martedì 31 gennaio 2012

Delirium e Tin Pan Alley a Cairo Montenotte




La terza serata della rassegna “Oltre la Musica”, si è svolta il 27 gennaio nel Teatro di Città di Cairo Montenotte.
Di scena due “entità musicali” molto diverse tra loro, sia dal punto di vista dello  stile che da quello dell’esperienza.
I Delirium non hanno bisogno di  molte sottolineature. Anche chi non si occupa di musica in modo costante conserva  nel proprio patrimonio personale alcuni loro  brani che hanno fatto la storia della musica italiana,  dal “Canto di Osanna” a “Jesahel”.
I Tin Pan Alley hot jazz trio, sono invece giovani musicisti torinesi che si presentano in formazione acustica: ukulele, violino e canto, con supporto di mandolino, kazoo e strumentini vari. La freschezza della proposta risiede nella rivisitazione di musica antica, incentrata sul periodo che va dagli anni 20 ai 40, con le eccezioni del caso.
La sintesi  della serata potrebbe essere… “gran bel concerto… cornice inadeguata”.
Il 17 dicembre, prima giornata della rassegna, mi ero soffermato sul significato del titolo, quel “Oltre la Musica” che racchiude in se il vero significato di evento live, situazione in cui l’atmosfera magica che spesso si crea spontaneamente ha poco a che vedere con la tecnica in gioco, ma è frutto di una sorta di “ping pong” tra palco e audience, poli che si fondono e si autoalimentano dando luogo ad un attimo che rimarrà per sempre.
Vedere  un pubblico inadeguato, numericamente parlando, è fatto per me triste/inspiegabile, e avere un ruolo di co-organizzatore mi spinge a pensare a quali errori possano essere stati fatti.
Rimando ad altro momento la mia amara riflessione, ed evidenzio che le cento persone presenti si sono dimostrate… “calde” e in linea con la portata della serata.
I Tin Pan Alley sono spettacolari anche dal punto di vista teatrale, e la miscela di musica, abbigliamento e ambientazione (palco e luci da sogno) ha coinvolto i presenti, sicuramente impreparati  a ciò che si stava materializzando on stage.
Una quarantina di minuti in cui ci si è ritrovati nei film americani a cui eravamo abituati da bambini, con un'unica concessione alla ” modernità” beatlesiana con “Honey Pie”. E poi “Dream a Little Dream” di Mama Cass e “Ma Pippo non lo sa”, conosciuta in mille versioni, da Natalino Otto a Rita Pavone.
Nomi d’arte per questo trio fatto da “ La Terribile” alla voce- e danza-, “ El Bastardo” all’ukulele e voce e “Tony Timone” al violino e mandolino. Una bella sorpresa e un deciso e incoraggiante riconoscimento da parte dei presenti.




E poi i Delirium , tra passato remoto e presente, tra pop e prog.
Due i membri originali  Pino Di Santo alla batteria ed Ettore Vigo alle tatiere.
Un Martin Grice ai fiati, col gruppo da oltre trent’anni, è da considerarsi alla stregua dei fondatori.
E poi i più giovani Fabio Ghighini al basso e Roberto Solinas alla chitarra.
La band ha presentato i brani significativi del loro repertorio, dagli inizi all’ultimo album del 2008.
Qualche cover di qualità con un omaggio a Ivan Graziani- “Monna Lisa”- e un bis dedicato ai Beatles e a Joe Cocker, quella “With a little help from my friends” che mette sempre i brividi nella versione woodstockiana.
Qualche gag a metà spettacolo ha contribuito a rendere l’ambiente familiare e a divertire il pubblico, ogni volta che l’anglogenovese Grice veniva messo alla berlina   per il suo modo di parlare.
Un pugno di artisti che riescono a sorprendere anche in condizioni  ambientali non troppo… felici, ma forse è proprio questa la differenza tra professionisti e dilettanti.
A fine concerto largo spazio a foto e autografi.
Da segnalare un premio fedeltà, una citazione e la consegna della maglia “Delirium” da parte di Pino Di Santo ad un fan di Cantù che segue ovunque la band.
E ora aspettiamo con ansia il prossimo evento!

venerdì 27 gennaio 2012

Barbara Rubin-"Under The Ice"


