I leggendari krautrocker Can
pubblicheranno Live In Aston 1977 nel mese di maggio
Le leggende del krautrock Can
hanno pubblicato un estratto dal loro prossimo album Live In Aston del
1977.
Live In Aston1977 è l'ultimo di una serie di uscite live della band attraverso
Mute Records e Future Days Records (la nuova etichetta europea creata da Spoon
Records) e uscirà il 31 maggio.
Segue l'uscita di CanLive in Brighton 1975, Can
Live in Stuttgart 1975, Can Live In Cuxhaven 1976 e Live in Paris
1973.
Live In Aston1977 cattura la band in uno strano momento della loro carriera.
Il bassista Holger Czukay era passato ad esibirsi con la band in quello
che è accreditato come "radio a forma d'onda e suoni specifici".
Fu sostituito al basso da Rosko Gee dei Traffic (all’epoca il
percussionista dei Traffic Rebop Kwaku Baah si unì anche ai membri della band
Czukay, Irmin Schmidt, Jaki Liebezeit, Michael Karoli).
L'allora nuovo album dei Can, Saw Delight, non
ricevette buone recensioni dai media dell'epoca. La line-up con Gee e Kwaku
Baah avrebbe continuato a registrare altri due album con la band, Out Of
Reach (1978) e l'omonimo Can (1979) prima di sciogliersi.
Live In Aston1977 sarà disponibile in doppio vinile, 2 x CD e in digitale.
Quando si trattava di Johnnie Ray nomignoli e
definizioni si sprecavano: “il cantante che singhiozza”, “il pianto
cherende tanto”, “la lacrima da un milione di dollari”,
“l’anello mancante tra Frank Sinatra ed Elvis Presley”. Apparecchio
acustico bene in vista sotto capelli abbondantemente spalmati di brillantina,
Ray sapeva spezzare i cuori degli ascoltatori con ballate cariche di passione,
mentre la sua presenza scenica esagitata e un po’ naif scatenava negli
adolescenti le prime vere urla d’entusiasmo.
Nell’aprile del 1955, proprio mentre il suo
ultimo successo strappa lacrime, If You Believe, stava
scalando le classifiche, il cantante volò verso la Gran Bretagna per creare
pathos e turbare le folle. “Il posto acccanto al mioera
vuoto perché un’amica non era potuta venire”, ricorda Erika
Lewis che all’epoca era una studentessa e adorava
Ray. “Così, quando attaccò Walking My Baby Back Home venne
a cantare vicino a me. Ero imbarazzatissima, ma anche molto emozionata.
All’epoca lui era all’apice della popolarità”.
Ma Johnnie Ray non piaceva solo alle ragazze. “Possedeva
una carica che non ho più rivisto in nessun musicista”, ha ricordato Nic
Cohn nella sua celebre storia del rock’ n’ roll intitolata Awopbopaloobop
Alopbamboom
Per avere un’idea di quale fosse lo strano e variegato
programma del musicista rock medio di metà anni ’70, ecco cosa accadeva ai Procol Harum nell'ottobre del 1973. L'8 si esibirono
al teatro Salle Pleyel di Parigi, in Francia, con una capienza di 2000 posti.
Il 19 erano in Germania per suonare al Münsterland, un centro congressi da 7000
posti a Halle, con il supporto del grande chitarrista Leo Kottke.
E, nel frattempo, si proposero nei grandi magazzini Biba a
Londra.
A seguire un filmato dei Procol
Harumcaricato sul canale YouTube relativo
allo show “The Midnight Special” e non poteva esserci niente si più classico di
“A Whiter Shade Of Pale”.
Secondo l'ingegnere del suono dei Procol Harum, David
Pelletier, la band accettò di suonare lo show al Biba solo perché credevano che
sarebbe stato trasmesso dal vivo, ma alla fine fu registrato "come
live" e finalmente mostrato negli Stati Uniti il 30 novembre. Questo colpo
potrebbe essere stato ammorbidito o meno dalla presunta presenza dell'uomo dei
Roxy Music Bryan Ferry, presumibilmente vestito con smoking bianco e ghette.
Originariamente pubblicato nel maggio 1967, A Whiter Shade
Of Pale ha debuttato arrivando subito al numero 11 nel Regno Unito,
raggiungendo la vetta una settimana dopo. Il singolo rimase al numero 1 nel
Regno Unito per sei settimane e rimase in classifica per 15. Nei primi due mesi
furono registrate due milioni e mezzo di vendite in tutto il mondo, e ora ne ha
vendute più di 10 milioni.
"Se hai intenzione di avere una hit che ti accompagni
per sempre", disse il suo co-autore e cantante, il compianto Gary
Brooker, "allora non puoi desiderare che sia diversa da quella".
La fase embrionale dei savonesi MINDLIGHT
risale a moltissimi anni fa, quando uno sparuto nucleo di giovani si tuffa su composizioni
inedite strumentali che sfoceranno nel primo demo autoprodotto.
Per conoscere qualche dettaglio in più sull’evoluzione della
band è sufficiente cliccare sul link a seguire, dove si potrà leggere la
biografia ufficiale e ascoltare/guardare il video relativo all’album uscito lo
scorso novembre, “N.A.M.I.”, loro primo lavoro…
La domanda che nasce spontanea quando ci si avvicina ad
un gruppo che propone un “lavoro primo” riguarda il genere proposto, perché
anche se si combatte spesso la necessità di abbattere le comuni etichettature,
avere qualche indicazione tratta dal manuale dell’ortodossia musicale può
indirizzare le scelte d’ascolto, anche se facilmente alimenterà la ritrosia nei
confronti del “non conosciuto” da parte dei tanti “maestri del pregiudizio”.
Mi permetto di utilizzare un termine di riferimento tra
quelli noti perché è quello autodichiarato, e si rifà alla musica metal
con venature prog, ovvero il Progressive Metal.
È questo uno di quei casi azzeccati, in cui la definizione si
sposa alla perfezione con quanto si andrà ad ascoltare, ma… immaginiamo (è
auspicabile) un approccio casuale di un lettore casuale, di un’età casuale, di
una formazione musicale casuale… come fargli capire a cosa sta per andare
incontro?
