Quattordici brani, quattordici città americane, quattordici
tappe che legano un luogo ad un grande armonicista - Little Walter, Big Walter Horton, Sonny Boy
Williamson I e II, James Cotton, George Harmonica Smith, Junior Wells, Slim
Harpo, Paul Butterfield, Charlie Musselwhite, Sonny Terry, DeFord Bailey, Peg
Leg Sam e Johnny Woods… a loro va il pensiero dell’autore.
E’ questo l’ultimo
tributo di Fabrizio
Poggi, grande bluesman italiano, alla causa del blues.
Harpway 61, questo il titolo dell’album,
presenta un significativo risvolto sociale, in quanto tutti i
proventi derivanti dalle vendite dell’album sono destinati alla Blues Fondation
di Memphis - che ha prodotto e pubblicato il CD -, associazione
internazionale che si occupa della diffusione del blues e tende una mano ai musicisti blues in difficoltà.
In un’intervista apparsa
su MAT2020
ponevo a Fabrizio alcuni quesiti, uno in particolare va a fondo sul significato
del progetto.
Cosa rappresenta per te, in questo particolare momento
della vita, “Harpway 61”, il tuo omaggio ai grandi dell’armonica blues?
Era qualcosa che avevo in testa da
parecchio tempo. Dai tempi di “Armonisiana” un disco apprezzato da tanti appassionati che mi hanno chiesto più volte
di dare un seguito a quell’avventura. Cercavo un modo per restituire qualcosa ai musicisti che mi
hanno davvero ispirato e guidato durante la mia ormai lunga carriera, un modo
per aiutarli nel momento del bisogno (e
sono ancora tanti i bluesmen che vivono in situazioni di disagio, soli e
dimenticati). Ecco perché ho pensato di donare tutti (e sottolineo tutti) i
proventi ottenuti dalla vendita del disco alla Blues Foundation di Memphis,
l’associazione internazionale che si occupa di diffondere e preservare il blues, e di aiutare i
musicisti blues in difficoltà. Quindi questa volta acquistare la mia musica è
anche un modo per fare un po’ di bene.
L’arte non si
esprime a comando, e non basta un nobile fine per decretare automaticamente il
valore di una creazione, ma Harpway 61 ha
un’identità musicale ben precisa.
Parliamo intanto di
uno strumento che diventa protagonista, l’inseparabile armonica che Poggi alterna normalmente al canto. In questo caso è lei la regina ed è con lei che Fabrizio
si lancia nel sentiero della ricerca e della perlustrazione estrema, creando
quel prolungamento dell’io che diventa il miglior mezzo possibile per trasferire
sentimenti e sollecitazioni.
L’America, il blues,
i musicisti di quei luoghi, sono la vera casa di Fabrizio Poggi, e… chi non
darebbe l’anima per la propria terra, per i propri amici, per rinsaldare le
proprie radici!?
Siamo al cospetto di
un viaggio, di un itinerario speciale, studiato a tavolino, non certo pensando
alla vacanza, ma ideato per realizzare tante piccole soste, cercando ogni volta un posto
confortante, capace di aiutare a realizzare la migliore performance possibile, perché
l’obiettivo è un inchino, un omaggio ad
uno dei tanti “maestri” di vita, capaci di influenzare schiere di futuri
musicisti.
Incredibile l’art work di Dan
Dalton, capace di interpretare perfettamente la filosofia blues, attraverso
i suoi dipinti.
Un disco
incredibile, adatto a qualsiasi pubblico, con un obiettivo supplementare - o primario?
- da evidenziare più volte, quello della
beneficenza.
Ecco nei dettagli il
pensiero di Poggi sulla Blues Foundation.
Mi racconti qualcosa della Blues Foundation? Cosa si
può fare per alimentarla?
La
Blues Foundation di Memphis, è come ho già detto, l’associazione internazionale
che si occupa di diffondere e preservare
il blues, e di aiutare i musicisti in difficoltà, ma non è solo questo. E’
l’organismo più indipendente, affidabile e autorevole nel mondo della musica
afroamericana. E’ la Blues Foundation che ogni anno assegna i Blues Awards (gli
Oscar del blues) attraverso il voto on line di tutti i suoi affiliati. Inoltre
la fondazione organizza la Blues Challenge una “sfida” tra solisti e band, nomi
noti ed emergenti, che trovano un pubblico selezionato a cui affidare la
propria musica. I B.B. King e i Muddy Waters di domani potrebbero arrivare da
lì. La Blues Foundation promuove il blues nelle scuole e da qualche tempo si è
fatta carico di istituire un grandissimo museo del blues da lasciare a futura
memoria. Un’impresa titanica che forse solo il suo geniale deus ex machina Jay
Sieleman poteva intraprendere. Credo che sia dovere di ogni appassionato di
blues (ma non solo visto che il blues è in qualche modo la madre di tutte le
altre musiche) iscriversi alla Blues Foundation e partecipare alle sue
attività. Visitate www.blues.org e date anche voi il vostro
contributo. Non costa molto ma darà una grande mano alla causa.
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