lunedì 29 aprile 2024

David Gilmour pubblicherà a settembre il nuovo album (dopo 9 anni) “Luck And Strange”

David Gilmour ha annunciato che pubblicherà il suo nuovo album solista Luck And Strange attraverso Sony Music il 6 settembre.

Pochi giorni fa, è stato presentato in anteprima su BBC Radio Two il primo singolo estratto dall'album, "The Piper's Call".

Il video, diretto dal regista Gavin Elder, è stato girato durante la realizzazione dell'album alla Cattedrale di Ely, allo studio di case galleggianti di Gilmour Astoria e a Brighton, e vede Gilmour insieme al co-produttore Charlie Andrew, Polly Samson, Romany e Gabriel Gilmour, il batterista di fama mondiale Steve Gadd, il bassista Guy Pratt, l'ingegnere del suono Matt Glasbey, il tastierista Rob Gentry, l'assistente ingegnere del suono Luie Stylianou e il cane Wesley.

Luck And Strange presenta un'apparizione a sorpresa del compianto tastierista dei Pink Floyd Richard Wright, registrato nel 2007 durante una jam in un fienile a casa di David. Il nuovo album è stato registrato sia a Brighton che a Londra in un periodo di cinque mesi.

La moglie di Gilmour, Polly Samson, ha contribuito ancora una volta al testo, e dice: "È scritto dal punto di vista dell'essere più vecchi, la mortalità è la costante".

"Abbiamo passato molto tempo durante e dopo il lockdown a parlare e pensare a questo genere di cose", aggiunge Gilmour.

Luck And Strange sarà disponibile in vinile nero, copertina apribile e booklet con fotografia e design di Anton Corbijn, su CD con due bonus tracks, e con digipak e booklet e Blu-ray disegnati da Corbijn.

 

sabato 27 aprile 2024

THE WHO: The Marquee, Londra, 24 novembre 1964 – 27 aprile 1965


THE WHO
The Marquee, Londra, 24 novembre 1964 – 27 aprile 1965

I The Who subirono una radicale trasformazione durante i sei mesi di concerti al Marquee di Londra. Appena quindici giorni prima che i manager Kit Lambert e Chris Stamp ottenessero a fatica un ingaggio a partire dal 24 novembre 1964 per le tranquille serate del martedì, il gruppo suonava ancora al Railway Hotel di Harrow e Wealdstone con il nome di High Numbers


Alla data di scadenza del contratto con il locale (27 aprile 1965), i quattro avevano un 45 giri nei Top Ten britannici, erano volti noti della stampa e della televisione e avevano iniziato a registrare il loro primo album, My Generation.
Cosa ancora più importante, i Who erano diventati portabandiera del neonato fenomeno culturale detto mod. Dotati di grande impatto sonoro e visivo, rappresentavano tutto ciò che ogni giovane mod aspirava ad essere: impeccabilmente vestito, anfetaminico (anche nel senso letterale del termine) e, naturalmente, famoso. E così, mentre grazie a loro le presenze di pubblico nel locale di Wardour Street si moltiplicavano, i Who regalavano un'estetica al mondo del pop. La loro musica conteneva tutto il dramma, gli eccessi e le tensioni della vita urbana; la loro immagine era ben studiata e subito memorizzabile.
Poco dopo aver concluso l'impegno settimanale al Marquee, il singolo carico di distorsioni Anyway Anyhow Anywhere uscì accompagnato dalla frase: “Un gruppo pop art con un suono pop art”.
Nulla di ciò accadeva per caso: “Sapevamo che per affermarci in tutto il paese dovevamo prima conquistare il West End”, ricorderà Kit Lambert. Alla scarsa affluenza di pubblico nella prima serata venne posto rimedio con una massiccia campagna pubblicitaria, ben esemplificata dal leggendario e sofisticato poster in bianco e nero con la scritta “Maximun R&B”. 
Alcuni fan ricordano che nel locale venivano loro offerti gratuitamente bicchieri di whisky a patto che esprimessero ad alta voce il loro apprezzamento nei confronti del gruppo. Ma erano espedienti superflui, i Who erano davvero straordinari e meritavano la fama che si stavano guadagnando.
Il chitarrista Pete Townshend e il bassista John Entwistle alzavano immancabilmente gli amplificatori al massimo, Keith Moon reinventava di sana pianta il ruolo del batterista con la sua instancabile teatralità, mentre il cantante Roger Daltrey spesso necessitava di un bicchierino di buon distillato per farsi ascoltare al di sopra della tempesta elettrica. Ma anche un volume tanto terrificante sembrava non bastare. “Siamo arrivati al punto di finire la serata spaccando tutto ed è costoso”, spiegò Pete Townshend ai cronisti dell'epoca. Per fortuna i manager capivano il valore di un coinvolgimento emotivo così totalizzante. “E' un investimento” disse con un'alzata di spalle Lambert. L'investimento cominciò presto a dare frutti. Alla fine del 1965 My Generation di Townshend sintetizzò al meglio i bellicosi sentimenti della folla del Marquee, rendendoli universali.
(Mark Paytress-"Io c'ero")



giovedì 25 aprile 2024

Can: disponibile una nuova clip dal vivo della line-up del 1977 con Rosko Gee


I leggendari krautrocker Can pubblicheranno Live In Aston 1977 nel mese di maggio

 

Le leggende del krautrock Can hanno pubblicato un estratto dal loro prossimo album Live In Aston del 1977.

Live In Aston1977 è l'ultimo di una serie di uscite live della band attraverso Mute Records e Future Days Records (la nuova etichetta europea creata da Spoon Records) e uscirà il 31 maggio.

