giovedì 27 gennaio 2022

Jess and the Ancient Ones: la musica psichedelica che arriva dalla Finlandia



Il libro di Enrico Ricci, “Acid Queens”, mi ha portato sulle orme di…

Jess and the Ancient Ones, gruppo rock psichedelico finlandese formatosi a Kuopio nel 2010. Alcuni dei membri della band erano co-musicisti della band metal finlandese Deathchain.


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Hanno pubblicato quattro album: l’omonimo Jess and the Ancient Ones nel 2012, Second Psychedelic Coming: The Aquarius Tapes nel 2015, The Horse andOther Weird Tales nel 2017 e Vertigo nel 2021.

Hanno anche rilasciato l'EP del 2013 Astral Sabbat, prodotto da Tore Stjerna di Necromorbus Studio.

La band ha collaborato in modo cospicuo con gli spagnoli Deadmask per The Deepest Sea/IntoStarlit Chambers.


 


Membri

Jess - voce

Thomas Corpse - chitarra

Fast Jake - basso

Yussuf – batteria e percussioni

Abraham – tastiere, organo, sintetizzatore

Ex membri

Di Stroh – chitarra

Thomas Fiend – chitarra e cori (2010–2016)


https://www.facebook.com/jessandtheancientones



martedì 25 gennaio 2022

Alla scoperta dei Elephant Revival, simboli del "folk trascendentale"


Elephant Revival è stato un gruppo di musica folk del Colorado formatosi nel 2006. La band era composta da Bonnie Paine (voce), Bridget Law (violino e voce), Charlie Rose (voce, pedal steel, banjo, violoncello, tromba, trombone), Dango Rose (contrabbasso, mandolino, banjo, voce), Daniel Rodriguez (chitarra acustica, banjo elettrico/chitarra, voce) e Darren Garvey (percussioni).

Il loro stile musicale è stato definito "folk trascendentale", perché trascende le diverse e ortodosse categorie musicali e incorpora elementi di melodie di violino scozzese/celtico, pezzi folk originali, ballate tradizionali, bluegrass e indie rock.

Tutti i membri della band sono polistrumentisti e hanno contribuito ai canti e al songwriting.

Il primo spettacolo in cui tutti e cinque i membri hanno suonato insieme è stato in Colorado, nell'ottobre 2006, al Gold Hill Inn, esibendosi come Elephant Revival Concept.

Dopo aver consolidato il gruppo, "Concept" è stato presto eliminato dal nome.

Il debutto di “Elephant Revival”, registrazione omonima, è stato pubblicato nel 2008.

Nell'estate del 2010 gli Elephant Revival hanno firmato un contratto con la Ruff Shod Records, un'etichetta indipendente fondata da Chad Stokes della State Radio and Dispatch.

Il secondo CD degli Elephant Revival, “Break In the Clouds”, anch'esso prodotto da Tiller, è stato pubblicato il 22 novembre 2010.

Il 17 giugno 2016 la band è sfuggita per un pelo a un incendio di un autobus la mattina prima di uno spettacolo al Music at the Mill di Hickory, NC. Diversi strumenti e oggetti unici sono stati distrutti nell'incendio, ma i membri della band sono rimasti illesi e hanno suonato lo spettacolo quella notte con strumenti presi in prestito e vestiti donati.

 


Il 9 febbraio 2018 gli E.R. hanno annunciato che si sarebbe presa una pausa indefinita "a causa di questioni familiari".

Il loro spettacolo di addio è andato in scena il 20 maggio 2018.

Nell'autunno 2020, Rodriguez ha annunciato che avrebbe pubblicato un album intitolato “Sojourn of a Burning Sun”, prodotto dal compagno di band Garvey.

Nelle interviste, spiegò che lo scioglimento della band coincise con la fine di una storia d'amore tra lui e un altro membro della band.

 

Formazione 

Bonnie Paine (voce, washboard, stompboard, djembe, musical saw, violoncello)

Charlie Rose (voce, pedal steel, banjo, violoncello, tromba, trombone)

Dango Rose (contrabbasso, mandolino, banjo, voce)

Daniel Rodriguez (chitarra acustica, banjo elettrico/voce)

Darren Garvey (percussioni)

Bridget Law - membro fondatore (violino e voce)

Sage Cook - membro fondatore (banjo elettrico/chitarra, chitarra acustica, mandolino, viola, voce)

 

Discografia 

Elephant Revival (2008)

Break In The Clouds (2010)

It's Alive (EP) (2012)

These Changing Skies (2013)

Sands of Now (Live at the Boulder Theater CD & DVD set) (2015)

Petals (2016)




lunedì 24 gennaio 2022

Un po' di vita di Rosalie Cunningham

 


Rosalie Cunningham, nata a Londra il 25 aprile 1990, è una cantautrice inglese.


