mercoledì 28 dicembre 2022

Giovanni Andreani e le sue chitarre di ceramica

Il mio amico Angelo De Negri mi permette di conoscere e condividere una storia di quelle che piacciono a me, e che mi ero perso.

Trovandosi in Umbria lo scorso settembre, non so se casualmente o volutamente, si ritrova a Deruta, davanti ad un negozio di artigianato della ceramica dove il proprietario espone le sue chitarre e, dalla vetrina, emerge la storia di una di queste in particolare, quella donata a Carlos Santana in occasione di un Umbria Jazz del 2011. Per inciso, le fotografie possono essere fatte solo all’esterno.

Incuriosito, sono andato alla ricerca della storia che, attraverso le info “rubate” in rete, si è un po' chiarita.


Questo è l’incipit…

Umbria Jazz 2011: mancano trenta minuti all’inizio dell’esibizione.

Carlos Santana viene raggiunto da un timido artigiano di Deruta, che gli si avvicina quasi intimorito imbracciando una custodia. La poggia in un angolo, la apre e svela una chitarra elettrica: «Ecco, questa è per lei» si limita a dire, porgendola al musicista.

Santana strabuzza gli occhi: non è di legno, lo si percepisce al tatto, e pesa all’incirca quattro chili; ma la cosa che più lo sbalordisce sono le decorazioni. Quei colori accesi e le forme, che si raccolgono in una figura quasi mandalica, pizzicano le corde del suo spirito.

Non è una semplice chitarra: si tratta di un’opera d’arte, in autentica ceramica derutese.

«Bella, stasera ci suono» commenta soddisfatto.

E lo fa sul serio, con il brano “Open Invitation”, nove minuti che l’Umbria intera non dimenticherà mai.

Dopo il festival, chiede al suo manager di contattare l’artigiano, ringraziarlo e farsi comunicare il valore di quel meraviglioso strumento, così da poterlo assicurare.

L’uomo è entusiasta: se Santana vuole assicurare la sua chitarra, significa che gli è piaciuta davvero.

Ne ha ulteriore conferma quando scopre che, durante il concerto di Bari, il musicista la riporta in scena.

L’artigiano protagonista di questa incredibile storia è Giovanni Andreani.




Vediamo qualche nota biografica di Andreani

Originario di Deruta, inizia a dipingere a ventisei anni, dopo aver suonato per diverso tempo con la sua band, Quintaessenza, cosa atipica nel suo piccolo paese, definito la “capitale della ceramica umbra”, dove i ceramisti apprendono il mestiere sin da piccoli.

Dopo aver fatto vari lavori, apre la bottega sotto casa sua e chiede allo zio Franco di insegnargli l’arte della ceramica. Dopo un anno, inizia a produrre pregevoli pezzi in stile Raffaellesco, Orvietano, Arabesco e Ricco Deruta. Era il 1999. Qualche anno dopo, nel 2003, incomincia a pensare alla chitarra di ceramica, perché non può fare a meno del suo grande amore per la musica e adora il suo nuovo lavoro: ed è qui che scatta l’intuizione.

Smonta la sua Fender Stratocaster, la seziona, la studia nei minimi particolari: si rende conto che essere un bravo ceramista non basta per realizzare il progetto che sta prendendo forma nella sua mente.

Apprende tutte le nozioni necessarie e riesce a costruire il ponte, la tastiera e il corpo, seguendo regole ferree onde evitare di creare uno strumento malfunzionante, perché il suo obiettivo, sin dall’inizio, è creare un’opera che possa essere suonata.

Il 10 febbraio del 2005, nasce la sua GA1.

E oggi?

Dalla sua bottega di Deruta si odono canzoni di Jimi Hendrix, dei Led Zeppelin, i Pink Floyd, i Nirvana e i Guns N’ Roses. Chiunque ne è attratto sin da subito: è diversa rispetto a tutte le altre, ha in sé la solennità che si addice ad un piccolo tempio del rock.

In vetrina, le chitarre fabbricate negli ultimi anni: il corpo costituito da un blocco di argilla unico, manici in palissandro e mogano e gli inserti sulla tastiera in madreperla: caratteristiche che le rendono uniche al mondo. Sono in tutto nove, più la GA10 donata a Santana, ritratta in foto e articoli.

In molti vorrebbero acquistarle, ma la risposta di Andreani è sempre la stessa, negativa.

Molti curiosi si fermano per poter osservare dal vivo il ceramista che suona, a qualcuno è permesso provare le sue chitarre, ma pur azzardando cifre esorbitanti nessuno riesce ad accaparrarsi i preziosi strumenti. E già, le sue chitarre non sono in vendita! Musicisti e appassionati provenienti da tutto il mondo si sono fermati a Deruta, apposta per convincere Giovanni Andreani a vendere le sue chitarre elettriche.

Andreani decide di non cedere nemmeno alle offerte più generose e, inoltre, non vuole che i suoi strumenti vengano abbandonati in una teca o appesi ad una parete.

Il valore stimato per ogni chitarra di ceramica è di circa 12 mila euro, ma talvolta gliene sono stati offerti molti di più.

L’aneddoto…

Un turista entra nella bottega di Andreani a Deruta. Come tanti, osserva le chitarre pensieroso e chiede di poterne suonare una. Subito, dà prova di un talento fuori dal comune, un dettaglio che fa scattare subito il ceramista sull’attenti.

Giovanni Andreani scopre che il turista è in realtà Alan Clarke, voce e chitarra dei The Hollies, che vanta collaborazioni importanti come quelle con i Beatles e i Rolling Stones. Co-autore dei brani On a Carousel, Carrie Anne, Jennifer Eccles e Long Cool Woman in a Black Dress, inserito nel 2010 nella Rock and Roll Hall of Fame.

Quasi un mito, che però non riesce ad ottenere la chitarra, tanto ripasserà!

Stessa sorte è toccata al musicista jazz e blues Danny Caron, chitarrista e musical director del leggendario Charles Brown.

