martedì 18 novembre 2025

UniSavona – Terzo incontro: Rolling Stones in primo piano, Led Zeppelin... iniziati!


Rolling Stones al centro della terza lezione UniSavona, mentre i Led Zeppelin restano in attesa del prossimo capitolo


Savona, 18 novembre 2025 – La terza tappa del percorso Il rock negli anni ’70 e dintorni non è stata una semplice lezione, ma un vero e proprio racconto collettivo. La Sala Stella Maris si è trasformata in un salotto musicale dove docente e partecipanti hanno intrecciato memorie, ascolti e riflessioni, con i Rolling Stones al centro della scena e i Led Zeppelin lasciati in sospeso, pronti a tornare protagonisti nel prossimo incontro.

Il cuore della serata è stato dedicato a Mick Jagger e soci e al loro decennio d’oro, dal 1965 al 1975. Brani come Time Is On My Side, Get Off My Cloud e Paint It Black hanno scandito il racconto, accompagnando la presentazione delle caratteristiche dei cinque membri storici – Jagger, Richards, Watts, Wyman, Jones – con l’aggiunta di Ian Stewart, il “sesto Stone” rimasto spesso nell’ombra ma essenziale per il suono della band. Non si è trattato di un elenco di date e nomi, ma di un viaggio sonoro: ogni ascolto ha aperto una finestra su un’epoca, ogni commento ha acceso un ricordo o una suggestione.

La lezione ha preso vita grazie agli interventi dei presenti. Antonella e Renata hanno portato contributi e materiali che hanno arricchito la discussione, Fabrizio ha fatto rivivere l’esperienza del vinile con il giradischi, e altri interventi spontanei (Gianni, Franco…) – alcuni immortalati in video – hanno reso la lezione corale e partecipata.

I Led Zeppelin hanno fatto capolino nella seconda parte, con accenni alla loro parabola artistica e ai legami con l’Italia. Ma il discorso è rimasto aperto per mancanza di tempo: il prossimo incontro partirà da loro, per esplorare la potenza di Page, Plant, Jones e Bonham e il mito che ancora oggi li circonda.

La mattinata si è chiusa con l’intervento di Giacomo, che ha raccolto i fili della discussione e salutato i partecipanti con un invito a proseguire il viaggio insieme. 

L’impressione finale è stata quella di un’esperienza corale, dove la musica non è solo oggetto di studio, ma occasione di incontro, di memoria e di emozione condivisa.

Tra i tanti presenti maturi e appassionati, si èsegnala anche la presenza di un giovanissimo spettatore/spettatrice, forse troppo giovane per cogliere il senso della lezione. Un dettaglio che ha strappato un sorriso e che ricorda come l’amore per la musica possa attraversare le generazioni, insinuandosi persino nelle orecchie di chi, per ora, ascolta senza capire. Chissà se, un giorno, quella scintilla si trasformerà in curiosità e passione!





lunedì 17 novembre 2025

GOAD-Il nuovo doppio album “Dusketha”

 


Commento all’album “Dusketha” – GOAD

(My Kingdom Music, 2025)


Ci sono album che non si limitano a essere ascoltati: si abitano. Dusketha, il nuovo doppio lavoro dei GOAD, è uno di questi. Non è soltanto un capitolo aggiunto a una carriera che supera il mezzo secolo, ma un vero e proprio viaggio crepuscolare, un attraversamento di ombre e memorie che si fanno musica. Maurilio Rossi, anima e architetto del progetto, continua a intrecciare letteratura e suono con una coerenza rara: Keats, Poe, Lovecraft, Masters e Graham non sono citazioni ornamentali, ma presenze vive che respirano dentro le melodie, come voci che tornano a parlarci attraverso il nastro analogico e le corde di una chitarra.

Il disco si presenta come un’opera monumentale: due CD, diciotto brani, quasi due ore di musica. Eppure, non c’è ridondanza, non c’è dispersione. Ogni traccia sembra un frammento di un mosaico più grande, un tassello di un poema sonoro che alterna intimità e teatralità, confessione e rito. L’ascolto procede come un dialogo tra luce e oscurità, tra il sacro e il profano, tra la fragilità dell’amore e la vertigine del tempo. Non è un album da consumare in fretta: chiede attenzione, chiede silenzio, chiede di essere accolto come si accoglie un testo poetico.