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Fonda la sua prima band nel 2007, Ipso Facto, pubblicando i singoli "Harmonise"/"Balderdash" nell'ottobre 2007, "Ears And Eyes" nell'agosto 2008, "Six AndThree Quarters"/"Circle Of Fifths" nell'ottobre 2008, tutte canzoni da lei scritte.

Ipso Facto si scioglie a metà 2009 e Rosalie inizia un nuovo progetto chiamato Purson, che durerà sino al 2017.

L’artista dichiara: "Mi sento fortemente attratta da un approccio più fai-da-te alla mia carriera musicale e non vedo l'ora di esplorare molte strade come artista solista".

Il suo album di debutto da solista, omonimo, è stato pubblicato il 5 giugno 2019 da Esoteric Records.

Cunningham ha anche lavorato come corista con altre band - Magazine e The Last Shadow Puppets - apparendo sul palco con loro nei loro recenti tour.

Ha anche suonato le tastiere da gennaio a maggio 2010 con i These New Puritans nei loro concerti relativi all’album “Hidden”.

Nel 2012, Cunningham suona la chitarra con Willy Moon, come gruppo di supporto per il tour di Jack White nel Regno Unito. 

Ha anche contribuito come corista all'ultimo album dei Cathedral The Last Spire, pubblicato nel 2013.

 


RIEPILOGO DISCOGRAFIA


con Ipso Facto 

Singoli

Harmonise/Balderdash

Ears And Eyes

Six And Three-Quarters/Circle Of Fifths

IF...

 

con Purson 

Album

2013: The Circle and the Blue Door 

2014: In the Meantime EP 

2016: Desire's Magic Theatre

 

Album Solo

2019: Rosalie Cunningham 

https://www.facebook.com/rosalie.cunningham.5



venerdì 21 gennaio 2022

Ci ha lasciato Meat Loaf


Morto Meat Loaf, icona della musica rock: il suo ‘Bat Out of Hell’ uno dei dischi più venduti della storia


È morto Meat Loaf. Il cantante e attore statunitense si è spento all’età di 74 anni. L’annuncio sulla sua pagina social oggi 21 gennaio. “Abbiamo il cuore spezzato nell’annunciare che l’incomparabile Meat Loaf è morto stasera con al fianco sua moglie Deborah, le figlie Pearl e Amanda e gli amici più cari con lui nelle ultime 24 ore – si legge su Facebook -. La sua straordinaria carriera ha attraversato 6 decenni che lo hanno visto vendere oltre 100 milioni di album in tutto il mondo e recitare in oltre 65 film”.

Meat Loaf era nato a Dallas il 27 settembre del 1947. Meat Loaf fu anche il nome della band di cui era cantante.

Nonostante alcuni inconvenienti (tra cui la bancarotta) raggiunse un successo notevole con la sua carriera di musicista e cantante, soprattutto grazie all'album “Bat Out of Hell”, uno dei dischi più venduti della storia del rock.

Per il brano “I'd Do Anything for Love (But I Won't Do That)”, tratto dall'album “Bat Out of Hell II: Back into Hell”, ottenne il Grammy Award per la migliore performance vocale.

Dopo un primo album del 1971 Stoney & Meatloaf, venne chiamato per l'interpretazione del ruolo di 'Eddie' nel film The Rocky Horror Picture Show (1975), dove cantò Hot Patootie/Bless My Soul. Il suo secondo album “Bat Out of Hell” (1977), prodotto da Todd Rundgren e contenente canzoni scritte da Jim Steinman richiese quattro anni per essere realizzato. L'album ebbe un enorme successo commerciale vendendo più di 43.000.000 di copie.

Meat Loaf raggiunse presto una grandissima popolarità in Europa diventando una vera e propria icona del Rock, soprattutto in Gran Bretagna, dove fu classificato 23º come artista più a lungo presente nelle classifiche settimanali ed è uno degli unici due artisti con un album che non è mai uscito dalle classifiche. In Germania, Meat Loaf raggiunse la massima popolarità dopo l'uscita di Bat Out of Hell II e si piazzò al 96º posto nella classifica dei cento più grandi artisti dell'hard rock dall'emittente VH1.