Non mi è chiaro se la sua posizione rispetto alle vendite sia cambiata nel tempo, ma a chi fosse interessato consiglio una visita sulla pagina facebook, magari tutto si chiarirà!

https://www.facebook.com/giovanni.andreani.3







Laura Travaini-“Curve di cioccolato”-Book



Laura Travaini-“Curve di cioccolato”
Edizioni dESTE

Vorrei introdurre oggi un nuovo libro che tanto “nuovo” poi non è, nel senso che è stato rilasciato nel 2015, quindi la fotografia che l’autrice realizza appartiene ad un momento specifico del passato, ma non appare oggi sbiadita, tutt’altro, e gli argomenti che rappresentano il focus del contenitore sono attualissimi e si prestano a riflessioni varie che, probabilmente, superano gli intenti dichiarati. D’altro canto, nel momento in cui chi crea - in ogni campo - decide di donare la propria arte al prossimo, chi riceve il regalo può decidere di usufruirne a piacimento, magari reinterpretando in modo esclusivo, uscendo dall’ortodossia e dagli intenti autoriali.

È quello che mi è accaduto leggendo “Curve di cioccolato”, di Laura Travaini, scritto che ho utilizzato per creare i miei “viaggi” personali, dal momento che ho ricevuto forti stimolazioni della memoria che proverò a spiegare nelle righe a seguire, sperando che la scrittrice possa perdonare le mie digressioni.

E questa volta non parlerò di musica, anche se, a ben vedere, con un po' di buona volontà il nesso lo si può sempre trovare!

Le protagoniste del racconto itinerante della Travaini - tutte femminili - hanno un fil rouge che le unisce: il “mestiere” - lo chef -, il genere, la regione in cui prevalentemente operano - il Piemonte -  e… il successo, uno status da top  player che è sintetizzato dalle “stelle” ottenute in ambito culinario, e devo confessare che avevo sottovalutato quanto fosse importante mettere sul petto della propria divisa una o più stelle Michelin, ovvero uno dei riconoscimenti più ambiti per ogni chef, e più in generale per un ristorante, a certificazione dell’utilizzo di ingredienti di prima qualità, testimoniati da piatti preparati secondo uno standard costantemente elevato.

Va da sé che l’obiettivo possa coincidere con l’incremento dei vantaggi economici - si lavora anche per questo, in ogni campo -, con l’ovvio miglioramento dell’attività - spesso a carattere famigliare - ma ciò che proprio non emerge dalla lettura (frutto di incontri e quindi di chiacchierate/interviste) è l’aspetto materiale, quasi un ossimoro parlando di cibo!

La passione, ecco, la grande passione, è questo il collante che unisce Mariuccia Ferrero, Marta Grassi, Elide Mollo, Mariangela Susigan e Luisa Valazza.

La diapositiva della Travaini immortala le cinque chef nel loro habitat naturale e nel quotidiano luogo di vita.

L’approccio è differenziato, perché diverse sono le interlocutrici, e la sensibilità di chi conduce la danza deve tener conto di chi ha davanti, modulando l’approccio all’occorrenza, anche se non manca mai l’inevitabile quesito, più o meno questo: “Come ha reagito quando ha saputo di aver ottenuto la stella?

Ma il risultato, nonostante le differenze delle intervistate, appare sempre lo stesso, con la sottolineatura naturale della grandezza umana delle “signore del cibo”.

Passione, dicevo, idee chiare, spirito di sacrificio, tenacia, coraggio… tutte doti che diventano pura didattica, perché applicabili in ogni rappresentazione della vita, a tutte le latitudini e longitudini.

Non si arriva mai facilmente sulla vetta e, soprattutto, non ci si resta a lungo se non si hanno grandi competenze e idee chiare su ciò che si vuol raggiungere nel tempo.

Sullo sfondo il mondo che conforta e unisce autrice e chef, quella regione così carica di cultura - non solo culinaria - che diventa il mio primo legame con il book, che mi porta a riesumare i ricordi di una vita, e che rivivo con buona frequenza, rivangando le storie vissute e raccontate dai miei affetti, consolidate successivamente dal mio percorso, un profumo fascinoso che ha sempre calamitato i miei interessi e i momenti ludici.

Mentre Mariuccia, Marta, Elide, Mariangela e Luisa si aprono e inviano pillole di saggezza, un paesaggio ed un modo di vivere mi si aprono davanti a ventaglio, e i dettagli di accadimenti altrui riportano ai miei, quelli in cui posso crogiolarmi o soffrire, seguendo una gamma di sentimenti difficile da spiegare.

È questo il mio modo di interagire con libro ed autrice.

Accanto ad immagini estremamente personali, la lettura mi ha portato ad altre riflessioni che riguardano problemi sempre molto attuali, anche in un paese come l’Italia che si fregia dello status di “Paese culturalmente avanzato”. Mi riferisco alla constatazione che il ruolo della donna non trova ancora il giusto valore, anche quando il mestiere potrebbe essere completamente paritario.

Senza voler entrare in discorsi troppo complicati, la lettura ha fatto emergere molte mie lacune: sintetizzo, non avevo idea di chi fossero le cinque chef, nonostante il loro valore e la loro capacità di affermarsi anche oltre gli italici confini. Al contrario - ho pensato tra me e me - conosco il nome, attraverso i media, di molti corrispettivi importanti di genere maschile, ovvero, anche un ruolo/mestiere incollato da sempre alla donna, quello recitato pesantemente in passato dalla cuoca di casa - e dai suoi supposti obblighi -, arrivato al punto più alto… cambia sesso e si nobilita ai massimi livelli.

Semplificazione? Casualità? Forse, ma gli elementi per far sorgere qualche dubbio ci sono tutti.

Ma cosa c’entra il cioccolato in tutto questo?

Alla fine del singolo racconto, ogni chef presenta ricette a tema - specifiche e riproponibili - e regala qualche pensiero che sottolinea l’importanza del cioccolato, secondo un modus del tutto personale.

Scelgo quello che si avvicina maggiormente al mio modello:


Il cioccolato è sensualità rock.

Grintoso.

Basico.

È un bacio


Meraviglia!

 

Come dicevo il libro è uscito nel 2015 e, con l’aiuto della tecnologia sarà facile scoprire cosa è accaduto in questi sette anni alle “protagoniste del racconto”.