La scelta produttiva è il cuore pulsante dell’album: registrazioni miste (live e studio), strumenti elettrici e acustici, trasferimento su nastro analogico e successiva re-digitizzazione. Il risultato è un calore denso e tridimensionale, con transitori smussati che privilegiano la voce e le armonie, e un fondo “ferromagnetico” che rende credibile l’atmosfera gotica senza caricature. Il lavoro del sound engineer Max Cirone consolida questa estetica con un suono profondo e coerente, evitando il vintage di maniera e puntando a un classicismo vivo.

La lavorazione è stata lunga e fisicamente impegnativa: bobine analogiche, mix su DAT, rielaborazione digitale, sessioni fra Firenze, Oulx e lo studio Garbatella di Roma. Molti passaggi sono stati registrati “in diretta a distanza”, con ogni musicista nel proprio studio: una modernità che non tradisce la disciplina del nastro, ma la usa per compattare anime e tempi diversi. Piccole “perle” dal passato sono state riprese e risuonate, inclusi materiali legati a The Wood (Lovecraft) e al Tribute to Edgar Allan Poe del 1994, a testimonianza di una continuità autoriale che non vive di citazioni ma di ripresa e metamorfosi.

Maurilio Rossi firma musica, testi, arrangiamenti e interpreta con voce e strumenti. La grammatica è quella del prog oscuro e atmosferico, con slanci lirici e incastri modali che preferiscono la progressione lenta alla proliferazione virtuosistica. L’uso di tastiere e pianoforte è architrave: dà forma alle camere d’eco in cui chitarre e fiati respirano. La voce sceglie l’intimità come registro di verità: non cerca la potenza, cerca la confessione.

I contributi dei musicisti ospiti (Gianni e Martino Rossi chitarre e tastiere, Paolo Carniani e Claudio Nardini alle percussioni, Frank Diddi e Alex Bruno ai fiati e violino) ampliano gli spazi senza snaturare la centralità autoriale. È una comunità sonora organizzata, più compagnia teatrale che session band.

 

Percorso d’ascolto

Il doppio album Dusketha si presta a un ascolto lineare, ma alcune tracce emergono come nodi tematici e simbolici. Ho scelto di evidenziare un itinerario che segue la struttura narrativa dell’opera: apertura, immersione nell’ombra, dichiarazione di poetica, riflessione universale, intimità, incubo e memoria. Questo percorso non vuole ridurre la ricchezza del disco, ma offrire al lettore una chiave di accesso che rispecchi la coerenza interna del lavoro. 

  • Yes It Was Love (Message From A Cathedral): apertura che definisce l’estetica del disco, sacro e profano in equilibrio.
  • Alone Man In Empty Room / Poor Skull (Reverend Brothers): dittico della solitudine e della colpa, con echi VDGG.
  • To An After Time My Harmonies: dichiarazione di poetica, armonie come messaggera oltre il tempo.
  • Stop And Consider Life Is But A Day: asse tematico del secondo disco, riflessione sobria e suite meditativa.
  • Hush My Love (Lullaby For A Woman): ninna nanna adulta, pianoforte e voce senza retorica.
  • The Speed Of My Nightmares: accelerazione dell’ombra, incastri ritmici e tensione dark prog.
  • The Woodkeeper, A Collar Of Red (bonus track): chiusura meta‑autoriale, ponte fra epoche e tecnologie. 


Collocazione nella storia di GOAD 

GOAD sono storia del prog italiano: dagli esordi fiorentini segnalati da Freddie Mercury, alle stagioni art‑rock e atmosferiche, al periodo Black Widow, fino all’attuale fase con My Kingdom Music. Dusketha sta a cavallo tra queste identità: è dark e poetico, teatrale ma disciplinato, letterario e concreto. Non cita, metabolizza.

La pubblicazione su My Kingdom Music sancisce anche una coerenza curatoriale: l’etichetta promuove un’idea di prog che sceglie la profondità. L’album parla a chi ama Van der Graaf Generator, King Crimson, Genesis, PFM, Procol Harum, ma non per nostalgia: per affinità di mondo sonoro e densità emotiva.


Conclusioni

Dusketha è un’opera piena, che chiede tempo e restituisce tempo. È quel raro doppio album che non disperde il discorso ma lo amplia, grazie a una produzione che mette il nastro al servizio dell’anima e a una scrittura che rifiuta l’ovvio. Per chi cerca musica come luogo di coscienza, è un ascolto necessario. Per i GOAD, è il punto più alto di una continuità che non si è mai interrotta—solo diventata più vera.




Soft Machine: in arrivo Thirteen, il nuovo album in studio

 

I pionieri del prog di Canterbury, i Soft Machine, hanno annunciato l’uscita del loro prossimo lavoro discografico, Thirteen, prevista per il 13 marzo per Dyad Records. La band ha accompagnato la notizia con un trailer ufficiale.

