venerdì 29 aprile 2022

Muzak: è uscito l'album “Songs from a lonely planet”


Oggi propongo un album uscito nel mese di marzo dal titoloSongs from a lonely planet”, dei Muzak, band spezzina le cui origini risalgono ad oltre dieci anni fa.

Per rispondere alla solita domanda relativa al genere proposto, raccolgo le dichiarazioni del leader della band, Marco Giannetti, che chiosa: “Il progetto Muzak raccoglie influenze progressive metal, traendo spunto da gruppi come Porcupine Tree, Riverside, Jethro tull e Dream Theatre”.

La sensazione è quella che siamo di fronte ad un progetto fortemente condizionato dall’inattività che ha colpito il mondo negli ultimi tempi, quel… tempo per riflettere che ha fatto sì che, in questo caso, una band si ricomponesse e in uno spazio temporale ridotto - meno di un anno - potesse nascere - finalmente - un disco corposo, per forma e quantità, e segnalo che non è usuale proporre un disco della durata di 76 minuti!

Il significato del racconto in musica è delineato ancora dai protagonisti:

<< Songs from a lonely planet” è la storia di un viaggio alla scoperta di sé, ma è anche la più classica delle storie d'amore.

Il nostro alieno errante correrà attraverso le galassie insieme al suo fedele computer di bordo ste126 che lo accompagnerà di pianeta in pianeta in un'avventura che lo cambierà profondamente.

Muzak è il pianeta da cui proviene, da cui fugge e sul quale finalmente tornerà. Songs from a lonely planet è un inno per viaggiare!>>.

Musicalmente parlando il disco propone un mix omogeneo a base di rock, a volte duro, calmierato da frammenti di flauto traverso che riportano ad un amore ancestrale rivolto a Ian Anderson, ma dalla biografia a fine articolo si intravedono i numi tutelari dei componenti la band.

Album concettuale, dove si apprezza la ricerca di un certo modus melodico che va a sostegno del ritmo a volte forsennato: un esempio su tutti quello di “I Find Myself”, oltre otto minuti di aggressione - positiva - sonora, ma con l’uso di un “cantato” che dopo il primo ascolto non ti abbandona più!

Un buon virtuosismo personale unisce gli intenti della band, ma non sono presenti eccessi rilevanti dal punto di vista strumentale e tutto appare finalizzato all’ottenimento di un suono amalgamato.

A giudicare dai video proposti sul canale youtube - a seguire il link - anche la fase live deve dare grosse soddisfazioni all’audience e quindi attendiamo al varco i Muzak, sperando di ascoltarli/vederli su di un palco.

Ma dopo queste mie indicazioni volutamente minimali, suggerisco l’ascolto totale fruibile a questo link:

https://open.spotify.com/album/46Miw8iwfsoBx38VSAhhLq?si=2sJydiTpToebgkDxKlXYLg

A conclusione del commento ecco il pensiero conclusivo di Marco Giannetti, driver del gruppo: “Tengo particolarmente a questo progetto perché lo vedo come una delle tante evoluzioni possibili del filone creato da Ian Anderson, il futuro della sua musica, un lascito, un retaggio artistico”.

Tutto chiaro vero?

Un’ultima segnalazione è dedicata a Sofia Bianchi, la cui partecipazione al progetto apre orizzonti poco conosciuti, dato il suo strumento - il basso - e il genere musicale - la famiglia del rock - nonché la giovane età. A sentimento la sua formazione dovrebbe essere di stampo classico - ma potrei sbagliare! -, a rimarcare una linea sottile tra generi musicali divenuti immortali.

Un piccolo esempio:


Tracklist

1. Intro (1:34)

2. I Feel (7:00)

3. Seduction (7:09)

4. Journey Has Just Begun (6:05)

5. A Big Time Waster (6:55)

6. Ste 126 (6:52)

7. And You Forget (5:54)

8. Falling Like A Rainbow (6:35)

9. I Find Myself (8:07)

10. My Head (8:00)

11. My Friend (5:22)

12. Reflection (8:09)

 

Lineup

Marco Giannetti-voce, flauto chitarra acustica

Enrico Montaperto- chitarre

Sofia Bianchi-basso e voce

Matteo Gigli-batteria


Un po’ di storia dei Muzak…

I Muzak nascono nel 2011 dall'incontro tra Enrico Montaperto alla chitarra elettrica, musicista appassionato di Dream Theatre e Davide Tonelli, batterista dotato, ipertecnico, preciso e appassionato anch'egli di Dream Theatre e di tutto ciò che concerne il progressive metal.