Segue l'uscita di Can Live in Brighton 1975, Can Live in Stuttgart 1975, Can Live In Cuxhaven 1976 e Live in Paris 1973.

Live In Aston1977 cattura la band in uno strano momento della loro carriera. Il bassista Holger Czukay era passato ad esibirsi con la band in quello che è accreditato come "radio a forma d'onda e suoni specifici". Fu sostituito al basso da Rosko Gee dei Traffic (all’epoca il percussionista dei Traffic Rebop Kwaku Baah si unì anche ai membri della band Czukay, Irmin Schmidt, Jaki Liebezeit, Michael Karoli).

L'allora nuovo album dei Can, Saw Delight, non ricevette buone recensioni dai media dell'epoca. La line-up con Gee e Kwaku Baah avrebbe continuato a registrare altri due album con la band, Out Of Reach (1978) e l'omonimo Can (1979) prima di sciogliersi.

Live In Aston1977 sarà disponibile in doppio vinile, 2 x CD e in digitale. 






mercoledì 24 aprile 2024

Johnnie Ray, London Palladium, Londra, aprile 1955


Johnnie Ray
London Palladium, Londra, aprile 1955

Quando si trattava di Johnnie Ray nomignoli e definizioni si sprecavano: “il cantante che singhiozza”, “il pianto che rende tanto”, “la lacrima da un milione di dollari”, “l’anello mancante tra Frank Sinatra ed Elvis Presley”. Apparecchio acustico bene in vista sotto capelli abbondantemente spalmati di brillantina, Ray sapeva spezzare i cuori degli ascoltatori con ballate cariche di passione, mentre la sua presenza scenica esagitata e un po’ naif scatenava negli adolescenti le prime vere urla d’entusiasmo.

Nell’aprile del 1955, proprio mentre il suo ultimo successo strappa lacrime, If You Believe, stava scalando le classifiche, il cantante volò verso la Gran Bretagna per creare pathos e turbare le folle. “Il posto acccanto al mio era vuoto perché un’amica non era potuta venire”, ricorda Erika Lewis che all’epoca era una studentessa e adorava Ray. “Così, quando attaccò Walking My Baby Back Home venne a cantare vicino a me. Ero imbarazzatissima, ma anche molto emozionata. All’epoca lui era all’apice della popolarità”.

Ma Johnnie Ray non piaceva solo alle ragazze. “Possedeva una carica che non ho più rivisto in nessun musicista”, ha ricordato Nic Cohn nella sua celebre storia del rock’ n’ roll intitolata Awopbopaloobop Alopbamboom

Tratto dal libro “IO C’ERO”, di Mark Paytress

Immagini di repertorio




martedì 23 aprile 2024

I Procol Harum e la loro maestosa versione di “A Whiter Shade Of Pale" al Biba Department Store di Londra nel 1973

 

Per avere un’idea di quale fosse lo strano e variegato programma del musicista rock medio di metà anni ’70, ecco cosa accadeva ai  Procol Harum nell'ottobre del 1973. L'8 si esibirono al teatro Salle Pleyel di Parigi, in Francia, con una capienza di 2000 posti. Il 19 erano in Germania per suonare al Münsterland, un centro congressi da 7000 posti a Halle, con il supporto del grande chitarrista Leo Kottke.

E, nel frattempo, si proposero nei grandi magazzini Biba a Londra.

A seguire un filmato dei Procol Harum caricato sul canale YouTube relativo allo show “The Midnight Special” e non poteva esserci niente si più classico di “A Whiter Shade Of Pale”.

Secondo l'ingegnere del suono dei Procol Harum, David Pelletier, la band accettò di suonare lo show al Biba solo perché credevano che sarebbe stato trasmesso dal vivo, ma alla fine fu registrato "come live" e finalmente mostrato negli Stati Uniti il 30 novembre. Questo colpo potrebbe essere stato ammorbidito o meno dalla presunta presenza dell'uomo dei Roxy Music Bryan Ferry, presumibilmente vestito con smoking bianco e ghette.

Originariamente pubblicato nel maggio 1967, A Whiter Shade Of Pale ha debuttato arrivando subito al numero 11 nel Regno Unito, raggiungendo la vetta una settimana dopo. Il singolo rimase al numero 1 nel Regno Unito per sei settimane e rimase in classifica per 15. Nei primi due mesi furono registrate due milioni e mezzo di vendite in tutto il mondo, e ora ne ha vendute più di 10 milioni.

"Se hai intenzione di avere una hit che ti accompagni per sempre", disse il suo co-autore e cantante, il compianto Gary Brooker, "allora non puoi desiderare che sia diversa da quella".








lunedì 22 aprile 2024

MINDLIGHT-N.A.M.I.


 

MINDLIGHT-N.A.M.I.

Elevate Records

 

La fase embrionale dei savonesi MINDLIGHT risale a moltissimi anni fa, quando uno sparuto nucleo di giovani si tuffa su composizioni inedite strumentali che sfoceranno nel primo demo autoprodotto.

Per conoscere qualche dettaglio in più sull’evoluzione della band è sufficiente cliccare sul link a seguire, dove si potrà leggere la biografia ufficiale e ascoltare/guardare il video relativo all’album uscito lo scorso novembre, “N.A.M.I.”, loro primo lavoro…

https://mat2020.blogspot.com/2024/04/un-po-di-storia-dei-mindlight.html

La domanda che nasce spontanea quando ci si avvicina ad un gruppo che propone un “lavoro primo” riguarda il genere proposto, perché anche se si combatte spesso la necessità di abbattere le comuni etichettature, avere qualche indicazione tratta dal manuale dell’ortodossia musicale può indirizzare le scelte d’ascolto, anche se facilmente alimenterà la ritrosia nei confronti del “non conosciuto” da parte dei tanti “maestri del pregiudizio”.