 

Come suggerisce il titolo, Thirteen rappresenta il tredicesimo capitolo in studio della loro carriera, successore di Other Doors (2023). Il disco segna anche l’esordio del batterista Asaf Sirkis, subentrato a John Marshall, che aveva completato le registrazioni di Other Doors prima di ritirarsi dalla scena musicale e che è scomparso nel settembre dello stesso anno.

L’ex membro Robert Wyatt ha espresso grande stima per Sirkis:

Conosco Asaf da molto tempo e posso dire che non c’è nulla che non sappia affrontare con successo. Le sue capacità strumentali crescono di continuo, ma ciò che mi colpisce davvero sono le sue composizioni sospese e misteriose.”

Un momento speciale dell’album è il cameo postumo del fondatore Daevid Allen: la sua parte di chitarra, registrata anni fa, è stata utilizzata come nucleo attorno a cui è nato il brano Daevid’s Special Cuppa.

Tra i pezzi più significativi troviamo:

  • Pens To The Foal Mode – improvvisazione collettiva totalmente libera.
  • Open Road – un brano rock energico con assoli incandescenti di John Etheridge e Theo Travis.
  • Disappear – ballata delicata che parte da flauti in loop e si trasforma in una miniatura pianistica senza batteria.
  • Turmoil – firmata dal bassista Fred Baker, caratterizzata da suoni distorti, assoli frenetici e un caos controllato.
  • The Longest Night – il brano più esteso e progressivo del disco, oltre 13 minuti di esplorazione sonora.

Le registrazioni di Thirteen si sono svolte nell’aprile 2025 al Temple Music Studio (Surrey), con Ru Lemer al banco e la produzione affidata a Theo Travis. Il mix e il mastering sono stati curati da Andrew Tulloch, mentre la copertina porta la firma dell’artista turca Esra Kisir Gokcen




sabato 15 novembre 2025

Wings-""Band on the Run" (1973), il il capolavoro di Paul McCartney dopo l'uscita dai Beatles-Era il 15 novembre del 1973

"Band on the Run" è il sesto album di Paul McCartney, il quinto in studio e il terzo dei Wings, pubblicato nel novembre/dicembre 1973 (il 15-11 in Inghilterra e il 7-12 negli USA) dalla Apple Records. L'album, che diventò il più grande successo dei Wings, viene considerato ancora oggi il vertice della carriera solista dell'ex Beatle ed è generalmente considerato il capolavoro di Paul McCartney e della sua band dopo lo scioglimento dei Beatles.

La rivista Rolling Stone l'ha inserito al 418º posto della sua lista dei 500 migliori album.

Il disco è stato l'ultimo album di Paul McCartney ad essere pubblicato dall'etichetta Apple Records.

L’album presenta una grande varietà di stili musicali, che spaziano dal pop al rock, dal folk al soul, ed è ricco di melodie orecchiabili miste ad arrangiamenti complessi e testi ben scritti. La produzione è curata e le performance musicali sono di altissimo livello.

La title track, "Band on the Run", è probabilmente il brano più famoso dell'album. È una canzone epica divisa in tre parti che racconta la storia di una banda in fuga. Con un ritornello orecchiabile e un crescendo di strumenti, è un pezzo che rimane impresso nella mente dell'ascoltatore.

Altri brani notevoli dell'album includono "Jet", un pezzo rock energico con un ritmo incalzante, "Let Me Roll It", che mostra l'influenza dei Beatles con un suono simile a quello di "Helter Skelter", e "Nineteen Hundred and Eighty-Five", una traccia che combina elementi di rock e pop con arrangiamenti orchestrali.

La qualità musicale di "Band on the Run" è innegabile. L'album dimostra la grande abilità di Paul McCartney come compositore e musicista. Le armonie vocali sono splendide e gli strumentisti dimostrano una grande maestria.

L'album ha ottenuto un grande successo commerciale, raggiungendo la vetta delle classifiche di vendita sia negli Stati Uniti che nel Regno Unito. Inoltre, ha ricevuto numerosi riconoscimenti ed è considerato uno dei migliori album della carriera di McCartney.

Complessivamente, quindi, un disco eccezionale, un classico intramontabile della musica rock e pop, che ancora oggi viene apprezzato per la sua qualità musicale e la sua influenza sulla scena musicale.

Assolutamente da ascoltare, anche se non si è… fan dei Beatles!