Per caso vengono in contatto con Marco Giannetti, flautista, cantante e chitarrista di formazione classica, che impara ad amare prima il jazz e poi il prog anni ‘70.

Si incontrano e durante una prova scrivono praticamente nella sua versione definitiva il brano "Seduction".

Entusiasti del risultato si iniziano a vedere con continuità e scrivono altri quattro brani. Il genere è un "sui generis" che cavalca l'onda del prog metal senza troppo somigliare ad altre band molto conosciute.

L'alchimia funziona e i tre decidono di inserire un basso, necessario a supportare i giochi ritmici di Davide.

La band prosegue coesa per diversi anni realizzando in tutto sei brani che propone nel corso dei live.

Nel 2014 il gruppo si scioglie per divergenze artistiche ma, poco tempo dopo, Marco e Davide creano una sorta di Muzak 2.0, con altri due elementi tra cui spicca la figura di Sofia Bianchi, bassista, contrabbassista e cantante.

Il progetto dura poco tempo senza aver mai la possibilità di calcare un palco e così i Muzak chiudono i battenti.

Nel 2021, in piena pandemia, Marco richiama all'appello la band, come nel film Blues Brothers: Davide, Enrico e Sofia, e nel giro di nemmeno un anno registrano ben undici brani e pubblicano a marzo 2022 il disco “Songs From a Lonely planet”.

Il loro obbiettivo è di far conoscere la propria musica a tutto il mondo!


Link utili

https://www.youtube.com/channel/UCbIZ9tlAFN_IWe5aCOK_AhQ

https://linktr.ee/muzakgroup?fbclid=IwAR3ywUFAOOsSYUG_siluZaSIY_Nm4sP11YhPJ2u2LiAELjG2cz6w-rOkvTA

https://www.facebook.com/muzakgroup




sabato 23 aprile 2022

Una vecchia intervista a Glenn Cornick (2007) riproposta oggi, nel giorno in cui avrebbe compiuto 75 anni


Il 23 aprile del 1947 nasceva Glenn Cornickbassista dei Jethro Tull che contribuì alla realizzazione dei primi tre album, abbandonando la band nel 1970, dopo l'uscita di “Benefit”.
In quell'anno era venuta a galla una sorta di incompatibilità di carattere fra Cornick e gli altri membri del gruppo e il manager Terry Ellis lo invitò ad abbandonare la band, non prima però di averlo aiutato a trovarne un'altra, i Wild Turkey, che ebbero un discreto successo all'epoca e comparvero anche come gruppo di supporto nei concerti dei Tull.
In seguito si spostò a Berlino per poi stabilirsi negli States dove incontrò Bob Welch, ex dei Fleetwood Mac, e con cui lavorò fino al 1977, anno in cui Cornick abbandonò il mondo della musica per circa dieci anni, diventando manager di un'impresa alimentare. Successivamente Cornick si é rituffato nella musica, attraverso molteplici progetti, lavorando anche con alcuni membri dei vecchi Wild Turkey con i quali pubblicò altri tre album.
Ci ha lasciato il 29 agosto del 2014, a 67 anni, a causa di un attacco di cuore.

Io avuto l’opportunità di conoscerlo, ed è stato gratificante realizzare con lui la seguente intervista.
Era il 2007, ma mi sembra comunque un documento interessante da riproporre.

Scrivevo in quel lontano mese di marzo...