Mi permetto di utilizzare un termine di riferimento tra quelli noti perché è quello autodichiarato, e si rifà alla musica metal con venature prog, ovvero il Progressive Metal.

È questo uno di quei casi azzeccati, in cui la definizione si sposa alla perfezione con quanto si andrà ad ascoltare, ma… immaginiamo (è auspicabile) un approccio casuale di un lettore casuale, di un’età casuale, di una formazione musicale casuale… come fargli capire a cosa sta per andare incontro?

Il prog metal fonde l'heavy metal con il progressive rock, e mentre è facile accettare lo sgomento davanti al termine “prog”, credo che il concetto di “metal” sia più alla portata di tutti, perché il solo evocarlo conduce ad una certa aggressività, a volumi importanti e al predominio elettrico-chitarristico.  La musica progressiva propone caratteristiche molto diverse che attingono ad un repertorio talvolta classico, sicuramente complesso nella sua costruzione.

Non sto divagando, mentre proseguo la mia improbabile opera didattica e didascalica nella mente ho l’album “N.A.M.I.”, che ho appena ascoltato tre volte (il mio tempo minimo per rilasciare un commento), e al cui interno ho ritrovato in pieno la magnificenza e la difficoltà di costruzione di un disco che sintetizza i due importanti filoni musicali.

Il primo lavoro dei MINDLIGHT presenta una decisa complessità strumentale e compositiva, con strutture non convenzionali, assoli elaborati, predisposizione alla contaminazione e ritmi composti che caratterizzano da sempre il lavoro di Luca Grosso.

Emerge quindi l’abilità dei componenti il gruppo sullo strumento di riferimento, con sfoggio di virtuosismo ma inserito in un contesto gruppale che appare molto più difficoltoso da realizzare rispetto alle magie personali.

In questi casi è davvero complesso immaginare il messaggio nascosto tra le pieghe delle liriche - peraltro in lingua inglese -, ovvero se esista una concettualità nell’iter costruttivo o se ogni brano abbia vita a sé stante.

È venuto in mio soccorso il frontman Davide Garbarino a cui ho chiesto lumi sui testi proposti dalla band, ed è emerso un grande impegno anche da quel punto di vista. Questo il suo racconto…

In un futuro non troppo lontano, un'associazione medico/scientifica internazionale scopre di riuscire ad ottenere la modifica cellulare del corpo umano semplicemente attraverso la combinazione di una serie di parole. Dalla rigenerazione dei tessuti all'eliminazione delle malattie neurodegenerative, dalla crescita muscolare allo sviluppo intellettivo: sembra che ogni “difetto” della macchina umana possa essere finalmente debellato e allo stesso tempo si possa applicare ogni tipo di miglioramento... al costo, però, della totale cancellazione della sfera emotiva dalle proprie cellule cerebrali: viene così presentato al mondo il progetto N.A.M.I., acronimo di “Naturally Automized Man-like Individuals”.

Il protagonista della storia, sottopostosi volontariamente all'esperienza di deumanizzazione in quanto malato terminale, nota che il suo corpo è collegato tramite tubi di silicone ad una struttura in vetro e metallo e, successivamente, al cuore di una ragazza la quale sembra dormire all'interno della stessa: si tratta di Nami, la figlia del boss dell’organizzazione, nata senza cuore e ricettacolo di tutte le emozioni sottratte ai pazienti al fine di consentirne la sopravvivenza.

All’avvio del processo, la ragazza apre gli occhi e incrocia lo sguardo del protagonista: un lampo multicolore, e il buio.

Al risveglio, gli viene rivelato lo scopo secondario di questo processo: creare l'esercito perfetto, composto interamente da individui privati di ogni scrupolo, in vista di un golpe su scala mondiale.

Col passare del tempo, però, il protagonista sente crescere dentro di sé una inaspettata sensazione di disagio che lo porta a farsi delle domande e a dubitare della buona riuscita dell’esperimento: andando più a fondo, realizza che proprio lo scambio di sguardi con Nami ha (ri)creato in lui il sentimento dell’amore, senza andare però a compromettere la totale remissione della malattia.

La copertina del CD sta a rappresentare l’ultima scena narrata nella trilogia, ovvero il nostro eroe che si appresta a tornare alla libertà e ad affrontare la luce di un nuovo giorno.

Nove tracce, cinquantaquattro minuti di sonorità aspre e ritmicamente esasperate - che lasciano presagire live coinvolgenti -, conditi da tocchi virtuosistici e pennellate di elegante rock classicheggiante, con una ballad centrale il cui titolo - Let The Roses Bloom - e la conduzione “morbida” indirizzano verso una strada opposta al reale contenuto, trattandosi delle ultime parole di un omicida rivolte alla propria vittima.

Ottimo album che consiglio agli amanti del genere e che è possibile ascoltare cliccando sui titoli a seguire…

 

Tracce (cliccare sul titolo per ascoltare) 

1. Into The Mindlight

2. The Hero

3. The Day Forever Ends

4. Hyperactivity

5. Let The Roses Bloom

6. Fly

7. N.A.M.I.

8. My Last Midnight

9. One More Day

 

Formazione 

Roberto Vernazza (chitarra ritmica)

Martino Bolla (tastiere)

Neil Carlevaro (basso)

Giulio Smeragliuolo (chitarra solista)

Luca Grosso (batteria)

Davide Garbarino (voce)

 

https://www.facebook.com/mindlightprogmetal

 




domenica 21 aprile 2024

Tanti auguri Marcello Todaro...