Un’ultima nota doverosa, il libro viene proposto nella doppia lingua italiano/inglese, basta iniziare dal lato opposto, capovolgere e … il gioco è fatto!





martedì 27 dicembre 2022

The Aaron Clift Experiment-“The Age of Misinformation”

 


Ho incontrato la musica dei The Aaron Clift Experiment nel 2015, quando commentai "Outer Light, Inner Darkness". Nel 2018 MAT2020 (Luca Nappo) presentò l’album successivo, “If all goes wrong”, questo per dire come non sia casuale proporre oggi il nuovo progetto post pandemico, The Age of Misinformation”.

Ricordiamo qualcosa sulla band utilizzando le note ufficiali.

The Aaron Clift Experiment è un gruppo di rock progressivo nato ad Austin, in Texas. Il suono sfaccettato della band fonde influenze dal rock classico (Rush, Pink Floyd, King Crimson), rock moderno (Porcupine Tree, Opeth), jazz e musica classica, il tutto legato da una dedizione al songwriting e alla musicalità di alta qualità.

Formatasi nel 2012, la band è un power group arricchito dall'ampio background dei suoi membri.

La voce caratterizzante del cantante di formazione classica e tastierista Aaron Clift è supportato dalla potente chitarra di Anthony Basini e dalla sezione ritmica formata da Clif Warren (basso) e Pablo Ranlett-López (batteria, percussioni).

Negli ultimi anni, la band si è ritagliata un seguito significativo in tutto il mondo.

L'ultimo album dell'Aaron Clift Experiment, "If All Goes Wrong" del 2018, è stato un successo in ambito rock progressive, acclamato dalla critica e dai followers.

L’intervista a seguire realizzata con Aaron permette di entrare nei particolari del progetto che, a dire il vero, faccio fatica ad inquadrare nel genere prog tradizionale. Ma se prog è l’equivalente di libertà espressiva, beh, allora siamo certamente al cospetto di un album di genere, e credo che i miei dubbi e il mio pensiero siano resi chiari dal video che propongo a seguire.

Il periodo di arresto forzato dell’attività ha cambiato il modo di affrontare il quotidiano, in qualsiasi campo, e la musica non ha fatto eccezione.

Gli stati d’animo poco sereni e l’impossibilità di vedere la luce in fondo al tunnel hanno permesso riflessioni diffuse e, nel caso di figure creative, di cercare nuovi percorsi, consolidando quelli già conosciuti.

Il concept “The Age of Misinformation” propone le tematiche suggerite dal momento contingente, inserite in un fine contenitore musicale che fonde generi diversi tra loro, proponendosi alla fine come album molto trasversale, adatto a differenti palati, anche quelli solitamente lontani dalle sonorità rock.

Oltre a “Bet on zero” - che è testimoniata sul canale youtube della band - e che è un po' il simbolo del nuovo corso, segnalo la conclusiva e riflessiva “Weight of the World”, e la title track:

 

L'era della disinformazione incombe

Si sta avvicinando rapidamente

Impossibile nascondersi

Presto si impadronirà di te

Per fuggire dalla marea che cambia

Dove tutti i tuoi amici negano la verità

E ogni estraneo mente

Non c'è nessun posto dove puoi andare,

Quindi saluta la nuova malattia…


Un disco maturo, molto ben congeniato, che sottolinea il nuovo corso di The Aaron Clift Experiment…



The Age of Misinformation 

1. The Age of Misinformation

2. L.I.A.R.

3. Bet on Zero – ft. Big Wy’s Brass Band

4. Dark Secrets

5. Rise

6. The Color of Flight

7. Málaga

8. Weight of the World


Intervista ad Aaron



L'ultima volta che MAT2020 si è occupato di The Aaron Clift Experiment è stato nel 2018, quando uscì il tuo terzo album, "If All Goes Wrong". Cosa ti è successo da allora, musicalmente parlando?

Dal punto di vista musicale la cosa più importante che mi è successa negli ultimi anni è che ho iniziato ad avvertire una migliore propensione al pensare non solo come musicista e cantautore, ma anche come produttore e arrangiatore. Quando guardo indietro agli altri precedenti album degli Aaron Clift Experiment, penso che siano stati tutti sforzi pesanti, ma ricordo che già all’epoca sentivo che c'era qualcosa di più che avrei potuto fare, con e per il nostro suono.  Ad esempio, ho sempre creduto che la qualità del songwriting e la diversità della musica del nostro terzo album, "If All Goes Wrong", fosse eccezionale, ma c'erano alcune scelte di produzione che abbiamo fatto all'epoca che avrebbero potuto essere migliori. Abbiamo registrato quell'album molto velocemente (in due settimane), e mentre abbiamo provato molto le canzoni, non abbiamo mai registrato alcun demo di esse, il che ha portato a molte scelte di arrangiamento e produzione fatte al volo.  Molte di quelle scelte sono state buone, ma riascoltando l'album mi rendo conto che qualcosa avrebbe potuto essere fatto diversamente.  Ciò che ho imparato da quell'esperienza è che registrare demo in anticipo e pianificare di più la produzione può essere un aiuto nella realizzazione della mia visione artistica.

In che modo la pandemia ha influenzato la creazione della tua musica?

La pandemia mi ha costretto a ripensare molti dei modi in cui avrei scritto musica con la band.  Prima del periodo di lockdown, dall'inizio del 2020 alla fine del 2021, avevamo fatto la maggior parte del nostro songwriting nella stessa stanza, insieme. Ma come si può fare quando si è tutti in posti diversi?  Per fortuna, la tecnologia è venuta in soccorso. Ho imparato molto sull'arrangiamento, la produzione e la registrazione della musica in Ableton Live, e ho usato quella conoscenza per creare demo di nuove canzoni di Aaron Clift Experiment usando strumenti virtuali.  Mandavo questi demo ai miei compagni di band e chiedevo loro di sostituire le parti virtuali con le loro parti registrate a casa e poi mettevamo insieme i pezzi in Ableton o in una workstation audio digitale simile e poi ascoltavamo i risultati come band tramite una conferenza web. Durante quegli incontri virtuali commentavamo le parti che portavamo alla riunione e poi tornavamo indietro per modificarle. Una volta che siamo stati tutti vaccinati e la pandemia ha iniziato ad attenuarsi alla fine del 2021, ci siamo finalmente riuniti per provare la musica che avevamo scritto.  All'inizio ero preoccupato che la musica non suonasse molto bene, dal momento che era stata scritta "virtualmente", ma come si è scoperto, tutto il duro lavoro che avevamo fatto nel preparare i demo ci ha aiutato molto a capire gli arrangiamenti delle canzoni, e in realtà il suono che ne è uscito molto coeso, come se avessimo creato nella stessa stanza. 