Copertina


La celebre foto di copertina venne scattata il 28 ottobre 1973 contro il muro esterno di uno stabile a Osterley Park, Isleworth. La fotografia ritrae Paul, Linda e Denny più altre sei persone, più o meno famose, vestite come carcerati e sorprese nell'atto di un tentativo di evasione dalla luce di un riflettore. Gli altri individui che compaiono in copertina sono:

Michael Parkinson (giornalista)

Kenny Lynch (attore, comico e cantante)

James Coburn (attore)

Clement Freud (rubricista, chef, narratore, parlamentare, e pronipote di Sigmund Freud)

Christopher Lee (attore)

John Conteh (pugile originario di Liverpool, in seguito diventato campione mondiale dei pesi mediomassimi) 

Citazioni dell'immagine di copertina sono state fatte dallo stesso McCartney (nel video del brano Spies Like Us, con Chevy Chase e Dan Aykroyd, e dalla Dreamworks per il poster del film Madagascar, che ritrae i personaggi principali contro un muro nella stessa posa della foto di Band on the Run).

 

Tracce (cliccare sul titolo per ascoltare)

Tutti i brani sono opera di Paul McCartney, eccetto dove indicato. 

Edizione Britannica 

Lato A

Band on the Run – 5:10

Jet – 4:06

Bluebird – 3:22

Mrs Vandebilt – 4:38

Let Me Roll It – 4:47 

Lato B

Mamunia– 4:50

No Words – 2:33 (P. McCartney, Denny Laine)

Picasso's Last Words (Drink to Me) – 5:50

Nineteen Hundred and Eighty-Five – 5:27

 


Formazione

Paul McCartney – voce, armonie vocali, cori, basso, pianoforte, chitarra acustica ed elettrica, batteria, percussioni, maracas

Linda McCartney – armonie vocali, cori, tastiere, percussioni

Denny Laine – armonie vocali, cori, chitarra solista, chitarra acustica, basso, percussioni 

Altri musicisti

Howie Casey – sassofono


Crediti

Paul McCartney - produttore

Geoff Emerick - ingegnere del suono








15 novembre 1986: i Genesis suonano in un hangar dell'Alitalia (in playback)-Il video

Non sono un fan dei Genesis votati al pop, quelli guidati da Phil Collins, tanto per intenderci, ma penso valga la pena presentare un aneddoto che risale a metà anni ’80 e che riguarda, anche, la storia di casa nostra.

Non è un reperto importante come quello che ho pubblicato qualche giorno fa, relativo ad un concerto parigino al Bataclan, nel ’73, ma la storia dei Genesis come si sa, presenta importanti cambiamenti - certamente discutibili per i fan originali - e questa ne è una valida testimonianza, seppur in playback.

Estrapolo in toto lo scritto pubblicato sul sito ufficiale dell’Alitalia, spazio in cui si possono trovare altre curiosità di carattere musicale. 


Cliccare a seguire per trovare la pagina originale:

ALITALIA IN MUSICA


Una delle trasmissioni di varietà di maggior successo nella storia della televisione italiana è stata Fantastico: un programma di punta della prima rete RAI andato in onda in tredici edizioni dal 1979 al 1998. Nell’autunno del 1986 Pippo Baudo era il conduttore di Fantastico 7 (coadiuvato da Lorella Cuccarini e Alessandra Martines) e aveva espresso il desiderio di avere come ospite il gruppo britannico dei Genesis, all’epoca sulla cresta dell’onda dopo la virata sul genere pop impressa dal cantante e batterista Phil Collins. Purtroppo, il gruppo era già impegnato in un tour promozionale del proprio disco Invisible Touch e non aveva fisicamente il tempo di trascorrere un’intera giornata al Teatro delle Vittorie di Roma, sede della trasmissione TV. Tuttavia, le insistenze di Baudo e la piena collaborazione di Alitalia permisero di ottenere la quadratura del cerchio. I Genesis in tutto potevano concedere circa tre ore di tempo e dovendo transitare di passaggio a Fiumicino, lo staff di Fantastico e di Alitalia pensarono di allestire un set di ripresa all’interno dell’hangar adibito al lavaggio e alla verniciatura dei velivoli. Come ben sa chi frequenta lo scalo romano, l’hangar Avio 6 è impressionante, con i suoi 8000 metri quadri per 25 metri di altezza, e in quei giorni l’ambiente non era affatto sgombro: al suo interno era presente infatti l’Airbus A300 I-BUSH “Mantegna”, in manutenzione.