Ancora una volta “inciampo” casualmente in un album ed un’artista sorprendente.
Arrivo a Barbara Rubin attraverso il passaparola, accettando  il consiglio di chi timidamente mi propone un nuovo ascolto, e io mi faccio convincere  volentieri perché …” se me lo ha detto lui….”. Nello spazio di due giorni entro in contatto con Barbara e in una settimana il CD è nelle mie mani. Lo ascolto una sola volta, esterrefatto, e preparo immediatamente le mie solite domande.
Di lei mi colpisce tutto… la sua musica, i suoi compagni di viaggio, la sua storia personale e il modo inusuale di arrivare laddove nessuno arriva, attraverso l’intraprendenza personale e, ovviamente, la qualità.
L’album di cui mi appresto a scrivere si intitola ” Under The Ice”.
Barbara ha una formazione classica, e lo strumento  studiato al conservatorio è il violino. E quando la rigida educazione musicale si sposa alla varietà di situazioni in cui ci si può muovere in ambito prog, possono nascere piccoli capolavori, perché sia chiaro, non è vero che non c’è più niente da scoprire in ambito musicale.
Avverto da subito un’atmosfera conosciuta, il che non significa che afferro tratti di “clonazione musicale”, ma semplicemente che riconduco “Under The Ice” verso un terreno che mi appartiene completamente, quello degli YES.
Poteva essere un condizionamento dettato da chissà quale motivo, e invece scopro che Barbara ha rivisitato recentemente un brano di Ion Anderson e allora penso… “non avevo torto!”.
L’intervista a seguire svela molte cose interessanti e racconta di una giovane e valente artista che decide di inviare un pezzo di se stessa in giro per il mondo, cosa che la tecnologia oggigiorno permette di fare. A volte va bene e a volte no, ma ci sarà pure un valido motivo se molte delle radio che occupano l’etere, dalle Americhe all’Australia, decidono di mandare in onda la musica di Barbara!?
Tutto questo può rappresentare un ottimo suggerimento per chi ritiene di avere tra le mani un prodotto di qualità e non sa quale strada intraprendere per mettersi in vera luce.
Testi in inglese-ovviamente- con qualche concessione alla nostra lingua, voce particolarissima e piena di personalità, armonie da sogno, riscoperta di trame passate unite ad un rock… caratteristico del nuovo corso.
“Under the ice” è la sintesi degli stili musicali che preferisco, interpretati da musicisti di grande valore.
Questo è ciò che arriva dal prodotto realizzato in studio, e quindi con i ritocchi necessari, ma chi ha visto Barbara Rubin in fase live-spero di provare presto l’ebrezza-racconta di una carica inusuale e di un “lavoro” che on stage si autoalimenta incrementando il proprio valore aggiunto.
E ora Barbara Rubin e il suo album saranno oggetto della mia solita … condivisione selvaggia.




L’INTERVISTA

Ho ascoltato una sola volta l’album arrivato ieri, ma solitamente mi basta per farmi un’idea iniziale dell’atmosfera generale( è ciò che voglio fare prima di preparare le domande). Ho sentito un mood complessivo che mi ha riportato agli YES di qualche anno fa, e poi leggendo le note biografiche ho letto delle tua versione di “Change we must”di Jon Anderson. Forse non mi sono sbagliato. Come nasce il tuo amore  per quel tipo di musica?
Il mio amore per il progressive nasce non molto tempo fa, nel 2005, quando ho partecipato alle registrazioni e alla realizzazione live del disco “Swimming in the sand” degli Arcansiel, con Paolo Baltaro.  Non sarei sincera se dicessi che sono una veterana o una fan del prog di vecchia data. La mia attezione per gli Yes si è accentuata dopo la produzione del video “Change we must” che, con Simone Morandotti, coproduttore di “Under The Ice”, e Roberto Bassignana, ho realizzato per L’Earthday Brasil, un festival che si svolge in Brasile e che ha come questione centrale la difesa del pianeta e i problemi che compromettono il suo ecosistema. Così ho approfondito la mia conoscenza sugli Yes, dei quali avevo già un paio di album. Ne ho acquistati altri, soprattutto perché sono rimasta stregata dalla voce ipnotica di Jon Anderson. Ma tutto ciò, video e approfondimenti, sono arrivati dopo “Under the ice”… hai avuto una premonizione che sicuramente mi lusinga e mi porterà bene!

Andrea Garavelli, che ha suonato con te nell’album e che ci ha messi in contatto, mi ha parlato di come questo tuo progetto “Under The Ice”  sia pronto per la versione live, e quindi penso sia una tua necessità quella di cercare il contatto diretto con il pubblico. Che valore ha per te la performance on stage? Che tipo di interazione riesci ad realizzare con l’audience?
E’ una domanda bellissima ma penso che la risposta sia più grande di me… le sensazioni che si provano sul palco sono diverse e quasi tutte indescrivibili. Sicuramente mi sento me stessa… cantare vuol dire fare musica e comunicare ciò che la mente vuole senza un mezzo intermediario, direttamente con il corpo. Questo da una sensazione di libertà. La parola, la ragione e i sentimenti possono essere rafforzati dalla musica. A me piace cantare, esprimermi guardando negli occhi chi mi ascolta, più sinceramente che posso. Il palco, ogni palco, anche piccolo, è la mia occasione di esprimermi.

”Under The Ice” è un album “solista”, nel senso dell’appartenenza al progetto, ma può contare su un gran numero di musicisti di valore. Quanto conta per te il gioco di squadra?
Il lavoro di squadra è tutto, anche in un progetto da solista, perché fa in modo che quello che intendi realizzare prenda forma con più forza, quella dei musicisti con la loro bravura e il loro stile, regalando più colori e sfumature. L’importante è che in tutti ci sia amore per quello che si fa. Nel mio caso, la mia squadra è formata da persone molto importanti per me. Simone Morandotti è il mio fidanzato; con Andrea Garavelli, Marianna Caltavuturo, Andrea Giolo e Claudia Ravetto sono legata da un’amicizia profonda da molti anni. 

Uno dei tanti elementi che contribuiscono a fornire il concetto di musica prog, è la miscela tra classico e rock, materie che conosci molto bene e che utilizzi con buona sapienza e gusto. Come nasce in te la passione per questo tipo di situazione musicale?
Io ho una formazione classica, per quanto riguarda i miei studi di violino al Conservatorio, alla quale ho affiancato l’attività  di cantante rock e metal. La mia musica è scivolata dentro al prog senza che io la mandassi volontariamente in quella direzione, forse perché proprio come hai detto tu, classica + rock = PROG. E’ una contaminazione spontanea poiché hanno molte cose in comune sotto il punto di vista armonico, della ricerca, della sperimentazione. Il prog è un campo aperto in cui c’è spazio per tutto, dalla melodia all’esasperazione della tecnica.