Il prog metal fonde l'heavy metal con il progressive rock, e
mentre è facile accettare lo sgomento davanti al termine “prog”, credo che il
concetto di “metal” sia più alla portata di tutti, perché il solo evocarlo
conduce ad una certa aggressività, a volumi importanti e al predominio
elettrico-chitarristico. La musica
progressiva propone caratteristiche molto diverse che attingono ad un
repertorio talvolta classico, sicuramente complesso nella sua costruzione.
Non sto divagando, mentre proseguo la mia improbabile opera
didattica e didascalica nella mente ho l’album “N.A.M.I.”, che ho appena
ascoltato tre volte (il mio tempo minimo per rilasciare un commento), e al cui
interno ho ritrovato in pieno la magnificenza e la difficoltà di costruzione di
un disco che sintetizza i due importanti filoni musicali.
Il primo lavoro dei MINDLIGHT presenta una decisa complessità
strumentale e compositiva, con strutture non convenzionali, assoli elaborati,
predisposizione alla contaminazione e ritmi composti che caratterizzano da
sempre il lavoro di Luca Grosso.
Emerge quindi l’abilità dei componenti il gruppo sullo
strumento di riferimento, con sfoggio di virtuosismo ma inserito in un contesto
gruppale che appare molto più difficoltoso da realizzare rispetto alle magie
personali.
In questi casi è davvero complesso immaginare il messaggio nascosto
tra le pieghe delle liriche - peraltro in lingua inglese -, ovvero se esista una
concettualità nell’iter costruttivo o se ogni brano abbia vita a sé stante.
È venuto in mio soccorso il frontman Davide Garbarino a cui
ho chiesto lumi sui testi proposti dalla band, ed è emerso un grande impegno
anche da quel punto di vista. Questo il suo racconto…
In un futuro non troppo lontano, un'associazione
medico/scientifica internazionale scopre di riuscire ad ottenere la modifica
cellulare del corpo umano semplicemente attraverso la combinazione di una serie
di parole. Dalla rigenerazione dei tessuti all'eliminazione delle malattie
neurodegenerative, dalla crescita muscolare allo sviluppo intellettivo: sembra
che ogni “difetto” della macchina umana possa essere finalmente debellato e
allo stesso tempo si possa applicare ogni tipo di miglioramento... al costo,
però, della totale cancellazione della sfera emotiva dalle proprie cellule
cerebrali: viene così presentato al mondo il progetto N.A.M.I., acronimo di
“Naturally Automized Man-like Individuals”.
Il protagonista della storia, sottopostosi volontariamente
all'esperienza di deumanizzazione in quanto malato terminale, nota che il suo
corpo è collegato tramite tubi di silicone ad una struttura in vetro e metallo
e, successivamente, al cuore di una ragazza la quale sembra dormire all'interno
della stessa: si tratta di Nami, la figlia del boss dell’organizzazione, nata
senza cuore e ricettacolo di tutte le emozioni sottratte ai pazienti al fine di
consentirne la sopravvivenza.
All’avvio del processo, la ragazza apre gli occhi e incrocia
lo sguardo del protagonista: un lampo multicolore, e il buio.
Al risveglio, gli viene rivelato lo scopo secondario di
questo processo: creare l'esercito perfetto, composto interamente da individui
privati di ogni scrupolo, in vista di un golpe su scala mondiale.
Col passare del tempo, però, il protagonista sente crescere
dentro di sé una inaspettata sensazione di disagio che lo porta a farsi delle
domande e a dubitare della buona riuscita dell’esperimento: andando più a
fondo, realizza che proprio lo scambio di sguardi con Nami ha (ri)creato in lui
il sentimento dell’amore, senza andare però a compromettere la totale
remissione della malattia.
La copertina del CD sta a rappresentare l’ultima scena
narrata nella trilogia, ovvero il nostro eroe che si appresta a tornare alla
libertà e ad affrontare la luce di un nuovo giorno.
Nove tracce, cinquantaquattro minuti di sonorità aspre e
ritmicamente esasperate - che lasciano presagire live coinvolgenti -, conditi
da tocchi virtuosistici e pennellate di elegante rock classicheggiante, con una
ballad centrale il cui titolo - Let The Roses Bloom - e la conduzione “morbida”
indirizzano verso una strada opposta al reale contenuto, trattandosi delle ultime
parole di un omicida rivolte alla propria vittima.
Ottimo album che consiglio agli amanti del genere e che è
possibile ascoltare cliccando sui titoli a seguire…
Compie gli anni
oggi, 21 aprile,Marcello Todaro,chitarrista storico delBanco del Mutuo Soccorsofino al 1973. Successivamente fa parte di una sorta di supergruppo assieme all'exPFMGiorgio Piazza,ma il progetto ha vita breve.
Continua a
collaborare con il Banco come fonico,per
qualche anno, poi diventa unapprezzato
produttore.
Da anni vive in
America, e torna spesso come collaboratore di Umbria Jazz. Molto amato dai fans
del Banco, soprattutto perchéha
suonato nei primi tre "capolavori" del gruppo, l'ultimo in ordine
cronologico, "Io sono nato libero",
che non deve mancare in nessuna discografia e collezione di musicadegna di questo nome.
Il co-fondatore della Allman Brothers Band, il cantante e
chitarrista Dickey Betts, è morto giovedì
mattina (18 aprile) a 80 anni dopo una battaglia contro il cancro e la
broncopneumopatia cronica ostruttiva, secondo The Hollywood Reporter.
"È con profonda tristezza e con il cuore pesante che
la famiglia Betts annuncia la serena scomparsa di Forrest Richard 'Dickey'
Betts all'età di 80 anni. Il leggendario artista, cantautore, bandleader e
patriarca della famiglia era nella sua casa di Osprey, in Florida, circondato
dalla sua famiglia. Dickey era più grande della vita e la sua perdita sarà
sentita in tutto il mondo. In questo momento difficile, la famiglia chiede
preghiere e rispetto per la loro privacy nei prossimi giorni. Maggiori
informazioni saranno disponibili al momento opportuno".
