in estate, e accanto avevo mia moglie , che a quei tempi era solo una conoscente.

Presentò, mi pare, ”Roccando Rollando”, anche se a me rimase impresso il sound check con “Scimmia”.

Ho un altro ricordo indelebile legato a “La Radio”, che ho utilizzato una ventina di anni dopo con mia figlia, scrollandola e cantando, nel tentativo di farla dormire.



In tempi recenti ho scambiato anche un po’ di frettolosa corrispondenza con Finardi ed il suo consiglio e’ stato :”... prova a sentire Anima Blues!!!”
Il blues, vecchio amore!

Ora lo trovo molto diverso dal passato; anche (o soprattutto?) chi e’ dotato di talento evolve, per fortuna!

Non trascuro tutta la produzione che sta in mezzo.
La conosco e vige la regola che ho citato all’inizio: ogni disco e’ per me un concentrato di emozioni e suoni che mi riportano alle esperienze di questi anni, un legame molto stretto tra il mio vissuto e le note di quelle canzoni.
Ma chi mi ha colpito ultimamente e’ “Il Silenzio e lo Spirito”.
I brani sono di autori diversi, ma le atmosfere, gli arrangiamenti e le interpretazioni sono in grado di penetrare nei nostri strati più profondi.


Ho "rubato" dal sito di Finardi il seguente trafiletto:



Un universo immenso si espande, freddo e silenzioso, nel tempo e nello spazio.

Lo spirito dell’uomo si confronta con questo silenzio e ne nasce il canto.
Il ritmo da il senso al tempo.

L’armonia poggia sulle stesse leggi che reggono la luna e le stelle.

L’urlo, il caos, diventano canto e senso.

Le domande trovano risposta.

Lo spirito diventa musica”


Ho provato ad isolarmi e ad ascoltarne una parte mentre corro da solo, io, le scarpe da footing e le mie cuffiette.

Di solito metto cose ritmate, che aiutano la cadenza della corsa.
In questo modo anomalo ho ascoltato “Come in uno Specchio “ e “ Un Oceano di Silenzio”.
Correre, vedere il mondo che prosegue col suo ritmo naturale, ed entrare in sintonia con lo spirito di questa musica e’ un’esperienza che vale la pena di provare.

Ma una canzone che citerei, in questo particolare momento della mia vita, e’ “Mezzaluna”, proposta nell’album “Millenium", nel 1991.

E’ una delle tante belle canzoni scritte da Finardi .

Mezzaluna” (piu’ sotto il brano da ascoltare)

“Che cos'é che mi ha svegliato in questa notte di mezzaluna
che sarà che mi ha turbato in una notte così serena
come una mano mi ha interrotto il sonno
un allarme che mi ha rotto un sogno
o forse un tuono che da lontano
viaggia in quest'aria così fina
Vorrei che almeno ci fosse vento
che si sentisse il rumore del mare
che si rompesse questo silenzio
così assoluto che troppo fa pensare
che m'inventassi qualche cosa da fare
che ti svegliassi per potere parlare
ma stai dormendo profondo
e non posso nemmeno suonare

Tra poco l'alba verrà e con l'alba il sole
e con la luce vedrò che tutto và bene
a quest'angoscia riuscirò a dare un nome
e forse mi riaddormenterò
e ricomincerò a sognare

Adesso so cosa mi ha svegliato
in questa notte così serena
é la paura che mi venga rubato
il futuro da un'avversa fortuna
un terremoto, un improvviso crollo
un evento fuori di controllo
come una guerra lontana
sotto una luce di mezzaluna

Tra poco l'alba verrà e con l'alba il sole
e alla sua luce vedrò che tutto và bene
a quest'angoscia riuscirò a dare un nome
ti guarderò dormire e ti lascerò sognare

Tra poco l'alba verrà e con l'alba il sole
e la luce mi dimostrerà che tutto và bene
di quest'angoscia ora so qual'é la ragione
e forse mi riaddormenterò
e ricomincerò sognare

Mi identifico molto in questa situazione, che ho vissuto e vivo a più riprese.
La maturità e gli obiettivi raggiunti possono dare grande sicurezza nel quotidiano e a volte si ha l’impressione di essere invincibili.

In realtà esistono cose che sfuggono al nostro controllo, legate alla natura o al volere di un essere superiore.

La presa di coscienza che la nostra vita e’ anche in mano “altrui”, che possiamo essere impotenti davanti a certi eventi, e’ elemento che spesso può far perdere il sonno, e la ricerca di una soluzione ad ogni costo mi pare davvero pericolosa.
Avere la capacità di Eugenio, di proporre e fissare per sempre questo pensiero, in pochi minuti di musica, e’ una cosa che sinceramente gli invidio.