Sono molte le nuove realtà talentuose, ma è sempre più difficile emergere, e il business legato alla musica “ non sembra abbia particolare cura per chi realizza musica di  “impegno”. Come sei riuscita a varcare le soglie nazionali e a raggiungere paesi lontani, agli antipodi dal punto di vista spaziale?
Con internet, nulla più, con tanta buona volontà e con migliaia di e-mail. Quando ho completato la produzione del disco e stavo per pubblicare ho cominciato a contattare le radio. Già da tempo avevo programmato che quello sarebbe stato il mio primo passo, perché trovo che siano il media più importante per la musica… la radio è il media del suono, dove prima ascolti e poi, se sei rimasto colpito, vai a vedere che faccia ha quello che suona o canta così. La tv, da tempo, sta funzionando al contrario.  Ho cominciato con le radio Americane, ho fatto il giro largo per poi finire qui. Ho cominciato dagli USA perché avevo la sensazione che lì, una possibilità si possa ancora ottenere  e infatti non mi sbagliavo. A una semplice mail, ricevevo presto una semplice risposta… “spiacenti, no, ma grazie per averci contattato”, oppure: “saremo lieti di avere il suo materiale all’indirizzo…”. Un bell’incoraggiamento che tutt’ora mi da energia per farmi avanti. Le radio che hanno trasmesso e trasmettono il mio disco sono un centinaio, tra Europa e le 2 Americhe. Inoltre ho avuto moltissime recensioni e collaborazioni con siti specializzati.

La scelta della lingua inglese mi sembra la migliore e la più funzionale alla tua proposta, ma trovi spazio anche per la nostra lingua. Quali sono i motivi di questa scelta?
“Under the ice” è la mia prima raccolta di canzoni in inglese. Prima avevo sempre scritto in italiano. Semplicemente, mano a mano che scrivevo la musica, le parole che emergevano, che si attaccavano meglio a quei suoni, erano in inglese. Così non mi sono opposta, ovviamente pensando anche che fosse un bene. In generale però, non mi impongo niente. Le mie canzoni decidono un po’ loro che lingua parlare. Fortunatamente ne conosco solo due. A parte gli scherzi, hanno delle caratteristiche di suono molto diverse ed è come suonare due strumenti diversi… sono una ricchezza. Uno dei miei ultimi pezzi “Eyelids”, ha un testo quasi tutto in italiano ma con delle frasi di commento in inglese…. come del resto è il titolo.

Mi riallaccio alla domanda precedente, quanto sono importanti per te le liriche?
Importantissime ed indissolubilmente legate alla musica. Scrivo entrambe negli stessi giorni. Difficilmente lascio passare molto tempo per completare la musica con le parole. Nonostante scriva quasi sempre prima la musica, non posso fare a meno di scrivere il testo. Non c’è verso di scrivere un brano completamente strumentale, ma prima o poi lo farò.. è che il suono delle parole da varietà all’armonia ed al ritmo.

Sei una musicista completa, in grado di utilizzare differenti modi espressivi. Esiste una tua preferenza, uno strumento con cui pensi di “dare di più”, o che semplicemente è il tuo compagno anche nei momenti di relax?
Il pianoforte direi che è fondamentale per me, per scrivere, per pensare o semplicemente per rilassarmi. Ma non so dire se sia il mio strumento preferito. Con il canto, il violino, la viola e il pianoforte ho rispettivamente un rapporto diverso e loro hanno un ruolo diverso nella mia musica. E poi ho cominciato a suonarli in momenti diversi della mia vita perciò ognuno ha la sua storia.

Esiste una band, un musicista, che ti hanno influenzato più di altri e che ritieni un pò “colpevole” della tua scelta di diventare musicista?
Penso i compositori classici. Quando ero ragazzina rimasi affascinata dalla loro storia. Avevo un enciclopedia che consultavo e che aveva molte pagine su ognuno di loro. Ricordo che invece di “compositore” c’era scritto “musicista”, accanto al nome. Questa parola “musicista” ha illuminato la mia strada, sicuramente.

 E ora sogna… cosa vorresti ti capitasse, musicalmente parlando, da qui al 2015?
Sogno di poter dedicare molto più tempo alla mia musica, che tutto nella mia vita sia organizzato in funzione di essa. Voglio sentire spesso le tavole del palco scricchiolare sotto i piedi e voglio che i miei musicisti di ora, siano i miei musicisti di sempre.





BIOGRAFIA

Da molte e diverse esperienze musicali, a partire dalla formazione in  Conservatorio per arrivare al metal-progressive, nasce una mescolanza  di pensieri musicali che da origine a: "UNDER THE ICE" il mio progetto  da solista, realizzato con la collaborazione di amici-musicisti di raro valore.                                                                                                 

Barbara Rubin è una musicista italiana, cantautrice e violinista. Ha cominciato la sua formazione musicale al Conservatorio G. Nicolini di Piacenza diplomandosi in violin sotto la guida del M° Fabio Biondi (Europa Galante).