Apparso in almeno cinquanta tra film e spettacoli televisivi, oltre al The Rocky Horror Picture Show, prese parte ai film Roadie - La via del rock (1980) di Alan Rudolph, Fight Club (1999) nel ruolo di Robert "Bob" Paulsen e Tenacious D e il destino del rock (2006, accanto a Jack Black), mentre nel film Pelts, episodio diretto da Dario Argento della serie televisiva americana Masters of Horror, andato in onda negli Stati Uniti il 1º dicembre 2006, fu il pellicciaio Jake Feldman.





martedì 18 gennaio 2022

MARCO MATTEI-Out Of Control

 

MARCO MATTEI

Out Of Control

[7D Media | Third Star Records]

12 tracce | 45.46 minuti

 

Marco Mattei propone il suo primo album da solista, ma non siamo di certo al cospetto di un “acerbo apprendista”. A fine articolo propongo la sua biografia, sintetica, sufficiente però per evidenziare skills musicali importanti e una vita carica di esperienze variegate, quelle che incidono in modo naturale sulla formazione personale e, se parliamo di arte, sulla “produzione” conseguente.

Sono tante ed esaustive le informazioni oggettive che mi sono arrivate tramite il comunicato stampa - unite ad una interessante intervista realizzata con l’autore - e da sole sarebbero state più che sufficienti per far comprendere al lettore la portata di questo nuovo e coinvolgente progetto.

Nondimeno proverò a condividere qualche pensiero personale.

Le comode etichette a cui siamo abituati non trovano facile abbinamento in questo caso specifico e la definizione ufficiale utilizzata in fase di presentazione propone il concetto poco sintetico di “mix di prog-rock, dream-pop, folk e world music”.

Difficile farsi un’idea prima dell’ascolto, anche se qualche altro dettaglio diventa poi indizio attraverso il nome di ospiti dal nome altisonante: Tony Levin, Fabio Trentini, Jerry Marotta, Pat Mastelotto, Chad Wackerman, Clive Deamer.

In effetti, le collaborazioni che hanno visto la presenza dei musicisti di cui sopra, spaziano dal prog - antico e presente - dei King Crimson sino alla genialità zappiana, attraverso il virtuosismo di Allan Holdsworth e l’unicità di Gabriel o Plant, tanto per citare qualche situazione nobile.

Vale la pena recuperare le parole dell’autore riferite al topic “guest”:

Dopo aver scritto musica e testi del disco ho iniziato a collaborare con una serie di ottimi musicisti per registrarlo, per la maggior parte amici e collaboratori di lunga data. Per un paio di brani, Would I be me e On your side, avevo in mente un suono ed un groove specifico. Ho chiesto a diversi batteristi di suonare nello stile di Jerry Marotta ma nessuno riusciva a farlo in maniera soddisfacente. Da lì ho avuto l’idea di provare a contattare Jerry. Dopotutto chi meglio di lui avrebbe potuto suonare nel suo stile? Dopo aver ascoltato i brani, Jerry ha molto gentilmente accettato di suonare. Poi mi ha detto: «Secondo me dovresti far suonare il basso a Tony Levin su questi brani». «Stai scherzando?» gli ho detto. «Certamente!» Jerry Marotta e Tony Levin, la sezione ritmica di Peter Gabriel dei primi dieci anni della sua carriera solista, una combinazione fantastica. Poi avevo un altro brano, Void, che aveva una parte di batteria molto tecnica. Ho pensato che Chad Wackerman sarebbe stato perfetto, e così è stato. Un altro brano, Picture in a Frame, è tutto in tempi dispari ma volevo che scorresse in maniera fluida. Ho pensato che Pat Mastelotto sarebbe stato la scelta ideale per una cosa del genere. Insomma, dal mio punto di vista, la chiave è stata quella di coinvolgere questi grandi in maniera funzionale alle necessità dei vari brani, scegliendo di volta in volta il musicista più adatto allo scopo e chiedendogli di essere sé stesso. Ovviamente per me è stata una soddisfazione particolare non solo vedere come siano riusciti a realizzare in maniera brillante e personale la mia visione musicale ma anche aver collaborato con alcuni dei miei punti di riferimento come musicista.”

Leviamoci dalla mente tutte le etichette da cui siamo dipendenti e pensiamo ad un album trasversale, carico di spunti interessanti, impossibile da incasellare, piacevolissimo dal punto di vista musicale ma allo stesso tempo carico di concetti pesanti, che si dipanano brano dopo brano con un forte fil rouge che unisce le differenti creazioni.

È un disco figlio della sofferenza? Probabile.

