Ancora una
volta “inciampo” casualmente in un album ed un’artista sorprendente.
Arrivo a Barbara Rubin
attraverso il passaparola, accettando il
consiglio di chi timidamente mi propone un nuovo ascolto, e io mi faccio
convincere volentieri perché …” se me lo ha detto lui….”. Nello spazio
di due giorni entro in contatto con Barbara e in una settimana il CD è nelle
mie mani. Lo ascolto una sola volta, esterrefatto, e preparo immediatamente le
mie solite domande.
Di lei mi
colpisce tutto… la sua musica, i suoi compagni di viaggio, la sua storia personale e il modo inusuale di arrivare laddove nessuno arriva, attraverso
l’intraprendenza personale e, ovviamente, la qualità.
L’album di
cui mi appresto a scrivere si intitola ” Under The Ice”.
Barbara ha
una formazione classica, e lo strumento
studiato al conservatorio è il violino. E quando la rigida educazione
musicale si sposa alla varietà di situazioni in cui ci si può muovere in ambito
prog, possono nascere piccoli capolavori, perché sia chiaro, non è vero che non
c’è più niente da scoprire in ambito musicale.
Avverto da
subito un’atmosfera conosciuta, il che non significa che afferro tratti di
“clonazione musicale”, ma semplicemente che riconduco “Under The Ice” verso un terreno che mi appartiene completamente,
quello degli YES.
Poteva
essere un condizionamento dettato da chissà quale motivo, e invece scopro che
Barbara ha rivisitato recentemente un brano di Ion Anderson e allora penso… “non
avevo torto!”.
L’intervista
a seguire svela molte cose interessanti e racconta di una giovane e valente
artista che decide di inviare un pezzo di se stessa in giro per il mondo, cosa
che la tecnologia oggigiorno permette di fare. A volte va bene e a volte no, ma
ci sarà pure un valido motivo se molte delle radio che occupano l’etere, dalle Americhe
all’Australia, decidono di mandare in onda la musica di Barbara!?
Tutto questo
può rappresentare un ottimo suggerimento per chi ritiene di avere tra le mani
un prodotto di qualità e non sa quale strada intraprendere per mettersi in vera
luce.
Testi in
inglese-ovviamente- con qualche concessione alla nostra lingua, voce
particolarissima e piena di personalità, armonie da sogno, riscoperta di trame
passate unite ad un rock… caratteristico del nuovo corso.
“Under the
ice” è la sintesi degli stili musicali che preferisco, interpretati da
musicisti di grande valore.
Questo è ciò
che arriva dal prodotto realizzato in studio, e quindi con i ritocchi
necessari, ma chi ha visto Barbara Rubin in fase live-spero di provare presto
l’ebrezza-racconta di una carica inusuale e di un “lavoro” che on stage si
autoalimenta incrementando il proprio valore aggiunto.
E ora
Barbara Rubin e il suo album saranno oggetto della mia solita … condivisione
selvaggia.
L’INTERVISTA
Ho ascoltato una sola volta l’album
arrivato ieri, ma solitamente mi basta per farmi un’idea iniziale
dell’atmosfera generale( è ciò che voglio fare prima di preparare le domande).
Ho sentito un mood complessivo che mi ha riportato agli YES di qualche anno fa,
e poi leggendo le note biografiche ho letto delle tua versione di “Change we
must”di Jon Anderson. Forse non mi sono sbagliato. Come nasce il tuo amore per quel tipo di musica?
Il mio amore per il progressive nasce non
molto tempo fa, nel 2005, quando ho partecipato alle registrazioni e alla
realizzazione live del disco “Swimming in the sand” degli Arcansiel, con Paolo
Baltaro. Non sarei sincera se dicessi
che sono una veterana o una fan del prog di vecchia data. La mia attezione per
gli Yes si è accentuata dopo la produzione del video “Change we must” che, con
Simone Morandotti, coproduttore di “Under The Ice”, e Roberto Bassignana, ho
realizzato per L’Earthday Brasil, un festival che si svolge in Brasile e che ha
come questione centrale la difesa del pianeta e i problemi che compromettono il
suo ecosistema. Così ho approfondito la mia conoscenza sugli Yes, dei quali
avevo già un paio di album. Ne ho acquistati altri, soprattutto perché sono
rimasta stregata dalla voce ipnotica di Jon Anderson. Ma tutto ciò, video e
approfondimenti, sono arrivati dopo “Under the ice”… hai avuto una premonizione
che sicuramente mi lusinga e mi porterà bene!
Andrea Garavelli, che ha suonato con
te nell’album e che ci ha messi in contatto, mi ha parlato di come questo tuo
progetto “Under The Ice” sia pronto per
la versione live, e quindi penso sia una tua necessità quella di cercare il
contatto diretto con il pubblico. Che valore ha per te la performance on stage?
Che tipo di interazione riesci ad realizzare con l’audience?