Ho conosciuto Glenn Cornick nel settembre scorso, alla Convention dei Jethro Tull a Novi Ligure. Conosciuto e’ una parola grossa.
Diciamo che ho ottenuto un autografo, mi sono fatto fotografare con lui e la sua disponibilità ha fatto si che nei mesi successivi io abbia provato a scrivergli per stabilire un contatto.
Non avevo scopi particolari, tranne il piacere di avere un punto di incontro con un ex Tull, il gruppo della mia vita.
La sua cortese risposta ha confermato le mie prime impressioni e mi ha incoraggiato a porgli qualche domanda.
L’esigenza nasce dalle mie recenti letture sul mondo della musica, letture che hanno fatto scaturire qualche quesito che richiedeva la risposta di un esperto.
Ma non di uno di quei giornalisti che, beati loro, sanno tutto di tutti, ma di uno che ha vissuto i fasti del rock anni '70 e che ancora continua a vivere immerso nella musica.
Gli scrivo e gli propongo l’intervista via mail .
Mi risponde in modo solerte e prende il tempo tecnico per dirmi la sua.
Lo fa in due puntate, ma nello spazio di una settimana completa il lavoro.
A me francamente sembra incredibile e non posso fare a meno di notare sul desk top del mio PC (anche mentre scrivo, adesso) che lui era accanto a Ian Anderson, Martin Barre e Clive Bunker, sul palco dell’isola di Wight, quando io iniziavo ad avvicinarmi concretamente alla musica.



Grazie Glenn per la tua disponibilità. Partiamo con qualche domanda di carattere generale.
Da un po’ di tempo mi sto dedicando a letture relative ai grandi musicisti nati alla fine degli anni '60, alcuni dei quali ancora in piena attività..
Emerge come tantissimi musicisti di valore siano nati nello stesso periodo, magari compagni di scuola.
Come spieghi questo prolificare di talenti musicali, nello stesso periodo, tutti arrivati al successo e tutti a cavallo tra il '60 ed il '70?
Quali differenze ci sono oggi rispetto ad allora?

Ora tutti hanno a disposizione un enorme quantità di materiale e molte possibilità.
Noi agli inizi non sapevamo molto e dovevamo reinventarci ogni giorno, per poter proseguire. Per questo motivo uscivano fuori un sacco di nuove idee.
E’ molto più difficile ora, dal momento che negli ultimi 40 anni e’ stato fatto tantissimo. Inoltre, in quei giorni c’era un grande palcoscenico musicale per chi intendeva sviluppare nuove idee e tutti i musicisti erano amici ed era consuetudine incoraggiarsi l’un l’altro, traendo da ciò grande ispirazione.

Le stesse letture forniscono un altro elemento comune (forse i Tull erano differenti in questo) e cioè la vita dissoluta, piena di eccessi, senza nessuna cura della propria salute fisica e mentale. Credi che questa sorta di autodistruzione fu per molti un passaggio obbligato per raggiungere il successo? Pensi che l’abuso di sostanze illegali fosse giudicato dagli artisti necessario per migliorare le performance e la creatività?

J.T. é stato un gruppo molto”pulito”. Quasi nessuna droga e pochi party. Se così non fosse stato non avremmo potuto sopravvivere.
Quando eravamo in tour in America suonavamo in 30 città diverse in 30 giorni. Dovevamo tornare in hotel attorno alle 23 ed alzarci al mattino alle 6 per la colazione e subito in aeroporto per un altro volo in una nuova città. Appena atterrati ci recavamo nel luogo in cui ci saremmo esibiti la sera, per assicurarci che ogni cosa fosse a posto e fare il sound check.
Dopo tutto questo rimanevano 3 o 4 ore per riposare nel pomeriggio, in un hotel che poi lasciavamo alle 19, per tornare “al lavoro”.
Come puoi intuire, non avanzava tempo per qualsiasi altra cosa che non fossero i concerti e la loro preparazione.
Non posso parlare per gli altri, ma io suono meglio quando ho il pieno controllo di me stesso. Mi piace bere 1 o 2 birre prima di salire sul palco, ma non più di questo.
Ho visto molti amici morire a causa dell’abuso di alcool e droga, e questo mi rattrista, ma devo pensare che sia stata una loro scelta.

E ora qualcosa di più personale.
In Wikipedia, alla voce Glenn Cornick”, é raccontata la storia secondo cui la tua separazione dai Tull avvenne per una sorta di incompatibilità di carattere tra te e gli atri membri del gruppo che avevano un stile di vita totalmente differente dal tuo, essendo tu più portato al divertimento e alla ribellione”.
Cosa significa questo, ammesso che sia vero: estrema rigidità di comportamento da parte del resto della band, difficoltà di coabitazione con Ian o desiderio di provare a “camminare da solo”?

