martedì 9 aprile 2024

La bellezza di "Stay"...

 


Quando il brano “Stay” prese il volo per opera di Jackson Browne era il 1977, e la mia intransigenza musicale dell’epoca, legata all’immaturità tipica dei ventenni, non poteva certo permettermi di apprezzare una “roba del genere”, corta, melodica, sdolcinata…

Ora che sono diventato antico, e scevro da certi pregiudizi - o forse per il solo fatto che sono al corrente di quale sia “la musica che gira intorno”- mi accorgo che tanti brani del passato su cui avevo sorvolato mi appaiono oggi magnifici. Come accade in questo caso.

“Stay” nasce molto prima della proposta di Browne, e più precisamente nel 1960, quando viene portata al successo da un gruppo vocale di colore, i The Zodiac, guidato da Maurice Williams.

Mettendo a confronto i due modelli espressivi si catturano ovvie differenze, legate soprattutto ad epoche differenti, ma analizzando il testo originale - molto semplice nel suo messaggio - e mettendolo a confronto con quello riammodernato, emergono obiettivi molto differenti che vado a sottolineare.

Partiamo dalle origini che riportano a fatti del 1953, quando il già citato Williams, allora quindicenne, chiede con ogni mezzo alla sua fidanzatina del momento di non tornare a casa presto alla sera, secondo le rigidi disposizioni paterne, e quindi il testo si trasforma in una preghiera/richiesta che rimarrà disattesa. Ma nasce una potenziale canzone.

Dopo qualche anno, il giovane Maurice decide di registrare quel brano, e questa volta le cose andranno diversamente perché “Stay” raggiunge in poco tempo la vetta della American Record Charts: siamo nel 1960 e quella prima versione è ancora ad oggi la canzone più breve di tutti i tempi ad arrivare alla vetta di quella classifica.

La propongo a seguire e invito a porre attenzione su uno dei quattro membri del gruppo, il cui falsetto caratterizzante appare inadeguato alla sua corporatura possente. Come vedremo accadrà qualcosa di inaspettato anche nella proposta di J.B.

Arriviamo alla versione di Browne, cantautore americano che non ha bisogno di presentazioni. “Stay” viene utilizzata per concludere l’album live “Running On Empty“.

Il brano viene completamente riadattato e manipolato, e diventa una ballad da brividi. Ma non è una banale coverizzazione, tanto che vengono apportate variazioni significative al testo e la nuova sintesi avrà come logica conseguenza la chiusura di tutte le esibizioni dal vivo di Browne e della sua band.

La richiesta di “restare” non è più rivolta ad una donna ma al pubblico a cui viene chiesto di rimanere ancora un attimo per ascoltare un’ultima canzone.

Nella versione che presento, che è quella che preferisco, la genialità di J.B. è quella di inserire due voci oltre la sua, che di per sé è già grandiosa: la prima è quella incredibile di Rosemary Butler...

... e la seconda è frutto di un colpo di genio, il falsetto che inizialmente fa pensare ad un’ulteriore voce femminile e che invece è da attribuire a David Perry Lindley, compagno inseparabile di Jackson Browne, nonché polistrumentista illuminato.

Auguro ai lettori di provare le mie stesse emozioni ascoltando/guardando il video a seguire…

Ma torniamo per un attimo al punto di partenza, giacché non esistono molte notizie in italiano di Williams e del suo gruppo.

Maurice Williams nasce il 26 aprile 1938 a Lancaster, nel South Carolina, luogo testimone del proliferare del rhythm and blues alla fine degli anni Cinquanta.

Da subito inizia a cantare nel coro della sua chiesa e, una volta diventato studente alla Barr High School, forma una band con tre suoi compagni di scuola (Charles Thomas, Willie Bennet e Henry Gasten). Dopo essersi dati il nome di Charms i quattro si trasferiscono a Nashville dove cambiano nome, prima in Gladiolas e poi in Excellos. Proprio a Nashville pubblicano i loro primi dischi. Nel 1957 Williams ottiene un’inattesa popolarità come autore grazie al successo della sua canzone “Little darlin’”, che scala le classifiche nella versione dei Diamonds.

Sull’onda dell’improvvisa notorietà Maurice e la sua band nel 1959 cambiano ancora nome diventando Maurice Williams & The Zodiacs. Nel 1960 arrivano al primo posto della classifica statunitense dei dischi più venduti con “Stay. Il successo della canzone resta però un evento isolato per una band che non riesce a ripetersi con i brani successivi.

Tensioni interne e avvicendamenti, uniti allo scarso successo, finiscono per chiudere la storia della band. La sigla non muore ma viene utilizzata da Maurice Williams anche negli anni successivi in esperienze sostanzialmente solistiche.

Ma “Stay”… rimarrà per sempre!

Per completezza di informazione il brano “Stay” fu proposto nel 1964 dai The Hollies nell’album “Stay with The Hollies” del 1964...


... e noi in Italia abbiamo avuto l’immancabile cover, as usual per l’epoca, dell’Equipe 84, con il “tocco sapiente” di Mogol, e prese il titolo di “Resta”.

Doveva essere il lato A del primo disco con la nuova casa discografica alla quale il gruppo di Maurizio Vandelli era finalmente approdato, la Ricordi, prima etichetta italiana dell'epoca ma diventò il lato B della più conosciuta “Ho in mente te”.

La versione di J.B. è in ogni caso l’unica con il testo concettualmente modificato e dedicato ai concerti e non a una figura femminile.