La band stessa ha anche condiviso un tributo a Betts sul suo
account Instagram dopo che la notizia si è diffusa. "Era appassionato
nella vita, che si trattasse di musica, scrittura di canzoni, pesca, caccia,
canottaggio, golf, karate o boxe", ha condiviso la band, sottolineando
che Betts aveva scritto alcune delle loro canzoni fondamentali, tra cui
"Jessica" e "Rambling Man". "Dickey era all-in ed
eccelleva in tutto ciò che attirava la sua attenzione. ... Suona su Brother
Dickey, sarai per sempre ricordato e ci mancherai profondamente".
Parte integrante del suono paludoso e sconclusionato del
Southern rock degli Allman, Betts si unì ai fratelli Gregg e Duane Allman nel
1969 nel gruppo che i fratelli formarono dopo aver sciolto la loro precedente
band, gli Allman Joys. Prendendo il suo posto accanto ai batteristi Butch
Trucks, Jaimoe e al bassista Berry Oakley - Betts aveva suonato con Oakley
nella band The Second Coming - Betts ha fornito la chitarra solista e
inizialmente ha condiviso la voce con Duane e Oakley prima che Gregg Allman diventasse
il cantante principale e l'autore principale.
Anche se non ha avuto un credito di scrittura per l'album di
debutto omonimo della band del 1969 - che conteneva un mix di cover blues e
originali Allman come "Black Hearted Woman", "It's Not My Cross
to Bear" e il furioso allenamento di chitarra blues "WhippingPost" - ha ottenuto alcuni cenni alla scrittura di canzoni nel loro
seguito degli anni '70, "Idlewild South". Insieme alla sua vivace jam acustica di
apertura dell'album "Revival", Betts contribuì con una canzone che
sarebbe diventata uno dei pezzi forti della band, l'esplosivo allenamento di
sette minuti influenzato dal jazz "In Memory of Elizabeth Reed".
Infatti, nell'album successivo della band, l'iconico album
dal vivo del 1971 “At Fillmore East”, i fan che non avevano ancora assistito
all'esplorativo e ampio spettacolo dal vivo del gruppo sono stati trattati con
una versione di quasi 13 minuti di "Reed" che ha messo in
mostra le influenze jazz e swing occidentali che Betts ha portato in tavola. E,
in linea con la loro crescente reputazione come una delle rock band americane
più sperimentali e imprevedibili, quella lunga passeggiata è stata accompagnata
sul lato quattro da una furiosa "Whipping Post" di 22 minuti.
Come sarebbe accaduto per tutto il mezzo secolo di vita del
gruppo, l'uso di droghe e la tragedia colpirono proprio mentre le cose si
stavano scaldando per gli Allman, mandando Duane e Oakley in riabilitazione nel
1971, pochi mesi prima che Duane, 24 anni, morisse in un incidente
motociclistico; un Oakley scoraggiato si schiantò con la sua moto contro il
lato di un autobus un anno dopo e morì a pochi isolati dal luogo dell'incidente
di Duane.
Mentre l'album ibrido studio-live del 1972 “Eat a Peach”
sarebbe diventato uno dei loro dischi più famosi grazie a cover blues iconiche
come "One Way Out" e "Trouble No More", Betts scrisse e
cantò quello che sarebbe stato l'unico singolo di Allman nella top 10 della
Billboard Hot 100, il punto fermo della radio AM "Ramblin' Man", che
salì al n. 2 della classifica. Betts contribuì anche alla chitarra solista e
slide e alla voce solista nell'album del 1975 “Win, Lose or Draw”.
Betts, nato Forrest Richard Betts a West Palm Beach, in
Florida, il 12 dicembre 1943, è cresciuto ascoltando musica bluegrass e country
da bambino e ha suonato in un certo numero di rock band nel suo stato natale
prima di essere scelto per unirsi agli Allmans.
Durante il suo periodo nel gruppo, l'imprevedibile e baffuto
Betts – che notoriamente ha ispirato il personaggio selvaggio di Russell,
interpretato da Billy Crudup nella fantasia rock di Cameron Crowe Almost Famous
– ha pubblicato una serie di album da solista, a partire da “Highway Call” del
1974, seguito da “Dickey Betts & Great Southern” del 1977 (con una
collaborazione in "Bougainvillea" con l'attore Don Johnson) e, nel
1979, “Atlanta's burning down”, durante la prima pausa del gruppo.
Gli Allmans tornarono nel 1979 per l'album “Enlightened Rogues”, ma le cose andarono di nuovo male e si sciolsero ancora una volta nel
1982. Betts continuò a suonare e ad andare in tour fino al 1989, quando il
gruppo si riformò ancora una volta con un nuovo chitarrista slide della band di
Betts, Warren Haynes. Altri tre album di Allman sono stati pubblicati nei primi
anni '90, anche se Betts non era sempre sul palco con il gruppo quando andarono
in tour più tardi nel decennio e ha suonato il suo ultimo spettacolo con la
band nel maggio 2000 al Music Midtown Festival di Atlanta, dopo di che fu
licenziato per quelle che la band ha soprannominato "differenze
creative".
Il gruppo è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame
nel 1995 e ha ricevuto un premio alla carriera dalla Recording Academy nel
2012. Nel 1996, hanno vinto il loro unico Grammy in concorso per la migliore
performance strumentale rock per una nuova registrazione di "Jessica"
da “An Evening With the Allman Brothers Band: 2nd Set”.
Nel 2017, il chitarrista ha detto a Rolling Stone che,
nonostante l'amaro finale, aveva bei ricordi del suo tempo nel gruppo. "Avrei
fatto qualcosa", ha detto. "Avrei lavorato per qualcuno che si
occupava di paesaggistica. Ero molto pragmatico e laborioso. Ma non sarebbe
stato bello come quello che è successo quando ho incontrato quel gruppo di
ragazzi... Ho avuto una vita fantastica e non ho lamentele. Se potessi farlo di
nuovo, non so cosa potrei fare per renderlo diverso. Ci sono cause legali che
probabilmente avrei potuto affrontare meglio. E allora? Devi metterti in gioco,
lottare e fare del tuo meglio con la tua quantità di tempo".