Compie gli anni oggi, 21 aprile, Marcello Todaro, chitarrista storico del Banco del Mutuo Soccorso fino al 1973. Successivamente fa parte di una sorta di supergruppo assieme all'ex PFM Giorgio Piazza, ma il progetto ha vita breve.
Continua a collaborare con il Banco come fonico, per qualche anno, poi diventa un apprezzato produttore.

Da anni vive in America, e torna spesso come collaboratore di Umbria Jazz.
Molto amato dai fans del Banco, soprattutto perché ha suonato nei primi tre "capolavori" del gruppo, l'ultimo in ordine cronologico, " Io sono nato libero", che non deve mancare in nessuna discografia e collezione di musica degna di questo nome. 
Buon compleanno Marcello!





venerdì 19 aprile 2024

Dickey Betts, chitarrista e co-fondatore della Allman Brothers Band, è mancato a 80 anni

Il co-fondatore della Allman Brothers Band, il cantante e chitarrista Dickey Betts, è morto giovedì mattina (18 aprile) a 80 anni dopo una battaglia contro il cancro e la broncopneumopatia cronica ostruttiva, secondo The Hollywood Reporter.

"È con profonda tristezza e con il cuore pesante che la famiglia Betts annuncia la serena scomparsa di Forrest Richard 'Dickey' Betts all'età di 80 anni. Il leggendario artista, cantautore, bandleader e patriarca della famiglia era nella sua casa di Osprey, in Florida, circondato dalla sua famiglia. Dickey era più grande della vita e la sua perdita sarà sentita in tutto il mondo. In questo momento difficile, la famiglia chiede preghiere e rispetto per la loro privacy nei prossimi giorni. Maggiori informazioni saranno disponibili al momento opportuno".

La band stessa ha anche condiviso un tributo a Betts sul suo account Instagram dopo che la notizia si è diffusa. "Era appassionato nella vita, che si trattasse di musica, scrittura di canzoni, pesca, caccia, canottaggio, golf, karate o boxe", ha condiviso la band, sottolineando che Betts aveva scritto alcune delle loro canzoni fondamentali, tra cui "Jessica" e "Rambling Man". "Dickey era all-in ed eccelleva in tutto ciò che attirava la sua attenzione. ... Suona su Brother Dickey, sarai per sempre ricordato e ci mancherai profondamente".

Parte integrante del suono paludoso e sconclusionato del Southern rock degli Allman, Betts si unì ai fratelli Gregg e Duane Allman nel 1969 nel gruppo che i fratelli formarono dopo aver sciolto la loro precedente band, gli Allman Joys. Prendendo il suo posto accanto ai batteristi Butch Trucks, Jaimoe e al bassista Berry Oakley - Betts aveva suonato con Oakley nella band The Second Coming - Betts ha fornito la chitarra solista e inizialmente ha condiviso la voce con Duane e Oakley prima che Gregg Allman diventasse il cantante principale e l'autore principale.

Anche se non ha avuto un credito di scrittura per l'album di debutto omonimo della band del 1969 - che conteneva un mix di cover blues e originali Allman come "Black Hearted Woman", "It's Not My Cross to Bear" e il furioso allenamento di chitarra blues "WhippingPost" - ha ottenuto alcuni cenni alla scrittura di canzoni nel loro seguito degli anni '70, "Idlewild South". Insieme alla sua vivace jam acustica di apertura dell'album "Revival", Betts contribuì con una canzone che sarebbe diventata uno dei pezzi forti della band, l'esplosivo allenamento di sette minuti influenzato dal jazz "In Memory of Elizabeth Reed".

Infatti, nell'album successivo della band, l'iconico album dal vivo del 1971 “At Fillmore East”, i fan che non avevano ancora assistito all'esplorativo e ampio spettacolo dal vivo del gruppo sono stati trattati con una versione di quasi 13 minuti di "Reed" che ha messo in mostra le influenze jazz e swing occidentali che Betts ha portato in tavola. E, in linea con la loro crescente reputazione come una delle rock band americane più sperimentali e imprevedibili, quella lunga passeggiata è stata accompagnata sul lato quattro da una furiosa "Whipping Post" di 22 minuti.

Come sarebbe accaduto per tutto il mezzo secolo di vita del gruppo, l'uso di droghe e la tragedia colpirono proprio mentre le cose si stavano scaldando per gli Allman, mandando Duane e Oakley in riabilitazione nel 1971, pochi mesi prima che Duane, 24 anni, morisse in un incidente motociclistico; un Oakley scoraggiato si schiantò con la sua moto contro il lato di un autobus un anno dopo e morì a pochi isolati dal luogo dell'incidente di Duane.

Mentre l'album ibrido studio-live del 1972 “Eat a Peach” sarebbe diventato uno dei loro dischi più famosi grazie a cover blues iconiche come "One Way Out" e "Trouble No More", Betts scrisse e cantò quello che sarebbe stato l'unico singolo di Allman nella top 10 della Billboard Hot 100, il punto fermo della radio AM "Ramblin' Man", che salì al n. 2 della classifica. Betts contribuì anche alla chitarra solista e slide e alla voce solista nell'album del 1975 “Win, Lose or Draw”.

Betts, nato Forrest Richard Betts a West Palm Beach, in Florida, il 12 dicembre 1943, è cresciuto ascoltando musica bluegrass e country da bambino e ha suonato in un certo numero di rock band nel suo stato natale prima di essere scelto per unirsi agli Allmans.