Parallelamente agli studi classici ha  cominciato a coltivare l'amore per il rock, iniziando ben presto a  scrivere musica mescolando sonorità classiche ad altre più moderne.
Cosi nasce questo album da solista che attinge all'esperienza di una  lunga attività live, sia come cantante che come violinista, e da  diverse collaborazioni discografiche tra le quali: SWIMMER IN THE SAND - ARCANSIEL (Musea records), Low Fare Flight To The Earth - Paolo Baltaro (Musea records), Do Not Disturb - Mhmm blues band (Banksville).


track list:

Under the ice
The land (intermezzo)
Angel heartbeat (con Marianna Caltavuturo)
A place that nobody knows
Stupid day (con Andrea Giolo e Claudia Ravetto)
Liar
Before the light (intermezzo)
Ero e sono
Music and love
No more tears
Orange roses
Line up

Barbara Rubin: voce solista, cori, violino, viola, pianoforte e synth-pad
Andrea Giolo: cori e voce solista (in Stupid Day)
Marianna Caltavuturo: cori (in Angel Heartbeat)
Alberto Rondano: Chitarra elettrica
Paolo Baltaro: Chitarra acustica 6 e 12 corde
Andrea Garavelli: Basso fretless
Antonella Morrone: Basso (in Liar)
Sara Morandotti: Flauto traverso                                                                                                                                                                Claudia Ravetto: Violoncello
Simone Morandotti: Batteria, Chitarra elettrica, Lead synth e organo Hammond


Fotografia di Marianna Caltavuturo                                                                                                              Artwork di Simone Mrandotti e Davide Rubin
Musica e parole di Barbara Rubin

Prodotto ed arragiato da Barbara Rubin e Simone Morandotti
Distribuito da BTF (Milano) – Italia 2010


….e durante quest’anno “Under The Ice” ha cominciato un viaggio attraverso l’Europa per arrivare oltre oceano in USA e in America Latina, così come in Australia, trovando l’amicizia di mote Radio, Magazines e siti web. Tre cose, in particolare, possono essere menzionate qui:


 La NOMINATION ai "PROGAWARDS"
Il CD è stato finalista per i "Best Prog Attitudes Record"


IL SUCCESSO AL CONCORSO MUSICALE: “YEM!”
Young Emergent Music,
in ROMA
 con la canzone “Eyelids” composta appositamente per questo evento.
La canzone si è classificata al 1° posto  diventando un singolo, disponibile dall’Autunno 2010.
( info su: www.dandoo.org/yem)


LA PARTECIPAZIONE A "EARTHDAY BRASIL 2011"
Realizzando una nuova versione del brano: "Change we must",
di Jon Anderson, in versione audio e video clip.
"Earth Day Brasil è l’opportunità di concentrarci e preservare tutto ciò che abbiamo in comune, come abitanti di questo pianeta. E’ l’intento di creare un forum dove tutti possono essere membri della tribù di Madre Terra!”
 (info su: www.earthdaybrasil.com/fr_specialnote.cfm - www.changewemusttribute.com/fr_homebase.cfm)

“Grazie per il tempo che dedicherete alla mia musica”
                                                   Barbara Rubin

contact: www.myspace.com/barbararubinmusic 
                                           www.facebook.com/barbara.rubin2
           lady.rock@tiscali.it (Barbara Rubin)



martedì 24 gennaio 2012

PROGLIGURIA-Commento


Una maratona musicale targata “prog” è l’aiuto concreto che si è cercato di fornire agli alluvionati colpiti dal tragico evento  del 25 ottobre scorso nel levante ligure, in particolare nella zona di La Spezia. L’aiuto concreto a cui faccio riferimento è naturalmente qualcosa di materiale, ovvero una raccolta di fondi che potesse rappresentare un piccolo sollievo per  chi ha perso una parte di sé.

ProgLiguria è stato tutto questo.

Come spesso accade in queste situazioni, si pensa subito alla musica come fattore aggregante, perché se è da tempo finita l’illusione che con essa si possa cambiare il mondo, è altresì certo che, chi in qualche modo fa parte di questo mondo, ha la sensazione di poter incidere, magari appena scalfire, ma comunque farsi sentire, per dire … “… io all’occorrenza ci sono…”
Sabato 21 gennaio  il Centro Fieristico di Spezia Expo è stato il contenitore della kermesse musicale.
Il fatto che la musica presentata sia stata di natura progressiva ha un motivo ben preciso: chi si è sentito in dovere di agire e organizzare  suona o ama quel genere, un po’ di nicchia, che sta tornando prepotentemente a galla, essendo caratterizzato dall’estrema qualità; ma questo significa anche  mobilitare un numero di persone limitato rispetto alle potenzialità, perché l’immane impegno di chi ha lavorato per mesi non ha certo avuto il giusto riconoscimento economico.
Ma era prevedibile, e quindi occorre pensare ad una festa simbolica, risultante della volontà di dire la propria in maniera pacifica e costruttiva, attraverso l’unione delle anime e la voglia di donare un po’ di sé.
Triste pensare che un qualsiasi “amico” della De Filippi, avrebbe potuto portare molta più … concretezza,  ma … che ci possiamo fare se amiamo la qualità?
Molte le persone che hanno contribuito e che ricordo utilizzando parte del comunicato stampa…

con il Patrocinio di: Provincia della Spezia – Azienda Fiere La Spezia – Centro Fieristico della Spezia – Camera di Commercio della Spezia
In Collaborazione conMusicArTeam - Rock Land - A.C.I.M. – Società di promozione turistico culturale “Il Cigno” di Pignone (SP) – Terra e Riviera dei Poeti S.T. Golfo dei Poeti Val di Magra e Val di Vara
Organizzazione:  Angelo De Negri, Distilleria Music Factory, Black Widow,  Ma.Ra.Cash.