Parliamo del nuovo progetto: cosa contiene "The Age of Misinformation", dal punto di vista del messaggio?

"The Age of Misinformation" è un'opera concettuale sul potere distruttivo delle bugie e sulla ricerca della verità di fronte a verità schiaccianti.  Durante il COVID, i miei amici, colleghi e concittadini, hanno attraversato un momento incredibilmente difficile e sapevo che dovevo dire qualcosa al riguardo. Il nuovo album è la testimonianza di quel momento realizzata dell'Aaron Clift Experiment.

Con l'uscita del nuovo album, come si è evoluta la musica degli Aaron Clift Experiment?

Credo che "The Age of Misinformation" si focalizzi maggiormente sui suoni, rispetto al passato: la musica è più intricata, più melodica e più diversificata di qualsiasi cosa avessimo fatto prima. Penso che gli arrangiamenti e la produzione delle canzoni siano molto più pensati rispetto agli album precedenti, e il messaggio di questo album è molto forte.

C'è continuità rispetto ai lavori precedenti?

Vedo ogni nuovo album che facciamo come una reazione a quello che è uscito prima.  Ripenso alle cose che mi sono piaciute dell'ultimo album e faccio il punto sulle cose che voglio migliorare.  Quindi, si potrebbe dire che dal punto di vista della voce artistica, il nuovo album rappresenta un'evoluzione rispetto all'ultimo album, ma non ho mai deciso di legare direttamente album diversi insieme. 

Possiamo fare il punto, secondo te, sullo stato della musica prog e della musica in generale?

Oggi siamo nell'era migliore della storia per essere artisti indipendenti, perché tutti gli intermediari che prima erano necessari per far conoscere la propria arte oggi non ci sono più. Ora è possibile interagire con i fan senza passare attraverso filtri dispendiosi e creare così la propria industria artigianale senza le pressioni di etichette discografiche, editori, ecc. Allo stesso tempo siamo in un momento davvero impegnativo: non è più sufficiente essere bravo nel tuo mestiere, ma devi anche essere abile nel marketing, nella videografia, negli affari e in tanti altri aspetti. Gli artisti che sono di mentalità aperta e disposti ad apprendere nuove abilità e indossare molti cappelli hanno le migliori possibilità di successo.  Naturalmente, anche questa non è garanzia di successo. 

Cosa puoi dire ai fan del prog italiano?

L'Aaron Clift Experiment ha avuto molti fan in Italia nel corso degli anni, e non potremo ringraziarli mai abbastanza per il supporto!



The Aaron Clift Experiment:

Aaron Clift: voce, tastiere

Anthony Basini: chitarra, cori

Clif Warren - basso

Pablo Ranlett-López: batteria, percussioni

Con:

Zach Matteson: violino I in "The Color of Flight" e "Málaga", solista in "Málaga"

Charles Anderson: violino II in "The Color of Flight" e "Málaga"

Jason Elinoff: viola in "The Color of Flight" e "Málaga"

Ellie Prager: violoncello in "The Color of Flight" e "Málaga"

Big Wy's Brass Band: ottoni in "Bet On Zero":

Ethan Brown: tromba

Austin Johanning: tromba

Justin Dunlap - trombone

William Wright: trombone, solista

Marcus Cardwell - sassofono contralto

Colin Houlihan: sassofono baritono, solista

Testo, arrangiamenti archi e ottoni: Clift

Musica: Clift, eccetto "Rise", "The Color of Flight": musica di Clift/Basini, "L.I.A.R.": musica di Clift/Basini/Warren

Registrato in aprile – maggio 2022 agli Antimatter Studios – Austin, Texas

Produzione: Aaron Clift

Registrazione e missaggio: Russell Tanner

Mastering: Jerry Tubb presso Terra Nova Digital Audio, Inc. – Austin, Texas

Design artistico: Fumihito Sugawara

Fotografia: Tobe Mokolo

Videografia: Charles Bradbury e Skyler Frost – Content Pump Productions

 

LINK UTILI:

www.aaronclift.com

www.facebook.com/aaroncliftmusic

www.youtube.com/aaroncliftmusic

www.instagram.com/aaroncliftmusic


 

 


venerdì 23 dicembre 2022

I suoni del Natale-"The Jethro Tull Christmas Album"



LA COLONNA SONORA DI OGNI NATALE


The Jethro Tull Christmas Album (noto anche semplicemente come Christmas Album) è il ventunesimo ed ultimo disco registrato in studio dai Jethro Tull, pubblicato nel 2003.
L'idea fu partorita da Len Fico, capo della casa discografica Fuel 2000 il quale suggerì a Ian Anderson, nel Natale 2002, l'opportunità di registrare un nuovo album dal clima natalizio. 
Fu così che Anderson si mise subito al lavoro riproponendo pezzi già editi in precedenti album, ma anche canzoni nuove. 
Ben 7 brani su 16 sono strumentali tra i quali il pezzo in chiusura, A Winter Snowscape, composto da Martin Barre e inserito anche nel suo album Stage Left in un'altra versione.
The Jethro Tull Christmas Album è l'ultimo lavoro in studio a nome della band, essendosi il gruppo di fatto sciolto nel 2011.