Il periodo difficile che il mondo sta vivendo ha lasciato il segno, tutti hanno avuto il tempo per riflettere sul reale senso della vita ma, a differenza dei comuni mortali, gli artisti hanno dato sfogo alla loro creatività, arrivando a fissare per sempre il pensiero del momento.

Dichiara Mattei: “Out Of Control è un concept album sulle cose che non possiamo controllare. L’intuizione chiave è la realizzazione che molti aspetti di ciò che percepiamo definire la nostra identità non sono sotto il nostro controllo. E il messaggio principale è che questa realizzazione dovrebbe portare a un cambiamento di prospettiva: quando ci mettiamo nei panni degli altri, ci permettiamo di diventare più aperti ed empatici. L’altro aspetto è che non possiamo controllare la mano che ci viene data, ma possiamo sicuramente decidere come giocarla”.

Proverò a “raccontare” il mio ascolto, traccia dopo traccia, segnalando che la lingua utilizzata dall’autore è l’inglese - non poteva essere diverso - e che tutti i brani sono scritti da Marco Mattei, ad eccezione di “Gone”, composta da Andy Timmons.


Si parte con “Would I be”, che mette subito in campo la sezione ritmica Marotta/Levin.

Marco utilizza una ballad sognante e orientaleggiante - meraviglioso il sitar di Marco Planells - per proporre il suo primo pensiero pesante:

Se avessi la pelle scura, se fossi un re, se fossi malato, se non sapessi leggere, se fossi cieco, se fossi fuori di testa… quando giudichi, quando scegli, quando vinci, quando perdi… pensa a cosa avrebbe potuto essere, pensa che potrei essere io…”.

Voce e mandolino di Dave Bond, a tutto il resto, e per tutto l’album, pensa Marco Mattei.

Partenza col botto!

Segue “Picture in a frame”, condotta vocalmente da Matthew Brown.

Pezzo ritmicamente complicato, basato su tempi composti, ma non c’è nulla di impossibile per la coppia Levin/Mastellotto.

La pacatezza iniziale si interrompe e i segnali di prog moderno diventano tangibili.

Amara la riflessione: “Le cose stanno andando bene, le cose stanno andando male, un punto su un singolo fotogramma e niente sembra uguale; questo è quello che siamo diventati… un'immagine in una cornice.”

Coinvolgente.

Ritorna la calma con “More Intense”, cantata ancora da Dave Bond.

Vincente il rimpallo tra synth e chitarra solista, così come la sottolineatura di attimi e sentimenti che si esaltano all’interno della trama musicale.

Cerco la gioia, cerco solo sollievo, cerco il contatto e cerco la pace. Come tutti gli altri, sì, come tutti gli altri, solo più intenso.”

Brividi!

I’ll be born” ci conduce verso la semplicità folk, un brano acustico, addolcito dalla voce di Felix Brandt, dalla chitarra acustica di Marco Mattei e dal flauto e fischietto di Paul Johnson. Una dichiarazione d’amore:

Nascerò domani, nascerò ogni volta che sarai con me, ogni volta che ti vedo e mi sento completo, ogni volta che penso a te e ogni volta che sorridi, perché il tuo nome è amore, ed è così che ti chiamerò…”.

Quadretto bucolico musicale davvero delicato.

Lullaby for you” non ha bisogno di molte interpretazioni. Momento intimistico dedicato da un padre ai suoi naturali prolungamenti:

Dormi piccolo bambino, tuo padre si prende cura di te, bambina da sogno, tuo padre è qui per te, per aiutarti a cercare di trovare ciò che è giusto per te, ciò che ti rende felice renderà felice anche me; il mondo sta cambiando, non posso dirti cosa fare, ma vivi ogni momento, io penserò sempre a te…”.

La messa in musica del pensiero che ogni genitore elabora e in cui crede fermamente. Ma come essere efficaci nei tempi dell’assoluta incertezza e in cui tutto appare “out of control”?

La voce è di Felix Brandt supportata dal violino di Rob Wakefield, dall’equipaggiamento acustico di Mattei e dal pedal steel di Diederik van den Brandt. Intro vocale affidata a Arianna Mattei che, suppongo, sia uno degli oggetti della lirica.

Sognante.

Un’energia tipica dell’hard rock - così come la voce di Barak Seguin - è la base di “Anymore”, riff e velocità per descrivere il disagio quotidiano, fatto di relazioni imperfette che offuscano il giudizio e minano la serenità:

Lotta dopo lotta, importa davvero chi ha ragione? Non sei la vittima e io non sono un eroe, non potevo salvarti... comunque…”.

Power song notevole!