Location enorme, con un avamposto fatto di stand a carattere musicale e rappresentanza locale-con prodotti agricoli in evidenza-costituita da persone davvero colpite dal dramma dell’alluvione.
Dodici ore di musica ininterrotta sono un’enormità.
Dodici ore di musica ininterrotta sembrano impossibili da gestire, tra cambi palco e sicuri contrattempi.
Eppure tutto ha funzionato, ed è stata fornita una buona immagine di efficienza, se messa in relazione alle difficoltà oggettive.
Nella mia funzione di… Pippo Baudo dei poveri, non ho goduto molto della musica, preoccupato di trovare musicisti e scrittori da intervistare tra un set e l’altro, ma se fossi stato uno spettatore difficilmente avrei resistito tutte quelle ore in piedi  e la mancanza di sedie si è fatta sentire, ma in un’occasione del genere occorreva pensare al risultato finale, alla raccolta di fondi, e 500 sedie costano, se nessuno le regala o le presta.
I musicisti hanno fatto la loro parte, rinunciando ad ogni tipo di compenso, e quando a metà giornata Dario Vergassola è salito sul palco assieme alle autorità locali, ha rimarcato il fatto, “suggerendo” a Sindaco e politici di pensare ad organizzazioni future, senza l’occasione dell’emergenza, pagando musicisti regolarmente… sono o non sono lavoratori come gli altri?
Quattordici le band impegnate, elencate a fine post.
Trenta i minuti a disposizione nella prima parte di giornata, diventati quarantacinque mano a mano che passavano le ore.

Molti gli ospiti presenti: Max Manfredi con il Tempio delle Clessidre, Sophya Baccini con Delirium e Osanna e Franco Taulino/Marcello Chiaraluce ancora con i Delirium.
Ci sono stati momenti di grande musica, e attimi di positivo stupore, provocati da chi verificava la grandezza di band di cui aveva solo sentito parlare.
Qualche esempio.
Un amico che viaggia in lungo e largo per la penisola a caccia di prog, ha scoperto di… non aver viaggiato abbastanza, perché conosceva solo di nome “La Locanda delle Fate”, ed ha capito di essersi  perso qualcosa.
Stessi commenti per Maxophone, UT, Arti e Mestieri, CCLR o i Daemonia, nella nuova veste che prevede una bravissima vocalist, Silvia Specchio.
In questi casi occorre essere tanto bravi da eliminare il rumore di fondo e conservare i valori reali.
Non è facile per nessuno “scaldare” il pubblico suonando nelle prime ore della giornata, magari con poca audience. Non è altresì facile per nessuno suonare mentre parte dell’attenzione di chi è di fronte a te è precaria, perché il movimento è continuo, ma alla fine quello che conta è esserci, partecipare a qualcosa che resterà comunque nella storia, e ogni volta che si ricorderà il ProLiguria si abbineranno i quattordici gruppi che si sono esibiti ad una risposta importante verso un problema drammatico, che ancora una volta la musica ha saputo dare in modo concreto.
Molti i fotografi e molte le videocamere in gioco, e la speranza è quella di realizzare un book fotografico e un DVD che ricordino a tutti che cosa è stato il ProgLigura 2012.
Non sono in grado di fare analisi band dopo band perché sono rimasto concentrato su altri aspetti, ma voglio ricordare la scenetta finale, quella che ha dato il senso del gioco di squadra anche sul palco, tra artista e artista.
Sarà stata forse mezzanotte e mezza quando erano di scena gli Osanna, ultimo gruppo della giornata. Ed era un momento topico, quello in cui entra in scena Gianni Leone con il suo solo, reminiscenza del Balletto di Bronzo. Il video reporter on stage, da me preavvisato, aveva già puntato la camera sull’hammond ma Gianni era fermo sul primo accordo… tecnici del service faccia a faccia con un problema nuovo e… Caludio Simonetti che sale sul palco e trova la soluzione. E Gianni avrà il suo momento di meritata gloria.
Mi permetto un paio di saluti personali. Il primo a l’assente giustificato Irvin Vairetti, che proprio ieri è diventato padre, rendendo Lino nonno, proprio in un’occasione speciale come questa. Il secondo saluto va al bravo batterista Gennaro Barba, che nonostante gravi problemi familiari ha voluto esserci a tutti i costi.
A onor di cronaca sono saliti sul palco, per chiacchierare intelligentemente, alcuni importanti artisti e scrittori, come Pino Sinnone, drummer seminale dei TripMaurizio Galia e Franco Vassia, scrittori di area progressiva, Il Cerchio d’Oro, The Former Life, i Flower Flesh, gli Alphataurus, il Biglietto per l’Inferno.Folk e la già citata Sophya Baccini.
E’ opinione diffusa che certi eventi si possa continuare a crearli senza aver vissuto qualche dramma, perché i momenti di aggregazione musicale, come è sempre stato, sono davvero insostituibili. E noi tutti ci proveremo!