Tracce

The Jethro Tull Christmas Album

Birthday Card at Christmas – 3:37
Holly Herald – 4:16
A Christmas Song – 2:47
Another Christmas Song – 3:31
God Rest Ye Merry Gentlemen – 4:35
Jack Frost and the Hooded Crow – 3:37
Last Man at the Party – 4:48
Weathercock – 4:17
Pavane – 4:19
First Snow on Brooklyn – 4:57
Greensleeved – 2:39
Fire at Midnight – 2:26
We Five Kings – 3:16
Ring Out Solstice Bells – 4:04
Bourée – 4:25
A Winter Snowscape – 4:57

Line up

Ian Anderson - voce, flauto traverso, chitarra acustica, mandolino, ottavino, percussioni
Martin Barre - chitarra elettrica, chitarra acustica
Andrew Giddings - tastiere, fisarmonica
Doane Perry - batteria, percussioni
Jonathan Noyce – basso

Ospiti

James Duncan - batteria, percussioni
Dave Pegg - basso, mandolino

Sturcz String Quartet con:
Gábor Csonka - primo violino
Péter Szilágyi - secondo violino
Gyula Benkö - viola
András Sturcz - violoncello





giovedì 22 dicembre 2022

Pink Floyd-All Saints Church Hall, Powis Gardens, Londra, 1966


All Saints Church Hall, Powis Gardens, Notting Hill, Londra, 1966

I concerti a Powis Gardens segnarono l’inizio della nostra popolarità”, dice il bassista dei Pink Floyd, Roger Waters.

Fu un periodo esaltante. La testa di Sid Barret funzionava ancora ed eravamo tutti pieni di entusiasmo. Era molto prima che diventassimo professionisti e cominciassimo a incidere.”

Nel gergo del tempo tutto era molto “fuori”.
Le follie psichedeliche britanniche erano certo influenzate dalla West Coast americana, ma quei primi concerti in una modesta chiesa di Notting Hill confermarono che non si trattava di imitazione.

Le nostre luci usavano molto meno l’intermittenza ed erano più legate alle immagini. Questo anche se alla chiesa di All Saints se ne occupava un americano” dice Peter Jenner, uno dei due primi manager dei Pink Floyd. “I nostri spettacoli erano più cupi e allucinati, pieni di grandi ombre espressioniste. Molto Nosferatu”.

Verso l’autunno del 1966 i media britannici cominciarono a interessarsi alla psichedelica, considerata la nuova moda destinata a sostituire beat, mod e minigonne .
Noi non sapevamo cosa fosse la psichedelica” ammette il batterista dei Pink Floyd, Nick Mason.

C’erano le droghe, certo, ma era una filosofia raffazzonata, fatta con le idee in voga all’epoca”. In sostanza cercavamo di allargare i confini”.

Autodefinitisi “un laboratorio suono/luce “ e con il celebre mantra del guru dell’LSD Timothy Leary -“Accenditi, sintonizzati, vai fuori”- citato sui manifesti dei loro concerti, i Pink Floyd rappresentavano al meglio lo spirito onnivoro del periodo. Recensendo una delle performance a Powis Gardens, la rivista alternativa International Times sentenziò soddisfatta che “il loro lavoro è in gran parte basato sull’improvvisazione”.
“Dovevamo far capire che le nostre non erano canzoni pop, erano cose più importanti, erano cultura, cultura rivoluzionaria”, dice Jenner.
L’impresa riuscì. Durante la breve esperienza di concerti a sostegno della London Free School, il progetto di educazione comunitaria condotto da John “Hoppy” Hopkins, il quartetto venne intervistato dal Times e i loro concerti a Notting Hill attirarono l’attenzione di un eterogeneo insieme di studenti, intellettuali e anticonformisti.
Molti arrivarono con l’esplicita intenzione di fornire ai propri viaggi in acido un adeguato sottofondo di suoni e luci.

Non fu una scelta consapevole quella di suonare musica da trip”, insiste Nick Mason. “Semplicemente reagivamo a uno stimolo visuale che non era troppo adatto a ritornelli e incisi.”

Fu così che nacque la versione britannica della psichedelica.

(dalle note di Mark Paytress)

Immagini di repertorio relative al '66...




martedì 20 dicembre 2022

furio chirico’s The Trip-EQUINOX


Sono da sempre molto legato a tutto quanto gira intorno al mondo “The Trip”, e il mio approccio risale alla fase adolescenziale, quando incontrai la prima volta il mio concittadino Joe Vescovi; non starò qui a tracciare gli incroci di vita che hanno rinforzato in tempi recenti un legame esteso a tutta la “famiglia Trip”, ma ogni ricordo, ogni nota, ogni immagine, mi riporta a situazioni difficilmente spiegabili a parole, giacché rientrano in una sfera personale delicata.

Non è questo lo spazio corretto per ripercorrere la storia ma, al contrario, guardare dritti verso il futuro, quello di una musica di nicchia - il progressive - che si autoalimenta e conquista spazi “giovani” per il suo raggiunto stato di immortalità.

E allora, più che parlare di Joe e Wegg, è bene concentrarsi su questo nuovo progetto, da tempo nell’aria, che ruota attorno al batterista Furio Chirico, un musicista che non ha bisogno di presentazioni e che si presenta oggi come furio chirico’s The Trip.

Ovvi i riferimenti al passato, un percorso che non si può e non si vuole annullare, ma "Equinox" - è questo il nome dell’album - si propone come disco “nuovo”, i cui riferimenti nostalgici possono toccare più gli ascoltatori che non i protagonisti, musicisti che, pregni di progressive, rivolgono lo sguardo al lato sperimentale, creando un concept davvero coinvolgente.

Un forte legame con Vescovi è testimoniato dall’hammond di Paolo Silver Silvestri, ed è per questo che ho realizzato con lui l’intervista che propongo a seguire, certo che il punto di vista dell’ultimo arrivato nella band - cronologicamente parlando - possa essere interessante, essendo importante, anche, il suo contributo creativo.

Si parte con la strumentale “I’m Fury”, ritmo pazzesco e tastiere impegnate tra fughe e svisate virtuose, e se in questo caso viene naturale l’abbinamento col passato, il riferimento sembrerebbe più l’Emerson versione The Nice, un nome che si presenta sempre quando si parla di certi rivoli di musica. L’atmosfera è quasi aulica e personalmente lo immagino come perfetto brano di apertura di un concerto, una sorta di “scalda pubblico”.