Lo strumentale “Tomorrow” disegna il concetto di viaggio, spaziale o temporale, alla ricerca di ciò che sarà. Paesaggio desolante quello iniziale, con una slide guitar che disegna una polverosità da vecchio west ed un’elettrica che tra riverberi e delay inventa uno scenario distopico. La melodia finale addolcisce un brano caratterizzato dall’alta tensione.

La voce di Richard Farrell introduce “Voide”, ovvero il senso di vuoto che colpisce come un assassino, in grado di appannare la vista, di far perdere ogni sicurezza”:

Non riesco a sentire il terreno sotto i miei piedi, il vuoto più profondo in ogni battito cardiaco, cocktail anestetico per il mio cervello, un quarto di lacrime, tre quarti di pioggia, per sentirmi vivo tocco il mio dolore, per sentirmi sopravvissuto chiamo il mio nome… eppure, avrebbe potuto essere così semplice…”.

È la traccia più lunga (6:40) e dopo due terzi di “regolarità” si tuffa in atmosfere molto “Seattle”, accentuate da un monito ripetuto: “Più le cose cambiano, più rimangono le stesse”.

Di gran pregio la parte solista di Max Rosati, così come “l’ambient” creato dai synth di Duilio Galioto.

Si prosegue con “On your side”, il manifesto dell’appoggio condizionato verso un affetto:

Quando hai voglia di parlare, quando semplicemente non vuoi pensare, io sono dalla tua parte; quando sei stanco ma non riesci a riposare, quando sei arrabbiato e poi ti penti io sono, sono dalla tua parte. Ad ogni lacrima invecchiamo, con ogni paura diventiamo più forti. Scegli un percorso vero e io camminerò con te!”.

Andamento sonoro congruo alla lirica proposta: spleen e riflessione.

La breve “After Tomorrow” apre al trittico strumentale finale e propone il dialogo tra Marco Mattei e il suo Bouzouki: attimo intimistico agreable!

Hidden Gems” non ha quindi un testo, ma regala immagini per mezzo della musica, che in questo caso è un fatto privato tra l’autore e Jerry Marotta.

Una delle tante perle nascoste che tutti possediamo e che spesso facciamo fatica a far emergere. Mattei appartiene alla categoria di quelli che dispongono delle leve per razionalizzare e subito dopo dare continuità, inventando quadretti che racchiudono sentimenti e pensieri da condividere.

A chiudere il disco “Gone”, unico brano firmato da terzi (Andy Timmons), condotto verso ogni direzione dalla chitarra elettrica, pezzo che Marco descrive così:

Musicalmente ho sempre amato quel brano. Anche il tema, che è la tragedia dell’11 settembre, mi sembrava inerente ad “Out of Control”. Ma c’è anche un’altra ragione. Facendo ascoltare il disco, mentre era ancora in lavorazione, a Gianni Pierannunzio, batterista dei DeBlaise che ha anche suonato su Out of Control, mi ha colpito un suo commento che non sembrava un album di un chitarrista. Da un lato mi ha fatto molto piacere perché la mia intenzione era proprio quella di focalizzarmi sulla composizione. Dall’altro mi ha fatto venire voglia di inserire un brano prettamente chitarristico.”

Una grande sorpresa “Out Of Control”, un lavoro sontuoso quello di Marco Mattei, pregno di molteplici significati da “leggere” passo dopo passo, gustandone ogni step, una sorta di album fotografico di famiglia, capace di raccontare un periodo di vita ben delineato e che, almeno in questo caso, rappresenta un bilancio di vita.

Unico neo arriva dalla difficoltà di una proposizione live, essendo complicata la trasposizione “da studio a palco”, ma anche questo fa parte del contesto del momento e Mattei si trova in buona compagnia.

Ma la Musica di qualità resta e fa piacere, ogni tanto, trovare una perla in mezzo ad un mare di mediocrità!

Album super consigliato!