Proviamo ad ascoltarla attentamente aiutandoci col testo.



giovedì 18 ottobre 2007

Yes



Una magnifica copertina di Roger Dean


YES è sempre stato uno dei miei gruppi preferiti.

A loro ho dedicato il post del 5 settembre e in quello spazio raccontavo di come la mia rinascita musicale (nel senso del pieno interesse) sia coincisa con quel momento raccontato.

Vediamo sinteticamente chi sono:

Gli Yes sono un gruppo rock progressivo britannico, formato nel 1968 e tuttora in attività, che ha conosciuto il suo periodo di maggior successo neglianni 70 e 80. La lunga carriera del gruppo è stata caratterizzata da un notevole alternarsi di formazioni, costituite intorno al nucleo più o meno fisso di Jon Anderson alla voce e Chris Squire; la formazione piu' importante comprende anche anche Steve Howe alla chitarra, Rick Wakeman alle tastiere e Alan White alla batteria. Tra gli altri artisti che si sono avvicendati nel corso dell'attività degli Yes annoveriamo Bill Bruford (batteria, percussioni), Geoff Downes, Patric Moraz (tastiere), Trevor Horne (voce) e Trevor Rabin (chitarra)."

Il filmato che propongo si chiama "Don't Go" , tratto dall'album "Magnification".

Non e' un brano rappresentativo (probabilmente anche il più commerciale del lavoro intero) perchè manca una presenza importante, cioè quella del biondo Wakeman,considerato tra i migliori tastieristi prog assieme a Keith Emerson, ma il CD "Magnification" è davvero sorprendente, e sono presenti brani di livello elevatissimo.

Queste le curiosità che ho trovato:
L'album fu realizzato dopo l'uscita dal gruppo di Billy Sherwood e Igor Khoroshev. I membri del gruppo rimasti (Jon Anderson, Chris Squire,Steve Howe e Alan White) decisero di riempire il vuoto lasciato dall'assenza di un tastierista ricorrendo a una orchestra sinfonica.
L'album fu accolto con grandissimo entusiasmo dai fan e dai critici, che arrivarono a paragonarlo ai classici realizzati dal gruppo negli anni 70. Sondaggi sul fan site Yesfans mostrarono che gran parte del pubblico considerava Magnification la produzione migliore del gruppo dopo il 1976(Going for the one). Praticamente tutti i brani dell'album acquisirono immediatamente, nella terminologia dei fan, lo status di "epic". Molti fan espressero esplicitamente la speranza che gli Yes adottassero in modo stabile il nuovo canone senza tastierista.

Magnification e l'11 settembre.

Per molti appassionati degli Yes, Magnification è legato ai ricordi dell'attentato alle Torri Gemelle, che venne quasi a coincidere con la pubblicazione. Fin dai giorni successivi all'attacco, il sito Yesworld mise in vendita l'mp3 del brano We Agree per raccogliere fondi da devolvere alle vittime di N.Y.. Dopo l'uscita dell'album, soprattutto Spirit of Survival fu letta da molti fan come una sorta di involontario commento degli Yes sull'accaduto: "in questo mondo gli dei hanno perso la loro strada chi è perso nell'oscurità si schianterà nella notte ; con la speranza: "lo spirito di sopravvivenza - per magnificare l'anima - per magnificare l'amore - stiamo tutti in piedi in cerchio".
Guardiamo assieme...






mercoledì 17 ottobre 2007

Ricordo di Andrea Parodi



Esattamente un anno fa, girovagando in rete, venivo colpito dalla seguente notizia:

martedì 17 ottobre 2006
Andrea Parodi, l’ex voce dei Tazenda, è morto all’alba a Cagliari. Parodi, che si era separato dai Tazenda da tempo, aveva scoperto circa un anno fa di avere un tumore e della sua malattia aveva parlato in più interviste e durante i suoi concerti. Premiato dai critici a Sanremo nel 1991 per il brano "Spunta la luna dal monte", era in coma da alcuni giorni ed è spirato poco prima delle 6.
Il 22 settembre Parodi era salito l’ultima volta sul palco all’Anfiteatro romano di Cagliari per un concerto-omaggio alla carriera dell’artista sardo-ligure considerato una delle figure centrali della scena sarda e nazionale. Insieme con i Tazenda, l’inconfondibile voce di Andrea Parodi aveva intonato "Desvelos", un brano breve e inteso fatto proprio per esaltare le sue doti canore. Poi una serie di classici: da "Carrasecare" a "Sa Festa", da "A sa zente" a "Non potho riposare", da "Disimparados" a "Pitzinnos in sa guerra" (nato da una collaborazione con Fabrizio De Andre’). Il finale, tra lunghi applausi, era stato dedicato a "Nanneddu meu" e ad una suggestiva versione vocale del "Deu te salvet Maria", l’Ave Maria in sardo.