Con “Mother Earth” ci troviamo in un modus più psichedelico, traccia praticamente divisa a metà, condotta da una vocalità davvero particolare, con l’entrata sommessa del basso che porta un cambiamento nel mood e apre ad una straziante frase solistica dell’elettrica. È questo un prog rock più “recente”, che appare la continuazione del percorso appena iniziato.

Strana e inconsueta storia quella legata alla terza traccia, “A suite for everyone”, la cui realizzazione è ampiamente descritta nel corso dell’intervista. Impossibile restare indifferenti a una tale proposta, dove il grande virtuosismo si apprezza ma scompare nascosto da un disegno superiore, un’ideale di musica che non deve stupire per la bravura di chi lo propone ma per gli stimoli positivi che riesce a fornire. Esempio perfetto di mix tra classicismo e rock.

Catch the Dreamin'” si spinge sulla fase sperimentale e mette in evidenza le grandi skills dei musicisti e la loro apertura verso ogni aspetto del rock, tra passato e innovazione. Chirico sugli scudi, anche come apporto creativo.

Downward Onward” è qualcosa di più traditional, di rock duro, di ouverture verso la contaminazione percussiva che trae linfa dalla world music. Una sensazione di déjà vu che trova conferma solo nell’atmosfera generale, ma che ad attenta analisi appare molto innovativa.

Con “The Reason Inside Playing” si abbassano i ritmi e si esce un po' dalla tipologia progressive, l’elettrica diventa protagonista e duetta con l’hammond, mentre la voce di Lanari diventa sempre più caratterizzante. Emozionante. Emozionante anche sapere che l’ispirazione arriva dal rapporto tra Arvid "Wegg" Andersen e l'amico Ritchie Blackmore.

Summer Solstice” è un altro strumentale, con in evidenza ancora l’elettrica di Rostagno. Un rock molto seventies che sa di liberazione dagli schemi, quasi una jam che termina con passaggi mirati di hammond, che in questo caso profuma di Jon Lord.

Non poteva mancare il tributo al genio di Joe Vescovi. “Remember Joe” era destinato a suscitare ricordi solo attraverso la linea melodica, ma successivamente è stato aggiunto un testo raggiungendo così una dimensione completa. Non è solo semplice melodia, perché la variazione ritmica pone il brano su di un livello più complesso, ma la sacralità diffusa riporta al ricordo di Joe.

In chiusura un breve strumentale - “Story of a Friend” -, il senso della fine del viaggio, e sul sottofondo pianistico la chitarra elettrica vola e disegna tristezza, spleen e divagazioni melanconiche.

Beh, un bel disco, un contenitore sonoro per me inaspettato, capace di mantenere l’idea del passato proponendo un percorso che cerca novità pur mantenendo smell antico, senza rinnegare ciò che per le nuove generazione potrebbe apparire datato, ma immaginando il prog del futuro.

La chiacchierata realizzata con Paul Silver Silvestri potrebbe a questo punto rivelarsi chiarificatrice… 

Paolo Silver Silvestri

Mi parli del progetto, partendo dal nome e dagli intenti?

Al contrario di quanto qualcuno pensa, questo progetto non è stato messo in piedi alla veloce, ma esaminato con tutta calma e a più riprese, quindi, è stato un gran lavoro di squadra. Personalmente sono l'ultimo entrato a far parte della band: nella primavera del 2019 mi chiamò Gius Lanari dicendomi che aveva bisogno di un tastierista hammondista per una band con Furio Chirico alla batteria; rimasi un po' perplesso e non accettai subito, ma parlai con Furio chiedendo delucidazioni, perché se fosse stato un tributo ai Trip e basta avrei sicuramente rinunciato, se invece si fosse trattato di fare un nuovo album, potere scrivere quindi nuovi brani, allora la cosa mi sarebbe piaciuta. Furio mi rispose che proprio di quello si trattava, un nuovo album, il proseguimento di “Atlantide”, immaginando quello che sarebbe potuto accadere se Joe Vescovi fosse stato ancora vivo. Non a caso il nome della band è Furio Chirico's THE TRIP. È il viaggio di Furio che continua dopo la dipartita di Joe Vescovi e Wegg Andersen. Concludo dicendo che se la band si fosse chiamata solo THE TRIP non avrei accettato di farne parte, ho sempre pensato che certi brani appartengano ad un solo musicista, insomma il nome solo “THE TRIP” è sinonimo di Joe Vescovi e, a mio giudizio, senza di lui una band non si può chiamare con quel nome.

È appena uscito il nuovo album: partiamo dal titolo e dai suoi significati… 

EQUINOX è un album articolato tra l'uomo e il potere, compresa la natura, è un album costituito da nove brani dove ognuno di noi ha suonato come meglio credeva e poteva, ovvero siamo stati noi stessi. Furio Chirico non ha bisogno di presentazioni, è un batterista eccezionale, un drummer che quando vuole può fare il solista in una band, un vero metronomo umano, spettacolare dal vivo. Ho trovato in Gius Lanari un ottimo bassista ed anche un valido cantante; Marco Rostagno alla chitarra è molto preparato, è laureato in conservatorio e per me parlare con lui di musica, di come affrontare una frase e decidere quali soluzioni adottare per un brano è bellissimo.

Furio Chirico

Che cosa proponete dal punto di vista del messaggio, delle liriche? 

Per quanto riguarda i testi la persona più indicata sarebbe Gius Lanari (bassista e cantante), è lui il vero poeta della band. So certamente che in “The Raeson Inside Playing” si parla della vita vissuta da Arvid "Wegg" Andersen, della sua collaborazione con l'amico Ritchie Blackmore - anche se il suo nome non compare nei testi - e soprattutto la collaborazione di Wegg con Furio e Joe nell'album “Atlantide”. Tra l'altro le iniziali di questo brano formano il nome Trip, un ricordo particolare e molto intenso, non trovi?

Trattasi di un concept album? 