E’ una domanda
bellissima ma penso che la risposta sia più grande di me… le sensazioni che si
provano sul palco sono diverse e quasi tutte indescrivibili. Sicuramente mi
sento me stessa… cantare vuol dire fare musica e comunicare ciò che la mente
vuole senza un mezzo intermediario, direttamente con il corpo. Questo da una
sensazione di libertà. La parola, la ragione e i sentimenti possono essere
rafforzati dalla musica. A me piace cantare, esprimermi guardando negli occhi
chi mi ascolta, più sinceramente che posso. Il palco, ogni palco, anche
piccolo, è la mia occasione di esprimermi.
”Under The Ice” è un album “solista”,
nel senso dell’appartenenza al progetto, ma può contare su un gran numero di
musicisti di valore. Quanto conta per te il gioco di squadra?
Il lavoro di squadra è
tutto, anche in un progetto da solista, perché fa in modo che quello che
intendi realizzare prenda forma con più forza, quella dei musicisti con la loro
bravura e il loro stile, regalando più colori e sfumature. L’importante è che in
tutti ci sia amore per quello che si fa. Nel mio caso, la mia squadra è formata
da persone molto importanti per me. Simone Morandotti è il mio fidanzato; con
Andrea Garavelli, Marianna Caltavuturo, Andrea Giolo e Claudia Ravetto sono
legata da un’amicizia profonda da molti anni.
Uno dei tanti elementi che
contribuiscono a fornire il concetto di musica prog, è la miscela tra classico
e rock, materie che conosci molto bene e che utilizzi con buona sapienza e
gusto. Come nasce in te la passione per questo tipo di situazione musicale?
Io ho una formazione
classica, per quanto riguarda i miei studi di violino al Conservatorio, alla
quale ho affiancato l’attività di
cantante rock e metal. La mia musica è scivolata dentro al prog senza che io la
mandassi volontariamente in quella direzione, forse perché proprio come hai
detto tu, classica + rock = PROG. E’ una contaminazione spontanea poiché hanno
molte cose in comune sotto il punto di vista armonico, della ricerca, della
sperimentazione. Il prog è un campo aperto in cui c’è spazio per tutto, dalla
melodia all’esasperazione della tecnica.
Sono molte le nuove realtà
talentuose, ma è sempre più difficile emergere, e il business legato alla
musica “ non sembra abbia particolare cura per chi realizza musica di “impegno”. Come sei riuscita a varcare le
soglie nazionali e a raggiungere paesi lontani, agli antipodi dal punto di
vista spaziale?
Con internet, nulla
più, con tanta buona volontà e con migliaia di e-mail. Quando ho completato la
produzione del disco e stavo per pubblicare ho cominciato a contattare le
radio. Già da tempo avevo programmato che quello sarebbe stato il mio primo
passo, perché trovo che siano il media più importante per la musica… la radio è
il media del suono, dove prima ascolti e poi, se sei rimasto colpito, vai a
vedere che faccia ha quello che suona o canta così. La tv, da tempo, sta
funzionando al contrario. Ho cominciato
con le radio Americane, ho fatto il giro largo per poi finire qui. Ho cominciato
dagli USA perché avevo la sensazione che lì, una possibilità si possa ancora ottenere
e infatti non mi sbagliavo. A una
semplice mail, ricevevo presto una semplice risposta… “spiacenti, no, ma grazie per averci contattato”, oppure: “saremo lieti di avere il suo materiale
all’indirizzo…”. Un bell’incoraggiamento che tutt’ora mi da energia per
farmi avanti. Le radio che hanno trasmesso e trasmettono il mio disco sono un
centinaio, tra Europa e le 2 Americhe. Inoltre ho avuto moltissime recensioni e
collaborazioni con siti specializzati.
La scelta della lingua inglese mi
sembra la migliore e la più funzionale alla tua proposta, ma trovi spazio anche
per la nostra lingua. Quali sono i motivi di questa scelta?
“Under the ice” è la
mia prima raccolta di canzoni in inglese. Prima avevo sempre scritto in
italiano. Semplicemente, mano a mano che scrivevo la musica, le parole che emergevano,
che si attaccavano meglio a quei suoni, erano in inglese. Così non mi sono
opposta, ovviamente pensando anche che fosse un bene. In generale però, non mi
impongo niente. Le mie canzoni decidono un po’ loro che lingua parlare.
Fortunatamente ne conosco solo due. A parte gli scherzi, hanno delle
caratteristiche di suono molto diverse ed è come suonare due strumenti diversi…
sono una ricchezza. Uno dei miei ultimi pezzi “Eyelids”, ha un testo quasi
tutto in italiano ma con delle frasi di commento in inglese…. come del resto è
il titolo.
Mi riallaccio alla domanda
precedente, quanto sono importanti per te le liriche?
Importantissime ed
indissolubilmente legate alla musica. Scrivo entrambe negli stessi giorni.
Difficilmente lascio passare molto tempo per completare la musica con le
parole. Nonostante scriva quasi sempre prima la musica, non posso fare a meno
di scrivere il testo. Non c’è verso di scrivere un brano completamente strumentale,
ma prima o poi lo farò.. è che il suono delle parole da varietà all’armonia ed
al ritmo.
Sei una musicista completa, in grado
di utilizzare differenti modi espressivi. Esiste una tua preferenza, uno
strumento con cui pensi di “dare di più”, o che semplicemente è il tuo compagno
anche nei momenti di relax?