Betts ha intentato una causa contro i suoi ex compagni di
band per il suo licenziamento e non si è mai più esibito con loro, anche se ha
continuato ad andare in tour con la sua band per diversi anni prima di
ritirarsi dalla musica nel 2017. Betts ha subito un lieve ictus nell'agosto
2018 dopo un breve ritorno in tour nel 2018 con una band che includeva suo
figlio, Duane.
Nel dicembre 2023 Betts ha partecipato a un concerto per
l'80° compleanno in suo onore della Allman Betts Family Revival Band.
Girato per lo show televisivo statunitense “The Midnight
Special”, gli Humble Piestupiscono con una versione live del loro classico “I
Don't Need No Doctor”, con i Black Berries
Nel 1973, il programma musicale statunitense The Midnight
Special aveva abbastanza influenza da trasferirsi brevemente dalla sua sede
abituale agli NBC Studios di Burbank, in California, a Londra, dove un episodio
fu girato nei grandi MagazziniBiba nell'altrettanto alla moda
quartiere di Kensington.
Biba iniziò la sua vita come boutique di moda per
corrispondenza nei primi anni '60 e aprì un negozio fisico dopo che un vestito venduto
fu pubblicato sul Daily Mirror. La sua somiglianza con un indumento indossato
dall'attrice francese Bridgot Bardot richiese 4000 ordini immediati e Biba li
soddisfò. Nel 1973 Biba si trasferì in locali più grandi, dove guidò la rivolta
del glam rock contro l'hippy con sette piani di prodotti desiderabili e attirò
un milione di clienti a settimana. E attirò anche gli Humble Pie.
Insieme a Steve Marriott e soci e ai coristi Black Berries
(Oma Drake, Jesse Smith e Clydie King) nello show c'erano i Procol Harum, Alvin
Lee e Mylon LeFevre, insieme ai folk Steeleye Span. E mentre l'intero
spettacolo è stato caricato sul sempre glorioso canale YouTube di The Midnight
Special a febbraio, è la cover degli Humble Pie di “I Don't Need No Doctor” di
Ray Charles – originariamente pubblicata dalla band due anni prima sull'album “Performance
Rockin' the Fillmore” – che è diventata il momento clou, perché presenta gli Humble
Pie nella migliore forma possibile.
"Wow!" esclama un commentatore. "È
il 9 aprile 2024 e sto ascoltando questa straordinaria esibizione e la voce di
Steve Marriott mi ha fatto alzare ogni pelo sulle braccia e salutare uno dei
più grandi cantanti di tutti i tempi! WOW!"
"Questo è il miglior filmato che ho visto della band",
aggiunge un altro. "Stellare."
"Cosa?! Da dove viene?", si chiede un
follower "Ho guardato tutti gli speciali di mezzanotte e non l'ho mai
visto prima! Ho visto i loro “In Concert” e le apparizioni di Don Kirshner, ma
questo è il miglior filmato dal vivo di Pie! E non l'ho mai visto in 20 anni
nemmeno su Youtube! Che scoperta!"
ARTICOLO ESTRAPOLATO E TRADOTTO DAL PORTALE DI GUITAR CENTER
La Fender Stratocasternon è stata pensata per essere un monumento immodificabile
e inalterabile.
Nelle cronache del tempo (1954), la neonata Stratocaster era
davvero uno strumento definitivo e rivoluzionario, ma non era ancora la
meraviglia che conosciamo, e ci è voluto quasi un decennio prima che
diventasse popolare.
Leo Fender era un genio, ma era anche un riparatore, un
ingegnere sempre teso al miglioramento continuo.
Quando progettò la Stratocaster immaginandola come strumento
"modulare", non stava scherzando perchè dopo 70 anni di modifiche e
sperimentazioni, continua ad evolversi.
Ma torniamo al calderone della creatività che ha definito la Fender
dal 1954 al 1965. Per la Stratocaster, questa era un'epoca in cui ogni
perfezionamento era forgiato dall'inventore stesso, insieme al suo team.
È stato anche un momento in cui importanti chitarristi degli
anni '50 e consulenti fidati hanno offerto input in tempo reale su come
continuare a migliorare le prime Stratocaster. Inoltre, Leo e il suo team hanno
potuto assorbire le esperienze del mercato, quando i musicisti, i negozi di
musica e altre aziende di strumenti musicali stavano sperimentando per la prima
volta questa nuova chitarra dell'era spaziale.
Qual era la ricetta originale della Stratocaster nel 1954?
Lo sviluppo della Strato ha richiesto un pool di
ingegneri, venditori e musicisti motivati e appassionati. Il parto è stato a
volte disordinato, e la storia è occasionalmente offuscata dai ricordi dei
partecipanti che rivendicavano il loro ruolo nel suggerire o migliorare alcuni
elementi del progetto finale.
Ma sappiamo che il modello di produzione Fender Stratocaster
è stato presentato "ufficialmente" nell'ottobre 1954. Eppure, anche
quella data porta con sé un po' di confusione, poiché ci sono rapporti secondo
cui le prime 200 Stratocaster lasciarono effettivamente la fabbrica nella
primavera del 1954. Tuttavia, Forrest White, all'epoca direttore della fabbrica
Fender, affermò che tutte le Stratocaster del 1954 prodotte prima del 13
ottobre 1954 erano probabilmente modelli di pre-produzione o d'artista venduti
direttamente ai musicisti della fabbrica.
In ogni caso, la Fender Stratocaster del 1954 arrivò sul
mercato al costo di $ 249,50 con tremolo ($ 229,50 senza). Ora, $ 249 nel 1954
sono circa $ 2.839 oggi, quindi la Stratocaster era un po' un oggetto di lusso
nell'era Eisenhower. (il direttore delle vendite della Fender, Don Randall,
aveva più volte chiesto a Leo una chitarra più raffinata che potesse competere
con la Les Paul di Gibson). I chitarristi nel 1954 potevano scegliere di
acquistare sei nuove Stratocaster o optare per l'auto più popolare dell'anno,
una berlina a quattro porte Chevy Bel Air quotata a 1.685 dollari.