Angelo De Negri and Friends


PROG LIGURIA – SPEZIA EXPO’ – 21.01.12

PROGRAMMA DEFINITIVo
12.00-12.30
EGOBAND
12.45-13.15
ALTARE TOTHEMICO
13.30-14.00
MAXOPHONE
14.15-14.45
LA TORRE DELL’ALCHIMISTA
15.00-15.30
LA MASCHERA DI CERA
15.45-16.15
IL TEMPIO DELLE CLESSIDRE
16.30-17.00
GLEEMEN
17.15-18.00
UT
18.15-19.00
LOCANDA DELLE FATE
19.15-20.00
CCLR
20.15-21.00
DELIRIUM
21.15-22.00
DAEMONIA
22.15-23.00
ARTI & MESTIERI
23.15-24.00
OSANNA


Comunicato Stampa ufficiale
PRO.G LIGURIA
Lo scorso 25 ottobre la Liguria ha subito una profonda ferita.
La furia dell'acqua che si è accanita sul Levante Ligure e l'alta Toscana ha portato devastazione e morte. L’immagine che più rimane negli occhi è la modifica del paesaggio, quella del “nulla è e sarà più come prima”, ci si chiede come si possa dare un aiuto concreto, facendo ciò che meglio si sa fare. Da questo nasce l’idea di organizzare un concerto benefico a La Spezia, capoluogo dei territori maggiormente colpiti, che coinvolga il maggior numero di gruppi di Rock Progressivo  Italiani in una data, il 21 gennaio 2012 non casuale, ma fortemente voluta per tenere accesa l’attenzione su un tipo di emergenza che non si risolve allo spegnersi dei riflettori della prim’ora.
La filosofia di questa giornata vuole essere quella di raggiungere l’obiettivo primario della massima raccolta di fondi attraverso un concerto-evento, coinvolgendo operatori ed attività del territorio (gastronomia ed ospitalità) ed invitando a partecipare sia il pubblico degli appassionati del genere da tutte le regioni italiane, sia la popolazione ligure in un grande atto di solidarietà.
Da mezzogiorno a mezzanotte si avvicenderanno sul palco artisti della storica scena prog nazionale e nuovi gruppi che hanno saputo rinnovare il genere.
Musicisti come: ALTARE TOTHEMICO, ARTI E MESTIERI(con Gigi Venegoni), CCLR-Cavalli Cocchi,Lanzetti,Roversi (con Aldo Tagliapietra), DAEMONIA featuring Claudio Simonetti, DELIRIUM (con Sophya Baccini e Franco Taulino), EGOBAND,IL TEMPIO DELLE CLESSIDRE, LA MASCHERA DI CERA, LA TORRE DELL’ALCHIMISTA, LOCANDA DELLE FATE, MAXOPHONE, MOONGARDEN, OSANNA (con Gianni Leone), THE TRIP,UT  si alterneranno sul palco per una vera e propria Woodstock benefica.
              PROG LIGURIA
Spezia Expo – Centro Fieristico
Via del Canaletto - 19124 La Spezia (SP)
21 gennaio 2012
            dalle ore 12,00 alle 24,00 