Non mi e’ mai stato detto il motivo per cui sono stato licenziato dalla band. Certo, avevo molta voglia di divertirmi, ma questo non rappresentava un problema per gli altri, tranne che per Ian.
Clive e John sono ancora due tra i miei migliori amici e mi piace molto Martin, sebbene non abbia molte occasioni per vederlo.
E’ stato detto che ero una persona incline alle feste, ma se guardo all’evoluzione del gruppo nel corso degli anni, mi vengono in mente persone dedite ad alcool, alla droga e “cacciatori di femmine” che mi hanno superato e sono andati ben oltre il mio limite massimo.

Quale pensi sia stato in assoluto il miglior momento dei Jethro Tull?

Secondo me il periodo migliore e’ quello dei “miei” ultimi mesi, quando abbiamo fatto “Benefit” e abbiamo suonato alla Carnagie Hall e alll’Isola di Wight.
La mia uscita é coincisa con la chiusura di un ciclo ed il passaggio dei J.T. da Rock and Roll band a gruppo immerso nel grande circo dello show businnes.

E quale il miglior bassista?

Scusami, ma per la musica dei J.T. nessuno e’ stato meglio di me.
Una volta qualcuno mi chiese in quali canzoni dei Tull avessi suonato ed io risposi: ”Se ascoltando una canzone dei J.T. senti il basso cantare, allora sono io che suono”.

Ti ho visto suonare alla Convention di Novi con alcuni dei tuoi ex compagni , ma anche con John Weathers, ex Gentle Giant. Come nascono queste collaborazioni tra musicisti?
È solo rispetto e stima o gioca un ruolo importante l’amicizia?

Pugwash fu il primo batterista dei Wild Turkey prima di passare ai Gentle Giant, così suonare con lui alla Convention eéstata una specie di riunione.
Tu sai che ora soffre di sclerosi multipla e quindi non può occuparsi in toto della batteria e questo é il motivo per cui ha suonato le percussioni. È stato il mio batterista preferito, da sempre. E poi e’ sempre divertente suonare con vecchi amici.

Esiste l’amicizia nel mondo della musica rock?

Sì, sebbene non penso ci siano molte opportunità attualmente, dal momento che non ci sono molti posti, club o altro, dove i musicisti posso incontrarsi.
Nel 1969 a Londra, ogni musicista era amico di ogni altro musicista e ognuno cercava di vedere le performance degli altri, aiutando chiunque ne avesse bisogno.
Era veramente come una grande famiglia .
In USA avevamo uno speciale legame di amicizia con Mountain ed eravamo soliti arrangiare i nostri pezzi assieme. Un giorno chiudevamo il loro show ed il giorno dopo loro chiudevano il nostro. Non c’era competizione tra noi.

Per molti anni sei stato fuori dallo star system. Perchè? Mancanza di motivazione e delusione o le tue priorità sono cambiate e hai preferito dedicarti alla famiglia?

Non ho mai smesso di suonare ma, sfortunatamente, non sono riuscito a trovare nessun grande progetto a cui lavorare. Negli ultimi 30 anni ho spaziato in tutta la California, seguendo progetti differenti e divertendomi un sacco a suonare.

Che cosa hanno rappresentato per te i Wild Turkey e che cosa rappresentano in questo momento?

Wild Turkey e ‘stata davvero la mia chance di fare la musica che amo e mi ha dato l’opportunità di suonare con grandi musicisti.
Nel nuovo album ho potuto scrivere quasi tutti i pezzi e ho anche disegnato la cover e così e’ diventato un vero progetto personale.

Come è oggi il tuo rapporto con Ian Anderson?

Non siamo mai stati amici intimi, sebbene non ci sia mai stato un rapporto… sgradevole tra di noi.

Ho sentito differenti definizioni di “Progressive Music”. Tu come la definiresti?

Negli anni '60 e '70 il” progressive rock non era il genere il principale e quindi non era interpretato da tutti quelli che suonavano, ma oggi con questo termine si vuole identificare gruppi che suonavano o suonano canzoni molto complesse, divise in diverse sezioni spesso complicate, nella scrittura ed esecuzione.
Io non sono un amante del Prog Rock e non penso che tra le cose che ho scritto ci sia veramente musica prog, secondo gli standard tradizionali. Preferisco le canzoni molto più dirette. Io penso che sia molto più difficile scrivere canzoni corte, semplici, ma buone canzoni, e quello che cerco di fare é scrivere pop songs che possano durare nel tempo.