 


I tecnici Alitalia e RAI fecero miracoli: enormi rotoli di plastica trasparente usati per le operazioni di lavaggio e verniciatura vennero adattati a foggia di quinte e le luci di scena e le macchine del fumo furono posizionate in modo da non interferire con il materiale già presente in loco. I tre componenti del gruppo musicale si sistemarono sotto la semiala sinistra – con l’indicazione di muoversi il meno possibile dalle rispettive posizioni – e i cameramen vennero istruiti affinché seguissero percorsi obbligati al di sotto dell’aereo, per evitare contatti diretti con il velivolo o le strutture dell’hangar, scongiurando possibili incidenti. Lo sfasamento tra gli orari della trasmissione TV e la disponibilità del gruppo imposero riprese in differita; Phil Collins, Tony Banks e Mike Rutherford si esibirono in playback, senza alcuna possibilità di interazione in diretta con Pippo Baudo.

La trasmissione andò in onda su RAI Uno il 15 novembre 1986 e i tre componenti dei Genesis suonarono due canzoni: Invisible Touch e In Too Deep.

Nel corso della breve conferenza stampa tenutasi lo stesso giorno delle registrazioni, il tastierista Tony Banks affermò: «Non veniamo spesso in Italia, però qui abbiamo molte radici: è uno dei primi Paesi che ha ascoltato la musica dei Genesis». E il cantante e batterista Phil Collins aggiunse: «Il primo grosso concerto della nostra carriera è stato proprio al Palasport di Roma, ed il modo col quale il pubblico ha reagito ci ha dato molta fiducia». Chissà se i Genesis si ricordano ancora di quel loro inusuale concerto sotto l’ala di un Airbus a Fiumicino? Noi per l’occasione abbiamo restaurato il filmato RAI, gentilmente fornitoci da Alessandro Carmassi, caposcalo Alitalia e grande appassionato dei Genesis.






giovedì 13 novembre 2025

Leon Russell: il maestro di cerimonie con la barba bianca

 

Oggi, 13 novembre, ricorre l'anniversario della morte di Leon Russell, il leggendario musicista, pianista e cantautore statunitense, scomparso nel 2016 all'età di 74 anni.

Leon Russell (1942 – 2016) è stato un pilastro della musica americana, un virtuoso del pianoforte e una figura camaleontica che ha collegato il rock and roll con il blues, il gospel, il country e il jazz per oltre cinquant'anni. Con la sua inconfondibile presenza scenica, caratterizzata dall'alta tuba e dalla lunga barba bianca, Russell ha influenzato generazioni di musicisti.

Nato come Claude Russell Bridges in Oklahoma, la carriera di Russell decollò negli anni '60 a Los Angeles. Prima di diventare famoso come artista solista, fu uno dei "Wrecking Crew" – l'anonimo ma cruciale gruppo di musicisti session man che definì il suono di innumerevoli successi pop.

La sua abilità al pianoforte fu fondamentale per il sound di artisti come Phil Spector (partecipando alla creazione del celebre "Wall of Sound" – Muro del Suono), i Byrds, e i Beach Boys (suonò anche in Pet Sounds).

Il vero punto di svolta arrivò nel 1970.

Il suo ruolo di direttore musicale del leggendario tour di Joe Cocker, documentato nell'album e film Mad Dogs & Englishmen, lo catapultò sotto i riflettori. Russell non solo suonò il piano e la chitarra, ma arrangiò gran parte del repertorio. L'energia grezza e caotica del tour lo rese una star quasi quanto Cocker stesso.

Nello stesso periodo, la sua carriera solista esplose. La sua voce roca, la capacità di scrivere brani emotivamente intensi e l'abilità di spaziare tra i generi lo resero un artista unico. Il suo primo album eponimo (Leon Russell, 1970) conteneva la hit "A Song for You", una ballata diventata uno standard, reinterpretata poi da artisti come Donny Hathaway e Ray Charles.

Russell fu un punto di riferimento per l'élite del rock mondiale.

  • George Harrison: partecipò attivamente al leggendario "Concerto per il Bangladesh" nel 1971, suonando il piano e duettando con Harrison in Jumpin' Jack Flash / Young Blood.
  • Bob Dylan: suonò il pianoforte nell'album The Concert for Bangladesh e nel fondamentale Shelter From The Storm.

Dopo un periodo di minore visibilità negli anni '80 e '90, Russell visse una notevole rinascita a partire dal 2010 grazie a Elton John.

Fan di Russell da sempre, Elton John lo cercò per registrare un album in duo intitolato The Union. L'album fu un successo critico e commerciale e reintrodusse Russell a una nuova generazione di fan, onorando la sua influenza sulla carriera dello stesso Elton John.