Quando un musicista apriva la custodia per ammirare la
futuristica chitarra Fender del 1954 che era caduta nella sua orbita, la
nuovissima Stratocaster presentava una finitura sunburst bicolore su un corpo
in frassino, manico in acero arrotondato a forma di D, tastiera in acero,
lunghezza della scala di 25,5", raggio di 7,25", 21 tasti piccoli
(.078" di larghezza), tre pickup single-coil in Alnico III e la scelta di
un ponte fisso o di un tremolo sincronizzato Fender.
Come si può intuire a questo punto, ci volle un po' di tempo
prima che la Stratocaster si assestasse sulle sue specifiche di debutto, che
non rimasero ferme, mentre gli anni '50 e '60 andavano avanti.
Cronologia dei perfezionamenti della
Stratocaster
Sono stati scritti volumi sullo sviluppo della Stratocaster,
compresi i libri del team originale Fender, e gli esperti di vintage sono noti
per far piovere fuoco infernale su chiunque storpi anche un fatto
infinitesimale.
Tuttavia, come accennato in precedenza, anche le persone che
erano lì tendevano ad elaborare resoconti leggermente diversi su alcuni aspetti
della produzione della Stratocaster, il che è comprensibile, dato che la
fabbrica Fender era in procinto di ottimizzare il suo flusso di lavoro,
l'approvvigionamento di parti, bilanciare caratteristiche e redditività e
mantenere l'impegno di portare qualcosa di straordinariamente innovativo sul
mercato.
C'era un sacco di attività in corso nel think tank Fender e
nella sala di produzione durante il viaggio della Stratocaster verso la
versione che i musicisti potevano acquistare nel loro negozio di musica
preferito, ma proviamo a rendere questa linea temporale abbastanza
"direzionale", tanto da dare un'idea di base dei fatti e dei
collocamenti temporali.
Cerchiamo anche di concentrarci sulle caratteristiche che
possono avere una significativa rilevanza tonale, estetica ed ergonomica per i musicisti,
piuttosto che catalogare ogni singolo aggiornamento ingegneristico, come i
"percorsi a vite senza fine" nella cavità del pickup e il numero di
filettature delle viti. Ci siamo...
Marzo 1954
• Il sunburst della Stratocaster inizia come un
"one-burst". Fender ha semplicemente dipinto il marrone scuro intorno
al frassino naturale del corpo.
• Corpo super sagomato.
• I primi prototipi di tremolo avevano tre molle invece di
cinque.
• I potenziometri di volume e tono sono 100k con un albero in
ottone massiccio.
Maggio/Giugno 1954
• Una vera e propria raggiera a due colori rende la scena:
dal giallo canarino al marrone ambrato.
• I potenziometri del volume e del tono sono ora 250k, anche
se ancora in ottone massiccio. (L'idea potrebbe essere stata che i
potenziometri da 100k suonassero troppo scuri.)
• Il manico in acero in un unico pezzo ottiene una striscia
di noce dove è stato inserito il truss rod.
• La forma del collo è una D tozza e arrotondata.
- Attacco del collo a quattro bulloni.
• Il battipenna è un singolo strato di plastica ABS spessa
.060" con otto viti di fissaggio.
• I coperchi dei pickup e le manopole di controllo sono in
bachelite bianca (polistirene termoplastico).
• La barra del tremolo ha curve esagerate.
Ottobre 1954
• Inizia il capitolo del modello di produzione. Le
Stratocaster sono ora perlopiù costruite in una catena di montaggio.
• I potenziometri Volume e Tone passano all'albero diviso, a
causa del fatto che le manopole della Stratocaster sono a pressione, al
contrario delle manopole Telecaster dell'epoca che richiedevano un albero
solido per ospitare una vite di fermo.
1955
• I bordi della paletta diventano più affilati e meno
arrotondati.
• Le curve della barra del tremolo non sono così severe.
1956
• L'ontano sostituisce il frassino come legno per il corpo,
ad eccezione dei modelli biondi. Il sito web di Fender spiega il cambiamento
come "probabilmente per nessun'altra ragione se non per il fatto che
c'era, prontamente disponibile e più conveniente della cenere". Sul
fronte dei toni, tuttavia, l'ontano mostra una maggiore enfasi sulla gamma
medio-alta rispetto alla presenza luminosa e al calore equilibrato della
cenere.
• La forma del collo è ora una morbida V.
• Le curve della barra tremolo diventano ancora meno
pronunciate.
1957
• La plastica ABS sostituisce la bachelite per le manopole e
i coperchi dei pickup.
• La forma del manico è cambiata in una forte V. (Nota: la
famosa Stratocaster "Blackie" di Eric Clapton aveva un manico del
1957.)
1958
• Sunburst è ora di tre colori: dal giallo al rosso al
marrone scuro.
• Il collo assume una forma a D più sottile.
1959
• Tastiere in acero sostituite con palissandro in lastra. La
costruzione del manico è ora in due pezzi, anziché in un unico pezzo. (Nota: la
modifica potrebbe essere stata apportata per dare alla Strat un aspetto più
elegante. Da un punto di vista tonale, l'acero è generalmente caratterizzato da
un timbro incisivo e articolato, mentre il palissandro può suonare scuro e
caldo.)
• Battipenna cambiato in celluloide a tre strati
(bianco/nero/bianco) con 11 viti di fissaggio. Il colore è verde menta.
• Il collo inizia ad assottigliarsi e si assottiglia con il
passare dei mesi.
1960
• Nessun cambiamento degno di nota.
1961
• Per ridurre al minimo lo sbiadimento, alla finitura
sunburst viene aggiunto un rosso molto robusto.
• La componente marrone ambrata del sunburst viene cambiata
in nera.