La ProgLiguria di Beppe Crovella



Il pensiero di Beppe Crovella il giorno dopo ProgLiguria


PROG LIGURIA, UN BELL’EVENTO DA RICORDARE

... osservazioni del giorno dopo,  rivolte a chi c’era, a chi avrebbe voluto esserci, agli appassionati prog  ed in particolare a chi, sia “media” che pubblico... non e’  propriamente nel nostro contesto.
IERI
IL 21 gennaio a La Spezia è stato un giorno che sarà ricordato,  da chi è nel mondo prog e non solo, grazie al notevole “cast artistico” che vi ha aderito, a chi l’ha ideato ed organizzato, a chi ha contribuito al realizzarsi dell’evento, ed a chi era là.
E’ stata una gran bella giornata, già di per se stessa che  troverà il suo posto nella nostra memoria  per quello che ha significato, sotto più aspetti.
IL PROG ITALIANO E ‘ PIU’ CHE MAI VIVO E CONTINUA A CRESCERE
Questa rassegna di così  tanti gruppi  decisamente interessanti  ha mostrato ancora una volta che il  prog italiano è vivo, vivo più che mai, sia nei gruppi cosiddetti “storici” che nei gruppi nati successivi ai gloriosi anni 70.
Questo senso di continuità è una splendida constatazione  per questo genere, che acquista particolare valore, oggi, non essendoci le situazioni “ideali” che caratterizzarono gli anni 70, sia nel campo concertistico che nelle vendite discografiche che all’epoca vedevano gruppi prog italiani ed inglese ai primissimi posti delle Hit Parade, per più tempo.
Il fatto che il “prog italiano”  continui  ad essere “area fertile” tanto per chi già semina da anni che per i ..."nuovi seminatori" è un segno di continuità assai confortante.
IL PROG ITALIANO NEL MONDO
Il prog italiano continua ad essere  uno dei pochi tra gli stili musicali, diciamo nazionali, che sia riuscito ad avere dagli anni 70 dei significativi riconoscimenti internazionali e che continua ad averne.
Ricordo un certo orgoglio che si provò un pò tutti, quando,  prima di tutti, la “PFM” firmò per la Manticore, come poi il “Banco”, così come quando “Le Orme” uscirono  per la Charisma.
Per la musica italiana su fu un sorta di Laurea ad honorem, il “riconoscimento” che arrivò dalla terra madre del prog. l’Inghilterra.
E... voglio condividere con chi mi legge, il rimpianto di non avercela fatta, all’epoca con “arti & mestieri”,  con la Manticore, dopo aver conosciuto Greg Lake, che ci venne a vedere  a Bergamo, nel corso del tour con la PFM, e che era... dell’avviso, come il resto della Manticore di avere gli  arti & mestieri, ma non si raggiunse l’accordo manageriale e discografico.
In compenso uscimmo già in Giappone con Pioneer  per “tilt” ed in Francia con Barclays “Tour de Valse pur le Demain”.
In questi anni  è lunga la lista di tour e concerti all’estero per noi e per più gruppi del prog italiano.
Tornando all’oggi, a novembre abbiamo avuto in Giappone il clamoroso successo del Primo Festival della Musica Progressive Italiana, che sarà seguito da un secondo festival tra 3 mesi.
E poi, la giornata di ieri, che avrà eco non solo nel nostro paese, come si vede già dai primi resoconti del giorno dopo.
IL PROG PARTE "DAL IERI" PER PROIETTARSI NEL DOMANI
Da sempre penso due cose, che sono totalmente in sintonia, ossia da un lato che quel momento storico dei 60 e dei 70 debba essere tenuto sempre presente, sempre citato e ricordato, rivissuto ed approfondito,  per cercare di trasmettere alle generazioni seguenti  quel meraviglioso feeling di creatività e libertà .
...affermava Ian Mac Donald, di “new Musical express” la difficoltà nello  “spiegare come era... a chi non c’era, in quegli anni!!
I 60 a 70 però non debbono essere un’ancora che immobilizza  il resto e concentra su di se tutta l’attenzione.
Questo sarebbe da un certo punto di vista, contro lo spirito progressive, che piu’ che altro, prima ancora di essere stile è “intenzione” , è molto volentieri,  determinazione  nell’avventurarsi nelle “terre ancora di nessuno”, per cui il passato in questo caso deve diventare energia e stimolo.
I 60 e 70 ogni volta che sono ricordati debbono essere, a mio avviso,  allo stesso tempo, recupero ed approfondimento di un momento creativo eccezionale, ma anche per non dire soprattutto, momento di spinta, momento propulsore, movente creativo e debbono “catapultare” nel progredire verso un “nuovo inesplorato creativo” ed a mio avviso, così facendo  si da veramente ragione al carattere di un’epoca fondamentale, all’identità dinamica che è "sintomo" dell’esser progressive.
 QUANDO LA “SOCIETA’” NON AIUTA LA MUSICA, LA MUSICA AIUTA... ANCOR DI PIU’ LA SOCIETA’
Un altro segnale estremamente importante, come ho detto nell’intervista di Athos ieri, sul palco è proprio quello dato ieri, in un momento in cui “la società ’” per dirla in senso generale “non aiuta la musica”, direi proprio...anzi...,  allora, che cosa fa la musica?          la musica... aiuta’ la società, e non solo come fa da sempre,  iniettando “il bello” nella società, con positività, emozionalità, entusiasmo, energia, stimolo all’immaginazione,  e così via, che sono già cose vitali,  enormi ed indispensabili, ma interviene con un intervento “sul momento” offrendo gli artisti il proprio lavoro totalmente gratuitamente (ed in alcuni casi,  spendendoci) a favore di una giusta causa.
GIRO DI PROG PER DOMANI  (...non sarà TILT)
Il “progressive italiano” nella giornata di ieri, ha fatto anche  capire quanto sia anche “gruppo”, interessato all’esser ed al dare più che all’avere, e che musicalmente abbia una visione,  nel rispetto della sua natura, sempre più costantemente dinamicamente proiettato in avanti, conforme alla sua identità  di “ vincente alfiere” nel portare l’immaginazione e l’azione oltre a quello che è stato ed anche oltre alle avversità, lungo il sentiero della sua “insaziabile sete di avventure creative” grazie alla passione dei musicisti, dei produttori discografici, dei media e del pubblico, che non deve essere e sentirsi “solo spettatore” ma partecipante effettivo all’espansione di un movimento creativo, che non solo non deve arrestarsi ma deve espandersi più che può.