Pensi che i Jethro Tull possano essere stati considerati a tutti gli effetti una band di Rock Progressive, oppure... come li definiresti?

Credo che nessuno dei pezzi dei Tull dei “miei tempi” si possa definire progressive secondo gli attuali canoni e fu soltanto con “Thik as a Brick” che J.T. diventarono una “prog rock band”.

Quali sono i tuoi progetti futuri?

Spero di poter continuare a suonare con i Wild Turkey. Vorrei poter registrare molti album e fare molti tour. Sento di poter scrivere come non ho mai fatto in vita mia e che l’ultimo album,”You and me in the Jungle” sia la cosa migliore che abbia mai fatto.

Un ultima domanda, qual é il tuo concetto di felicità, applicato alla musica?

Musica e felicità? La cosa più importante é essere felice delle cose che suoni insieme alle persone giuste, ma onestamente é anche bello avere successo e anche... fare un po’ di soldi. Diventare musicisti di successo dà l’opportunità di fare molte più cose e di investire in progetti diversi.

Ringrazio idealmente Glen Cornick , ma non posso rinunciare a proporre il suo pensiero su John Pugwash Weathers, sentimento già espresso in altra intervista, ma che lui ha voluto ribadirmi.

"Pugwash e’ di gran lunga il miglior batterista con cui io abbia mai suonato ed ho voluto coinvolgerlo in questo progetto sebbene, ovviamente, egli non possa suonare la batteria in maniera totale, per i problemi noti.
Ho avuto l’idea di utilizzare una sezione di percussioni nel mezzo della canzone “You and Me in the Jungle”, ma non avevo alcuna idea su come inserirla, così ho chiesto a Pug se avesse voglia di contribuire. E’ venuto in studio e, con l’aiuto di Clive, ha realizzato un grande arrangiamento.
È stata sua l’idea di aggiungere la slide guitar, così ha chiesto a Mick di provare qualcosa e ciò che si ascolta nel disco e’ la prima prova eseguita: il risultato fu talmente buono che non furono necessarie altre registrazioni.
Pugwash é a pieno titolo un membro del gruppo e viene a suonare con noi ogni volta che il suo stato fisico lo consente.
Ha grande talento ed é un meraviglioso aiuto per noi tutti".

Nel corso di questa intervista una domanda verteva sull’esistenza dell’amicizia nel mondo della musica rock e quest’ultima “immagine” dedicata a Pugwash mi pare sia davvero esauriente.
Oppure Glenn e’ davvero diverso?





venerdì 22 aprile 2022

Xavier Boscher: é uscito “Cosmic Variations”

Il commento di oggi si sofferma su di un artista francese - musicista e pittore - la cui storia non conoscevo, Xavier Boscher, che ha rilasciato da poco l’album “Cosmic Variations”, terminando la sua personale tetralogia degli elementi specificata nella biografia a fine articolo.

Boscher è il simbolo dell’autarchia musicale, giacché si occupa in prima persona di ogni aspetto collegato alla sua proposta, non solo la gestione degli strumenti in toto - chitarra in primis -, ma il suo lavoro oltrepassa gli aspetti compositivi per soffermarsi sulla registrazione, sul missaggio e anche sull’artwork.

Tutto questo porterebbe a pensare ad un musicista da “studio”, ma ho trovato in rete filmati in cui è presente la fase live che conferma le skills di questo brillante artista.

L’album è totalmente strumentale ed è di difficile incasellamento, ma lo definirei un rock che, attraverso sonorità ambient, delinea paesaggi e viaggi ad ampio spettro, una situazione definita dall’autore come “viaggio intorno a una galassia che include potenti ritmi metal, suoni cristallini, suono dei bassi fretless con melodie luminose per chitarra elettrica”.

A scandire i vari episodi troviamo brevi commenti che utilizzano il drone per chitarra e che portano le tracce totali a 13.

Sono palesi le competenze di Boscher, ma sarebbe limitativo soffermarsi solo sull’aspetto tecnico, perché la sintesi della sua musica, almeno in questo caso, delinea un viaggio onirico che non lascia indifferenti, e penso che il momento e il luogo scelto per l’ascolto possa fare la differenza.