1962
• Intorno all'agosto del 1962, la tastiera in palissandro
viene sostituita con una sottile impiallacciatura in palissandro laminato
rotondo. (Nota: le ipotesi sull'impatto tonale del cambiamento sono
impegnative, poiché Fender stava anche giocando con le forme del manico e i
pickup hanno iniziato ad avere più avvolgimenti sulla bobina, quindi un suono
più grasso.)
1963
• I contorni del corpo diventano leggermente meno drammatici.
1964
• Il raggio di sole a tre colori assomiglia più a un
"bersaglio" con una minore fusione tra i colori.
• Il battipenna è ora bianco, in plastica a tre strati, che
sostituisce il verde menta.
• Il rimodellamento del corpo diminuisce ulteriormente,
soprattutto a livello dell'avambraccio destro.
1965
• La paletta viene ingrandita a dicembre per consentire una
decalcomania Fender più grande.
• Tastiere in acero offerte come opzione.
Ma qual è l'anno migliore di sempre per la Stratocaster?
Molti storici, collezionisti e
addetti ai lavori considerano il 1962 come l'anno migliore per la
Stratocaster. Il corpo in ontano e il manico in acero con una sottile
tastiera impiallacciata in palissandro, offrono il punto forte sonoro per gli
appassionati di Strat.
Inoltre, possiamo supporre che la formula di base della
Stratocaster si fosse stabilizzata nel 1962, rendendo più facile per gli operai
della catena di montaggio produrre chitarre più coerenti e una migliore qualità
complessiva.
Ma mettiamo i bastoni tra le ruote.
Quali date di produzione nel 1962 – e quali strumenti nel
1962 – sono esempi straordinari della maestosità vintage della Stratocaster? E
com'è possibile che due Stratocaster del 1962 apparentemente identiche possano
presentarsi, con una che suona in modo assolutamente glorioso, e l'altra che
esibisce toni e suonabilità "appena medi"?
Sì. Le cose possono diventare un po' confuse. Ecco perché...
• La produzione da parte dell'uomo può essere irregolare. Gli
esseri umani non sono macchine CNC (Computer Numerical Control). Mentre nel
1949 è stato utilizzato un sistema CNC per modellare le pale degli elicotteri,
l'uso di questo costoso macchinario non è stato certamente diffuso fino a molto
tempo dopo, soprattutto per la produzione di chitarre. Quindi, un dipendente
che carica i pickup con i postumi di una sbornia, o che non vede l'ora che
arrivi il fine settimana di venerdì, o che ha un problema tecnico al cervello
mentre modella un raggio di 7,25" su un manico (e lo trasforma in un
raggio di 6,75" o 7,75") può "modificare" in modo
significativo la sensazione di una Stratocaster del 1962. Oggi ci aspettiamo
tolleranze di produzione costanti. Nel 1962…
•Parti. A Forrest White viene attribuito il merito di aver
trasformato la prima fabbrica Fender in un impianto veramente professionale e
operativo. Ma White aveva ancora le sue sfide con gli inventari, gli utensili
meno sofisticati e la modifica delle parti per adattarsi ai perfezionamenti del
design a metà degli anni '50 e all'inizio degli anni '60. Il risultato è che
tutte le Stratocaster del 1962 potrebbero non avere esattamente le stesse parti
da cima a fondo. Questo non vuol dire che la qualità variasse molto da Strat a
Stratocaster, ma spiega perché alcune del '62 sono filet mignon e altre sono
T-bone.
• Miglioramenti immediati. Avere a che fare con una mente
ingegneristica sempre alla ricerca come quella di Leo Fender, con le sue
costanti idee di miglioramenti e perfezionamenti, può mettere a dura prova un
team ufficiale. È probabile che le parti e i processi si siano evoluti in
concomitanza con l'individuazione da parte della fabbrica per quanto riguarda
l'efficienza e altri elementi essenziali del flusso di lavoro. Ancora una
volta, tenere il passo con i cambiamenti di progettazione in fabbrica non significava
che il controllo qualità diminuisse, ma anche piccole incongruenze nelle parti
e nella manodopera potevano produrre un'eccezionale Stratocaster del 1962, o
una Stratocaster media del 1962.
Altri anni eccellenti per la Stratocaster pre-CBS
Agli storici piace chiamare il 1954-1965 qualcosa come la
"Prima Grande Era Fender". Il
5 gennaio 1965, Leo vendette la sua azienda alla Columbia Broadcasting System e
iniziò la cosiddetta "Era CBS" (1965-1985). Naturalmente, la
Stratocaster non cambiò da un giorno all'altro con la proprietà della CBS,
poiché qualsiasi cosa Fender stesse facendo nel 1965 impiegò un po' di tempo
per esaurirsi a causa delle rimanenti scorte di parti e dei processi di
fabbrica, nonché del fatto che la nuova gestione doveva ancora imporsi in modo
significativo sui progetti per il futuro.
Mentre quasi tutte le Stratocaster dell'anno solare prodotte
durante l'era pre-CBS sono considerate "da collezione", se cerchiamo
altre opzioni degne di nota oltre al già citato modello del 1962, ci sono due
validi contendenti:
• 1954. Non è una sorpresa. Era il primo anno di produzione e
ha gettato le basi, inchiodando la maggior parte delle caratteristiche
essenziali della Stratocaster, anche tenendo conto dei perfezionamenti a
venire.
• 1957. Il modello del '57 è quello in cui il manico è
diventato davvero comodo con la sua forte forma a V. E mentre le forme del
manico hanno continuato a essere perfezionate per una maggiore suonabilità
negli anni successivi, non guasta il fatto che l'illustre Stratocaster
"Blackie" di Eric Clapton avesse un manico del 1957.
Le attuali collezioni Fender, come i modelli Vintera II
"Best of the Decades" e American Vintage II (che si concentra su anni
specifici), possono portare estremamente vicino alla sensazione e al suono
delle Stratocaster vintage, e a prezzi "non vintage". Ma se si vuole
davvero provare un autentico strumento vintage, con tutta la storia, le
canzoni, i suoni e le storie di strada all'interno, occorre scoprire una
Stratocaster old-soul.