Il pianoforte direi che
è fondamentale per me, per scrivere, per pensare o semplicemente per
rilassarmi. Ma non so dire se sia il mio strumento preferito. Con il canto, il
violino, la viola e il pianoforte ho rispettivamente un rapporto diverso e loro
hanno un ruolo diverso nella mia musica. E poi ho cominciato a suonarli in
momenti diversi della mia vita perciò ognuno ha la sua storia.
Esiste una band, un musicista, che ti
hanno influenzato più di altri e che ritieni un pò “colpevole” della tua scelta
di diventare musicista?
Penso i compositori
classici. Quando ero ragazzina rimasi affascinata dalla loro storia. Avevo un
enciclopedia che consultavo e che aveva molte pagine su ognuno di loro. Ricordo
che invece di “compositore” c’era scritto “musicista”, accanto al nome. Questa
parola “musicista” ha illuminato la mia strada, sicuramente.
E ora sogna… cosa vorresti ti capitasse,
musicalmente parlando, da qui al 2015?
Sogno di poter dedicare
molto più tempo alla mia musica, che tutto nella mia vita sia organizzato in
funzione di essa. Voglio sentire spesso le tavole del palco scricchiolare sotto
i piedi e voglio che i miei musicisti di ora, siano i miei musicisti di sempre.
BIOGRAFIA
Da molte e
diverse esperienze musicali, a partire dalla formazione in Conservatorio per arrivare al metal-progressive,
nasce una mescolanza di pensieri
musicali che da origine a: "UNDER THE ICE" il mio progetto da solista, realizzato con la collaborazione
di amici-musicisti di raro valore.
Barbara Rubin
è una musicista italiana, cantautrice e violinista. Ha cominciato la sua
formazione musicale al Conservatorio G. Nicolini di Piacenza diplomandosi in
violin sotto la guida del M° Fabio Biondi (Europa Galante).
Parallelamente agli studi classici ha cominciato
a coltivare l'amore per il rock, iniziando ben presto a scrivere musica mescolando sonorità classiche
ad altre più moderne.
Cosi nasce questo album da solista che attinge all'esperienza di una lunga attività live, sia come cantante che
come violinista, e da diverse
collaborazioni discografiche tra le quali: SWIMMER IN THE SAND - ARCANSIEL
(Musea records), Low Fare Flight To The Earth - Paolo Baltaro (Musea records),
Do Not Disturb - Mhmm blues band (Banksville).
track list:
Under the ice
The land (intermezzo)
Angel heartbeat (con Marianna Caltavuturo)
A place that nobody knows
Stupid day (con Andrea Giolo e Claudia Ravetto)
Liar
Before the light (intermezzo)
Ero e sono
Music and love
No more tears
Orange roses
Line up
Barbara Rubin: voce solista, cori, violino, viola, pianoforte e synth-pad
Andrea Giolo: cori e voce solista (in Stupid Day)
Marianna Caltavuturo: cori (in Angel Heartbeat)
Alberto Rondano: Chitarra elettrica
Paolo Baltaro: Chitarra acustica 6 e 12 corde
Andrea Garavelli: Basso fretless
Antonella Morrone: Basso (in Liar)
Sara Morandotti: Flauto traverso Claudia Ravetto: Violoncello
Simone Morandotti: Batteria, Chitarra elettrica, Lead synth e organo Hammond
Fotografia di
Marianna Caltavuturo
Artwork di Simone Mrandotti e Davide
Rubin
Musica e parole di Barbara Rubin
Musica e parole di Barbara Rubin
Prodotto ed arragiato da Barbara Rubin e Simone Morandotti
Distribuito da BTF (Milano) – Italia 2010
….e durante quest’anno “Under The Ice” ha cominciato un viaggio
attraverso l’Europa per arrivare oltre oceano in USA e in America Latina, così
come in Australia, trovando l’amicizia di mote Radio, Magazines e siti web. Tre
cose, in particolare, possono essere menzionate qui:
Il CD è stato finalista per i "Best Prog Attitudes Record"
IL SUCCESSO AL CONCORSO MUSICALE: “YEM!”
Young Emergent Music,
in ROMA
con la canzone “Eyelids” composta
appositamente per questo evento.
La
canzone si è classificata al 1° posto
diventando un singolo, disponibile dall’Autunno 2010.
( info
su: www.dandoo.org/yem)
Realizzando una nuova versione del brano: "Change we must",
di Jon Anderson, in versione audio e video clip.
"Earth
Day Brasil è l’opportunità di concentrarci e preservare tutto ciò che abbiamo
in comune, come abitanti di questo pianeta. E’ l’intento di creare un forum
dove tutti possono essere membri della tribù di Madre Terra!”
(info su:
www.earthdaybrasil.com/fr_specialnote.cfm -
www.changewemusttribute.com/fr_homebase.cfm)
“Grazie per il tempo che dedicherete alla mia musica”
Barbara Rubin
contact: www.myspace.com/barbararubinmusic
www.facebook.com/barbara.rubin2
lady.rock@tiscali.it (Barbara Rubin)