Come sempre accade quando si tratta di album privi di liriche, la lettura dei titoli dei brani fornisce suggerimenti per la decodifica dei significati primari, ma credo che in questo caso anche una fruizione casuale possa facilmente portare ad entrare in sintonia con i propositi dell’autore, che attraverso l’alternanza di ritmi ed atmosfere disegna un percorso fatto di sogni e di mete da raggiungere, dilatando spazi e tempi, facilitando l’entrata e l’uscita dal film della vita.

Ho apprezzato molto le “variazioni cosmiche” di Xavier Boscher e alla mie parole introduttive aggiungo l’ascolto dei singoli brani, che avverrà cliccando sul nome delle tracce in blu.

Vivamente consigliato!

Bio 

Xavier Boscher è un musicista e pittore francese. Chitarrista, tastierista e bassista, ha composto e pubblicato molti album a partire dal 1999 nel genere progressive rock e metal, per sé stesso e per altri progetti (Nebuleyes, Misanthrope e altro...).

Ha registrato due album con Misanthrope ('Immortel' e 'Recueil d'écueils') e la band è stata in tour in Europa con i Septicflesh.

Inizia la sua carriera solista con lo stile chitarristico pop e rock new-age, scrive anche testi di canzoni e poesie oltre all’attività di compositore.

Nel 2009, Xavier ha fondato la sua struttura, "Orfeo'lab", per promuovere e rilasciare tutto il suo lavoro.

Ha prodotto album per molti artisti pop tra il 2013 e il 2016 (Mlle Julie, Deborah Hofer, Mon ami Mio...). Nel frattempo, il 2017 segna il ritorno di Xavier a una musica strumentale fantasiosa con il decimo album, "Embryogenesis", un concept progressive metal che è stato ben accolto dai recensori metal prog-rock di tutto il mondo.

L'anno 2018 è stato ricco di nuove uscite. Prima di tutto un EP sugli animali 'Zoologica Duodecim', inoltre, “Eternity”, undicesimo album che include otto tracce di rock progressivo strumentale con melodie di chitarra incantate e synth mozzafiato. Infine, è uscito nel febbraio 2019 la seconda parte di “Zoologica Duodecim”.

Il 2019 vede la registrazione di un nuovo album in parallelo con la celebrazione dei 10 anni di esistenza della sua etichetta e il 2020 con l'uscita di un singolo con il primo dipinto di Xavier illustrato, terzo EP della serie Zoologica, “Zoologica Duodecim #3” e un nuovo album a novembre, “Waterscapes”.

2021: il 13 ° album, "Earthscapes", è stato pubblicato a luglio e "Firescapes" alla fine dell'anno.

Nel 2022, il 15 ° album 'Skyscapes' termina la tetralogia sugli elementi ed è stato rilasciato il 24 gennaio, seguito da “Cosmic Variations”, un nuovo viaggio strumentale in una galassia.

Line-Up:

Xavier Boscher – tutti gli strumenti



Tracklisting (cliccare sul titolo per ascltare)

1. Sea Serpent

2. Echo 1

3. Compass onArgonauts Ship

4. Echo 2

5. Reticulum

6. Echo 3

7. Denebola

8. Echo 4

9. Pleione

10. Echo 5

11. Astrophel

12. Echo 6

13. Stellan 

Totale: 49’


 Artista: Xavier Boscher

Titolo: Cosmic Variations

Formato: Handmade CD / Digital HR

Genere: Atmospheric Instrumental Metal

Label: Orfeo’lab

Uscita: 7 marzo 2022


Composto da Xavier Boscher

Registrato da Xavier Boscher

Missato e Masterizzato da Xavier Boscher

Artwork © Andréa & Xavier Boscher


Album teaser: https://youtu.be/RC-ru8Wsi88

Order album: https://orfeolab.lnk.to/CosmicVariations

https://xavierboscher.bandcamp.com/album/cosmic-variations

Single ''Sea Serpent'': https://orfeolab.lnk.to/SeaSerpent


Links

Website: https://www.xavierboscher.com

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Youtube: https://www.youtube.com/channel/UCs6N9elFaknPGnf8Q-a0iVQ 

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