Tuttavia, non c'è bisogno di setacciare case d'asta, negozi
vintage eleganti e vendite immobiliari (sperando che una Stratocaster del 1954
in ciliegia sia raggruppata con una scorta di figurine Hummel da collezione)
per trovare una chitarra pre-CBS o successiva che ti parli. Se ne trovano…
Leo Fender ha scatenato una serie di "successi"
mastodontici che hanno cambiato il mondo della chitarra. Dalla nascita della
Telecaster nel 1951, passando per vari amplificatori e bassi Fender che
divennero gli standard della loro categoria, fino alla Stratocaster, Leo
sembrava avere una sorta di folle potere profetico, quello di vedere nel futuro
della musica elettrica, e non sapeva suonare una canzone o accordare una
chitarra.
Ma poteva sicuramente guardare oltre.
"Nel 1952, ho potuto vedere che la musica stava
cambiando", ha detto Fender alla giornalista Joelle Steele nel 1977.
"C'era una crescente richiesta di un volume maggiore e di un collo più
veloce".
Da quella lungimiranza, è nata la macchina che ha ispirato
musicisti di tutti gli stili, dal blues al metal, dal punk rock al rock
classico, dal funk al jazz e oltre. E non dimentichiamo mai che il chitarrista
che alla fine degli anni '60 ha rotto le barriere artistiche e ha cambiato la
chitarra rock per tutti – uno stregone sonoro di nome Jimi Hendrix – ha scelto
la Stratocaster per dare voce alla musica nella sua testa.
Ma lungi dall'essere una reliquia degli anni '60, la
Stratocaster in continua evoluzione ha fatto la scena durante l'halftime show
del Super Bowl l'11 febbraio 2024, quando H.E.R. ha sfoggiato il suo
caratteristico modello rosso e cromato. La Stratocaster è una chitarra per i
secoli, perché non invecchia.
Mentre altri membri del team Fender hanno certamente
contribuito allo sviluppo della Stratocaster e meritano un riconoscimento per
tutto ciò che è diventata, possiamo ringraziare Leo Fender su tutti gli altri
per la sua visione senza tempo. Infatti, quando l'editore emerito di Guitar
Player, Tom Wheeler, stava compilando il suo libro The Stratocaster Chronicles,
chiese direttamente al progettista/ingegnere Fender Freddie Tavares se la
Stratocaster fosse "essenzialmente" un progetto Leo Fender.
"Senza esitazione", rispose Tavares senza un
secondo di pausa, "tutte le chitarre erano essenzialmente un progetto
di Leo".
È di questi giorni la scoperta di un avvenimento musicale che
mi ero perso.
Ho una giustificazione, stiamo parlando di metà luglio 1982,
e dopo un mese mi sarei sposato, quindi, avevo altro per la testa!
Resta il fatto che le intemperanze e gli scontri nel corso
dei concerti erano azioni tipiche della metà anni ’70, ed è strana la mia
totale estraneità rispetto all’evento. Ma facciamo un passo alla volta per ricostruire
qualcosa di storico, la cui portata “sentimentale” accompagnava di pari passo gli aspetti
musicali.
La mia ricostruzione parte da un documentario approdato su Netflix
a fine 2022, realizzato da Salvo Cuccia, sui cui sono “inciampato”
casualmente in questi giorni.
Il focus è la ricostruzione dei momenti trascorsi in Sicilia
da Frank Zappa nell’estate del 1982.
“Summer ’82: When Zappa came to
Sicily”, è questo il titolo, riesce innanzitutto a divertire e
sorprendere, nel farci scoprire le origini siciliane del geniale musicista - il
cui padre aveva lasciato la desolazione di Partinico per emigrare negli USA - e
nel farci rivivere la visita di Zappa nel paese in provincia di Palermo, nelle
ore precedenti il concerto di chiusura del tour mondiale del 1982 allo stadio
di Palermo. Ma cosa accadde quel giorno?
Frank Zappa a Palermo: storia del
concerto finito a "schifiu"
Il 14 luglio 1982Frank Zappa conclude il suo
tour europeo alla Favorita, stadio di Palermo. L’esibizione durerà solo 40
minuti, caratterizzati da spari, lacrimogeni e manganellate.
Una notte fallimentare, e dire che quel concerto era atteso
da una vita!
Sono passati tre giorni dalla conquista del mondiale in Spagna,
un momento felice, anche se da quelle parti, soprattutto in Sicilia, le bombe
non mancano.
La festa, dopo l’inusuale successo calcistico, prosegue ora a
Palermo, un grande evento stà per andare in scena.
14 luglio 1982, tutto esaurito, e non potrebbe essere
altrimenti, per il Genio di Baltimora.
Il cantautore statunitense sbarca a Punta Raisi il giorno
prima. La notte fa un giro a Partinico, a caccia delle origini, senza grande
successo, poi rientra a Palermo, per rilassarsi in vista del concerto
dell'indomani. Non immagina ciò che lo sta aspettando!
È un 14 luglio che profuma di rivoluzione. Giornata calda, il
sole spadroneggia già dal mattino, e memorabile. Palermo si divide in due. C'è
chi si incammina verso il centro per celebrare la Santuzza, chi invece è in
ansia per l'arrivo di Frank Zappa e inizia il pellegrinaggio verso viale del
Fante. La scelta del giorno sinceramente è discutibile. C'è il Festino, un
fiume umano invade le strade, mentre a pochi chilometri di distanza esplode
l'adrenalina per l'ultima tappa europea di Zappa. Energia e passione: ad
attendere l'idolo americano c'è una Palermo straripante di entusiasmo. È un
mercoledì sera, da leoni. Il biglietto costa ottomila lire. Dopo Danimarca,
Svezia, Germania e Inghilterra, Zappa sta chiudendo il tour nel Vecchio
Continente (quello che poi darà vita all'album "The man of Utopia")
con un concerto a Palermo, alla ricerca delle radici (il padre era di
Partinico). "Avevo aspettato tutta la vita quel concerto e invece…
Perché questa è la storia di un concerto maledetto, in una
notte di mezza estate. E che estate, per Palermo. Cominciata con la strage
della circonvallazione - a metà giugno - e chiusa con l'omicidio di Dalla
Chiesa, il 3 settembre. Si spara e si piange, la mafia fa quello che vuole, la
città si guadagna paragoni poco invidiabili. Palermo come Beirut, Palermo
capitale della malavita. Eppure, il treno del riscatto passa all'improvviso, a
velocità supersonica. E atterra sul prato spelacchiato della Favorita.