Durante il suo periodo nel gruppo, l'imprevedibile e baffuto Betts – che notoriamente ha ispirato il personaggio selvaggio di Russell, interpretato da Billy Crudup nella fantasia rock di Cameron Crowe Almost Famous – ha pubblicato una serie di album da solista, a partire da “Highway Call” del 1974, seguito da “Dickey Betts & Great Southern” del 1977 (con una collaborazione in "Bougainvillea" con l'attore Don Johnson) e, nel 1979, “Atlanta's burning down”, durante la prima pausa del gruppo.

Gli Allmans tornarono nel 1979 per l'album “Enlightened Rogues”, ma le cose andarono di nuovo male e si sciolsero ancora una volta nel 1982. Betts continuò a suonare e ad andare in tour fino al 1989, quando il gruppo si riformò ancora una volta con un nuovo chitarrista slide della band di Betts, Warren Haynes. Altri tre album di Allman sono stati pubblicati nei primi anni '90, anche se Betts non era sempre sul palco con il gruppo quando andarono in tour più tardi nel decennio e ha suonato il suo ultimo spettacolo con la band nel maggio 2000 al Music Midtown Festival di Atlanta, dopo di che fu licenziato per quelle che la band ha soprannominato "differenze creative". 

Il gruppo è stato inserito nella Rock and Roll Hall of Fame nel 1995 e ha ricevuto un premio alla carriera dalla Recording Academy nel 2012. Nel 1996, hanno vinto il loro unico Grammy in concorso per la migliore performance strumentale rock per una nuova registrazione di "Jessica" da “An Evening With the Allman Brothers Band: 2nd Set”.

Nel 2017, il chitarrista ha detto a Rolling Stone che, nonostante l'amaro finale, aveva bei ricordi del suo tempo nel gruppo. "Avrei fatto qualcosa", ha detto. "Avrei lavorato per qualcuno che si occupava di paesaggistica. Ero molto pragmatico e laborioso. Ma non sarebbe stato bello come quello che è successo quando ho incontrato quel gruppo di ragazzi... Ho avuto una vita fantastica e non ho lamentele. Se potessi farlo di nuovo, non so cosa potrei fare per renderlo diverso. Ci sono cause legali che probabilmente avrei potuto affrontare meglio. E allora? Devi metterti in gioco, lottare e fare del tuo meglio con la tua quantità di tempo".

Betts ha intentato una causa contro i suoi ex compagni di band per il suo licenziamento e non si è mai più esibito con loro, anche se ha continuato ad andare in tour con la sua band per diversi anni prima di ritirarsi dalla musica nel 2017. Betts ha subito un lieve ictus nell'agosto 2018 dopo un breve ritorno in tour nel 2018 con una band che includeva suo figlio, Duane.

Nel dicembre 2023 Betts ha partecipato a un concerto per l'80° compleanno in suo onore della Allman Betts Family Revival Band.








mercoledì 17 aprile 2024

"Che scoperta!" Nel 1973 gli Humble Pie suonarono in un grande magazzino alla moda di Londra: quel filmato è ora online


Girato per lo show televisivo statunitense “The Midnight Special”, gli Humble Pie stupiscono con una versione live del loro classico “I Don't Need No Doctor”, con i Black Berries

Nel 1973, il programma musicale statunitense The Midnight Special aveva abbastanza influenza da trasferirsi brevemente dalla sua sede abituale agli NBC Studios di Burbank, in California, a Londra, dove un episodio fu girato nei grandi Magazzini Biba nell'altrettanto alla moda quartiere di Kensington.

Biba iniziò la sua vita come boutique di moda per corrispondenza nei primi anni '60 e aprì un negozio fisico dopo che un vestito venduto fu pubblicato sul Daily Mirror. La sua somiglianza con un indumento indossato dall'attrice francese Bridgot Bardot richiese 4000 ordini immediati e Biba li soddisfò. Nel 1973 Biba si trasferì in locali più grandi, dove guidò la rivolta del glam rock contro l'hippy con sette piani di prodotti desiderabili e attirò un milione di clienti a settimana. E attirò anche gli Humble Pie.   

Insieme a Steve Marriott e soci e ai coristi Black Berries (Oma Drake, Jesse Smith e Clydie King) nello show c'erano i Procol Harum, Alvin Lee e Mylon LeFevre, insieme ai folk Steeleye Span. E mentre l'intero spettacolo è stato caricato sul sempre glorioso canale YouTube di The Midnight Special a febbraio, è la cover degli Humble Pie di “I Don't Need No Doctor” di Ray Charles – originariamente pubblicata dalla band due anni prima sull'album “Performance Rockin' the Fillmore” – che è diventata il momento clou, perché presenta gli Humble Pie nella migliore forma possibile.

"Wow!" esclama un commentatore. "È il 9 aprile 2024 e sto ascoltando questa straordinaria esibizione e la voce di Steve Marriott mi ha fatto alzare ogni pelo sulle braccia e salutare uno dei più grandi cantanti di tutti i tempi! WOW!"

"Questo è il miglior filmato che ho visto della band", aggiunge un altro. "Stellare."

"Cosa?! Da dove viene?", si chiede un follower "Ho guardato tutti gli speciali di mezzanotte e non l'ho mai visto prima! Ho visto i loro “In Concert” e le apparizioni di Don Kirshner, ma questo è il miglior filmato dal vivo di Pie! E non l'ho mai visto in 20 anni nemmeno su Youtube! Che scoperta!"

Biba ha chiuso i battenti appena due anni dopo!





martedì 16 aprile 2024

L'evoluzione della Fender Stratocaster dal 1954 al 1965


ARTICOLO ESTRAPOLATO E TRADOTTO DAL PORTALE DI GUITAR CENTER


La Fender Stratocaster non è stata pensata per essere un monumento immodificabile e inalterabile.