Leon Russell è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame nel 2011. La sua eredità è quella di un musicista totale, un "maestro" che non si è mai limitato a un singolo genere. La sua miscela di rock, gospel (che chiamava "Okie Blues") e country-soul risuona ancora oggi, e la sua figura rimane quella di un'autentica icona outlaw del rock.





mercoledì 12 novembre 2025

12 novembre 1973- Quel giorno in cui vidi per la prima volta i King Crimson...


Il post di oggi è un pò forzato, nel senso che vorrei raccontare molto ma… non posso!
Il problema è che il 12 novembre del 1973 avevo 17 anni, nessuna macchina fotografica a rimorchio, ne magici apparecchi capaci di captare l’essenza di serata.
In rete non si trovano registrazioni, ne immagini di quel giorno, e posseggo solo il ticket, anzi, lo possiede il mio amico Paolo che me lo ha prestato, perché il mio chissà dove è finito!
Il luogo era il Palasport, la città Torino, l’orario… non lo ricordo, la data certa il 12 novembre e la ricerca sul calendario riporta ad un lunedì… il che mi confonde ancora di più le idee: sarà stata sicuramente sera, e il giorno dopo dovevo certamente andare a scuola…
Dimenticavo… ero a Torino per un concerto, quello dei King Crimson!
Il focus del tour era la proposizione di “Larks' Tongues in Aspic”, rilasciato pochi mesi prima, mi pare a febbraio, un album che io e i miei compagni di viaggio conoscevamo a memoria!
Come scritto poc’anzi, sono risicate le notizie disponibili in rete, e per proporre un brano musicale sono risalito al concerto successivo, quello che Fripp e soci tennero due giorni dopo a Zurigo, contenuto in un doppio CD da collezione.
Il brano che ho inserito è “Easy Money” e la scelta non è casuale.
Ma veniamo agli elementi oggettivi, in primis la line up:

Robert Fripp - Guitar, Mellotron
Bill Bruford - Drums
David Cross - Violin, Mellotron
John Wetton - Bass, Vocal

L’unico elemento utile trovato sul web è la set list:

Larks' Tongues in Aspic, Part One
Peace - A Theme
Cat Food
The Night Watch
Book of Saturday
Easy Money
Improv
Exiles
Fracture
Lament
Improv
The Talking Drum
Larks' Tongues in Aspic, Part Two
21st Century Schizoid Man

Per il resto… ricordo davvero poco, ma mi è rimasta precisa una sensazione di giudizio generale: una freddezza iniziale, una difficoltà nel rompere il ghiaccio ed entrare in sintonia col pubblico e poi un senso di soddisfazione che parte da un determinato momento e prosegue abbinato ad una certa eccitazione: il concerto è finito e confluiamo verso l’uscita, sembra che ci conosciamo tutti, e in effetti le facce da concerto in quei giorni erano familiari. Molti i miei concittadini e con uno di loro, Pierangelo, mi soffermo a commentare l’esperienza appena vissuta. Mi rivolgo a lui che mi dice: “Inizio un po’ freddo ma da “Easy Money” in poi tutto è cambiato!”.
Che dire, se dopo tutti questi anni un insignificante particolare mi è rimasto nella testa, beh, è bene conservarlo come documento dell’epoca!
Ma che fortuna aver vissuto quel periodo!


IMMAGINI DI REPERTORIO DEL 1973






YES-"Fragile": Sì, sì, è il nostro mondo a essere Fragile!


Fragile è il quarto disco degli Yes, pubblicato il 12 novembre del 1971 dalla Atlantic Records. È un album che ha consolidato la reputazione degli Yes come pionieri del rock progressivo, caratterizzato da una combinazione unica di virtuosismo strumentale, composizioni complesse e un'ampia gamma di influenze musicali.

L'album si apre con il celebre brano "Roundabout", un'iconica traccia che rappresenta appieno l'estetica musicale degli Yes. La canzone è un vero e proprio viaggio sonoro, con cambi di tempo intricati, soli di chitarra mozzafiato di Steve Howe, un basso pulsante di Chris Squire e la maestria tastieristica di Rick Wakeman. La voce di Jon Anderson, con il suo timbro unico, si inserisce perfettamente nel contesto, aggiungendo un tocco di magia all'ensemble sonoro complesso e articolato.