Quando alle 21 inizia il concerto, la folla saluta con un
boato: sotto i baffi di Frank Zappa c'è una città che si sente finalmente
"normale", proiettata in una dimensione speciale, quella del grande
rock. Ma siccome questa è la storia di un concerto da incubo, quella che si
materializza è una notte fallimentare. Iniziata in modo promettente, con il
check sound apripista, con tanto di band che improvvisa quattro calci al
pallone sul prato. Ma è un fuoco di paglia.
È tutto sbagliato: la scelta della data e quella
"logistica". Il palco è sistemato sotto alla tribuna, all'altezza del
centrocampo. La capienza è di 25 mila, quella massima consentita. La gente
affolla la Curva Nord e la gradinata, all'ombra di Monte Pellegrino. Ci sono
almeno 50 metri tra palco e pubblico. La resa visiva e acustica è disastrosa. I
musicisti - c'è anche un giovanissimo Steve Vai - sono dei puntini lontani e la
musica arriva quasi "difettosa". Non un granché per un concerto di
questa portata. Anzi, sembra un incubo. "Così improvvisamente tre
ragazzini decidono di scendere ed avvicinarsi al palco, e rompono un
cancelletto. Di lì a poco tanti altri si mettono in scia e invadono il prato. A
quel punto si crea il caos. Le forze dell'ordine intervengono pesantemente
lanciando lacrimogeni ad altezza uomo. Si scatena il panico totale".
La scelta di sistemare il palco lontano dal pubblico forse
era stata fatta per tutelare il prato e non creare problemi al Palermo calcio.
Decisione discutibile con il campionato in vacanza, in pieno luglio. Così
mentre a pochi chilometri di distanza impazzano i fuochi e la folla celebra la
Santuzza, altrove c'è una Palermo che fa a pugni con la storia. "È stato
tutto assurdo - è il ricordo dei presenti -. Non c'è stato alcun assalto.
Carabinieri e poliziotti non erano minimamente coordinati. È stata una reazione
esagerata. Bastava mettere tre agenti davanti al cancello per impedire
qualsiasi invasione".
Sul prato e sugli spalti piove una raffica di lacrimogeni. In
un attimo, il pubblico cerca di tornare sui propri passi, si muove per
raggiungere l’uscita. Qualcuno riesce a scavalcare e guadagnare le scale. Altri
trovano le porte chiuse e la polizia ad aspettarli. Spintoni, urla,
manganellate, sangue. Sono passati 30 minuti dall'inizio del concerto ed è già
quasi tutto finito. Zappa canta, poi piange. Ci riprova. Allora chiama Massimo
Bassoli, storico amico e biografo dell'artista "Massimo come here",
urla a gran voce. La risposta è inoltrata alla folla: "State seduti per
favore". "Massimo, what is happening?"."È tutto a posto", cerca di
rincuorarlo l'amico. Ma non è vero. Perché invece alla Favorita sta succedendo
l'impossibile.Zappa ripete: “Easy,
easy”. È una tempesta di lacrimogeni. Un candelotto finisce sul palco e
sfiora il batterista. Sotto c'è una guerra, tra spari e lanci di pietre. "Basta,
andiamo via". Dopo 40 minuti, Zappa si rintana in camerino. Il
concerto è finito”.
L'unica cosa che rimane da fare - pensano molti palermitani
disillusi - è sfogare la rabbia fuori dallo stadio, per quella che reputano
un'assurda e immotivata reazione di alcuni poliziotti. Probabilmente - è la
versione popolare - molti di loro avrebbero preferito partecipare al Festino e
per loro essere di servizio al concerto era insopportabile. È una notte lunga.
I disordini proseguono fino a tardi. Gli spettatori sfollano, dispersi e
inseguiti, tra botte e lacrimogeni. Scoppia una guerriglia tra le strade
attorno allo stadio. La polizia carica, i fan rispondono. I tafferugli
palermitani fanno il giro del mondo. Dopo il concerto si rincorrono le accuse.
Gli organizzatori puntano il dito contro la polizia: la responsabilità è tutta
loro - dicono - e alla leggerezza con cui hanno fatto ricorso ai gas
lacrimogeni. La questura replica che il vero timore era che tutti gli
spettatori della gradinata potessero entrare in campo.
E Zappa? Chi lo conosceva bene ha più volte sottolineato la
delusione per la figuraccia in quello che doveva essere un ritorno a casa. Ma
la culla palermitana lo ha respinto subito dopo 40 minuti insipidi. La star di
Baltimora rimase molto scossa anche da altre cose che accaddero durante il tour
italiano del 1982, fra le quali le moltissime zanzare che si ritrovò sul palco
a Milano ("perché un concerto in un parco?", si domandava infuriato).
A quel tour è ispirato il retro della copertina del suo disco dell'anno dopo,
il 1983, “The Man From Utopia”. Nell'immagine della cover c'è Zappa che
allontana le zanzare con una paletta.
C'è tutta la sintesi della sua parentesi
italiana. Insetti, spari e lacrimogeni. Zappa con quella paletta riuscirà a
scacciare le zanzare. Ma non il pessimo ricordo della notte di Palermo.
Un docu che consiglio, che permette di raccogliere un tassello
della vita di Zappa, tra musica e famiglia, tra personaggio pubblico e sfera
privata.
A Partinico, successivamente, i legami famigliari si sono
riannodati e per chi si trovasse a passare da quelle parti c’è ora una via a
ricordo del grande Frank Zappa.