Nelle cronache del tempo (1954), la neonata Stratocaster era davvero uno strumento definitivo e rivoluzionario, ma non era ancora la meraviglia che conosciamo, e ci è voluto quasi un decennio prima che diventasse popolare.

Leo Fender era un genio, ma era anche un riparatore, un ingegnere sempre teso al miglioramento continuo.

Quando progettò la Stratocaster immaginandola come strumento "modulare", non stava scherzando perchè dopo 70 anni di modifiche e sperimentazioni, continua ad evolversi.

Ma torniamo al calderone della creatività che ha definito la Fender dal 1954 al 1965. Per la Stratocaster, questa era un'epoca in cui ogni perfezionamento era forgiato dall'inventore stesso, insieme al suo team.

È stato anche un momento in cui importanti chitarristi degli anni '50 e consulenti fidati hanno offerto input in tempo reale su come continuare a migliorare le prime Stratocaster. Inoltre, Leo e il suo team hanno potuto assorbire le esperienze del mercato, quando i musicisti, i negozi di musica e altre aziende di strumenti musicali stavano sperimentando per la prima volta questa nuova chitarra dell'era spaziale.


Qual era la ricetta originale della Stratocaster nel 1954?

Lo sviluppo della Strato ha richiesto un pool di ingegneri, venditori e musicisti motivati e appassionati. Il parto è stato a volte disordinato, e la storia è occasionalmente offuscata dai ricordi dei partecipanti che rivendicavano il loro ruolo nel suggerire o migliorare alcuni elementi del progetto finale.

Ma sappiamo che il modello di produzione Fender Stratocaster è stato presentato "ufficialmente" nell'ottobre 1954. Eppure, anche quella data porta con sé un po' di confusione, poiché ci sono rapporti secondo cui le prime 200 Stratocaster lasciarono effettivamente la fabbrica nella primavera del 1954. Tuttavia, Forrest White, all'epoca direttore della fabbrica Fender, affermò che tutte le Stratocaster del 1954 prodotte prima del 13 ottobre 1954 erano probabilmente modelli di pre-produzione o d'artista venduti direttamente ai musicisti della fabbrica.


In ogni caso, la Fender Stratocaster del 1954 arrivò sul mercato al costo di $ 249,50 con tremolo ($ 229,50 senza). Ora, $ 249 nel 1954 sono circa $ 2.839 oggi, quindi la Stratocaster era un po' un oggetto di lusso nell'era Eisenhower. (il direttore delle vendite della Fender, Don Randall, aveva più volte chiesto a Leo una chitarra più raffinata che potesse competere con la Les Paul di Gibson). I chitarristi nel 1954 potevano scegliere di acquistare sei nuove Stratocaster o optare per l'auto più popolare dell'anno, una berlina a quattro porte Chevy Bel Air quotata a 1.685 dollari.

Quando un musicista apriva la custodia per ammirare la futuristica chitarra Fender del 1954 che era caduta nella sua orbita, la nuovissima Stratocaster presentava una finitura sunburst bicolore su un corpo in frassino, manico in acero arrotondato a forma di D, tastiera in acero, lunghezza della scala di 25,5", raggio di 7,25", 21 tasti piccoli (.078" di larghezza), tre pickup single-coil in Alnico III e la scelta di un ponte fisso o di un tremolo sincronizzato Fender. 

Come si può intuire a questo punto, ci volle un po' di tempo prima che la Stratocaster si assestasse sulle sue specifiche di debutto, che non rimasero ferme, mentre gli anni '50 e '60 andavano avanti.


Cronologia dei perfezionamenti della Stratocaster

Sono stati scritti volumi sullo sviluppo della Stratocaster, compresi i libri del team originale Fender, e gli esperti di vintage sono noti per far piovere fuoco infernale su chiunque storpi anche un fatto infinitesimale.

Tuttavia, come accennato in precedenza, anche le persone che erano lì tendevano ad elaborare resoconti leggermente diversi su alcuni aspetti della produzione della Stratocaster, il che è comprensibile, dato che la fabbrica Fender era in procinto di ottimizzare il suo flusso di lavoro, l'approvvigionamento di parti, bilanciare caratteristiche e redditività e mantenere l'impegno di portare qualcosa di straordinariamente innovativo sul mercato.

C'era un sacco di attività in corso nel think tank Fender e nella sala di produzione durante il viaggio della Stratocaster verso la versione che i musicisti potevano acquistare nel loro negozio di musica preferito, ma proviamo a rendere questa linea temporale abbastanza "direzionale", tanto da dare un'idea di base dei fatti e dei collocamenti temporali.

Cerchiamo anche di concentrarci sulle caratteristiche che possono avere una significativa rilevanza tonale, estetica ed ergonomica per i musicisti, piuttosto che catalogare ogni singolo aggiornamento ingegneristico, come i "percorsi a vite senza fine" nella cavità del pickup e il numero di filettature delle viti. Ci siamo...


Marzo 1954

• Il sunburst della Stratocaster inizia come un "one-burst". Fender ha semplicemente dipinto il marrone scuro intorno al frassino naturale del corpo.

• Corpo super sagomato.

• I primi prototipi di tremolo avevano tre molle invece di cinque.

• I potenziometri di volume e tono sono 100k con un albero in ottone massiccio.


Maggio/Giugno 1954

• Una vera e propria raggiera a due colori rende la scena: dal giallo canarino al marrone ambrato.

• I potenziometri del volume e del tono sono ora 250k, anche se ancora in ottone massiccio. (L'idea potrebbe essere stata che i potenziometri da 100k suonassero troppo scuri.)