"Fragile" contiene anche altre gemme, come "Long Distance Runaround" e "Heart of the Sunrise". La prima è una canzone orecchiabile con un ritmo vivace e melodie accattivanti, mentre la seconda è un'epica traccia di oltre dieci minuti che sfoggia la profondità e la grandezza del sound degli Yes. La sezione strumentale centrale di "Heart of the Sunrise" è notevole, e mette in evidenza le abilità tecniche dei membri della band in un crescendo di energia.

Oltre alle tracce principali, "Fragile" contiene anche delle composizioni strumentali brevi ma significative come "We Have Heaven" e "Mood for a Day", che sottolineano la versatilità degli Yes e la loro capacità di creare brani che vanno oltre le convenzioni del rock tradizionale.

In generale, "Fragile" è un album che ha influenzato numerosi musicisti e ha contribuito a definire il suono del rock progressivo. È un lavoro ricco di dettagli musicali, con ogni membro della band che brilla nel proprio ruolo, creando un insieme coeso e complesso. Le composizioni sono sofisticate e tecnicamente impressionanti, con un uso magistrale dei cambi di tempo e delle dinamiche.

"Fragile" è un album essenziale per gli appassionati di rock progressivo e rappresenta un punto di riferimento nel panorama musicale degli anni '70. La sua influenza e il suo impatto durano ancora oggi, rendendolo un'opera imprescindibile per chiunque voglia esplorare il genere.



Tracce (cliccare sul titolo per ascoltare)

Roundabout (Jon Anderson/Steve Howe) - 8:33

Cans And Brahms (Rick Wakeman)- 1:38

We Have Heaven (Jon Anderson) - 1:40

South Side Of The Sky (Jon Anderson/Chris Squire) - 7:58

Five Per Cent For Nothing (Bill Bruford) - 0:35

Long Distance Runaround (Jon Anderson) - 3:30

The Fish (Schindleria Praematurus) (Chris Squire) - 2:39

Mood For A Day (Steve Howe) - 3:00

Heart Of The Sunrise (Jon Anderson/Chris Squire/Bill Bruford) - 11:27

Il brano Heart Of The Sunrise dura 10:37. Al minuto 10:42, dopo 5 secondi di silenzio, come traccia fantasma si può ascoltare un reprise del brano We Have Heaven. 


Formazione

Jon Anderson: voce

Chris Squire: basso, seconde voci, chitarra elettrica

Steve Howe: chitarra elettrica, chitarra acustica, seconde voci

Rick Wakeman: organo Hammond, pianoforte, Fender Rhodes, clavicembalo, mellotron, sintetizzatore

Bill Bruford: batteria, percussioni

Argomento importante la copertina: per illustrarla, leggi il commento di Alessandro Pinton, che la descrive cliccando qui:

https://legendarycover.it/fragile-yes/






martedì 11 novembre 2025

Gli YES presentano l'edizione definitiva di "Tales From Topographic Oceans": un cofanetto super deluxe da 15 dischi

Gli Yes sul palco del The Rainbow di Londra, novembre 1973


Finalmente, il capolavoro degli Yes si espande a...

 dimensioni epiche! 


Le leggende del progressive rock, gli Yes, hanno svelato l'imminente uscita di una sbalorditiva edizione deluxe del loro acclamato (sebbene inizialmente controverso) doppio album del 1973, Tales From Topographic Oceans.

La nuova e monumentale edizione, prevista in uscita il 6 febbraio per Rhino, è un cofanetto da collezione che include ben 12 CD, due LP in vinile e un disco Blu-ray, per un totale di 15 dischi.

Il contenuto è ricchissimo:

  • Una versione rimasterizzata dell'album originale.
  • Versioni remixate dal celebre Steven Wilson, inclusi i remix strumentali.
  • Singoli edit e preziose registrazioni della fase di lavorazione dell'album.
  • Due interi album di registrazioni live mai pubblicate prima, catturate a Zurigo e Manchester durante il tour di Tales From Topographic Oceans.

Sebbene la conclusione del brano Ritual dall'esibizione di Zurigo (aprile 1974) sia già apparsa nella ristampa del 2016, il resto degli show dal vivo in questo cofanetto è del tutto inedito. La tracklist completa è disponibile in dettaglio di seguito.