Sì, EQUINOX è un concept album, seppur diverso da “Atlantide”. Il viaggio è più introspettivo, disincantato, ma non per questo privo di forte emozioni e di grandi speranze, il disco vuol essere il ritorno alla forte poesia focalizzata sul senso del vivere. Nel progetto globale “EQUINOX” è compreso un DVD di circa 44 minuti live ripresi al Salone Internazionale del Libro a Torino nello scorso maggio, dove oltre presentare qualche brano di “EQUINOX” abbiamo suonato parte di “Atlantide”, e infine l'immancabile track “Caronte”, il tutto davanti ad un pubblico curioso ed allo stesso tempo entusiasta. Naturalmente il lavoro che si presenta in questi casi per i musicisti è snervante, però alla fine si può essere fieri del risultato.

Se parliamo invece di musica e sonorità, che cosa si deve aspettare l’ascoltatore da “Equinox”?

Beh, sicuramente è un album notevole musicalmente parlando, non c'è nulla di commerciale e personalmente, nel periodo in cui sono stato impegnato nello scrivere brani ed inciderli, mi sono rifiutato di ascoltare musica di qualsiasi altro genere, perché non volevo essere uguale o somigliante a qualcuno, giacché, come ogni musicista, ho già i miei bei riferimenti di una vita che potrebbero condizionarmi. Penso cmq che chi acquista “EQUINOX” debba essere un attento ascoltatore, perché è un disco di “nicchia”, da appassionato esperto, da cultore della musica, anche se spero possa attirare anche il pubblico giovane e curioso. Sintetizzo: se ti piacciono i vecchi Trip di “Atlantide” e “Time of Change”, se ami culture musicali “giurassiche” come quelle che fanno riferimento ai King Crimson, Yes, Emerson Lake e Palmer, ma anche ad altre realtà come i Deep Purple anni ’70, arrivando magari alle atmosfere dei Pink Floyd, allora “EQUINOX” è un disco che potrà risultare appagante.

Furio Chirico è ovviamente l’elemento trainante, ma chi fa parte della band, oltre a te? 

Sì, Furio Chirico è l'elemento trainante, non ha bisogno certamente di presentazioni e, come già espresso, a mio parere potrebbe fare anche uno spettacolo da solo, tenere attenta due ore o forse più la gente e stupirla con il suo virtuosismo. È un batterista che mi ricorda molto lo stile di Carl Palmer, suonando con lui inevitabilmente si cresce culturalmente, si impara ad andare di più a tempo anche quando i brani sono "storti". Unico neo, quando un brano è facile lui lo complica, però quando si studia musica è così, e quando arriva il risultato è una goduria doppia, sia per chi lo suona sia per l'ascoltatore. In Gius Lanari, ho trovato un bravo bassista con un suono molto bello. Il suono dei suoi Rickenbaker e Fender è veramente grande, hanno un attacco ed un timbro veramente fantastico che puoi sentire solo nei dischi dei migliori gruppi prog rock dell'epoca; è anche un buon cantante e soprattutto ha idee nel comporre musiche, e talento vero nello scrivere testi. Ha scritto quattro brani dell'album insieme al suo amico di vecchia data Antonio Zammarelli. Con Marco Rostagno ho un rapporto intenso, da musicista a musicista, lui è diplomato in conservatorio, e quando interagiamo sembriamo due bimbi che giocano con le loro macchinine. Nonostante io sia vicino ai 60 e lui ai 30 anni andiamo molto d'accordo. Il nostro parlare di note, di scale e di pause fa crescere sempre di più la band. 

Gius Lanari

Come sono stati suddivisi i compiti dal punto di vista creativo? 

Diciamo che ognuno di noi si è dato da fare, Furio non è un compositore però ha messo del suo nell'arrangiamento del suo stesso strumento, serve dargli libera espressione e lui tira fuori il mondo con i suoi tamburi. La creazione dei brani è suddivisa tra me e Gius lanari; c'è una traccia che inizialmente era interamente scritta da me, “Remember Joe”, dedicato a Joe Vescovi, che inizialmente era uno strumentale, ma poi la produzione ci ha suggerito di farlo diventare un brano cantato, così ho dato ampio respiro alla composizione della linea melodica di Gius dicendogli: “Scrivi il testo è cantalo, poi io ti scrivo le note che hai fatto sul pentagramma”, e così è stato: abbiamo diviso le royalties in parti uguali, come si fa tra amici naturalmente! Infine, anche Marco Rostagno ha scritto un brano dal titolo “Summer Solstice”, uno strumentale dove la chitarra rock la fa da padrona, il basso è rombante e la batteria veramente alla grande; infine, di questo brano c'è uno sviso di organo hammond che quando lo risento mi dico, ma questo sono ioBoh? E che note ho fatto? Poi penso: “sarà Mattia Garimanno (il fonico dello studio di registrazione, tra l'altro bravissimo, a mio parere il quinto musicista della band anche se non ha suonato) che mi ha voluto fare uno scherzo?” 

Inutile sottolineare il legame con Joe Vescovi, ma qual è il vero link che unisce la musica dei “vecchi” Trip a questa voluta da Furio?

Dunque, per parlare di Joe Vescovi nel contesto Trip se ne può parlare solo in un modo e BENE! Non ho conosciuto Joe personalmente anche se sono in buoni rapporti con la moglie Sandra Laureti: pochi giorni fa, in occasione dell'anniversario della morte di Joe, ho spedito a Sandra l'audio di “Remember Joe” e lei mi ha ringraziato sentitamente. Sotto un profilo musicale devo dire che Joe ha inventato un modo di suonare e comporre unico al mondo, se ascolti i suoi fraseggi ed improvvisazioni ti accorgi subito che è lui. In certi brani di “EQUINOX” che ho composto personalmente ho tenuto conto molto del suo modo di suonare, naturalmente poi ho messo il mio carattere, ad esempio in “I'M FURY” (che ho dedicato a Furio ) inizialmente ho messo degli arpeggi veloci e rovesciati che potevano anche essere delle varianti a brani come “Atlantide” o “Caronte”, soprattutto Joe, nel periodo Trip, arpeggiava spesso e velocemente su accordi di quarta sus, e in quel brano ho tenuto conto di quel modo di suonare, che sicuramente aveva inventato lui; alla fine ho usato i miei trucchetti del mestiere, facendolo diventare un brano che quando lo suoni ti spacca entrambi le mani, perché devi essere molto preciso… e pensare che appena l'abbiamo inciso io e Furio Gius ha chiosato: "Ma voi vi drogate?" Cmq in EQUINOX ci sono anche brani come “Cacht the dreamin” che danno ampio spazio all'innovazione musicale e alla sperimentazione, e tutto questo è a mio parere affascinante.