• Il manico in acero in un unico pezzo ottiene una striscia di noce dove è stato inserito il truss rod.

• La forma del collo è una D tozza e arrotondata.

- Attacco del collo a quattro bulloni.

• Il battipenna è un singolo strato di plastica ABS spessa .060" con otto viti di fissaggio.

• I coperchi dei pickup e le manopole di controllo sono in bachelite bianca (polistirene termoplastico).

• La barra del tremolo ha curve esagerate.


Ottobre 1954

• Inizia il capitolo del modello di produzione. Le Stratocaster sono ora perlopiù costruite in una catena di montaggio.

• I potenziometri Volume e Tone passano all'albero diviso, a causa del fatto che le manopole della Stratocaster sono a pressione, al contrario delle manopole Telecaster dell'epoca che richiedevano un albero solido per ospitare una vite di fermo.

1955

• I bordi della paletta diventano più affilati e meno arrotondati.

• Le curve della barra del tremolo non sono così severe.



1956

• L'ontano sostituisce il frassino come legno per il corpo, ad eccezione dei modelli biondi. Il sito web di Fender spiega il cambiamento come "probabilmente per nessun'altra ragione se non per il fatto che c'era, prontamente disponibile e più conveniente della cenere". Sul fronte dei toni, tuttavia, l'ontano mostra una maggiore enfasi sulla gamma medio-alta rispetto alla presenza luminosa e al calore equilibrato della cenere.

• La forma del collo è ora una morbida V.

• Le curve della barra tremolo diventano ancora meno pronunciate.

 

1957

• La plastica ABS sostituisce la bachelite per le manopole e i coperchi dei pickup.

• La forma del manico è cambiata in una forte V. (Nota: la famosa Stratocaster "Blackie" di Eric Clapton aveva un manico del 1957.)

1958

• Sunburst è ora di tre colori: dal giallo al rosso al marrone scuro.

• Il collo assume una forma a D più sottile.



1959

• Tastiere in acero sostituite con palissandro in lastra. La costruzione del manico è ora in due pezzi, anziché in un unico pezzo. (Nota: la modifica potrebbe essere stata apportata per dare alla Strat un aspetto più elegante. Da un punto di vista tonale, l'acero è generalmente caratterizzato da un timbro incisivo e articolato, mentre il palissandro può suonare scuro e caldo.)

• Battipenna cambiato in celluloide a tre strati (bianco/nero/bianco) con 11 viti di fissaggio. Il colore è verde menta.

• Il collo inizia ad assottigliarsi e si assottiglia con il passare dei mesi.


1960

• Nessun cambiamento degno di nota.


1961

• Per ridurre al minimo lo sbiadimento, alla finitura sunburst viene aggiunto un rosso molto robusto.

• La componente marrone ambrata del sunburst viene cambiata in nera.


1962

• Intorno all'agosto del 1962, la tastiera in palissandro viene sostituita con una sottile impiallacciatura in palissandro laminato rotondo. (Nota: le ipotesi sull'impatto tonale del cambiamento sono impegnative, poiché Fender stava anche giocando con le forme del manico e i pickup hanno iniziato ad avere più avvolgimenti sulla bobina, quindi un suono più grasso.)


1963

• I contorni del corpo diventano leggermente meno drammatici.


1964

• Il raggio di sole a tre colori assomiglia più a un "bersaglio" con una minore fusione tra i colori.

• Il battipenna è ora bianco, in plastica a tre strati, che sostituisce il verde menta.

• Il rimodellamento del corpo diminuisce ulteriormente, soprattutto a livello dell'avambraccio destro.


1965

• La paletta viene ingrandita a dicembre per consentire una decalcomania Fender più grande.

• Tastiere in acero offerte come opzione.

Ma qual è l'anno migliore di sempre per la Stratocaster?

Molti storici, collezionisti e addetti ai lavori considerano il 1962 come l'anno migliore per la Stratocaster. Il corpo in ontano e il manico in acero con una sottile tastiera impiallacciata in palissandro, offrono il punto forte sonoro per gli appassionati di Strat.

Inoltre, possiamo supporre che la formula di base della Stratocaster si fosse stabilizzata nel 1962, rendendo più facile per gli operai della catena di montaggio produrre chitarre più coerenti e una migliore qualità complessiva.

Ma mettiamo i bastoni tra le ruote.

Quali date di produzione nel 1962 – e quali strumenti nel 1962 – sono esempi straordinari della maestosità vintage della Stratocaster? E com'è possibile che due Stratocaster del 1962 apparentemente identiche possano presentarsi, con una che suona in modo assolutamente glorioso, e l'altra che esibisce toni e suonabilità "appena medi"?

Sì. Le cose possono diventare un po' confuse. Ecco perché...



• La produzione da parte dell'uomo può essere irregolare. Gli esseri umani non sono macchine CNC (Computer Numerical Control). Mentre nel 1949 è stato utilizzato un sistema CNC per modellare le pale degli elicotteri, l'uso di questo costoso macchinario non è stato certamente diffuso fino a molto tempo dopo, soprattutto per la produzione di chitarre. Quindi, un dipendente che carica i pickup con i postumi di una sbornia, o che non vede l'ora che arrivi il fine settimana di venerdì, o che ha un problema tecnico al cervello mentre modella un raggio di 7,25" su un manico (e lo trasforma in un raggio di 6,75" o 7,75") può "modificare" in modo significativo la sensazione di una Stratocaster del 1962. Oggi ci aspettiamo tolleranze di produzione costanti. Nel 1962…

•Parti. A Forrest White viene attribuito il merito di aver trasformato la prima fabbrica Fender in un impianto veramente professionale e operativo. Ma White aveva ancora le sue sfide con gli inventari, gli utensili meno sofisticati e la modifica delle parti per adattarsi ai perfezionamenti del design a metà degli anni '50 e all'inizio degli anni '60. Il risultato è che tutte le Stratocaster del 1962 potrebbero non avere esattamente le stesse parti da cima a fondo. Questo non vuol dire che la qualità variasse molto da Strat a Stratocaster, ma spiega perché alcune del '62 sono filet mignon e altre sono T-bone.