Out Of Control tracklist:

 

1. Would I Be Me

2. Picture in a Frame

3. More Intense

4. I'll Be Born

5. Lullaby for You

6. Anymore

7. Tomorrow

8. Void

9. On Your Side

10. After Tomorrow

11. Hidden Gems

12. Gone

 

Misicisti: 

Chitarre elettriche ed acustiche, Guitar Loops, Chitarre resofoniche, Bouzouki, Basso Elettrico, Basso Elettrico con archetto, Voce, Shaker, Percussioni elettriche e acustiche, Campionamenti e Programmazione: Marco Mattei

Voce: Dave Bond (1,3,9), Matthew Brown (2), Felix Brandt (4,5), Barak Seguin (6), Richard Farrell (8)

Batteria e Percussioni: Jerry Marotta (1,9,11), Pat Mastelotto (2), Chad Wackerman (8), Clive Deamer (3), Matt Crain (6), Gianni Pierannunzio (7), Salvatore Mennella (12), Matilde Mattei (Shaker su 7)

Basso: Tony Levin (1,2,9), Fabio Trentini (8), Gabriele Bibbi Ferrari (12)

Duilio Galioto: Sintetizzatori, Moog, Wurlitzer, Piano, Mellotron (3,8,9)

Paolo Gianfrate: Tastiere (6)

Dave Bond: Mandolino (1)

Marc Planells: Sitar (1)

Paul Johnson: Flauto e Whistle (4)

Diederik van den Brandt: Pedal Steel (5)

Rob Wakefield: Violino (5)

Max Rosati: Chitarra Elettrica Solista (8)

Mauro Munzi: Piano Reverse (9)

 

Tutti i brani sono scritti da Marco Mattei ad eccezione di Gone, composta da Andy Timmons.

 


Un po’ di storia di Marco Mattei 

Marco Mattei è nato e cresciuto a Civitavecchia. Appassionato di musica fin dalla più tenera età, da adolescente studia chitarra jazz con Max Rosati, mentre sviluppa un profondo interesse per la visione creativa e la complessità del progressive. Si è unito alla prog band dei DeBlaise, contribuendo al songwriting del loro EP By Common Consent e a molti anni di musica dal vivo. Ha anche co-fondato la tribute band dei Rush The Snowdogs. Dopo aver conseguito una laurea in Ingegneria Elettronica ed un Master in Business Administration, ha continuato a coltivare il suo interesse per l’ingegneria del suono frequentando programmi avanzati di ingegneria audio e produzione musicale. Marco ha vissuto in sei paesi diversi in tre differenti continenti, esplorando le differenze culturali, raccogliendo influenze musicali e imparando il valore della diversità.

Attualmente vive negli Stati Uniti e continua a sondare innumerevoli stili musicali come compositore, musicista e produttore.

 

 

Marco Mattei: 

Official site:

https://marcomattei.art/ 

Facebook:

https://www.facebook.com/MarcoMatteiMusic/ 

BandCamp:

https://marcomattei3star.bandcamp.com/album/out-of-control 

Youtube:

https://www.youtube.com/channel/UCqAQ22DKgnPLoZYa5efY9uQ

  

Donato Zoppo

www.donatozoppo.it

www.synpress44.com

 



mercoledì 12 gennaio 2022

Mauro Pini (MauroProg): “NONSOLOROCK-La passione per il progressive nell’era digitale”


 NONSOLOROCK-La passione per il progressive nell’era digitale
di  Mauro Pini (MauroProg)
Edizioni Erasmo

Il fenomeno legato alla nascita, lo sviluppo e la fine della “Musica Progressiva” è stato analizzato ormai da ogni punto di vista, entrando nelle pieghe del fenomeno ed esaltando musicisti che, purtroppo, stanno sparendo a grande velocità, e non potrebbe essere diverso.

Stupisce l’esistenza di una enorme bibliografia specifica, pensando che il prog ha avuto una vita davvero breve se si fa riferimento al periodo fecondo, non più di un lustro ad inizio dei seventies, e mi sto mantenendo largo non dimenticando un aneddoto di cui sono stato testimone da adolescente, quando il mio concittadino Joe Vescovi (The Trip) consigliava ad un gruppo savonese (Il Sigillo di Horus) che il loro demo appena ascoltato era ormai fuori dai gusti del pubblico e che occorreva virare verso qualcosa di più “leggero e orecchiabile”: eravamo nel 1974!

Certo, le anticipazioni risalgono al’68, con le esperienze di Vanilla Fudge, Procol Harum e Moody Blues, tanto per citarne alcuni, così come è vero che c’è stato un ritorno importante negli anni ’90 e che gli anni 2000 sono caratterizzati dalle proposte dei giovani, la generazione che ha attinto dai genitori o forse solamente più aperta mentalmente.

Il risultato è che il prog ha raggiunto uno status paragonabile a quello della musica classica, quello dell’immortalità.

Non mi voglio addentrare nei meandri dell’argomento, esercizio per me quotidiano, e a questo punto mi accosto al libro di cui oggi voglio scrivere, perché trovo che le modalità realizzative siano simili alle mie e a quelle di tanti uomini antichi che hanno potuto vivere sulla propria pelle momenti indimenticabili.

