mercoledì 9 ottobre 2024

My Generation-The Who-59 anni ben portati


I hope I die before I get old

(Spero di morire prima di diventare vecchio)

 

Era il 1965 quando The Who scrissero un inno generazionale, “My Generation”. Per l’esattezza era il 28 ottobre, ben 59 anni fa, quando terminarono le registrazioni del terzo singolo del gruppo.

Non voglio ripercorrere la storia della band, più volte presente nei miei spazi in rete, ma evidenziare che Pete Townshend, Roger Daltrey, Keith Moon e John Entwistle, hanno percorso un lungo cammino, a dispetto del loro dichiarato, indecente e provocatorio proposito iniziale.

Keith e John si sono fermati a precedenti tappe temporali, ma continuano a vivere con noi che li abbiamo sempre e incondizionatamente amati. Di certo non avrebbero mai potuto pensare che ciò che stavano per far nascere avrebbe di fatto negato quel pensiero primitivo, perché attraverso la musica, e che musica, hanno trovato il modo per diventare immortali.

My Generation” è uno degli inni del movimento mod. La canzone è caratterizzata da un riff d'introduzione di due note, seguito da un'alternanza di voce e coro. Fece ovviamente scalpore all'epoca il verso: «I hope I die before I get old» ("Spero di morire prima di diventare vecchio").

Come in molte altre tra le prime composizioni del gruppo, influenzati dalla cultura mod, sono presenti influenze del R&B statunitense, più esplicitamente nella forma a "domanda e risposta" dei versi della canzone con Daltrey che canta arrivando a balbettare dalla frustrazione e la ripetizione ossessiva del coro "Talkin' 'bout my generation".

E il balbettio di Daltrey?

Keith Moon riferì che: «Pete aveva scritto le parole della canzone su un foglio di carta e lo diede a Roger, che non le aveva mai lette prima. Così, mentre le leggeva per la prima volta, balbettò. In studio c'era Kit Lambert, che disse a Roger: "Quando canti continua a balbettare". Così fu, e il risultato lasciò tutti senza fiato. E pensare che tutto accadde solo perché Roger quel giorno aveva il raffreddore!».

Rivoluzionario l’assolo di basso elettrico di John Entwistle.

Quante canzoni contenevano assolti di basso elettrico nel 1965? Le altre band, del resto, non avevano John Entwistle. «Stava diventando il più rivoluzionario bassista del momento» ha scritto Townshend «e volevo fornirgli un mezzo per esprimere il suo incredibile modo di suonare». All’epoca, Entwistle usava bassi Danelectro con corde sottili che tendevano a rompersi ed erano difficili da trovare. Quando si rompevano, cambiava basso. Nel corso delle varie session durante le quali il pezzo fu inciso usò tre diversi bassi Danelectro e per la registrazione definitiva un Fender Jazz.

Non resta che ascoltarla come sottofondo di immagini che riguardano quella generazione!