• Miglioramenti immediati. Avere a che fare con una mente ingegneristica sempre alla ricerca come quella di Leo Fender, con le sue costanti idee di miglioramenti e perfezionamenti, può mettere a dura prova un team ufficiale. È probabile che le parti e i processi si siano evoluti in concomitanza con l'individuazione da parte della fabbrica per quanto riguarda l'efficienza e altri elementi essenziali del flusso di lavoro. Ancora una volta, tenere il passo con i cambiamenti di progettazione in fabbrica non significava che il controllo qualità diminuisse, ma anche piccole incongruenze nelle parti e nella manodopera potevano produrre un'eccezionale Stratocaster del 1962, o una Stratocaster media del 1962.

Altri anni eccellenti per la Stratocaster pre-CBS

Agli storici piace chiamare il 1954-1965 qualcosa come la "Prima Grande Era Fender".  Il 5 gennaio 1965, Leo vendette la sua azienda alla Columbia Broadcasting System e iniziò la cosiddetta "Era CBS" (1965-1985). Naturalmente, la Stratocaster non cambiò da un giorno all'altro con la proprietà della CBS, poiché qualsiasi cosa Fender stesse facendo nel 1965 impiegò un po' di tempo per esaurirsi a causa delle rimanenti scorte di parti e dei processi di fabbrica, nonché del fatto che la nuova gestione doveva ancora imporsi in modo significativo sui progetti per il futuro.



Mentre quasi tutte le Stratocaster dell'anno solare prodotte durante l'era pre-CBS sono considerate "da collezione", se cerchiamo altre opzioni degne di nota oltre al già citato modello del 1962, ci sono due validi contendenti:

• 1954. Non è una sorpresa. Era il primo anno di produzione e ha gettato le basi, inchiodando la maggior parte delle caratteristiche essenziali della Stratocaster, anche tenendo conto dei perfezionamenti a venire.

• 1957. Il modello del '57 è quello in cui il manico è diventato davvero comodo con la sua forte forma a V. E mentre le forme del manico hanno continuato a essere perfezionate per una maggiore suonabilità negli anni successivi, non guasta il fatto che l'illustre Stratocaster "Blackie" di Eric Clapton avesse un manico del 1957.

Le attuali collezioni Fender, come i modelli Vintera II "Best of the Decades" e American Vintage II (che si concentra su anni specifici), possono portare estremamente vicino alla sensazione e al suono delle Stratocaster vintage, e a prezzi "non vintage". Ma se si vuole davvero provare un autentico strumento vintage, con tutta la storia, le canzoni, i suoni e le storie di strada all'interno, occorre scoprire una Stratocaster old-soul.

Tuttavia, non c'è bisogno di setacciare case d'asta, negozi vintage eleganti e vendite immobiliari (sperando che una Stratocaster del 1954 in ciliegia sia raggruppata con una scorta di figurine Hummel da collezione) per trovare una chitarra pre-CBS o successiva che ti parli. Se ne trovano…

Leo Fender ha scatenato una serie di "successi" mastodontici che hanno cambiato il mondo della chitarra. Dalla nascita della Telecaster nel 1951, passando per vari amplificatori e bassi Fender che divennero gli standard della loro categoria, fino alla Stratocaster, Leo sembrava avere una sorta di folle potere profetico, quello di vedere nel futuro della musica elettrica, e non sapeva suonare una canzone o accordare una chitarra.

Ma poteva sicuramente guardare oltre.

"Nel 1952, ho potuto vedere che la musica stava cambiando", ha detto Fender alla giornalista Joelle Steele nel 1977. "C'era una crescente richiesta di un volume maggiore e di un collo più veloce".

Da quella lungimiranza, è nata la macchina che ha ispirato musicisti di tutti gli stili, dal blues al metal, dal punk rock al rock classico, dal funk al jazz e oltre. E non dimentichiamo mai che il chitarrista che alla fine degli anni '60 ha rotto le barriere artistiche e ha cambiato la chitarra rock per tutti – uno stregone sonoro di nome Jimi Hendrix – ha scelto la Stratocaster per dare voce alla musica nella sua testa.


 Ma lungi dall'essere una reliquia degli anni '60, la Stratocaster in continua evoluzione ha fatto la scena durante l'halftime show del Super Bowl l'11 febbraio 2024, quando H.E.R. ha sfoggiato il suo caratteristico modello rosso e cromato. La Stratocaster è una chitarra per i secoli, perché non invecchia.

Mentre altri membri del team Fender hanno certamente contribuito allo sviluppo della Stratocaster e meritano un riconoscimento per tutto ciò che è diventata, possiamo ringraziare Leo Fender su tutti gli altri per la sua visione senza tempo. Infatti, quando l'editore emerito di Guitar Player, Tom Wheeler, stava compilando il suo libro The Stratocaster Chronicles, chiese direttamente al progettista/ingegnere Fender Freddie Tavares se la Stratocaster fosse "essenzialmente" un progetto Leo Fender.

"Senza esitazione", rispose Tavares senza un secondo di pausa, "tutte le chitarre erano essenzialmente un progetto di Leo".