Uomini “antichi” dicevo, perché solo chi ha vissuto certi avvenimenti in prima persona sente il forte bisogno di condividerli, e mentre il racconto si snoda in varie direzioni, le passioni sgorgano e le note di brani conosciuti si materializzano, mentre le esperienze di chi scrive diventano elemento comparativo per chi legge.

Ho letto “NONSOLOROCK-La passione per il progressive nell’era digitale”, realizzato da Mauro Pini (MauroProg).

Conoscevo Mauro, virtualmente, per averlo intervistato nel 2014 in occasione dell’uscita dell’album “Aurora Lunare”, nome anche della band di riferimento con cui l’autore si è proposto, a più riprese, come musicista.

Una sfilza di lauree nell’area umanistica, il livornese Pini ha pubblicato libri e articoli per riviste nazionali ed estere, ma la sua passione - da lui definita anche dipendenza - giovanile per il rock in genere si è “aggravata” alle soglie della vecchiaia, portandolo verso l’attività di recensore e intervistatore per MusicMap, lavoro che ha prodotto alla fine il book oggetto del mio commento.

Per dovere di cronaca citerò la suddivisione in capitoli - sei - e l’oggettività, ma credo che il punto di partenza possa essere la frase che chiude il booklet dell’album di cui sopra: “La luce sul Prog non si è mai spenta, è stata solo offuscata in attesa di nuova energia dal risveglio delle coscienze”.

Caratteristica importante è il coinvolgimento di terzi, atteggiamento che conosco molto bene e che rientra pienamente nello spirito di quei giorni, fatto di ascolti condivisi, di commenti, di liti da bar, di tifo scatenato e di tanti live.

Pagina dopo pagina emerge il profumo del tempo migliore, non solo perché la gioventù appare sempre come l’alba della vita e preludio a progetti smisurati, ma perché era quello il momento in cui si concretizzava l’idea di “costruzione e passione”, con una visione del mondo critica ma carica di sogni; l’idea che in fondo siamo stati fortunati a vivere gli anni ’70 è qualcosa che va raccontato, quasi una liberazione che, se riportata come testimonianza tangibile su di un libro, rimarrà un esempio per sempre e permetterà in qualche modo allo scrittore di mettere la coscienza a posto.

Il primo capitolo - dopo la presentazione di Andrea Rossi e l’introduzione di Pini - ha un titolo emblematico: “In principio era il vinile… e così sia per l’avvenire”.

Sono tanti i contributi che permettono la pluralità di ricordo, con un comune denominatore che è “l’inizio di tutto”, tra storia e memorie personali.

Partecipano Mauro Selis, Tino Tozzi, Mauro Croce, MauroProg, Moreno Lenzi, Antonio Puleggio, Loris Furlan, Luciano Tonetti.

Il secondo capitolo è interessantissimo perché è dedicato ad uno strumento specifico, la batteria, e attraverso il gioco domanda/risposta il batterista di Aurora Lunare Marco Santinelli propone la sua idea, che non vuole ripercorre la storia del mondo fatto di “percussioni”, ma propone quattro nomi, quelli che lui definisce suoi numi tutelari: Gavin Harrison, Mike Mangini, Mike Portnoy e Simon Phillips.

Per ogni scelta Santinelli entra nel dettaglio e propone esempi che il lettore può raggiungere in rete seguendo facili indicazioni e tutta la sezione diventa didattica pura: difficile trovare spiegazioni tecniche come queste, convertite in un linguaggio comprensibile a tutti.

Il terzo capitolo è quello solitamente tra i più amati, dedicato alle interviste a singoli artisti in rappresentanza dei loro gruppi.

Si parte da Alessandro Corvaglia (La maschera di Cera, Delirium…) - anch’esso protagonista dell’ultima stagione di Aurora Lunare, per approdare agli Aliante, Adolfo Silvestri di Antilabé, Enten Hitti, Fiaba, Lino Vairetti degli Osanna, Fabio Gaspari di LogoS, Giuseppe Chironi di Ozone Park, Paolo Nannetti.

Per ogni citazione occorrerebbe aprire una parentesi didascalica, ma se il lettore è un seguace del prog, cosa molto probabile, non saranno necessarie ricerche supplementari, anche se l’eventuale effetto domino dovrebbe essere la normalità quando siamo immersi in una lettura, non solo a carattere musicale.

Il capitolo numero quattro è dedicato interamente al simbolo de Il Balletto di Bronzo, Gianni Leone.