lunedì 23 gennaio 2012

Aleister Crowley, la magia sessuale e il rock



Un nuovo articolo di Innocenzo Alfano

Qualcuno lo avrà forse notato sulla copertina di Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band, avveniristico 33 giri dei Beatles pubblicato nella tarda primavera del 1967. Altri ne avranno sentito parlare con riferimento alle accuse di satanismo che hanno spesso coinvolto gruppi appartenenti ai generi musicali “hard rock” ed “heavy metal”. Il suo nome è Edward Alexander “Aleister” Crowley, mago e occultista inglese nato nel 1875 e morto nel 1947.
Sinceramente non ho mai capito perché taluni, soprattutto nel mondo della musica rock (e non soltanto tra i musicisti), reputino Crowley un grande personaggio, una mente illuminata, un saggio, addirittura un “maestro”. Non è chiaro, ma di certo è piuttosto imbarazzante. A differenza di tutti coloro che sono rimasti affascinati da Crowley senza sapere chi è, io mi sono preso la briga di conoscerlo leggendomi il suo libro più famoso, probabilmente quello più influente, a detta di molti il suo capolavoro: Magick (edizione Astrolabio, 1976, curata da John Symonds e Kenneth Grant).
La lettura di Magick mi ha messo di fronte a teorie e a slogan confusionari nella migliore delle ipotesi, raccapriccianti in quella peggiore. Per esempio, il motto “Fa ciò che vuoi sarà tutta la tua legge” (p. 159 e 176), che i seguaci di Crowley considerano poco meno o forse persino più che rivoluzionario, a me sembra, al contrario, puerile e al tempo stesso pericoloso. Infantile e pernicioso è altresì il suo concetto di libertà/volontà, secondo il quale «ogni uomo ha il diritto di realizzare la sua volontà senza temere che essa interferisca con quella altrui; perché, se egli è al posto giusto, sarà colpa degli altri se interferiranno con lui». Proprio una bella teoria, sicuramente apprezzata dai despoti (in funzione o aspiranti tali) e da chi non ha troppo tempo per pratiche lunghe e faticose, ma necessarie nei rapporti tra persone civili, come il dialogo e il confronto (civile) davanti a idee e punti di vista divergenti. E d’altra parte nel paragrafo intitolato “Della Magia Nera” Crowley lancia un chiaro e solenne messaggio, in linea con la sua tetra visione del mondo: «Obbedienza e fedeltà a Colui che vive e trionfa, che regna su di voi nei vostri palazzi, quale Equilibrio di Rettitudine e di Verità» (p. 365).
Il capitolo più inquietante del libro è tuttavia quello intitolato “Del sacrificio cruento e argomenti affini”, in cui si parla, appunto, di sacrifici, apparentemente animali. Si parte da lontano: da Osiride (antico Egitto), dal Messico e dal Perù, dalla religione ebraica. «Il sangue è la vita», si può leggere a pagina 271. Poi, più avanti, ci viene spiegato che «i maghi che si oppongono all’uso del sangue si sono sforzati di sostituirlo con l’incenso, [...] ma il sacrificio cruento, sebbene sia più pericoloso, è più efficace». Inoltre, «per quasi tutti gli scopi il meglio è il sacrifico umano. Il vero grande Mago saprà usare il proprio sangue, oppure quello di un discepolo, senza sacrificare irrevocabilmente la vita fisica». Domanda, magari ingenua: e se per caso un mago non fosse così grande da realizzare un sacrificio (umano) “revocabile”? Immagino infatti che l’abilità e la grandezza, in tal senso, si possano valutare soltanto a cerimonia ultimata...
Per quel che concerne i dettagli riferiti ai cerimoniali del sacrificio cruento, Crowley prescrive ai suoi accoliti quanto segue: «Il metodo dell’uccisione è in pratica uniforme. L’animale deve venir colpito al cuore, oppure gli deve venire tagliata la gola; in ogni caso si deve usare il coltello. Tutti gli altri metodi di uccisione sono meno efficaci». E non si dimentichi che «la vittima deve essere in perfetta salute, altrimenti la sua energia [quella che verrà sprigionata in seguito al sacrificio, ndr] può essere avvelenata». Naturalmente il libro, in accordo con il suo contenuto esoterico, è pieno zeppo di Dèi egizi e indù, divinità greche e romane, animali reali e immaginari, numeri e titoli degli arcani dei tarocchi.
Tra il 1920 e il 1923 Crowley risiedette in Sicilia, a Cefalù, dove fondò l’abbazia di Thelema. I riti che si svolgevano dentro l’abbazia, e soprattutto le voci che circolavano su di essi, convinsero le nuove autorità fasciste ad espellerlo dall’Italia. A partire dalla seconda metà degli anni ’60 furono le “stelle” del rock a riportarne alla luce la memoria ed a tentare, per così dire, di “sdoganarlo”. I primi a provarci furono i Beatles, mettendo il volto di Crowley, come detto, sul pannello frontale del long playing Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band (Crowley è il secondo in alto da sinistra). In seguito, come ci ricorda Antonello Cresti nel suo Lucifer Over London (Aereostella, 2010), fu «celebrato dai Led Zeppelin, cantato da Ozzy Osbourne e ritenuto padre spirituale del calderone metal». Cresti presenta però il problema quasi come se si trattasse di un titolo di merito, per il “mago” inglese. Io la vedo diversamente. Per quanto riguarda i Beatles è comunque utile ricordare che sulla copertina di Sgt. Pepper i quattro musicisti britannici avrebbero voluto inserire anche i volti di Adolf Hitler e di Gesù (ammesso che i Beatles sapessero qual era, il volto di Gesù…), alla fine esclusi entrambi, e questo per dire di quanto la loro scelta fosse più che altro provocatoria anziché tesa a rendere omaggio a qualcuno. Poi arrivarono i Led Zeppelin, i Black Sabbath e, all’inizio degli anni Ottanta, l’heavy metal, e la cosa si fece un po’ più seria. Tuttavia non credo sia giusto guardare con ammirazione ad Aleister Crowley solo perché è stato celebrato e cantato da Jimmy Page, Ozzy Osbourne e da altre numerose rockstar, tutte persone che, perlomeno nel corso degli anni ’70, quando non suonavano si dedicavano quasi esclusivamente all’assunzione di droghe, ad ingurgitare alcool e ad organizzare orge.
Ecco, a proposito di orge forse il vero successo di Crowley, nell’immaginario assai limitato ed ingenuo dei musicisti rock, è dovuto proprio a questo elemento, più che alle sue lugubri teorie sui sacrifici cruenti. La chiave di volta per collegare Crowley al rock potrebbe dunque essere, in ultima analisi, quella sessuale. D’altronde sono gli stessi curatori di Magick ad avvisarci, in via preliminare, che «in questa sua opera fondamentale il più grande mago dei nostri tempi riporta a nuova vita i principi dello Yoga e dell’Alchimia, assieme ai culti misterici orientali, dando origine a un nuovo sistema di magia sessuale, la più potente mai praticata». Insomma, accanto a quelli che hanno preso sul serio le teorie grandguignolesche di Crowley, prime fra tutte le famigerate sette sataniche di cui, purtroppo, c’è traccia anche in Italia, ci sono i musicisti rock, ai quali non par vero di riuscire a portarsi a letto una o più donne con la scusa di praticare loro riti magici di cui, per fortuna di quelle stesse donne, gli officianti non sanno assolutamente nulla.

Nota Bene L’articolo è stato pubblicato su “Apollinea”, Rivista bimestrale del territorio del Parco Nazionale del Pollino, Anno XVI – n. 1 – gennaio-febbraio 2012, pp. 28-29.