In una precedente dichiarazione nel 2020, il chitarrista Steve Howe aveva riflettuto sul processo creativo dell'opera:

"Per quanto fosse un'impresa ardua, e lo è stata, nessuno di noi era disposto a tirarsi indietro rispetto a ciò che ci eravamo prefissati di realizzare. Eravamo consapevoli di avere un vasto panorama sonoro da esplorare. Il Lato A ha stabilito le coordinate, dimostrando la nostra intenzione di riutilizzare certi temi, ma in modi sempre nuovi. [...] Arrivati al secondo lato, credo volessimo spingerci oltre, introducendo passaggi folk in cui suono il liuto; siamo diventati più ariosi e leggeri, creando una dinamica tutta sua. Eravamo liberi di spaziare, specialmente sul terzo lato, dove l'inizio è un'estensione di idee folli, quasi eccentriche – alcune con echi di Stravinskij, altre decisamente folk. Con Leaves Of Green siamo tornati alle radici della nostra musica. C'è quasi un passaggio rinascimentale che suoniamo verso la fine del terzo lato. Per concludere, dovevamo creare qualcosa di più imponente dell'imponente. Sentivamo di aver costruito una bellissima melodia, Nous Sommes Du Soleil, con un uso del tema che, ancora oggi, ritengo sia stato ben eseguito."

L'edizione deluxe di Tales From Topographic Oceans è già disponibile per il preordine. Una tiratura limitata di sole 500 copie, che include una litografia autografata dall'artista della copertina Roger Dean, è in vendita esclusiva sul sito di Rhino.


Tracklist di Tales From Topographic Oceans (Super Deluxe Edition)

CD Disco 1: Album originale rimasterizzato
The Revealing Science Of God (Dance Of The Dawn)
The Remembering (High The Memory)

CD Disco 2: Album originale rimasterizzato
The Ancient (Giants Under The Sun)
Ritual (Nous Sommes du Soleil)

CD Disco 3: Steven Wilson 2026 Remixes
The Revealing Science Of God (Dance Of The Dawn)
The Remembering (High The Memory)

CD Disco 4: Steven Wilson 2026 Remixes
The Ancient (Giants Under The Sun)
Ritual (Nous Sommes du Soleil)

CD Disco 5: Steven Wilson 2026 Instrumental Mixes
The Revealing Science Of God (Dance Of The Dawn)
The Remembering (High The Memory)

CD Disco 6: Steven Wilson 2026 Instrumental Mixes
The Ancient (Giants Under The Sun)
Ritual (Nous Sommes du Soleil)

Disco CD 7: Rarities
The Revealing Science Of God (Dance Of The Dawn) – Single Edit
The Reembering (High The Memory) – Single Edit
The Ancient (Giants Under The Sun) – Single Edit
Ritual (Nous Sommes du Soleil) – Single Edit 1
Ritual (Nous Sommes du Soleil) – Single Edit 2
The Revealing Science Of God (Dance Of The Dawn) – Versione 1
The Remembering (High The Memory) – In Progress
The Ancient (Giants Under The Sun) – In Progress

CD Disco 8: Rarities
The Revealing Science Of God (Dance Of The Dawn) – In Progress *
The Ancient (Giants Under The Sun) – In Progress 2 *
The Revealing Science Of God (Dance Of The Dawn) – In Progress 2 *

CD Disco 9: Rarities
The Remembering (High The Memory) – In Progress 2 *
Ritual (Nous Sommes du Soleil) – In Progress *
The Revealing Science Of God (Dance Of The Dawn) – Versione 2

CD Disco 10: Live 1973
Live al Free Trade Hall, Manchester, Inghilterra (28/11/73)
The Remembering (High The Memory) *
The Ancient (Giants Under The Sun) *
Live al Capitol Theatre, Cardiff, Galles (1/12/73)
The Ancient (Giants Under The Sun) *
Ritual (Nous Sommes du Soleil) *

CD Disco 11: Live all'Hallenstadion Zürich, Zurigo, Svizzera (21/04/74)
And You And I *
Cord Of Life
Eclipse
III. The Preacher The Teacher
IV. Apocalypse
Close To The Edge *
The Solid Time Of Change
Total Mass Retain
III. I Get Up I Get Down
IV. Seasons Of Man
The Revealing Science Of God (Dance Of The Dawn) *

CD Disco 12: Live at Hallenstadion Zürich, Zürich, Switzerland (4/21/74)
The Ancient (Giants Under The Sun) *
Ritual (Nous Sommes du Soleil)

Blu-ray
2026 Dolby Atmos Mix
2026 5.1 Mix DTS-HD MA
2026 Stereo Remix
2026 Stereo Remaster
2026 Instrumental Mix

LP 1: Album originale rimasterizzato
The Revealing Science Of God (Dance Of The Dawn)
The Remembering (High The Memory)

LP 2: Album originale rimasterizzato
The Ancient (Giants Under The Sun)
Ritual (Nous Sommes du Soleil)

*Inedito