Chi conosce minimamente Leone sa che il suo racconto - così come le sue performance - è impossibile da frenare: strabordante sul palco, un fiume in piena quando deve argomentare. Lui è la storia del prog, fatta di talento, di skills, di esperienze multiple, e parte del suo pensiero è racchiuso in questa sezione che MauroProg gli ha meso a disposizione. Imperdibile.

Il capitolo cinque racchiude alcune recensioni realizzate negli ultimi anni, non necessariamente in ambito prog: Antilabé, Aurora Lunare, Banco del Mutuo Soccorso, Corpo, Deathless Legacy, Deep Purple, Falena,Fiaba, Il Buco del Baco, Il Giardino Onirico, Indra, IQ, La Maschera DI Cera, Marillion, Mezz Gacano, Mesmerising, Mindance, Monjoie, Nightwish, Nodo Giordiano, Officina F.lli Seravalle, Ozzy Osbourne, Paolo Volpato Group, Paradise Lost, Peter Hammill, Qirsh, Qohelet, Ranestrane, Raven Sad, Røsenkreütz, Sintonia Distorta, Submarine Silence, The Worm Ouroboros.

Un paio di liriche di Moreno Lenzi - “La Musica” e “La Cosa Giusta” - introducono il sesto e ultimo capitolo intitolato “Segni e sintomi di progressivite cronica recidivante”.

È un viaggio che non voglio svelare, uno di quei percorsi verso la musica che, anche negli anni 2000, mantengono lo smalto di un tempo.

Tanto per chiarire, un normale concerto di un “nostro" beniamino musicale può iniziare anche sei mesi prima dell’evento, e si sviluppa attraverso la decisione, la pianificazione e la speranza, stati d’animo che crescono mano a mano che la data si avvicina e che diventano poi oggetto di condivisione intima con i compagni di viaggio - un tempo in treno e oggi in auto -, pensieri che alimenteranno il mito o i miti attraverso convinzioni acquisite e immodificabili. E non è cosa rara che certi eventi si prolunghino settimane dopo il loro compimento: parlare di “lungo viaggio” non apre dunque un’eresia.

La chiusura è affidata ancora a Moreno Lenzi e vale la pena proporla in toto:

 

Il Pazzo 

Dicono che sia pazzo;

Non guarda la tv e non ha il cellulare,

Pensate, legge solo libri,

E colleziona francobolli d’epoca. 

Dicono che sia pazzo;

Da lui c’è forse qualcosa da imparare? 

È Strano, dice cose sensate,

E corre nei prati, ama guardar i bambini giocare. 

Dicono che sia pazzo;

Non segue le mode, non si confonde col branco,

Sapete, va pure a teatro

E dedica il suo amore ad un’unica donna. 

Dicono che sia pazzo;

Non ha internet ma un vecchio giradischi

E pensate, funziona,

Ascolta Haendel, Brahms, Mozart e Vivaldi.

Dicono che sia pazzo;

Non ha voluto conformarsi al mondo dei giusti;

Ma è un diamante che splende,

In mezzo a cocci di vetro fragili e sbiaditi

 

A questo punto mi chiedo sempre a chi consigliare la lettura (a maggior ragione lo faccio con i miei scritti).

La speranza è sempre quella che qualche giovane, magari guidato da un genitore illuminato, possa avvinarsi ad una lettura così specifica.

Temo però che il lavoro di Mauro Pini potrà essere nutrimento per la solita nicchia di appassionati, voraci nell’alimentare gusti musicali ben precisi; ma chi opera in ambito prog, come protagonista o come seguace, non si pone certo il problema della quantità, sarebbe una battaglia persa in partenza.

Un po’ di autocritica, diventando per un attimo rappresentante della categoria:

Il follower del prog ha la puzza sotto il naso, perché sa che una canzone di successo può essere costruita in tre ore, in una stanza, da un pool di professionisti, mentre la nascita di una suite prog è roba per pochi eletti, sia dal punto di vista della creazione che della comprensione da ascolto.

Ma la musica è molto di più, e ciò che potenzialmente riesce a regalarci elude la razionalità e va a toccare la profondità, la memoria, facendo emergere la primordialità, permettendoci viaggi temporali che accorciano e dilatano a piacimento le nostre vite.

E se questo stato sublime di cui possono godere persone sensibili e virtuose si ottiene con altri “generi” musicali, beh, lo scopo sarà comunque stato raggiunto.

Io mi tengo la mia musica prog, amore che condivido, of course, con Mauro Pini, il cui libro consiglio senza indugio, certo che i motivi di interesse non mancheranno.