Un giovane uomo, un artista apprezzato che se ne è andato.
Io lo avevo conosciuto, nella preadolescenza, quando frequentava le medie Boselli a Savona, città del padre.
A distanza di anni l’ho rivisto famoso, sul palco di Sanremo.

Lo scorso anno, l’ho ricordato così.

Savona, 18/12/2006

Ieri ho casualmente saputo che Andrea Parodi non e’ più con noi.

Capita spesso che la nostra immaginazione venga colpita da avvenimenti drammatici, di persone visibili, dalle quali ci sentiamo improvvisamente attratti, e nel momento più doloroso troviamo la forza di partecipare attivamente.
Eh si, scrivere di qualcuno o di qualcosa significa rendere immortale quel momento e quindi la partecipazione diventa cosa concreta.

Ma io Andrea lo avevo conosciuto in tempi non sospetti e voglio dire cosa ricordo di lui.

Anzi, partirò dal momento in cui l’ho visto alla televisione, ormai uomo, e ho pensato: ”…ma io quello lo conosco…”. Dopo aver sentito il suo nome ho avuto conferma.
La conoscenza con Andrea risale al tempo delle medie, Istituto Boselli (ora Pertini), lui un anno più grande.
La città di cui parlo e’ Savona.

Il mio ricordo e’ molto circoscritto, relativo ad un solo inverno.

Facevo 1°media , ed era il momento in cui si incominciava ad apprezzare il mondo femminile e le compagnie.

Vivevamo “per strada” ed i genitori non erano così pressanti come lo sono adesso io con i miei bimbi.

I pericoli non esistevano o perlomeno non ci si pensava.
Forse nemmeno i compiti esistevano, almeno per noi.

Quando si e’ molto giovani anche un anno di differenza sembra un’eternità e davvero non ricordo come mi ritrovai assieme ad Andrea e ad altri in un gruppo davvero eterogeneo.

Le mie immagini indelebili sono rivolte ad alcuni pomeriggi che passavamo in casa di una certa Cinzia.

La casa era miracolosamente libera e noi maschi giocavamo con le femmine tra le tante camere.

Niente da non poter raccontare… qualche bacio alla francese (per me i primi, ovviamente) e niente più… almeno credo.
Tra di noi c’era appunto Andrea Parodi.
Il suo viso era esattamente quello che poi ho riconosciuto in TV, a distanza di secoli.
Ricordo bene il suo accento.

Non era tipico savonese , ma era più genovese e sono queste differenze capibili solo da noi liguri.

Associando il suo modo di parlare al suo cognome, avevo pensato che fosse davvero di Genova.
Parlava in continuazione e, non vorrei sbagliare, ma mi pare fumasse molto già a quell’età.
Ricordo una certa allegria e positività che lo faceva apparire un compagnone, trainante nel gruppo.
Ma la cosa che ho impressa adesso, mentre scrivo, e’ il suo sorriso, che ho ben presente abbinato agli occhi scuri.
Sto parlando di 38 anni fa e se a distanza di tanto tempo mi sono rimasti freschi questi particolari, beh,  qualcosa Andrea mi ha lasciato!

Ritrovarlo su un palco, conosciuto da tutti, mi ha fatto effetto e ricordo di aver pensato:” Ma cosa c’entra lui con la Sardegna? Non era genovese?”

L’ho rivisto dal vero, ormai famoso, una giornata d' estate, a Savona, in Corso Italia, intento a fare shopping.

Non ho avuto il coraggio di avvicinarmi… per dirgli cosa? Ti ricordi quando eravamo bambini?

Ora ho casualmente scoperto che se ne e’ andato e d’impulso mi e’ venuta la voglia di ricordarlo.
Non per la sua musica, da cui non sono particolarmente attratto, ma perché capita nella vita, che un piccolo, breve, insignificante (rispetto alla lunghezza della nostra esistenza) momento, una minuscola conoscenza, un’impercettibile presenza, possa lasciare un ricordo che dura una vita.
Questo e’ il mio saluto… Andrea.