Marco Rostagno

Mi parli del tuo ruolo all’interno del progetto? 

Il mio ruolo è quello di un organista/tastierista/compositore, lo sarà anche in futuro, ho molte idee in campo musicale e in più stili possibili, e più volte mi sono trovato a comporre cose insolite.

Che cosa accadrà dal punto di vista dei live per la pubblicizzazione di “Equinox”?

Faremo dei concerti e, a seconda della durata, presenteremo alcuni brani di EQUINOX, ma se lo spettacolo sarà di durata maggiore lo presentiamo tutto, tra l'altro abbiamo affinato finali di brani che non ci sono sul disco, e che proponiamo live per regalare a chi segue i nostri show a qualcosa di unico. Normalmente suoniamo per intero tutto l'album “Atlantide”, poi “Corale” dall'album “A time of Change”, un brano che non era mai stato suonato live da Joe, Wegg e Furio; l'abbiamo arrangiato con l'ingresso della batteria ed è stata un’impresa Titanica, ma ce l'abbiamo fatta. Caronte” è il brano che chiuderà i concerti. Abbiamo voluto tutti e quattro dare un taglio con il periodo dei Trip di prima generazione, però “Caronte” è un brano importante creato da Joe, così come “Atlantide”, e per questo lo ringraziamo omaggiandolo ogni volta possibile. Aggiungo: “A suite for everyone” è l'unico brano interamente scritto da me, oltre alla musica anche il testo. È un pezzo nato per caso una sera guardando Gattopaul (il mio gatto) che se la dormiva beato sul divano, gli ho dedicato una ninna nanna che poi nello scrivere si è trasformata in un complesso brano prog. Il testo parla dei rapporti tra le persone, all’interno delle famiglie e, perché no, anche quelli con i nostri animali di cui abbiamo bisogno, un messaggio rivolto al volersi bene in senso generale, nella direzione di un sogno che, alla fine, abbiamo un po' tutti. Insomma… UN MONDO MIGLIORE! Un ringraziamento particolare va sicuramente ad Amy Ida, manager giapponese, senza di lei tutto questo non sarebbe stato possibile.


Track listing (cliccare sul titolo per ascoltare)

1-I'm Fury-4:16

2-Mother Earth-6:13

3-ASuite for Everyone-8:10

4-Catch the Dreamin'-5:03

5-Downward Onward-4:20

6-The Reason Inside Playing-5:18

7-Summer Solstice-4:17

8-Remember Joe-3:42

9-Story of a Friend-2:10


Formazione:

FURIO CHIRICO-drums

PAOLO SILVER SILVESTRI-hammond organ & keyboards

GIUS LANARI-vocals e bass

MARCO ROSTAGNO-guitar e vocals

 

LINK:

https://www.facebook.com/thetrip.official

https://www.thetripfuriochirico.com/

https://www.youtube.com/channel/UCp8UCOFo-RnW29uSxNNi2gw

https://bfan.link/equinox-3

 

FORMATI E INFO UTILI ALL’ACQUISTO

EQUINOX esce in tre diverse edizioni: 

CD+DVD (edizione universale), 2CD+DVD (edizione esclusiva giapponese) e VINILE (edizione limitata).

Ogni edizione è composta dal nuovo album EQUINOX, include nove nuovi brani inediti - tre brani strumentali e sei tracce vocali, composti e arrangiati da THE TRIP di Furio Chirico, registrati e mixati da Mattia Garimanno presso Ænima Recordings.

Il nuovo concept album è una grande creazione di Furio Chirico (batteria), Paolo 'Silver' Silvestri (Hammond, sinteri e cori), Giuseppe 'Gius' Lanari (voce, basso) e Marco Rostagno (chitarra e cori) ed è il risultato di tre anni di lavoro, proiezione, produzione e realizzazione.

Sia l'edizione universale che l'esclusiva edizione giapponese contengono DVD, registrati e filmati (anche grazie al contributo del pubblico) del live-show di debutto al prestigioso Salone Internazionale Del Libro di Torino il 23 maggio 2022 e con 3 brani di EQUINOX, 4 brani di ATLANTIDE (1972) e 1 brano di CARONTE (1971).

Il video montato e masterizzato da ZdB publishing.

L'edizione esclusiva giapponese include anche uno speciale bonus CD "live in foggia 1973" contenente 1 brano tratto da TIME OF CHANGE (1973), 3 brani da ATLANTIDE (1972) e 1 brano da CARONTE (1971), una registrazione storica di THE TRIP mai pubblicata in precedenza, live a Foggia nel 1973 con lo storico trio Joe Vescovi, Arvid "Wegg" Andersen e Furio Chirico. Una registrazione rara di inestimabile valore, testimone di un tempo in cui pochissime registrazioni sono sopravvissute, realizzate con una tecnologia non così all'avanguardia come siamo abituati ad avere oggi.

I primi 100 ordini sul TLS Store riceveranno una speciale cartolina 13x18 autografata a mano da Furio, Silver, Gius e Marco! 

 

EQUINOX CD+DVD

EDIZIONE UNIVERSALE

(ZdB Publishing)

3 pannelli paper-sleeve

Libretto di 12 pagine

note di copertina in inglese e italiano

TLS Store

ZdBStore


EQUINOX 2CD+DVD

EDIZIONE ESCLUSIVA GIAPPONESE

(KING RECORDS)

portagioie deluxe, obi giapponese

note di copertina in giapponese e inglese

Libretto speciale di 12 pagine

Archivio TLS

 

EQUINOX

VINILE EDIZIONE LIMITATA

Archivio TLS


EQUINOX

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